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Autore: redcokehobos    12/10/2012    16 recensioni
Edward alzò lo sguardo e finalmente poté vederla. Era cresciuta, mio dio se lo era, ed era… era diventata bellissima. I boccoli castani le ricadevano sulla felpa marrone che aveva addosso, era alta, ma non troppo, magra ma con le forme al punto giusto. E gli bastò incrociare per un istante quegli occhi marroni per non avere più dubbi.
Ormai era una donna, ben lontana dal ricordo di quella bambina con cui giocava e da cui non si separava mai. Quella bambina a cui non aveva mai smesso di voler bene un solo giorno della sua vita, anche se c’erano stati un oceano e sette anni a separarli. Quella bambina che, in quel momento, era lì e lo fissava, sorpresa.
«Ed… Edward?»
«Bella…»
Genere: Drammatico, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan | Coppie: Bella/Edward
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
Capitoli:
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Hi everyone! Ecco il capitolo.
Come al solito, non mi spreco in parole ora.
Ci leggiamo in fondo!

Ah, HAPPY BIRTHDAY CESS!

 

beautiful mess;

 

11. News

«Edward?»

«Papà. Ciao.»

«Come stai?»

«Bene»

«La nottata? Com’è andata? Hai avuto qualche problema?»

«No, tutto okay»

«Bene. Ho parlato con il dottor Durst e mi ha detto di non allarmarci. Quel piccolo episodio è stato sicuramente causato dal cambio di medicine ma assumendo di nuovo la tua solita terapia, dovrebbe tornare tutto nella norma. D’accordo?»

«D’accordo, va bene. Grazie.»

«Stai tranquillo, figliolo. E goditi le tue vacanze.»

«Io sono tranquillo, mamma e Alice un po’ meno…»

«Sono donne, è nella loro indole preoccuparsi. Ora vado, ci sentiamo.»

«Va bene. Ciao.»

 

 

«E' tardi, è tardi, è tardi!» ripeteva Bella tra sé mentre infilava la giacca e scendeva velocemente le scale. Quella mattina la sveglia non aveva suonato. O forse lei non l’aveva sentita. Era indifferente, fatto stava che era in ritardo. Che novità. «E’ tardi, cazzo!»

«Bells!»

«Scusa» rispose al rimprovero di Charlie per il suo linguaggio poco fine, entrando in cucina dove lui era seduto a fare colazione. Giornale e caffè fumante in mano.

«Dove stai andando così di fretta, si può sapere?»

«A lavoro»

«Ma oggi è lunedì» le fece notare suo padre. Tecnicamente, il lunedì era il giorno di chiusura del negozio nel quale lavorava e quindi la sua giornata libera.

«Lo so, ma siamo in alta stagione e i Newton vogliono tenere aperto tutta la settimana» spiegò Bella, sorseggiando velocemente il suo caffè e ustionandosi. «Cazzo!» Charlie le lanciò un’altra occhiata ammonitrice.

«Vai con il furgone?»

«No, non parte»

«Hai chiamato Jacob?»

«Sì, ma ha detto che si rifiuta di “metter ancora mani su quel dinosauro”» rispose lei, scimmiottando il suo ragazzo.

«Allora sarà meglio che ti sbrighi perché sono le 7:55 e la strada è bella lunghina a piedi» Bella alzò di scatto lo sguardo sull’orologio appeso alla parete e… era molto più tardi di ciò che pensava.

«OH CAZZO» gridò, sfrecciando fuori dalla cucina. Doveva essere a lavoro alle 8:00.

«Bella!»

«Scusa!» urlò ancora, uscendo velocemente da casa. Mentre attraversava il vialetto a passi lesti, il suo cellulare vibrò nella tasca della giacca. Jacob.

«Buongiorno!» esclamò, un po’ affaticata dalla corsa che stava facendo.

«’Giorno» borbottò invece il suo ragazzo, assonnato. Chiamarla era stato il primo pensiero che aveva avuto quella mattina. Voleva conoscere i suoi piani della giornata per organizzarsi tra il lei e il lavoro.

«Scusa Jake, è tardissimo. Sto andando a lavoro a piedi perché qualcuno di mia conoscenza non vuole sistemarmi il pick-up…»

«Ma oggi è lunedì... Giusto?» chiese conferma, confuso. Non aveva neanche afferrato il rimprovero nei suoi confronti. E perché Bella parlava così veloce? Si era appena svegliato, per la miseria!

«Sì, è lunedì ma vogliono tenere aperto anche oggi, siamo in alta stagione…»

«Quindi ti vengo a prendere alle sette al negozio?» Dritto al punto. In quel momento non era in grado di captare altre informazioni.

«Sì»

«Okay. Ciao piccola.»

«Ciao» lo salutò, chiudendo la conversazione. Era davvero lento appena sveglio. Non fece neanche in tempo a rimettere il cellulare in tasca che squillò ancora. Senza guardare chi fosse – non ne aveva il tempo e sicuramente era di nuovo Jacob che si era dimenticato di dirle qualcosa – rispose distrattamente, stando invece attenta a non essere investita mentre attraversava la strada. «Pronto?»

«Quando esci di casa? È più di mezz’ora che sto in giro da solo, mi sto rompendo» Bella rallentò il passo, sorpresa.

«Dove sei?» chiese Bella, anche se la domanda più consona sarebbe stata “che cavolo ci fai in giro a quest’ora e perché hai chiamato proprio me.”

«Vicino il giornalaio» e infatti le bastò voltare l’angolo per vederlo lì. 

Edward, poggiato di schiena ad una panchina, il telefono in mano e la faccia di un bambino assonnato costretto dalla mamma a scendere dal letto per andare all’asilo. Chiuse la chiamata e attraversò la strada, raggiungendolo. Anche Edward la notò e rimise il telefono nella tasca della giacca di jeans, raddrizzandosi. Bella si domandò per un attimo come avrebbe dovuto comportarsi dopo tutto quello che era successo la sera prima. E soprattutto, dopo quella telefonata. Avrebbe dovuto smetterla di fare sparate e confessioni a cuore aperto nei momenti in cui era sconvolta perché, quando poi tornava lucida, non sapeva mai come gestire le situazioni. Tutto ciò che fece, però, fu semplicemente poggiarsi alla panchina e riprendere un attimo fiato dalla corsa.

«Perché corri?»

«E’ tardi» rispose lei con il fiatone. Lanciò un’occhiata all’orologio al polso di Edward. 8:10. «Porca miseria!» esclamò, rialzandosi di scatto.

«Dove stai andando?» le domandò Edward, confuso.

«A lavoro!»

«Ma tu non lavori il lunedì»

«I Newton vogliono tenere aper-» fece per ripetere la frase che aveva già detto numerose volte quella mattina ma si interruppe, sorpresa «E tu che ne sai che il lunedì non lavoro?» Edward le lanciò un’occhiata eloquente. Alice. Bella annuì - non c’era poi da meravigliarsi – e riprese a camminare velocemente verso il negozio, che riusciva già a intravedere da lì. Non sentendo nessuno dietro lei, si voltò di nuovo. Infatti, Edward era rimasto fermo alla panchina, non si era mosso di un millimetro e la stava guardando. «Ti muovi?»

«Ah, ti accompagno?» Bella piagnucolò, esasperata. Perché proprio quella mattina erano diventati tutti rincoglioniti?

«Sei ancora lì? Sbrigati!» Edward scattò in piedi, riacquistando il suo solito entusiasmo e la raggiunse.

«Siamo in ritardo?» le chiese, riprendendo a camminare e facendole un sorriso complice che lei ricambiò. Erano due ritardatari cronici. Anche a scuola, arrivavano sempre qualche minuto – troppi minuti – dopo l’inizio delle lezioni. E solitamente insieme. Anche quando si davano un appuntamento, arrivavano nello stesso momento… ma un’ora dopo l’orario stabilito.

«Hey» si fermò Bella improvvisamente, voltandosi verso di lui. Fanculo il ritardo, voleva sapere come stava. E Edward, che si era sentito ripetere la stessa domanda da quando aveva aperto gli occhi quella mattina, la interruppe prima ancora che pronunciasse una solo sillaba.

«Non chiedermelo anche tu, ti prego» Si era stufato di sentirsi il debole della situazione e lei lo capì. Capì che non ci voleva pensare, che non era ciò di cui voleva parlare. Come al solito. E che tutto sommato, stava bene. Così lo accontentò.

«Okay. Allora corri, perché è tardissimo!» 

In un paio di minuti arrivarono al negozio dei Newton, un po’ sconvolti per la corsa. Bella aprì la porta in vetro, entrando e trovando solo Mike all’interno del locale. Grazie Signore. Figura di merda con il capo evitata.

«Buongiorno Mike. Scusa per il ritardo. Sono dovuta venire a piedi perché il pick-up non partiva…»

«Buongiorno! Figurati, non c’è problema» rispose il ragazzo con un sorrisone sul viso. E Bella ringraziò ancora per quella cotta che Newton aveva per lei dall’asilo. Cattiva Bella, non ci si approfitta così dei sentimenti altrui.

«Sì, scusala Newton, non è colpa sua» la appoggiò Edward, seguendola a ruota «Stavamo pomiciando e abbiamo perso la cognizione tempo.»

«Ah… Come pomic… Cioè, voi due…?» Bella trovò che la faccia di Mike uno spettacolo impagabile. Il suo sguardo si alternava da lei a Edward, sconvolto e anche un po’ sbiancato. Neanche avesse visto un fantasma. Per un secondo, ebbe perfino paura potesse svenire da un momento all’altro.

«Mike, sta scherzando» lo rassicurò Bella, prendendo posto dietro il bancone. Guardò Edward divertita, mentre lui se la rideva sotto i baffi.

«Oh» si risvegliò lui da quel coma post-trauma, sollevato «Oh, ecco! Stavi scherzando! Forte Cullen!»

«Ma tutti tu li hai trovati i cretini?» sussurrò Edward a Bella, poggiandosi a braccia incrociate sul ripiano. Lei annuì.

«E infatti…» aggiunse poi, indicandolo con una mano.

«AH-AH» rispose lui, fingendo una risata. Tamburellando con le dita sul bancone, mentre Bella indossava quella divisa all’ultima moda – l’avesse vista Alice sarebbe scoppiata a piangere, pensò –, per distrarsi tornò a rivolgersi a Mike. Prenderlo per il culo era sempre stato uno dei suoi hobby preferiti. «Allora Newton, alla fine ieri sera hai rimorchiato quella brunetta?» Un flash della sera prima, Mike ubriaco che adulava un quadro, colpì Bella. Nascose il viso tra le mani, cercando di trattenersi dallo scoppiare a ridergli in faccia.

«Quale brunetta?» chiese lui, confuso, mentre sistemava degli arnesi per la pesca su uno scaffale.

«Dai, quella. Vi siete perfino incollati alla parete.» Bella si finse di chinarsi a raccogliere qualcosa dietro il bancone, per nascondersi agli occhi di Mike. Stava morendo dalle risate.

«Davvero? Mmh, bene» rispose il ragazzo compiaciuto «Peccato che non fossi molto in me. Sai, qualche birra di troppo» spiegò lui, come se tra di loro ci fosse complicità maschile.

«Quindi non te l’ha data» concluse Edward, guardando Bella che, seduta sul pavimento e quasi cianotica a causa delle risate represse, cercava di calmarsi.

Bella si chiese da quando non rideva così.

«Sei uno stronzo» gli mormorò con il labiale e un sorriso sulle labbra, scuotendo la testa.

Ah sì, da quando Edward era partito.

 

 

Edward: Comunque quello è il mio numero. Memorizzalo. Avresti anche potuto chiedermelo, eh.

Bella: Anche tu invece di fregarlo dal cellulare di tua sorella.

Edward: :D

 

 

«Dove sei stato?» domandò Alice, sorseggiando il suo frappé e camminando tranquillamente al suo fianco.

«In giro» rispose suo fratello, mantenendosi sul vago. Adorava sua sorella ma non sopportava quando si immischiava nei cavoli suoi, quindi preferì non fornirle dettagli sul suo incontro con Bella. «Tu? Hai preso tutto quello che ti serviva o la mia alzataccia mattutina è stata inutile?»

«Dio, mi farai pesare questa storia per intero mese. Ti ho semplicemente chiesto un po’ di compagnia per venire in centro…»

«Certo. Alle sei e mezza di mattina. Con Lady Gaga a tutto volume. E un megafono nelle orecchie.»

«E’ stato comunque per una giusta causa» si difese lei «Si avvicinano le nozze d’argento di mamma e papà e voglio che tutto sia assolutamente perfetto!»

«E tu mi hai svegliato atrocemente con “Born this way” per questo?! Alice, manca un mese!»

«Non manca un mese, ma ventisei giorni, per l’esattezza. E non so davvero come farò ad organizzare tutto in così poco tempo.»

«In ventisei giorni potresti perfino organizzare un matrimonio…» buttò lì Edward e sua sorella lo guardò con quell’espressione tipica di quando stava archittetando uno dei suoi piani diabolici. 

«Oh, lo so. È quello che sto facendo, infatti.»

«Tu sei impazzita!» esclamò lui, sbalordito «Se lo scoprono mamma e papà ti ammazzano. Lo sai, vero?»

«Sì, certo. Dicono tutti così. “Non voglio una festa, troppo imbarazzante stare al centro dell’attenzione” oppure “E’ un inutile spreco di soldi! Preferisco un viaggio!” però poi quando entrano in sala e gli invitati saltano fuori esclamando “Sorpresa!” si sciolgono in una valle di lacrime, commossi e felici, dicendo che quello è il più bel giorno della loro vita!» tartagliò Alice, liquidandolo con un gesto della mano.

«Si sono sposati su un’isola deserta, da soli, perché volevano fosse una cosa solo loro e ne sono stati ben felici…»

«Andiamo, hai ventun’anni e credi ancora a questa storia? Sul serio?» Edward la guardò, stranito. Certo che ci credeva e lo trovava anche piuttosto romantico. Niente buffet, decorazione e cazzate varie, niente parenti che non vedi da una vita o che non hai mai conosciuto e che fingono di essere felici per te, niente sfilata di moda e gara a chi indossa l’abito più costoso. Semplicemente due persone che si amano e che vogliono legarsi l’una all’altra. Al massimo qualche familiare e amico stretto con cui condividere la propria gioia. «Non hanno organizzato una cerimonia in grande perché mamma doveva pagarsi le rette del college da sola, papà era un ricercatore appena laureato e non aveva vita facile e i nonni… beh, non navigavano di certo nell’oro…»

«Alice, papà ha comprato l’isola su cui si sono sposati» e l’aveva anche pagata un bel po’.

«Sì, però dieci anni dopo, quando lui era entrato nella ricerca internazionale, noi tre avevamo tutti un bel conto aperto a nostro nome con i soldi per il college nonostante frequentassimo ancora all’asilo e i nonni vivevano con assistenza assicurata per il resto della loro vita. Quel giorno l’ha affittata per 100 dollari l’ora.»

«Wow» fu tutto quello che riuscì a dire Edward. Questo era un vero e proprio trauma psicologico. Una delle piccole certezze della sua vita era appena andata a farsi fottere. «Come fai a conoscere tutte queste cose? Perché io non ne sapevo niente?»

«Discorsi tra madre e figlia» fece spallucce lei. Buttò il suo bicchiere vuoto in un cestino al lato del marciapiede e per poi tornare a rivolgersi a suo fratello. «So che, a prescindere da tutto, quello è stato e sarà per sempre il giorno più bello della loro vita. Probabilmente, anche se avessero potuto permetterselo, sarebbero scappati ugualmente su un’isola deserta per celebrare il loro matrimonio. Non che io lo comprenda o condivida» precisò lei «Ma è così da loro. Ora che ne abbiamo la possibilità, voglio solo organizzare l’alternativa che non hanno avuto.» Edward guardò la sua gemella teneramente.

Nonostante potesse apparire una ragazza superficiale, Alice era la persona più generosa, sensibile e buona del mondo. Amava aiutare gli altri, anche se a modo suo, tipo comprando loro vestiti costosissimi o organizzando mega-sorprese come quella festa. Era come un folletto della felicità che saltava di persona in persona regalando quadrifogli e rifrangendo allegria. I loro genitori erano fortunati ad avere una figlia come lei.

«D’accordo, ti aiuto» affermò convinto Edward e gli occhi di Alice si illuminarono, entusiasti.

«Davvero?»

«Davvero»

«Il che significa che farai le commissioni che ti affiderò?»

«Sì…»

«Senza lamentarti» Annuì, a malincuore «O fiatare?»

«Sì, Alice»

«E sarai il mio schiavetto personale?»

«Ora non ti allargare!»

«Okay, ci ho provato.»

 

 

«Allora, cos’hai fatto di supercalifragilistichespiralidoso quest’oggi?» Jacob fece spallucce, addentando il suo panino.

«Sistemato un paio di macchine, qualche moto… Ho provato anche con il cervello di Paul ma non ci sono riuscito…»

«Perché, cosa è successo?» domandò Bella, curiosa. Il suo ragazzo prese un sorso di Coca-Cola dalla lattina prima di sganciare la notizia bomba.

«Rachel e Rebecca tornano a casa»

«Che cosa?!» esclamò, più che sbalordita. Il suo ragazzo annuì, confermando il suo stupore. 

Rebecca e Rachel Black. Gemelle. Sorelle maggiori di Jacob. 

Erano andate via di casa appena la legge e gli studi lo avevano consentito. Anzi, per Rebecca la legge, mentre per Rachel gli studi. La prima era scappata di casa a sedici anni per sposarsi con un surfista conosciuto da appena tre mesi sulla spiaggia di LaPush, lasciando così la scuola e trasferendosi alle Hawaii. Sua sorella, al contrario, una volta preso il diploma, si era segregata nel campus dell’università, trascorrendoci anche le estati e lasciando a casa un eterno innamorato Paul. 

«Cosa, come, quando Perché?»

«Arrivano il mese prossimo, non so di preciso»

«Insieme?» Jake annuì «E Reb porta anche suo marito?»

«Non lo so»

«Billy che cosa ha detto?»

«Niente»

«E tu?» Jacob fece spallucce, senza rispondere «Te le devo estorcere, le parole?»

«Bells, non lo so! Non le capisco! Non mettono piede a casa da… lo sai…» e un lampo di tristezza attraversò i suoi occhi. Sì, Bella lo sapeva: da quando era morta loro madre. Dopo quella tragedia, le ragazze avevano lasciato casa, prima l’una poi l’altra, e non erano più tornate, neanche per fare visita a loro padre o al  fratello. Probabilmente non lo avrebbero neppure riconosciuto per quanto era cresciuto dall’ultima volta. Il dolore della perdita le aveva allontanate da quel luogo pieno di ricordi, lasciando a un ragazzino di sedici anni il compito di badare da solo a Billy. Bella ingoiò il groppo che le si era formato in gola e riprese a parlare.

«Quindi, diceviPaul?» cercò di cambiare argomento. Non voleva che Jacob si rabbuiasse ripensando al momento più triste della sua vita. E parve riuscirci.

«Ah, sì. Muore ancora dietro a Rachel. Ha detto che la rivuole a tutti i costi. Appena ha saputo che sarebbe tornata, è andato fuori di testa!»

«Non voglio vedere la sua faccia quando scoprirà che magari ha già un fidanzato» commentò Bella «Infondo mi dispiace, è… tenero

«No, è impazzito!» la corresse Jacob. Appallottolò la carta del suo panino e lanciò in un cestino a distanza. Canestro! «Gliel’ho detto ma niente. Non ne vuole sapere. Qui si sono tutti bevuti il cervello! Pensa a quelle due: non si fanno sentire per mesi e ora, improvvisamente, ecco che tornano a casa. Insieme. Sono strane forti! Bah!» Anche Bella pensò che ci fosse qualcosa sotto, ma lo tenne per sé. Però, nel fatto che tornassero insieme, invece non ci trovò assolutamente nulla di insolito. Erano gemelle. Conosceva solamente un’altra coppia di gemelli e sapeva che il rapporto che li univa era qualcosa di straordinario. Lo stesso valeva sicuramente per loro. Pensare ad Edward e Alice le fece improvvisamente ricordare qualcosa. «Voglio dire, lo ha lasciato da un giorno all’altro per andare al college e non si è fatta sentire per cinque anni! Diamine, non ha un po’ di orgoglio, amico?»

«Jake, devo dirti una cosa» se ne uscì improvvisamente, interrompendo quel monologo sull’ego maschile. Il suo ragazzo la guardò stranito.

«Uhm, okay. Che c’è?»

Cazzo, perché hai parlato! Ti pare il momento? Bella si maledì mentalmente. In quegl'ultimi tempi non riusciva a tenere a freno la lingua. Okay, via il dente, via il dolore, pensò, sperando che la nuova versione di Jacob, che tanto l'aveva stupita il giorno prima, non fosse sparita nell’arco di una nottata.

«E’ che… Voglio essere sincera con te. Non voglio nasconderti nulla, sai che odio i segreti. E non voglio neanche che ti faccia i tuoi filmini mentali e pensi cose che non sono perché… Io sono veramente in buona fede…» Bel processo alle intenzioni, ora diglielo. Jacob continuava a fissarla, confuso. Dove stava andando a parare? «Io e Edward abbiamo sistemato le cose. Nel senso che… ci parliamo di nuovo, ecco.»

«Ah» rispose lui, secco. Né sillaba più, né sillaba meno. Okay, Jacob. Si parlano. E allora? Lei e qui con te ora, no? Non con lui. Calma. Devi mostrarti calmo e disponibile. Aperto. Magari poi… che so, te lo fai anche amico… Oh, non male come idea! Grazie cervello! «Uhm. Okay.» Bella lo guardò, stupita.

«Okay?» diede voce ai suoi pensieri. Okay? Solo okay? L’ultima volta che avevano toccato il tasto “Edward” erano finiti ad urlarsi contro  su come anche solamente la presenza di Edward a Forks stesse rovinando la loro relazione e, in quel momento, nel momento in cui lei gli stava dicendo che si parlavano di nuovo, che erano tornati amici – omettendo però dettagli come telefonate o incontri – lui le rispondeva semplicemente “okay”?

«Sì, okay. E’ un tuo amico. Va bene.» Wow… Dov’era finito il Jacob della scenata di gelosia? Lo studiò di sottecchi: sembrava veramente rilassato e sereno. Jake 2.0, il ritorno. «Comunque sono quasi le 8. Devi andare. Tra un po’ Charlie stacca il turno…»

«Sì… Sì, hai ragione… Vado…» 

E su una cosa Bella non poté che concordare con il suo ragazzo. Qui si sono tutti bevuti il cervello.

 

 

«Se ti dicessi che sono sotto casa tua, in auto, sola con Rosalie e abbiamo voglia di un drink, cosa mi risponderesti?»

«Che sono astemia.» Alice alzò gli occhi al cielo, continuando a fissare la porta d’ingresso di casa Swan. La mancanza di iniziativa di Bella in quegl’ultimi tempi era pari solo a quella del suo gemello.

«Indossa la prima cosa che trovi nell’armadio e scendi, ora!»

«Convinci tu mio padre a farmi uscire alle undici di sera senza borbottare?»

«Sai che posso riuscirci. Ho sempre avuto un certo ascendente su Charlie.» La sentì sospirare, per poi arrendersi.

«D’accordo. Ma entro mezzanotte dobbiamo tornare a casa, domani ho lavoro.»

«Perfetto!» Con risolino allegro che riempì l’abitacolo, Alice premette la cornetta rossa, soddisfatta.

 

 

«Starà per chiudere a quest’ora, fidati. Altro che drink, troveremo Colin con lo spazzolone in mano.»

«E’ piena estate, Bella. I locali rimangono aperti fino a notte inoltrata.»

«Non a Forks»

«Anche a Forks» ribatté Alice, trascinandola sottobraccio fino all’entrata del pub che, con suo sommo stupore, era aperto. «Visto?» In effetti, il pub era ancora stracolmo di gente e in piena attività. Bella riuscì perfino a scorgere qualcuno dei suoi amici vicino al tavolo da biliardo.

«Alcune volte io mi domando se vivo davvero a Forks» disse tra sé. Possibile che non fosse a conoscenza della vita by night di quel paesino?

«Beh, se continui a trascorrere le tue giornate tra negozio-casa-Jacob o Jacob-casa-negozio in tutti i giorni feriali, esclusi i weekend…» Alice lasciò la frase in sospeso, facendole comprendere qual’era il punto. Sì, aveva una vita piuttosto monotona. Si accomodarono agli sgabelli vicino il bancone, dove Colin le accolse con un sorriso.

«Hey Bells! Amiche di Bells!»

«Colin»

«Piacere, io sono Alice!» la ragazza allungò subito una mano che Colin strinse volentieri «Sono già stata qui ma non abbiamo mai avuto modo di presentarci»

«Piacere mio, Colin. Mentre tu sei…?»

«Rosalie» Secca, diretta e senza convenevoli.

«Alice e Rosalie. Okay, memorizzato. Cosa vi porto? Stuzzichino di mezzanotte, drink, un cornetto caldo…?»

«MmmPotremmo avere qualche minuto per pensarci?» domandò Alice.

«Certo. Quando avete bisogno di me, chiamatemi!» Il ragazzo si allontanò, lasciandole sole.

«Dove sono i ragazzi?» chiese Bella, curiosa.

«A casa, a giocare alla playstation» rispose Alice, senza staccare dalla lista dei drink che aveva tra le mani «Quando ci si mettono sono così infantili. Jasper ha detto di essere “troppo stanco”, Edward si è svegliato presto questa mattina quindi credo che dormirà minimo per le prossime quarantott’ore…»

«E a Emmett non andava di tirare su le chiappe dal divano, senza troppe scuse» concluse per lei Rosalie.

«Ma, a quanto pare, per una partita a PES si combatte anche la sonnolenza…»

Due voci femminili giunsero alle loro orecchie da qualche metro di distanza, attirando l’attenzione delle tre ragazze. «Avresti dovuto vederlo: era tutto rigido, come se gli stessero dando una scossa… Faceva impressione…»

«Sul serio?» Alice si irrigidì sulla sedia, mentre Bella si voltò in direzione delle pettegoli. Una era Jessica, mentre la voce narrante era una delle galline amiche di stagno di Tanya.

«Giuro! Poi è arrivata la Swan che non so che cavolo ha fatto e lui si è come… svegliato. Bum! Di colpo!» Bella scosse la testa, stupendosi di come lei e quelle potessero far parte della stessa specie. «E’ stato troppo strano…»

«Povero Cullen, avrà qualche malattia al cervello, che ne sai. Anche la sorella, è sempre stata fuori di testa…» A quelle parole, Alice si alzò di colpo e, mantenendo sempre la classe e l’eleganza che la contraddistinguevano, uscì silenziosamente dal locale. Rosalie la seguì, borbottando un “deficienti”. Jess voltò la testa e le notò, scambiandosi poi un’occhiata imbarazzata con la sua amica.

«Ops» sussurrò, prima che entrambe cominciassero a ridacchiare per la loro figuraccia.

«Vaffanculo, Jess» le disse Bella, passando accanto alle due ragazze, che la guardarono sbalordite. Quando uscì dal locale, individuò subito Alice e Rosalie dall’altro lato della strada, ferme accanto alla loro automobile. «Alice…»

«Va tutto bene, va tutto bene, non preoccuparti» la rassicurò la sua amica, molto più tranquilla ma sempre con gli occhi un po’ lucidi «Sto bene. Ho sempre saputo ciò che pensavano, no? Che sono un po’ svitata e tutto il resto… e forse hanno ragione…»

«No, tesoro, sono solamente delle provincialotte ignoranti e stupide» la contraddisse Rosalie.

«Alice, ascoltami» disse Bella, guardandola dritto negli occhi «Non pensare mai più una cosa del genere, chiaro? Tu non sei svitata… Anzi sì, lo sei. Sei pazza! E va benissimo così, okay? Sei perfetta così e noi ti adoriamo proprio per questo. Avessero solo la metà della tua intelligenza, della tua creatività e del tuo cuore, questo sarebbe un posto di gran lunga migliore. Lasciale perdere, okay? E poi, quando mai abbiamo dato retta alle Stanley? È una cretina!» esclamò, cercando di alleggerire l’aria. Alice ridacchiò, annuendo, d’accordo con lei.

«Hai ragione, hai ragione. È stato solo un momento e… è passato, sul serio. Oh, Bella! Quanto mi sei mancata!» Alice la abbracciò di slanciò e le ricambiò, stringendola forte. Anche tu, Alice. Anche voi… «Su, abbraccio di gruppo!» disse poi Alice, allargando le braccia anche verso Rosalie. Un “oh no, l’abbraccio di gruppo no” stava per uscire dalle labbra di Bella ma si trattenne. Era una cosa così da ragazzine. Ma per Alice, questo e altro. Grazie al cielo, quella tortura finì presto. «E mi raccomando, non una sola parola con Edward di tutta questa storia.» Bella annuì, d’accordo con lei.

«Se sapesse che hai rinunciato ad un drink per qualcosa detta da Jessica, ti disconoscerebbe come sorella!»

 

 

La sera successiva, Bella fece in modo da evitare la Stanley. La voglia di andare da lei e mollarle uno schiaffo in pubblico era difficile da reprimere ma, fortunatamente, ci riuscì. Fortunatamente per una delle due guance di Jessica perché, era risaputo: Isabella Swan menava, e anche forte.

Inoltre, a minare il proprio ferreo autocontrollo, senza però riuscirci, vi era il fatto che quella sera l’attenzione collettiva pareva essersi concentrata proprio su Miss Stupidità. Quando Bella arrivò al parco con Angela, trovò la sua solita compagnia radunata attorno ad una panchina, e Jessica al centro del mondo. L’attesa era palpabile nell’aria ma… Attesa di cosa?

«Cos’è tutto questo fermento?» chiese a Ben, appena le raggiunse per salutare lei ma soprattutto la sua Angy. Avevano deciso di tenersi a debita distanza almeno per quella sera. Bella era una pacifista ma quando le giravano, le giravano sul serio.

«Sta per arrivare un tizio» spiegò lui, mettendo un braccio intorno alle spalle della sua ragazza.

«E chi sarebbe costui?»

«Il cugino di Jessica, Riley.»

«Ma chi? Il biondino con gli occhiali e l’apparecchio?» domandò Angela.

«Già, proprio lui»

«Se ha lo stesso cervello di sua cugina, si salvi chi può» commentò acidamente Bella. Ricordava vagamente un ragazzino timido e, a dire il vero, anche piuttosto sfigatello. Ma non le importava e neanche capiva il motivo di tanto interesse. A Forks non succede mai nulla, Bella. Un forestiero? Questa è una notizia da TG. «Va beh, chi se ne frega. Io vado al pub a prendermi un caffè. Mi fai compagnia?» chiese alla sua amica che, però, trovò troppo impegnata a tubare con il suo piccioncino per darle retta. «Come non detto. Vado. Da sola. Ciao.» Raggiunse il pub, prese il suo bicchiere di caffè da asporto e, sulla strada del ritorno, decise di inviare un messaggio.

Bella: Nuovo ragazzo in città. Ormai sei notizia vecchia. Fuori moda.

Dopo pochi secondi, arrivò la risposta. Bella, via quel sorrisino!

Edward: “La moda passa, lo stile resta”.

Rise.

Bella: Sbaglio o hai appena citato Coco Chanel?

Edward: Passo troppo tempo con mia sorella.

Fece per rispondere ma il telefono vibrò ancora.

Edward: E tu come fai a sapere che è una frase di Chanel?

Effettivamente…

Bella: Ho passato troppo tempo con tua sorella.

Bevve l’ultimo sorso di caffè e cestinò il bicchiere vuoto quando il suo cellulare vibrò ancora.

Edward: Sei uscita?

Bella fece per rispondere, gli occhi fissi sul display e un sorriso sulle labbra, quando urtò qualcuno e il suo telefono finì a terra, aprendosi in due. Ma porca…

«Oddio, scusa!» esclamò il ragazzo.

«No, scusami tu» rispose Bella di getto, chinandosi per raccogliere i pezzi, senza guardare colui contro il quale si era scontrata.

«Avevo lo sguardo basso e non ho guardato…»

«No, davvero, è colpa mia. Leggevo il messaggio e camminavo come un’incantata, quindi…» spiegò, alzando poi lo sguardo e osservando per la prima volta il ragazzo. Non lo aveva mai visto da quelle parti, il che voleva dire che sicuramente non era di Forks. Biondo, capigliatura folta e ben pettinata, occhi azzurri, pelle leggermente dorata. Era… carino. Veramente, veramente, carino. Nei modi e… non solo.

«Si è rotto» mormorò lui dispiaciuto, indicando il cellulare.

«No, si è solamente aperta la batteria. Succede almeno tre volte al giorno. Sopravvivrà.» rispose Bella, sorridendo.

«Okay» sospirò, più tranquillo. «Comunque…» il ragazzo allungò la mano e si presentò «Piacere, io sono Riley.»

Riley…

Riley…

Riley?!

«Pia piacere, Bella» rispose lei, stringendogli la mano.






Oh cazzo.

Hai capito lo sfigatello?

 











*RISATA MALEFICA*
Un mese, un mese… un mese all’anniversario dei coniugi Cullen, un mese all’arrivo delle gemelle Black… Quante cose possono accadere in un mese, specialmente in estate? Tzè, una marea. E succederanno, ve lo assicuro.
Soprattutto con l’arrivo di tutta questa gente… APPROPOSITO, MA CIAO GIOVANE RILEY! Nice to meet you!
Non voglio commentare oltre ma voi fatelo, mi raccomando!

Per spoiler, news e aggiornamenti, aggiungetemi sul mio profilo come autrice su faccialibro. Non ve ne pentirete… o forse sì.

Vi ricordo anche che ho cominciato una raccolta di EXTRA di questa storia. Per ora ce n'è solo uno inerente alla scorso capitolo ma in futuro ne posterò altri.

Grazie alla mia carisssssima pre-reader Cloe per il suo entusiasmo e non solo – anche se continua a starmi sul cul, precisiamo – e vi ricordo la sua nuova, meravigliosa, FANTASTICA storia, the man who can’t be moved, di cui sono onoratamente pre-reader.

Al prossimo capitolo che so già vi piacerà anche solo dal titolo. VEDRETE, VEDERETE.
Bye x

  
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