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Autore: Cleofede94    12/10/2012    14 recensioni
-STORIA MOMENTANEAMENTE SOSPESA.-
Ad un tratto sua madre scoppiò a piangere e il medico poté continuare a spiegare ai presenti ciò che era realmente successo.
“Ieri pomeriggio, cadendo dalle scale, la parte ancora indolenzita intaccata tre anni fa è stata danneggiata maggiormente..e questi sono i risultati. In pratica la sua mente è ancora convinta di essere al tre Maggio 2009. La ragazza non ricorda nient’altro.”, aggiunse passandosi una mano sulla fronte sudata, come se quel discorso lo affaticasse per davvero.
Nella stanza calò il silenzio.
“Tutto ciò che è successo dopo quel giorno è stato rimosso”.
- - - - -
“Pronto? ”
Una voce calda, apparentemente preoccupata, le rispose.
Alex non seppe perché ma non ebbe il coraggio di dire nulla.
“Pronto?? ”, ripeté più decisa la voce.
Notò che era rauca, profonda. Aveva un non so che di famigliare, ma non riusciva proprio a ricordare di chi fosse. Poi si riprese e chiuse la chiamata.
Osservò il display ancora per qualche secondo, e alla fine gettò il cellulare sul letto, a pochi centimetri da lei. Sospirò.
'Perché non mi ricordo uno stramaledetto cazzo!?'
Genere: Generale, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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And now it's clear to me 

That everything you see  
Ain't always what it seems 
(Wide Awake - Katy Perry)




CAPITOLO 1- I'm wide awake.




Alex aprì piano gli occhi ritrovandosi in una stanza completamente bianca, sola.
Un dolore lancinante le spaccava la testa in due e la schiena era completamente distesa a centottanta gradi.
Calcolò che doveva quindi trovarsi in un letto.
Provò ad alzare di poco il collo.
Un tavolo e una sedia giacevano sul fondo, attaccati al muro, e un mazzo di fiori gialli quasi appassiti si trovava alla sua sinistra.
Il soffitto giallognolo la sovrastava ed un lenzuolo leggerissimo le sfiorava il corpo. Notò di essere quasi mezza nuda.
Se non fosse stato per la biancheria, avrebbe giurato di potersi vedere i capezzoli uscire fuori dal lenzuolo.
Ma che è sto schifo, sono in ospedale?
Temeva di sì dato che una sottospecie di ago minaccioso le stava infilato nel braccio, avvolto da quello che sembrava uno strato chilometrico di scotch bianco e una strana impalcatura di plastica attaccato al tutto.
Cosa diamine le era successo?
Provò a sforzarsi di ricordare e sentì una fitta di dolore tranciarle la testa.
Ecco.
Ricordava sua madre che la tirava.
Quell’edificio rivoltante.
Il St. Georg.
Era scivolata, e quella macchina le era finita addosso.
Strano che avesse così pochi aggeggi addosso per l’impatto violento che ricordava di aver avuto.
Ma, a pensarci, si sentiva relativamente bene, non le sembrava di stare per morire.
Che fosse una persona inumanamente dotata?
Tipo Superman, si poteva fare.
D’un tratto la porta bianca davanti a lei si aprì lentamente.
<< Signorina Anderson, si è svegliata >>, la salutò il medico.
No, guarda, dormo con gli occhi aperti.
Alex aveva sempre odiato i medici.
O almeno, credeva che quello fosse un medico.
Indossava uno di quei camici lunghi e fasulli che si vedono nei film e gli occhiali abbassati come un idiota pompato.
Doveva essere per forza uno di loro.
<< Vado a chiamare i suoi parenti >>, la informò dopo averle controllato l’andamento degli strani aggeggi che le stavano attaccati al corpo.
Perfetto, ci mancavano soltanto loro.
Non aveva molta voglia di vederli dopo quello che era successo.
Per colpa di sua madre era praticamente finita sotto un’auto, mentre gli altri non avevano fatto altro che mentirle per tutta la giornata.
Come avevano potuto? Sapevano quanto sua madre la stesse tenendo sotto pressione per via di quell’università, avrebbero dovuto dirglielo.
Dopo neanche un minuto, una voce fastidiosa e squillante si insinuò all’interno della stanza correndole in contro.
<< Tesoro, stai bene?? Ci hai fatto prendere un colpo! Non farlo mai più! >>
Come se fosse colpa mia.
<< Quando mi hanno detto che eri caduta dalle scale io… >>
Le scale?? Quali scale, ti sei già inventata una nuova cazzata per nascondere a tutti che hai tentato di ammazzarmi?
Il resto della famiglia entrò nella stanza insieme a suo padre.
Alex lo osservò con riluttanza.
Un uomo che viveva in casa soltanto per ricordarsi di raccogliere il giornale da terra la mattina.
Non una volta che desse segno della sua presenza.
Un fantasma sarebbe stato più utile.
Che ti costava dirmi che mi stava portando lì, papà?
John aveva gli occhi cerchiati e il viso triste, trascurato. Entrò a passo lento e si avvicinò a sua moglie Marylin, le poggiò una mano sulla spalla e poi si rivolse ad Alex aprendosi in uno sorriso cordiale.
<< Sono contento che tu ti sia ripresa >>, disse solamente.
Ovvio.
Suo padre non aveva mai avuto ampie manifestazioni d’affetto nei suoi confronti. Nei suoi, come nei confronti dei suoi fratelli.
Alex non riusciva a capire se si vergognasse o se fosse semplicemente una persona poco affettuosa.
Stava di fatto che il contatto fra di loro era minimo.
Poi si fecero avanti i suoi due fratelli. Perché si, non bastava avere la disgrazia di nascere in una famiglia orrenda e insensibile come la sua, doveva anche essere l’unica ragazza.
Però, nonostante le infinite pressioni che Marylin faceva a sua figlia per via di suo fratello maggiore, i due andavano abbastanza d’accordo.
<< Ciao, brutto idiota >>, salutò Alex rivolgendosi a suo fratello maggiore con il sorriso sulle labbra.
Eric ricambiò il sorriso avvicinandosi a lei e dandole un bacio sulla guancia.
C’era da dire che suo fratello era davvero un gran bel ragazzo.
Alto, occhi chiari e capelli di un biondo cenere strepitoso.
D’altronde era quasi lo stesso colore di capelli che aveva lei.
Solo che i suoi tendevano più al rosso.
Stupendo, no?
E poi c’era Martin.
Suo fratello minore di...
Oh, cazzo, quanti anni ha!?
Alex spostò lo sguardo sconcertato sulla faccia e sul corpo minuto di Martin, osservandolo allibita, come se fosse appena sceso da una navicella aliena.
<< Che diavolo è successo a Martin?? >>, scoppiò mentre sua madre era ancora intenta a strozzarla e a riempirla di stupide parole comprensive di cui lei non sapeva che farsene.
<< Che vuoi dire? >>, chiese Eric facendo una smorfia.
A quel punto, il medico, che non aveva fatto altro che starsene infondo alla stanza mimetizzandosi fra le pareti bianchissime, si fece avanti.
<< Ecco, signori. E’ questo il problema di cui vi ho parlato l’altro giorno. Temevamo che potesse presentarsi questo strano caso di amnesia, ma a quanto pare non è stato possibile evitarlo >>, spiegò fissando i suoi genitori.
Ma che minchia sta dicendo questo coglione?
<< Amnesia? >>, ripeté sua madre, come se non avesse mai sentito quella parola in vita sua.
Non che Alex ne fosse sorpresa. Sua madre era ignorante, davvero. E faceva di tutto per nasconderlo.
Ma d’altronde, non era colpa sua se da piccola non era riuscita a finire la scuola.
Ora il signor Dottor House si rivolse alla ragazza, fissandola attentamente.
<< Quanti anni ricordavi che avesse tuo fratello? >>, le chiese saccente.
Che razza di domanda è??
Lei lo osservò di sbieco, alzando un sopraciglio.
<< Ha un anno >>, assentì sicura.
E poi, mente osservava trionfante la faccia del medico, si accorse che di trionfante non c’era proprio niente.
Ma come? Non aveva appena dimostrato che ricordava alla perfezione quanti anni avesse Martin?
Tutti i presenti, tranne il medio ovviamente, si portarono una mano davanti alla bocca, allibiti.
Eric la guardò con sguardo vacuo, come se avesse paura.
Leo iniziò a preoccuparsi.
Ok, si può sapere che sta succedendo?
<< E io quanti anni ho? >>, domandò incerto suo fratello maggiore.
<< Diciassette, Eric! Quanti ne dovresti avere?? >>, sbottò irritata.
Quella situazione non le stava piacendo affatto. Sembrava che tutti fossero a conoscenza di chissà quale segreto universale, tranne lei.
E adesso se ne stavano lì a fissarla. Sembra uno scherzo di poco gusto.
A quel punto sua madre scoppiò a piangere e si appoggiò alla spalla di suo padre.
<< Qualcuno vuole dirmi, per favore, che cavolo succede? >>.
Per non dire parolacce.
Martin si avvicinò al suo letto, guardandola dispiaciuto.
In effetti, era un po’ troppo grande per avere un anno.
E da quando aveva imparato a camminare, poi?
<< Sorellina, io ho quattro anni >>, sussurrò il bambino dispiaciuto.
Alex lo osservò per qualche secondo, poi spostò lo sguardo su Eric.
Effettivamente nemmeno lui sembrava più un diciassettenne.
Ma cosa era successo al mondo?
Le sembrava di aver dormito per anni.
Ad un certo punto si sentì mancare.
Che!?
Cosa!?
Quando!?
Perchè!?
Come poteva Martin avere quattro anni?
Era nato soltanto l’anno scorso, era impossibile.
E lei non era in uno di quei film in cui la protagonista va in coma e si risveglia cent’anni dopo.
O almeno sperava.
<< Signorina Anderson, siamo nel 2012 >>, la informò la voce petulante del medico.
E a quel punto, ogni cosa, anche la più banale, perse senso.
Come potevano essere nel 2012. Non era possibile.
Ma se ieri era ancora 2009, come era potuto accadere?
Non. Può. Essere.
<< Ero in coma? >>, domandò spaventata, cominciando a respirare affanosamente.
Il medico scosse la testa facendola preoccupare ulteriormente.
Ok, probabilmente da un momento all’altro qualcuno sarebbe sbucato fuori dalla finestra con una telecamera accesa e avrebbe gridato: “SEI SU SCHERZI A PARTE!”
<< La ragazza, purtroppo, a causa della caduta recente, ha eliminato buona parte della sua memoria dal giorno in cui fece il primo incidente >>, spiegò ancora House.
Il primo incidente..Cosa?
<< Sapevamo benissimo che dopo quel giorno, il grave  trauma celebrale subito le avrebbe causato dei problemi, ma non credevano fino a questo punto. Avevamo raccomandato la massima prudenza, ma… >>
Nell’intera stanza calò in silenzio.
<< Ascolti >>, si svegliò sua madre iniziando a diventare paonazza.
Diventava sempre rossa quando cominciava ad arrabbiarsi, e sua figlia ne sapeva qualcosa.
<< Non siamo certo noi i colpevoli della caduta di nostra figlia. Era a casa da sola e francamente mi sorprende anche che sia ancora viva visto che è stata ritrovata circa un’ora dopo dalla cameriera. Abbiamo fatto tutto il possibile e ora lei non venga a dirmi che… >>
Il medico la interruppe alzando di poco i palmi delle mani.
<< Signora, non volevo dire questo >>
Ma Alex continuava a non capire, faceva saettare lo sguardo fra i volti dei presenti freneticamente, provando a mettere insieme i pezzi, ma non ci riusciva.
House e Marylin continuarono a discutere alzando le voci, mentre John ed Eric tentavano di mettersi in mezzo e calmare la situazione.
Nel trambusto generale, Martin si avvicinò al suo letto e le prese la mano sorridendole appena.
Lei si distrasse un attimo e portò l'attenzione su di lui.
Cavolo se non’era cresciuto.
Come era possibile che avesse quattro anni? Cosa era successo?
Io ho ancora quindici anni?
A questo punto non sapeva più nemmeno quello.
Ad un tratto sua madre scoppiò a piangere e il medico poté continuare a spiegare ai presenti ciò che era realmente successo.
<< Ieri pomeriggio, cadendo dalle scale, la parte ancora indolenzita intaccata tre anni fa è stata danneggiata maggiormente..e questi sono i risultati. In pratica la sua mente è ancora convinta di trovarsi al tre Maggio 2009. La ragazza non ricorda nient’altro >>, aggiunse passandosi una mano sulla fronte sudata, come se quel discorso lo affaticasse per davvero.
Nella stanza calò il silenzio.
<< Tutto ciò che è successo dopo quel giorno è stato rimosso >>.



Da quando era uscita dall’ospedale erano ormai quattro giorni che Alex rimaneva chiusa in casa a non fare nulla. Una volta tornata si era accorta che tutto era cambiato. La sua stanza in primis. C’erano nuovi poster, nuovi vestiti, era cambiata la disposizione del letto, lei era diventata più alta, aveva un computer nuovo. Ogni cosa. E lei non ricordava assolutamente nulla. Aveva scoperto di avere appena compiuto diciotto anni ad ottobre. Frequentava l’ultimo anno adesso. E non ricordava assolutamente nulla di quello che aveva fatto a scuola in quei due anni precedenti. La sua vita si era come resettata. Era rimasta ferma a quel tre Maggio 2009 di tre anni fa. Le sembrava un incubo. Dimenticare una parte della sua vita, quella più importante. Oh, quanto aveva desiderato avere diciassette anni, e ora, scopriva di averli avuti e di non ricordarlo affatto.
E i suoi amici? Dove erano finiti? Sapeva di avere due amiche con cui andava maggiormente d’accordo. Due compagne della sua scuola di danza, fra le quali una frequentava la sua stessa scuola superiore, o entrambe?. E…si. La Danza, l’Accademia artistica. Non l’aveva lasciata, vero?
Le piaceva così tanto. Dubitava che a distanza di appena tre anni avesse potuto mollarla per chissà quale motivo.
Ma in tre anni accadono tante di quelle cose.
A quei tempi, Alex ricordava di frequentare un’accademia di teatro da quando aveva nove anni, e non l’aveva più lasciata. Le avevano insegnato a cantare, ballare, recitare. E nonostante tutte le lamentele di sua madre, aveva continuato a portare avanti la sua passione senza fermarsi.
Ma ora voleva sapere. I suoi genitori, o meglio, Marylin non le permetteva di parlare con suo fratello per chiedergli della sua vita.
Continuava a ripetere che il medico aveva espressamente detto che bisognava andarci piano con la memoria, non doveva subire forti traumi. Anche se una cosa positiva l’aveva detta. La sua amnesia poteva essere temporanea.
Ciò significava che con un po’ di pazienza, le cose le sarebbero tornate in mente.
Ma Alex ci stava perdendo le speranze. Aveva provato a riaccendere il suo computer, ma non ricordava la password. Aveva provato a guardare delle foto, filmini, fogli sparsi in camera sua, vecchi libri scolastici. Nulla. Vuoto totale. Voleva parlare con suo fratello Eric, chiedergli se era ancora in buoni rapporti con Bonnie e Christine, voleva chiamarle. Chiedere loro della sua vita. Voleva sapere, doveva sapere.
Alex sbuffò mentre fissava il soffitto azzurro della sua stanza. Si buttò giù dal letto ed aprì la porta. Voleva riprendere in mano la sua vita.
Aveva perso così tanto per così poco. Le avevano raccontato che era caduta per le scale come un’impedita mentre era in casa da sola.
Come aveva potuto essere così stupida? Per colpa della sua cretinaggine ora si ritrovava con tre anni di vita in più e tanta roba da imparare in fretta e furia.
<< Eric! >>, chiamò sperando di trovarlo in casa.
Dalla camera da letto vide la chioma bionda, ovviamente tinta, di sua madre che trotterellava correndo fino a lei.
<< Alexandra, che cosa ci fai in corridoio? Devi andare a riposarti >>, le ordinò sfiorandole il braccio.
Dio, quanto odiava quando sua madre la chiamava in quel modo.
Che le costava chiamarla Alex? Tutto il mondo la chiamava Alex. E invece no, lei doveva fare la trasgressiva, l'anticonformista del cazzo.
Come se servisse a qualcosa con la faccia che si ritrovava. Non che non le piacesse il suo nome, sia chiaro. Ma il fatto era che il modo in cui Marylin lo pronunciava la faceva sembrare una strana regina esotica di qualche paese sperduto sull’equatore.
Dava a quel nome un non so che di responsabile. Come se si sentisse l’unico essere umano ad aver capito quale fosse il nome di sua figlia.
Oppure, semplicemente, voleva sentirsi importante perché chiamava Alex con il suo nome completo. Nulla di più fastidioso.
<< Mamma non sto per morire, mi sento bene. Voglio uscire da questo schifo di casa! >>, sbottò scostandosi da lei per raggiungere la cucina.
Suo fratello maggiore la salutò con un cenno della mano mentre beveva del succo all’arancia.
<< Oh, vedo che hai deciso di reagire >>
Lei non ci badò nemmeno.
<< Eric, dov’è il mio cellulare? >>
Lo vide fare una smorfia.
<< Ho uno stramaledetto cellulare, vero? Oppure siamo nel 2078 e abbiamo imparato a comunicare col pensiero e qualcuno si è dimenticato di avvisarmi?? >>, inveì perdendo la pazienza. Stare in casa per quattro interi giorni senza vedere né sentire nessuno era frustrante.
Soprattutto quando sei obbligata a rimanere inchiodata al tuo dannato letto come una malata terminale.
Eric scoppiò a ridere.
<< Noto con piacere che nonostante tutto sei sempre la solita. Comunque... >>, abbassò l voce, << il tuo  cellulare ce l’ho io. Ma mamma non vuole che tu lo usi per via delle cagate del medico o per qualche altro assurdo motivo. Se tieni la bocca chiuse te lo do >>, concluse facendole l’occhiolino.
<< Grazie >>, gli sorrise mentre afferrava un altro bicchiere per versarsi del succo anche per lei.
<< Vedrai, presto ricorderai tutto >>, la rassicurò strofinandole un pugno sui capelli arruffati.
E, no, i suoi capelli non erano in quello stato perché erano giorni che non usciva a prendere aria, ma perché quei capelli, i suoi, erano sempre stati disastrosi. Erano voluminosi, troppo, erano tanti, mossi, gonfi, ricci, non si capiva bene, tendenti ad un rossiccio scadente.
E purtroppo, Alex, non era riuscita ad ereditare gli occhi azzurri che anche suo fratello le sbatteva in faccia ogni santo giorno come fossero un premio oscar. Si limitava ad avere migliaia di lentiggini color cacca di uccello sulla faccia e gli occhi di un marrone sbiadito.
L’unica cosa positiva di se stessa era che, avendo frequentato dei corsi di danza sin da quando era piccola,  il suo corpo fosse ben piazzato, snello e formato. Certo, non aveva un’altezza stratosferica, ma poteva andare.
Come promesso, Eric le lasciò il suo tanto amato cellulare sulla scrivania di camera sua, facendo attenzione a non farsi beccare dalla mamma.
Alex lo afferrò, e dopo essersi accertata che il codice pin fosse lo stesso di tre anni fa e aver ballato la conga per tutta la stanza sentendosi Dio sceso in terra, si decise a fare una capatina fra gli ultimi messaggi ricevuti.
Respirò a fondo.
Uno era di Christine.
Diceva: “ Ci vediamo tra un’ora “. Del 9 Ottobre 2012.
Peccato che quell’ "ora" non fosse mai arrivata.
Perché mi sono fracassata la testa sulle scale.
Poi c’era un messaggio di Bonnie che, in un’apparente confidenza che Alex non ricordava di avere con lei, le ricordava quando fosse stata idiota a dimenticare la collana nella sua borsa.
Beh, per lo meno aveva ancora le sue vecchie amiche.
Poi c’era un messaggio di…un ragazzo.
Ne lesse velocemente il nome, come se volesse strappare un cerotto.
Louis.
Niente.
O quasi.
Si soffermò a fissare il display sforzandosi di ricordare.
Chiuse gli occhi.
Voleva ricordare.
Aspettò qualche minuto.
Percepì una breve fitta alla testa ma non ci badò.
Ah, si.
C’era un Louis che conosceva.
Veniva nella sua stessa classe di Filosofia, ma era un povero idiota.
Era roba vecchia, quindi, in pratica, non aveva ricordato un bel niente.
In quel messaggio diceva: “ Sono superman! :) ” 
Possibile che fosse lui? Aspetta, come faceva di cognome? Tomlinson.
Ci aveva fatto così amicizia? Perchè le scriveva cose cretine per sms? Bah.
Poi, per il resto, c’erano messaggi della segreteria, ricariche, avvisi di chiamate perse da sua madre, Eric.
Gente che le chiedeva i compiti. Nomi conosciuti, altri sconosciuti.
Ma non poteva stare lì ad analizzarli tutti.
Una cosa alla volta.
Adesso faccio un giro fra le ultime chiamate effettuate.
Premette velocemente qualche tasto e si bloccò.
Aggrottò la fronte.
Sopra a tutti c’era un nome.
Un nome strano.
Possibile che conoscesse un ragazzo con quel nome?
Tarzan.
Ma scherziamo?
Chi mai si chiamerebbe Tarzan!?
Eppure non riusciva proprio a ricordare di chi fosse quel numero, o quel nome.
Un altro ricordo nuovo, pensò.
Decise di chiamare, magari ascoltando la voce avrebbe ricordato.
Poteva trattarsi di un adulto, un vecchio, una ragazza, non era detto che fosse per forza un…
<< Pronto? >>.
Una voce calda, apparentemente preoccupata, le rispose.
Alex non seppe perché ma non ebbe il coraggio di dire nulla.
Lei, che di solito strillava a destra e a manca come una disperata.
<< Pronto?? >>, ripeté più decisa la voce.
Notò che era rauca, profonda. Aveva un non so che di famigliare, ma non riusciva proprio a ricordare di chi fosse.
Fatto stava che l’aveva inchiodata lì, seduta sul letto, incapace di proferire parola.
Poi si riprese e chiuse la chiamata.
Osservò il display ancora per qualche secondo, e alla fine gettò il cellulare sul letto, a pochi centimetri da lei.
Sospirò.
Perché non mi ricordo uno stramaledetto cazzo!?















Ebbe si, ho postato prima. u.u
Ma solo perchè sono agli inizi, eh. è.é
E poi oggi ho fatto la donazione, sono praticamente dissanguata, quindi in qualche modo questo mi ha ispirato. LoL
Ti vedi che tra un po' nei prossimi capitoli parlo di gente che si succhia il sangue, chi si sgozza, malati di leucemia, vampiri...
ahahahah
"ehm...coff.. Bullshit coff coff..." D:
Ok. >_<
Allora, che ne dite? E' abbastanza scioccante come inizio?
Sta tizia non se recorda na minchia di niente(evvai con l'italiano). Precisiamo che ha subito due incidenti.
(Non vorrei che ci fosse qualcuno che mi chiede come ha fatto a resuscitare e poi morire di nuovo.)
Uno è quello del prologo, l'altro è quello in casa, quando cade come un prosciutto per le scale.
Sfigata questa, no? xD
Vabbè, scommetto che TUTTI hanno già capito chi minchia è TARZAN. LOL
In effetti, anche chi non legge il capitolo, non ci mette molto a collegare la cosa. xD
Volevo ringraziare tutti quelli che hanno ricensito il mio prologo piccolissimo. Davvero, l'ho apprezzato e vi amo.
Spero con tutto il cuore di riuscire a tenervi incollati al PC anche con questa nuova storia!

YEEEEIAAAAAAAHHHAAAAAAAAAA


I WANNA STAY UP ALL NIGHT AND JUMP AROUND UNTIL WE SEE THE SUN!

E la risposta è: si sono pazza. :)


Ribadisco che il banner è una figata. ù.ù



Ed eccoli qui, i presenti ma non presenti in questo capitolo.
Bravo, Louis. Così si fa! xD




:D

   
 
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