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Autore: yeahitsmarts    12/10/2012    1 recensioni
Watertown, Dakota del Sud.
La villa di Nils Strömvik spicca maestosa tra tutte le altre ma la gente del posto, a parte questo, sa ben poco su di lui. C' è chi giura di non averlo mai visto in giro, chi invece sostiene che esca solo di notte e che osservi silenzioso nelle case degli altri. Ma la verità è che nessuno sa con esattezza da quanto si sia trasferito lì e che tipo di vita conduca. I ragazzi più coraggiosi hanno provato diverse volte a scavalcare l' enorme staccionata per dare un' occhiata all' interno della casa ma hanno tutti fallito miseramente. Quelle statue in giardino poi mettono i brividi.
Dall' altra parte della città il Shaun Wise, durante il periodo estivo, ospita i ragazzi affetti da disturbi psicologici di qualsiasi tipo cercando di aiutarli. Tra i loro pazienti c'è Rebecca Sullivan, una diciassettenne taciturna che soffre di misantropia. Lei, assieme alle sue nuove compagne di stanza, avrà la fortuna di incontrare di persona Nils Strömvik. Riusciranno a scavare nel passato dell' uomo?
Genere: Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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A volte il mondo può sembrare un luogo ostile e sinistro. Ma credeteci quando diciamo che ci sono più cose buone che cattive. Dovete osservare con attenzione. E quella che magari appare una serie di sfortunati eventi, può, di fatto, essere il primo passo di un viaggio.

Una serie di sfortunati eventi.

Misty era più pazza di quanto Rebecca avesse mai creduto. Le dava i nervi, la rendeva irrascibile e ogni volta che la sorprendeva a fissarla si sentiva a disagio. Era pienamente convinta che una notte, magari in preda ad uno dei suoi attacchi di allucinazioni, l' avrebbe uccisa con sette coltellate. Di tanto in tanto provava a chiederle qualcosa, ad esempio di guardare insieme le sue foto o di scattarne di nuove con la sua Canon, ma Rebecca storceva la bocca, scuoteva il capo e di punto in bianco usciva dalla camera sbattendo la porta.
«Senti, hai una sigaretta?» tre giorni, soltanto tre giorni e aveva consumato tre pacchetti. Il ragazzo la squadrò per bene, fece un tiro dalla sua e poi gliela offrì «No senti, se non ti dispiace la vorrei nuova, niente malattie, per precauzione» quello rise buttando la testa indietro «Sei simpatica» Il suo nome era Brian, il tipo che aveva svegliato Misty dalle sue strane visioni. Dopo che era uscito dalla camera, Rebecca gli era corsa dietro per chiedergli cosa diavolo avesse di tanto strano la sua compagna. «Cosa ci trovi di divertente?» Fanculo, un altro fuori di testa. Brian continuava a ridere «Non credo che ti importi tanto delle malattie che si trasmettono» non fece neanche in tempo a ribattere che proseguì «Quando sei arrivata c' erano tre preservativi sul comodino e devo dire che ieri ti sei data da fare con Josh» Oh, merda. «Cosa cazzo stai cercando di dirmi?» Dalle labbra di Brian uscì un altro risolino «Che oggi ce n' erano sempre tre. Sono sicuro che non ti interessi molto prenderti qualche malattia» Rebecca incrociò le braccia al petto e gli sputò quasi sui piedi «Se c'è una cosa di cui devi stare certo è che non devi farti gli affari miei, d' accordo? E ora dammi questa sigaretta altrimenti vado a dire ad uno degli assistenti che hai provato a stuprarmi in camera tua...» Brian aprì la bocca per dire qualcosa ma non trovò niente di tanto intelligente per difendersi. Rebecca Sullivan, per quanto scontrosa e odiosa, otteneva sempre quello di cui aveva bisogno, con le buone o con le cattive.
Al rientro in camera Misty non c' era e Rebecca non si preoccupò minimamente di chiedere sue notizie. Piuttosto ne approfittò per gettarsi a capofitto sul letto e scrivere finalmente sul suo diario. Lì in mansarda c'era così tanto caos -e disagio, in particolar modo- che era praticamente impossibile concentrarsi in quelle condizioni. Nemmeno di notte, quando la luna risplendeva alta nel cielo, Rebecca riusciva a scrivere. Da qualche tempo aveva la spiacevole sensazione di essere continuamente osservata da qualcosa. Aveva la sensazione di non essere mai da sola, nemmeno sul cesso o in doccia, ma di essere perennemente seguita e controllata da occhi esterni.
Caro Diario,
il mio cellulare è ancora nelle mani di quel suino, spero solo che non capiti casualmente nella cartella dove tengo i video privati perchè sarebbe veramente un brutto colpo.
Mi sono rotta di stare qui in mansarda, non perchè mi manchino le mie compagne di  camera, anzi, ma perchè non ho nulla da fare. La prima notte in cui ritorno al mio piano, esco, con o senza fumo. Sembra di stare in carcere, qui è troppo controllato e io mi sento soffocare. Brian e un coglione e Josh è convinto che io sia innamorato di lui. Ah, stronzate. E' stata una notte così, io stavo in astinenza e avevo soltanto voglia di svagarmi un po'. Questi due giorni dovranno passare più che in fretta altrimenti, ne sono sicura, mi dedicherà qualche canzone romantica-frattura-ovaie.
Misty è pazza, soffre di allucinazioni e io ho una paura tremenda di morire per mano sua. Morire... Ieri ci ho pensato di nuovo. Raggiungerei Kevin in un batter d' occhio, ma non sono sicura che ci sia una vita ultraterrena. Mi manca così tanto, alcune volte mando giù a fatica l' enorme groppo alla gola che ho quando lo penso. La vita è così ingiusta.

Alzò un secondo la testa e si accorse che qualcuno la stava fissando. «Chi sei? Che vuoi?» chiuse di scattò il quadernetto e lo gettò alle sue spalle pregando che le pagine non si stropicciassero troppo. Quello strizzò gli occhi verdi, si infilò gli occhiali da vista nella tasca della maglietta e poi entrò in camera gettando lo zaino sul letto di Misty. «Cosa stai facendo?» Rebecca si stava arrabbiando, lui non la degnava neppure di uno sguardo. L' osservò mentre cambiava le lenzuola del letto e sistemava sul comodino la sua roba. Fu quando si avvicinò a staccare con cattiveria le foto della parete che finalmente si decise di fare qualcosa. Scattò in piedi e lo spintonò via quasi a fargli perdere l' equilibrio e ruzzolare a terra. «Che cazzo fai? Queste foto non sono tue!» Misty era stramba e aveva l' allucinazioni, ma quelle erano le sue fotografie, quelle erano i suoi racconti di una vita passata a scattare e conservare. E a Rebecca veniva quasi da piangere. Al contrario di ciò che si era immaginata, il ragazzo scoppiò a ridere e, se lei non lo avesse fermato nuovamente in tempo, avrebbe ricominciato a staccare le foto. «E fermo!» gli diede uno spintone con tutte le forze che aveva e lo buttò sul letto cadendogli sopra.
Non si mossero per tre minuti buoni. «Precoce la ragazza! Se avevi voglia si sfogarti un pochino bastava dirlo» fu la prima frase che disse. Precoce la ragazza. Gettò un' occhiata sul comodino: oh no, non di nuovo, non quei... «Belli i preservativi lì sopra, ma se fossi in te li toglierei» Ecco, questo era di certo un consiglio che doveva tenere bene a mente se non voleva fare un' altra figura simile «Con il tuo permesso...» proseguì scansandola di lato senza delicatezza «Devo sistemare la mia roba e quelle foto mi metto ansia quindi... O le tolgo io e le butto direttamente al secchione oppure te ne prendi tu la briga e le conservi da qualche parte lontano da me» Rebecca non reagiva, fissava incredula il pavimento logoro e macchiato. «E Misty?» riuscì a biascicare senza guardarlo in faccia «Portata via, dicono. E' impazzita troppo e qui non la potevano aiutare... Voci di corridoio, sai? Io non ci credo molto, è la prima volta che succede una cosa del genere» effettivamente neanche Rebecca credeva a questa storia. Misty era stata portata via senza alcun preavviso e, soprattutto, senza che neanche lei se ne accorgesse. Com' era stato possibile? Rebecca si era allontanata dalla camera solo poche ore, il tempo di fare una visitina da Robert. In corridoio però non si era udito nulla e, conoscendo il problema della sua compagna di stanza, quella avrebbe gridato e pregato di essere lasciata stare, magari in preda a qualche allucinazione.
No.
C' era qualcosa di falso e infondato su quello che volevano far credere gli assistenti a tutti, qualcosa che probabilmente doveva rimanere nascosto. E Rebecca doveva sapere.
Senza dire una sola parole iniziò a staccare le foto di Misty e le sistemò accuratamente nel cassetto sotto l' armadio. Alcune erano vecchie e sbiadite, altre (probabilmente scattate con una reflex di ottima qualità) avevano dei colori così belli e vivaci da mozzare quasi il fiato. Raccontavano la vita di una ragazza incapace di staccarsi dalla propria famiglia che, nel momento del bisogno, l' aveva abbandonata. E Rebecca si sentì meno sola.
«Io comunque sono Adam» la voce del ragazzo la riportò al presente. Chiuse il cassetto e si voltò di scatto «Uhm, interessantissimo» lui la sbeffeggiò ridendo «Tu devi essere Rebecca... Sei famosa per il tuo caratterino tutto pepe» la ragazza incrociò le braccia «Detto con grande amore, questi non sono cazzi che ti riguardano» gli sorrise e uscì fuori.
Due giorni, solo due giorni.
E finalmente la "libertà".
     
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Angolo autrice: sono finalmente tornata con un nuovo capitoletto sempre sperando che vi piaccia. Quest' ultimo periodo non ci sto tanto con la testa (love, scuola e cose varie) ma spero di essere riuscita a buttare giù qualcosa di decente e leggibile.
Troppo amore,
Marts.
  
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