Hi
everyone! Ecco il capitolo.
Come al solito, non mi spreco in parole
ora.
Ci leggiamo
in fondo!
Ah, HAPPY BIRTHDAY CESS!
beautiful
mess;
11.
News
«Edward?»
«Papà.
Ciao.»
«Come stai?»
«Bene»
«La nottata? Com’è andata? Hai
avuto qualche
problema?»
«No,
tutto okay»
«Bene. Ho parlato con il dottor Durst e mi ha
detto di non allarmarci. Quel piccolo episodio è stato
sicuramente causato dal
cambio di medicine ma assumendo di nuovo la tua solita terapia,
dovrebbe
tornare tutto nella norma. D’accordo?»
«D’accordo,
va
bene. Grazie.»
«Stai tranquillo, figliolo. E goditi le tue
vacanze.»
«Io
sono
tranquillo, mamma e Alice un po’ meno…»
«Sono donne, è nella loro indole
preoccuparsi. Ora vado, ci sentiamo.»
«Va
bene. Ciao.»
«E'
tardi, è tardi,
è tardi!» ripeteva Bella tra sé mentre
infilava la giacca e scendeva
velocemente le scale. Quella mattina la sveglia non aveva suonato. O
forse lei
non l’aveva sentita. Era indifferente, fatto stava che era in
ritardo. Che novità. «E’
tardi, cazzo!»
«Bells!»
«Scusa»
rispose al
rimprovero di Charlie per il suo linguaggio poco fine, entrando in
cucina dove
lui era seduto a fare colazione. Giornale e caffè fumante in
mano.
«Dove
stai andando
così di fretta, si può sapere?»
«A
lavoro»
«Ma
oggi è lunedì»
le fece notare suo padre. Tecnicamente, il lunedì era il
giorno di chiusura del
negozio nel quale lavorava e quindi la sua giornata libera.
«Lo
so, ma siamo in
alta stagione e i Newton vogliono tenere aperto tutta la
settimana» spiegò
Bella, sorseggiando velocemente il suo caffè e ustionandosi.
«Cazzo!» Charlie
le lanciò un’altra occhiata ammonitrice.
«Vai
con il
furgone?»
«No,
non parte»
«Hai
chiamato
Jacob?»
«Sì,
ma ha detto
che si rifiuta di “metter ancora mani su quel
dinosauro”» rispose lei,
scimmiottando il suo ragazzo.
«Allora
sarà meglio
che ti sbrighi perché sono le 7:55 e la strada è
bella lunghina a piedi» Bella
alzò di scatto lo sguardo sull’orologio appeso
alla parete e… era molto più
tardi di ciò che pensava.
«OH
CAZZO» gridò,
sfrecciando fuori dalla cucina. Doveva essere a lavoro alle 8:00.
«Bella!»
«Scusa!»
urlò ancora, uscendo velocemente da casa. Mentre
attraversava il
vialetto a passi lesti, il suo cellulare vibrò nella tasca
della giacca. Jacob.
«Buongiorno!»
esclamò, un po’ affaticata dalla corsa che stava
facendo.
«’Giorno»
borbottò
invece il suo ragazzo, assonnato. Chiamarla era stato il primo pensiero
che
aveva avuto quella mattina. Voleva conoscere i suoi piani della
giornata per
organizzarsi tra il lei e il lavoro.
«Scusa
Jake, è
tardissimo. Sto andando a lavoro a piedi
perché qualcuno di mia conoscenza non
vuole sistemarmi il pick-up…»
«Ma
oggi è
lunedì... Giusto?» chiese conferma, confuso. Non
aveva neanche afferrato il
rimprovero nei suoi confronti. E perché Bella parlava
così veloce? Si era
appena svegliato, per la miseria!
«Sì,
è lunedì ma
vogliono tenere aperto anche oggi, siamo in alta
stagione…»
«Quindi
ti vengo a
prendere alle sette al negozio?» Dritto al punto. In quel
momento non era in
grado di captare altre informazioni.
«Sì»
«Okay.
Ciao
piccola.»
«Ciao»
lo salutò,
chiudendo la conversazione. Era davvero lento
appena sveglio. Non fece neanche in tempo a rimettere il cellulare in
tasca che
squillò ancora. Senza guardare chi fosse – non ne
aveva il tempo e sicuramente
era di nuovo Jacob che si era dimenticato di dirle qualcosa –
rispose
distrattamente, stando invece attenta a non essere investita mentre
attraversava la strada. «Pronto?»
«Quando
esci di
casa? È più di mezz’ora che sto in giro
da solo, mi sto rompendo» Bella
rallentò il passo, sorpresa.
«Dove
sei?» chiese
Bella, anche se la domanda più consona sarebbe stata
“che cavolo ci fai in giro
a quest’ora e perché hai chiamato proprio
me.”
«Vicino il giornalaio» e infatti le bastò voltare l’angolo per vederlo lì.
Edward,
poggiato di schiena ad una panchina, il telefono in mano e la faccia di
un
bambino assonnato costretto dalla mamma a scendere dal letto per andare
all’asilo.
Chiuse la chiamata e attraversò la strada, raggiungendolo.
Anche Edward la notò
e rimise il telefono nella tasca della giacca di jeans, raddrizzandosi.
Bella
si domandò per un attimo come avrebbe dovuto comportarsi
dopo tutto quello che
era successo la sera prima. E soprattutto, dopo quella telefonata.
Avrebbe dovuto smetterla
di fare sparate e confessioni a
cuore
aperto nei momenti in cui era sconvolta perché, quando poi
tornava lucida, non
sapeva mai come gestire le situazioni. Tutto ciò che fece,
però, fu semplicemente
poggiarsi alla panchina e riprendere un attimo fiato dalla corsa.
«Perché
corri?»
«E’
tardi» rispose
lei con il fiatone. Lanciò un’occhiata
all’orologio al polso di Edward. 8:10.
«Porca miseria!» esclamò,
rialzandosi di scatto.
«Dove
stai
andando?» le domandò Edward, confuso.
«A
lavoro!»
«Ma
tu non lavori
il lunedì»
«I
Newton vogliono
tenere aper-» fece per ripetere la frase che aveva
già detto numerose volte
quella mattina ma si interruppe, sorpresa «E tu che ne sai
che il lunedì non
lavoro?» Edward le lanciò un’occhiata
eloquente. Alice. Bella
annuì - non c’era poi da meravigliarsi
– e riprese a camminare velocemente verso il negozio, che
riusciva già a
intravedere da lì. Non sentendo nessuno dietro lei, si
voltò di nuovo.
Infatti, Edward era rimasto fermo alla panchina, non si era mosso di un
millimetro e la stava guardando. «Ti muovi?»
«Ah,
ti
accompagno?» Bella piagnucolò, esasperata.
Perché proprio quella mattina erano
diventati tutti rincoglioniti?
«Sei
ancora lì?
Sbrigati!» Edward scattò in piedi, riacquistando
il suo solito entusiasmo e la
raggiunse.
«Siamo
in ritardo?»
le chiese, riprendendo a camminare e facendole un sorriso complice che
lei
ricambiò. Erano due ritardatari cronici. Anche a scuola,
arrivavano sempre
qualche minuto – troppi minuti –
dopo
l’inizio delle lezioni. E solitamente insieme. Anche quando
si davano un
appuntamento, arrivavano nello stesso momento… ma
un’ora dopo l’orario
stabilito.
«Hey»
si fermò
Bella improvvisamente, voltandosi verso di lui. Fanculo il ritardo,
voleva
sapere come stava. E Edward, che si era sentito ripetere la stessa
domanda da
quando aveva aperto gli occhi quella mattina, la interruppe prima
ancora che
pronunciasse una solo sillaba.
«Non
chiedermelo
anche tu, ti prego» Si era stufato di sentirsi il debole
della situazione e lei
lo capì. Capì che non ci voleva pensare, che non
era ciò di cui voleva parlare. Come
al solito. E che tutto sommato,
stava bene. Così lo accontentò.
«Okay. Allora corri, perché è tardissimo!»
In
un paio di minuti arrivarono al negozio dei
Newton, un po’ sconvolti per la corsa. Bella aprì
la porta in vetro, entrando e
trovando solo Mike all’interno del locale. Grazie
Signore. Figura di merda con il capo evitata.
«Buongiorno
Mike.
Scusa per il ritardo. Sono dovuta venire a piedi perché il
pick-up non
partiva…»
«Buongiorno!
Figurati, non c’è problema» rispose il
ragazzo con un sorrisone sul viso. E
Bella ringraziò ancora per quella cotta che Newton aveva per
lei dall’asilo. Cattiva Bella, non
ci si approfitta così dei
sentimenti altrui.
«Sì,
scusala
Newton, non è colpa sua» la appoggiò
Edward, seguendola a ruota «Stavamo
pomiciando e abbiamo perso la cognizione tempo.»
«Ah…
Come pomic…
Cioè, voi due…?» Bella trovò
che la faccia di Mike uno spettacolo
impagabile. Il suo sguardo si alternava da lei a Edward, sconvolto e
anche un
po’ sbiancato. Neanche avesse visto un fantasma. Per un
secondo, ebbe perfino
paura potesse svenire da un momento all’altro.
«Mike,
sta
scherzando» lo rassicurò Bella, prendendo posto
dietro il bancone. Guardò
Edward divertita, mentre lui se la rideva sotto i baffi.
«Oh»
si risvegliò lui da quel coma
post-trauma, sollevato
«Oh, ecco! Stavi scherzando! Forte Cullen!»
«Ma
tutti tu li hai
trovati i cretini?» sussurrò Edward a Bella,
poggiandosi a braccia incrociate
sul ripiano. Lei annuì.
«E
infatti…»
aggiunse poi, indicandolo con una mano.
«AH-AH»
rispose
lui, fingendo una risata. Tamburellando con le dita sul bancone, mentre
Bella
indossava quella divisa all’ultima moda –
l’avesse vista Alice sarebbe
scoppiata a piangere, pensò –, per distrarsi
tornò a rivolgersi a Mike.
Prenderlo per il culo era sempre stato uno dei suoi hobby preferiti.
«Allora
Newton, alla fine ieri sera hai rimorchiato quella brunetta?»
Un flash della
sera prima, Mike ubriaco che adulava un quadro, colpì Bella.
Nascose il viso
tra le mani, cercando di trattenersi dallo scoppiare a ridergli in
faccia.
«Quale
brunetta?»
chiese lui, confuso, mentre sistemava degli arnesi per la pesca su uno
scaffale.
«Dai,
quella. Vi siete perfino incollati alla parete.» Bella
si finse
di chinarsi a raccogliere qualcosa dietro il bancone, per nascondersi
agli occhi di Mike. Stava
morendo dalle risate.
«Davvero?
Mmh,
bene» rispose il ragazzo compiaciuto «Peccato che
non fossi molto in me. Sai,
qualche birra di troppo» spiegò lui, come se tra
di loro ci fosse complicità
maschile.
«Quindi
non te l’ha
data» concluse Edward, guardando Bella che, seduta sul
pavimento e quasi
cianotica a causa delle risate represse, cercava di calmarsi.
Bella
si chiese da
quando non rideva così.
«Sei
uno stronzo»
gli mormorò con il labiale e un sorriso sulle labbra,
scuotendo la testa.
Ah
sì, da quando
Edward era partito.
Edward:
Comunque quello è il mio numero. Memorizzalo. Avresti anche
potuto chiedermelo,
eh.
Bella:
Anche tu invece di fregarlo dal cellulare di tua sorella.
Edward:
:D
«Dove
sei stato?» domandò Alice, sorseggiando il suo
frappé e camminando
tranquillamente al suo fianco.
«In
giro» rispose suo fratello, mantenendosi sul vago. Adorava
sua sorella ma non sopportava quando si
immischiava nei cavoli suoi, quindi preferì non fornirle
dettagli sul suo
incontro con Bella. «Tu? Hai preso tutto quello che ti
serviva o la mia
alzataccia mattutina è stata inutile?»
«Dio,
mi farai
pesare questa storia per intero mese. Ti ho semplicemente chiesto un
po’ di
compagnia per venire in centro…»
«Certo.
Alle sei e
mezza di mattina. Con Lady Gaga a tutto volume. E un megafono nelle
orecchie.»
«E’
stato comunque
per una giusta causa» si difese lei «Si avvicinano
le nozze d’argento di mamma
e papà e voglio che tutto sia assolutamente
perfetto!»
«E
tu mi hai
svegliato atrocemente con
“Born this
way” per questo?! Alice, manca un mese!»
«Non
manca un mese,
ma ventisei giorni, per l’esattezza. E non so davvero come
farò ad organizzare
tutto in così poco tempo.»
«In
ventisei giorni
potresti perfino organizzare un
matrimonio…» buttò lì Edward
e sua sorella lo guardò con
quell’espressione tipica di quando stava archittetando uno
dei suoi piani diabolici.
«Oh,
lo so. È
quello che sto facendo, infatti.»
«Tu
sei impazzita!»
esclamò lui, sbalordito «Se lo scoprono mamma e
papà ti ammazzano. Lo sai,
vero?»
«Sì,
certo. Dicono
tutti così. “Non voglio
una festa, troppo
imbarazzante stare al centro dell’attenzione”
oppure “E’ un inutile
spreco di soldi! Preferisco un viaggio!”
però poi
quando entrano in sala e gli invitati saltano fuori esclamando
“Sorpresa!” si
sciolgono in una valle di lacrime, commossi e felici, dicendo che
quello è il
più bel giorno della loro vita!»
tartagliò Alice, liquidandolo con un gesto della
mano.
«Si
sono sposati su
un’isola deserta, da soli, perché volevano fosse
una cosa solo loro e ne sono
stati ben felici…»
«Andiamo,
hai
ventun’anni e credi ancora a questa storia? Sul
serio?» Edward la guardò,
stranito. Certo che ci credeva e lo trovava anche piuttosto romantico.
Niente
buffet, decorazione e cazzate varie, niente parenti che non vedi da una
vita o
che non hai mai conosciuto e che fingono di essere felici per te,
niente sfilata di moda e gara a chi
indossa
l’abito più costoso. Semplicemente due persone che
si amano e che vogliono
legarsi l’una all’altra. Al massimo qualche
familiare e amico stretto con cui
condividere la propria gioia. «Non hanno organizzato una
cerimonia in grande
perché mamma doveva pagarsi le rette del college da sola,
papà era un
ricercatore appena laureato e non aveva vita facile e i
nonni… beh,
non navigavano di certo nell’oro…»
«Alice,
papà ha comprato l’isola
su cui si sono sposati»
e l’aveva anche pagata un bel po’.
«Sì,
però dieci
anni dopo, quando lui era entrato nella ricerca internazionale, noi tre
avevamo
tutti un bel conto aperto a nostro nome con i soldi per il college
nonostante
frequentassimo ancora all’asilo e i nonni vivevano con
assistenza assicurata
per il resto della loro vita. Quel giorno l’ha affittata per
100 dollari
l’ora.»
«Wow»
fu tutto
quello che riuscì a dire Edward. Questo era un vero e
proprio trauma psicologico. Una
delle piccole certezze della sua vita era appena andata a farsi
fottere. «Come fai a
conoscere tutte queste cose? Perché io non ne sapevo
niente?»
«Discorsi
tra madre
e figlia» fece spallucce lei. Buttò il suo
bicchiere vuoto in un cestino al
lato del marciapiede e per poi tornare a rivolgersi a suo fratello.
«So che, a
prescindere da tutto, quello è stato e sarà per
sempre il giorno più bello della
loro vita. Probabilmente, anche se avessero potuto permetterselo,
sarebbero
scappati ugualmente su un’isola deserta per celebrare il loro
matrimonio. Non
che io lo comprenda o condivida…»
precisò lei «Ma è così da loro. Ora che ne abbiamo la
possibilità, voglio solo organizzare
l’alternativa che non hanno avuto.» Edward
guardò la sua gemella teneramente.
Nonostante
potesse
apparire una ragazza superficiale, Alice era la persona più
generosa, sensibile
e buona del mondo. Amava aiutare gli altri, anche se a modo suo, tipo
comprando
loro vestiti costosissimi o organizzando mega-sorprese come quella
festa. Era
come un folletto della felicità che saltava di persona in
persona regalando
quadrifogli e rifrangendo allegria. I loro genitori erano fortunati ad
avere
una figlia come lei.
«D’accordo,
ti
aiuto» affermò convinto Edward e gli occhi di
Alice si illuminarono, entusiasti.
«Davvero?»
«Davvero»
«Il
che significa
che farai le commissioni che ti affiderò?»
«Sì…»
«Senza
lamentarti»
Annuì, a malincuore «O fiatare?»
«Sì,
Alice»
«E
sarai il
mio schiavetto personale?»
«Ora
non ti allargare!»
«Okay,
ci ho
provato.»
«Allora,
cos’hai
fatto di supercalifragilistichespiralidoso
quest’oggi?» Jacob fece spallucce,
addentando il suo panino.
«Sistemato
un paio
di macchine, qualche moto… Ho provato anche con il cervello
di Paul ma non ci
sono riuscito…»
«Perché,
cosa è
successo?» domandò Bella, curiosa. Il suo ragazzo
prese un sorso di Coca-Cola
dalla lattina prima di sganciare la notizia
bomba.
«Rachel
e Rebecca
tornano a casa»
«Che cosa?!» esclamò, più che sbalordita. Il suo ragazzo annuì, confermando il suo stupore.
Rebecca e Rachel Black. Gemelle. Sorelle maggiori di Jacob.
Erano andate via di casa appena la legge e gli studi lo avevano consentito. Anzi, per Rebecca la legge, mentre per Rachel gli studi. La prima era scappata di casa a sedici anni per sposarsi con un surfista conosciuto da appena tre mesi sulla spiaggia di LaPush, lasciando così la scuola e trasferendosi alle Hawaii. Sua sorella, al contrario, una volta preso il diploma, si era segregata nel campus dell’università, trascorrendoci anche le estati e lasciando a casa un eterno innamorato Paul.
«Cosa,
come, quando…
Perché?»
«Arrivano
il mese
prossimo, non so di preciso»
«Insieme?»
Jake
annuì «E Reb porta anche suo marito?»
«Non
lo so»
«Billy
che cosa ha
detto?»
«Niente»
«E
tu?» Jacob fece spallucce,
senza rispondere «Te le devo estorcere, le parole?»
«Bells,
non lo so! Non le capisco! Non mettono
piede a casa da… lo sai…»
e un lampo
di tristezza attraversò i suoi occhi. Sì, Bella
lo sapeva: da quando era morta
loro madre. Dopo quella tragedia, le ragazze avevano lasciato casa,
prima l’una
poi l’altra, e non erano più tornate, neanche per
fare visita a loro padre o
al fratello.
Probabilmente non lo avrebbero
neppure riconosciuto per quanto era cresciuto dall’ultima
volta. Il dolore
della perdita le aveva allontanate da quel luogo pieno di ricordi,
lasciando a
un ragazzino di sedici anni il compito di badare da solo a Billy. Bella
ingoiò
il groppo che le si era formato in gola e riprese a parlare.
«Quindi,
dicevi…
Paul?»
cercò di cambiare argomento. Non voleva che Jacob si
rabbuiasse
ripensando al momento più triste della sua vita. E parve
riuscirci.
«Ah,
sì. Muore
ancora dietro a Rachel. Ha detto che la rivuole a tutti i costi. Appena
ha saputo
che sarebbe tornata, è andato fuori di testa!»
«Non
voglio vedere
la sua faccia quando scoprirà che magari ha già
un fidanzato» commentò Bella
«Infondo mi dispiace, è… tenero.»
«No,
è impazzito!»
la corresse Jacob. Appallottolò la carta del suo panino e
lanciò in un cestino a distanza. Canestro!
«Gliel’ho detto ma niente. Non ne vuole
sapere. Qui si sono tutti bevuti il
cervello! Pensa a quelle due: non si fanno sentire per mesi e ora,
improvvisamente, ecco che tornano a casa. Insieme.
Sono strane forti! Bah!» Anche Bella pensò che ci
fosse qualcosa sotto, ma lo
tenne per sé. Però, nel fatto che tornassero insieme,
invece non ci trovò assolutamente nulla di insolito. Erano
gemelle. Conosceva
solamente un’altra coppia di gemelli e sapeva che il rapporto
che li univa era
qualcosa di straordinario. Lo stesso valeva sicuramente per loro.
Pensare ad Edward e Alice
le fece improvvisamente ricordare qualcosa.
«Voglio dire, lo ha lasciato da un
giorno all’altro per andare al college e non si è
fatta sentire per cinque
anni! Diamine, non ha un po’ di orgoglio, amico?»
«Jake,
devo dirti
una cosa» se ne uscì improvvisamente,
interrompendo quel monologo sull’ego
maschile. Il suo ragazzo la guardò stranito.
«Uhm, okay. Che c’è?»
Cazzo, perché hai parlato! Ti pare
il momento? Bella si maledì mentalmente. In
quegl'ultimi tempi non riusciva a
tenere a freno la lingua. Okay, via il
dente, via il dolore, pensò,
sperando
che la nuova versione di Jacob, che tanto l'aveva stupita il giorno
prima, non
fosse sparita nell’arco di una nottata.
«E’
che… Voglio
essere sincera con te. Non voglio nasconderti nulla, sai che odio i
segreti. E
non voglio neanche che ti faccia i tuoi filmini mentali e
pensi cose che non
sono perché… Io sono veramente in buona
fede…» Bel processo alle
intenzioni, ora diglielo. Jacob continuava a fissarla,
confuso. Dove stava andando a parare? «Io e Edward abbiamo sistemato le cose. Nel senso
che… ci parliamo di nuovo, ecco.»
«Ah»
rispose lui,
secco. Né sillaba più, né sillaba
meno. Okay,
Jacob. Si parlano. E allora? Lei e qui con te ora, no? Non con lui.
Calma. Devi
mostrarti calmo e disponibile. Aperto. Magari poi… che so,
te lo fai anche
amico… Oh, non male come idea! Grazie cervello! «Uhm.
Okay.» Bella lo
guardò, stupita.
«Okay?»
diede voce
ai suoi pensieri. Okay? Solo okay? L’ultima
volta che avevano toccato il tasto “Edward” erano
finiti ad urlarsi contro su come anche solamente la presenza
di Edward a Forks stesse rovinando la loro relazione e, in
quel momento, nel
momento in cui lei gli stava dicendo che si parlavano di nuovo, che
erano
tornati amici – omettendo però dettagli come
telefonate o incontri – lui le
rispondeva semplicemente “okay”?
«Sì,
okay. E’ un
tuo amico. Va bene.» Wow…
Dov’era
finito il Jacob della scenata di gelosia? Lo studiò di
sottecchi: sembrava
veramente rilassato e sereno. Jake 2.0,
il ritorno. «Comunque sono quasi le 8. Devi andare.
Tra un po’ Charlie
stacca il turno…»
«Sì…
Sì, hai
ragione… Vado…»
E
su una cosa Bella
non poté che concordare con il suo ragazzo. Qui
si sono tutti bevuti il cervello.
«Se
ti dicessi che
sono sotto casa tua, in auto, sola con Rosalie e abbiamo voglia di un
drink,
cosa mi risponderesti?»
«Che sono astemia.» Alice
alzò gli occhi
al cielo, continuando a fissare la porta d’ingresso di casa
Swan. La mancanza
di iniziativa di Bella in quegl’ultimi tempi era pari solo a
quella del suo
gemello.
«Indossa
la prima
cosa che trovi nell’armadio e scendi, ora!»
«Convinci tu mio padre a farmi uscire alle
undici di sera senza borbottare?»
«Sai
che posso
riuscirci. Ho sempre avuto un certo ascendente su Charlie.»
La sentì sospirare,
per poi arrendersi.
«D’accordo. Ma entro mezzanotte dobbiamo
tornare
a casa, domani ho lavoro.»
«Perfetto!»
Con
risolino allegro che riempì l’abitacolo, Alice
premette la cornetta rossa, soddisfatta.
«Starà
per chiudere
a quest’ora, fidati. Altro che drink, troveremo Colin con lo
spazzolone in
mano.»
«E’
piena estate,
Bella. I locali rimangono aperti fino a notte inoltrata.»
«Non
a Forks…»
«Anche
a Forks»
ribatté Alice, trascinandola sottobraccio fino
all’entrata del pub che, con suo sommo stupore, era aperto.
«Visto?» In
effetti, il pub era ancora stracolmo di gente e in piena
attività. Bella riuscì
perfino a scorgere qualcuno dei suoi amici vicino al tavolo da
biliardo.
«Alcune
volte io mi
domando se vivo davvero a Forks» disse tra sé.
Possibile che non fosse a
conoscenza della vita by night di
quel paesino?
«Beh,
se continui a
trascorrere le tue giornate tra negozio-casa-Jacob
o Jacob-casa-negozio in tutti i
giorni feriali, esclusi i weekend…» Alice
lasciò la frase in sospeso, facendole
comprendere qual’era il punto. Sì, aveva una vita
piuttosto monotona. Si
accomodarono agli sgabelli vicino il bancone, dove Colin le accolse con
un
sorriso.
«Hey
Bells! Amiche
di Bells!»
«Colin…»
«Piacere,
io sono
Alice!» la ragazza allungò subito una mano che
Colin strinse volentieri
«Sono già stata qui ma non abbiamo mai avuto modo
di presentarci»
«Piacere
mio,
Colin. Mentre tu sei…?»
«Rosalie»
Secca,
diretta e senza convenevoli.
«Alice
e Rosalie.
Okay, memorizzato. Cosa vi porto? Stuzzichino di mezzanotte, drink, un
cornetto
caldo…?»
«Mmm…
Potremmo
avere qualche minuto per pensarci?» domandò Alice.
«Certo.
Quando
avete bisogno di me, chiamatemi!» Il ragazzo si
allontanò, lasciandole sole.
«Dove
sono i
ragazzi?» chiese Bella, curiosa.
«A
casa, a giocare
alla playstation» rispose Alice, senza staccare dalla lista
dei drink che aveva
tra le mani «Quando ci si mettono sono così
infantili. Jasper ha detto di
essere “troppo stanco”, Edward si è
svegliato presto questa mattina quindi
credo che dormirà minimo per le prossime
quarantott’ore…»
«E
a Emmett non
andava di tirare su le chiappe
dal divano, senza troppe scuse» concluse per lei Rosalie.
«Ma,
a quanto pare,
per una partita a PES si combatte anche la
sonnolenza…»
Due
voci femminili
giunsero alle loro orecchie da qualche metro di distanza, attirando
l’attenzione delle tre ragazze. «Avresti
dovuto vederlo: era tutto rigido, come se gli stessero dando una
scossa… Faceva
impressione…»
«Sul
serio?» Alice
si irrigidì sulla sedia, mentre Bella si voltò in
direzione delle pettegoli. Una era
Jessica, mentre la voce narrante
era una delle galline
amiche di stagno di Tanya.
«Giuro!
Poi è
arrivata la Swan che non so che cavolo ha fatto e lui si è
come… svegliato.
Bum! Di colpo!» Bella scosse la testa, stupendosi di come lei
e quelle potessero far parte della
stessa
specie. «E’ stato troppo
strano…»
«Povero
Cullen,
avrà qualche malattia al cervello, che ne sai. Anche la
sorella,
è sempre stata
fuori di testa…» A quelle parole, Alice si
alzò di
colpo e, mantenendo sempre
la classe e l’eleganza che la contraddistinguevano,
uscì
silenziosamente dal
locale. Rosalie la seguì, borbottando un
“deficienti”. Jess voltò la testa e le
notò,
scambiandosi poi un’occhiata imbarazzata con la sua amica.
«Ops»
sussurrò, prima
che entrambe cominciassero a ridacchiare per la loro figuraccia.
«Vaffanculo,
Jess»
le disse Bella, passando accanto alle due ragazze, che la guardarono
sbalordite. Quando uscì dal locale, individuò
subito Alice e Rosalie dall’altro
lato della strada, ferme accanto alla loro automobile.
«Alice…»
«Va
tutto bene, va
tutto bene, non preoccuparti» la rassicurò la sua
amica, molto più tranquilla
ma sempre con gli occhi un po’ lucidi «Sto bene. Ho
sempre saputo ciò
che pensavano, no? Che sono un po’ svitata e tutto il
resto… e forse hanno
ragione…»
«No,
tesoro, sono
solamente delle provincialotte ignoranti e stupide» la
contraddisse Rosalie.
«Alice,
ascoltami»
disse Bella, guardandola dritto negli occhi «Non pensare mai
più una cosa del genere,
chiaro? Tu non sei svitata… Anzi sì, lo sei. Sei
pazza! E va benissimo così,
okay? Sei perfetta così e noi ti adoriamo proprio per
questo. Avessero solo la
metà della tua intelligenza, della tua creatività
e del tuo cuore, questo
sarebbe un posto di gran lunga migliore. Lasciale perdere, okay? E poi,
quando
mai abbiamo dato retta alle Stanley? È una
cretina!» esclamò, cercando di
alleggerire l’aria. Alice ridacchiò, annuendo,
d’accordo con lei.
«Hai
ragione, hai
ragione. È stato solo un momento e… è
passato, sul serio. Oh, Bella! Quanto mi
sei mancata!» Alice la abbracciò di
slanciò e le ricambiò, stringendola forte. Anche tu, Alice. Anche voi…
«Su,
abbraccio di gruppo!» disse poi Alice, allargando le braccia
anche verso
Rosalie. Un “oh no, l’abbraccio di gruppo
no” stava per uscire dalle labbra di
Bella ma si trattenne. Era una cosa così da
ragazzine. Ma per Alice, questo e altro.
Grazie al cielo, quella tortura finì presto.
«E mi raccomando, non una sola
parola con Edward di tutta questa storia.» Bella
annuì, d’accordo con lei.
«Se
sapesse che hai
rinunciato ad un drink per qualcosa detta da Jessica, ti
disconoscerebbe come
sorella!»
La
sera successiva,
Bella fece in modo da evitare la Stanley. La voglia di andare da lei e
mollarle
uno schiaffo in pubblico era difficile da reprimere ma, fortunatamente,
ci
riuscì. Fortunatamente per
una delle
due guance di Jessica perché, era risaputo: Isabella Swan
menava, e anche forte.
Inoltre,
a minare
il proprio ferreo autocontrollo, senza però riuscirci, vi
era il fatto che quella sera l’attenzione
collettiva pareva essersi concentrata proprio su Miss
Stupidità. Quando Bella arrivò
al parco con Angela, trovò la sua solita compagnia radunata
attorno ad una
panchina, e Jessica al centro del mondo.
L’attesa era palpabile nell’aria ma… Attesa
di cosa?
«Cos’è
tutto questo
fermento?» chiese a Ben, appena le raggiunse per salutare lei
ma soprattutto la sua
Angy.
Avevano deciso di tenersi a debita distanza almeno per quella sera.
Bella era
una pacifista ma quando le giravano,
le giravano sul serio.
«Sta
per arrivare
un tizio» spiegò lui, mettendo un braccio intorno
alle spalle della sua
ragazza.
«E
chi sarebbe
costui?»
«Il
cugino di
Jessica, Riley.»
«Ma
chi? Il
biondino con gli occhiali e l’apparecchio?»
domandò Angela.
«Già,
proprio lui»
«Se
ha lo stesso
cervello di sua cugina, si salvi chi può»
commentò acidamente Bella. Ricordava
vagamente un ragazzino timido e, a dire il vero, anche piuttosto
sfigatello. Ma
non le importava e neanche capiva il motivo di tanto interesse. A Forks non succede mai nulla, Bella. Un
forestiero? Questa è una notizia da TG.
«Va beh, chi se ne frega. Io vado
al pub a prendermi un caffè. Mi fai compagnia?»
chiese alla sua amica che,
però, trovò troppo impegnata a tubare
con
il suo piccioncino per darle retta. «Come non detto. Vado. Da
sola. Ciao.»
Bella:
Nuovo ragazzo in città. Ormai sei notizia vecchia. Fuori
moda.
Dopo
pochi secondi,
arrivò la risposta. Bella, via quel
sorrisino!
Edward:
“La moda passa, lo stile resta”.
Rise.
Bella:
Sbaglio o
hai appena citato
Coco Chanel?
Edward:
Passo troppo tempo con mia sorella.
Fece
per rispondere
ma il telefono vibrò ancora.
Edward:
E tu come fai a sapere che è una frase di Chanel?
Effettivamente…
Bella:
Ho passato troppo tempo con tua sorella.
Bevve
l’ultimo
sorso di caffè e cestinò il bicchiere vuoto
quando il suo cellulare vibrò
ancora.
Edward:
Sei uscita?
Bella
fece per
rispondere, gli occhi fissi sul display e un sorriso sulle labbra,
quando urtò qualcuno
e il suo telefono finì a terra, aprendosi in due. Ma porca…
«Oddio,
scusa!»
esclamò il ragazzo.
«No,
scusami tu»
rispose Bella di getto, chinandosi per raccogliere i pezzi, senza
guardare colui
contro il quale si era scontrata.
«Avevo
lo sguardo
basso e non ho guardato…»
«No,
davvero, è
colpa mia. Leggevo il messaggio e camminavo come
un’incantata, quindi…»
spiegò,
alzando poi lo sguardo e osservando per la prima volta il ragazzo. Non
lo aveva
mai visto da quelle parti, il che voleva dire che sicuramente non era
di Forks.
Biondo, capigliatura folta e ben pettinata, occhi azzurri, pelle
leggermente
dorata. Era… carino. Veramente,
veramente, carino. Nei modi
e… non solo.
«Si
è rotto»
mormorò lui dispiaciuto, indicando il cellulare.
«No,
si è solamente
aperta la batteria. Succede almeno tre volte al giorno.
Sopravvivrà.» rispose Bella,
sorridendo.
«Okay»
sospirò, più
tranquillo. «Comunque…» il ragazzo
allungò la mano e si presentò «Piacere,
io
sono Riley.»
Riley…
Riley…
Riley?!
«Pia…
piacere,
Bella» rispose lei, stringendogli la mano.
Oh
cazzo.
Hai
capito lo sfigatello?
*RISATA
MALEFICA*
Un mese, un mese… un mese all’anniversario
dei coniugi Cullen, un mese all’arrivo delle gemelle
Black… Quante cose possono
accadere in un mese, specialmente in estate? Tzè, una marea.
E succederanno, ve
lo assicuro.
Soprattutto con l’arrivo di tutta questa
gente… APPROPOSITO, MA CIAO GIOVANE RILEY! Nice to meet you!
Non voglio commentare oltre ma voi fatelo,
mi raccomando!
Per
spoiler, news e aggiornamenti,
aggiungetemi sul mio profilo come autrice
su faccialibro.
Non ve ne pentirete… o forse sì.
Vi
ricordo anche che ho cominciato una raccolta di EXTRA
di questa storia. Per ora ce n'è solo uno inerente alla
scorso capitolo ma in futuro ne posterò altri.
Bye x