Solo
e Pensoso…
Con il
passare degli anni,
il principe cadde in preda allo sconforto,
e perse
ogni speranza:
chi
avrebbe mai potuto amare…una Bestia?
(Walt Disney – La Bella
& La Bestia)
Vorrei
essere speciale,
tu sei
così dannatamente speciale…
ma io sono
un mostro, sono uno strambo,
che
diavolo ci faccio qui?
Non è qui
il mio posto.
(Radiohead – Creep)
Dall’altra parte di Londra, Remus Lupin non
riusciva a dormire. Non ci aveva neanche provato, a dirla tutta. Lo scalcinato
orologio da parete appeso nel suo studio (che era anche il soggiorno e la
cucina) gli faceva presente che erano le due e mezza di notte, ma per quello
che gliene importava, poteva anche essersi fermato. Aveva passato tutta la
serata, per non dire tutto il giorno, in uno stato di collasso psicologico,
perlopiù seduto con la testa fra le mani a piangersi addosso. Aveva anche
provato a scriverle, certo, per quasi tutto il pomeriggio, ma quando la
quantità di fogli accartocciati aveva superato quella delle parole
effettivamente scritte, aveva desistito. L’idea fondamentale doveva essere
stata quella di chiederle scusa, spiegarle quanto fosse rammaricato per il
proprio comportamento e di come subito dopo il Plenilunio fosse praticamente
ancora il Lupo ad avere il controllo, e chiederle scusa di nuovo. Ma gli
mancavano le parole.
Remus non era bravo con le bugie,era stato
costretto a raccontarne per tutta la vita,ma non le amava affatto. E una
lettera del genere sarebbe stata un simposio di bugie, rivolte a se
stesso prima ancora che a lei.
La verità era che non
poteva chiederle scusa, perché non sentiva di aver fatto qualcosa di sbagliato,
anche se razionalmente sapeva benissimo che era così. La verità era che non
poteva incolpare il Lupo e la Luna, non questa volta, non poteva nascondersi
dietro di loro…L’unica cosa imputabile al Plenilunio era forse quella di
avergli fatto abbassare il controllo sui propri impulsi, ma era stato lui, la sua
bocca che l’aveva baciata, e il suo cuore che aveva desiderato quel
bacio.
La verità era che, inaspettatamente,
incredibilmente, assurdamente, provava qualcosa per Ninfadora.
Aveva sempre dato per
scontato di dover trascorrere la propria vita da solo, ed era abituato a non
aspettarsi dalle sue conoscenze di sesso femminile rapporti più profondi di
quelli che intratteneva con amici maschi, ma…Quella giovane donna sbadata e
bizzarra gli era entrata nel cuore, in sordina, giorno per giorno. Aveva
giurato e spergiurato a Sirius il contrario, decidendo deliberatamente di
essere cieco e sordo di fronte ai propri stessi sentimenti, ma da quella notte
al Ministero ci credeva sempre meno, e aveva d’altra parte continuato a tenere
per sé, per la parte più intima di sé, i propri sentimenti. Aveva pensato di
poter gestire la situazione, come sempre. Remus era abituato alla solitudine,
una coinquilina onnipresente pur se detestata, e non sarebbe dovuto essere un
grande problema per lui. Dopotutto, potevano sempre essere amici, a Remus
sarebbe bastato avere Tonks intorno come collega, poterla vedere, parlarle.
Questo era il modo in cui le cose DOVEVANO
andare. Ma Ninfadora lo sorprendeva sempre, esattamente come durante le
riunioni dell’Ordine, quando sembrava svagata e distratta, per poi uscirsene
con L’Idea che poteva risolvere un punto morto a cui loro immancabilmente
arrivavano. Come la trovata del Premio Per il Prato Suburbano Meglio Tenuto
d’Inghilterra. Remus si sorprese a incurvare le labbra in un sorriso
brevissimo, ricordando la serata, che sembrava lontana secoli. Piccola
adorabile furbissima strega. E Tonks ancora una volta lo aveva preso in
contropiede, e gli aveva fatto perdere il suo stesso gioco. Lo aveva colto di
sorpresa, nel momento in cui era più debole, nel momento in cui aveva abbassato
la guardia…e lei era così gentile, era così bella… e alla fine l’Uomo e
il Lupo si erano trovati d’accordo nell’adorarla, nel desiderarla. Il
suo super-ego, per quanto forte e allenato, poteva tener testa agli istinti di
UN Remus per volta, ma non era stato leale affrontarlo in due. Così Remus aveva
perso. Aveva rovinato tutto.
Passeggiando per la
stanza, si morse forte il labbro, fino a farsi male, fino a sentire il sangue.
L’aveva persa, per sempre, di sicuro. Lei era stata buona, era stata un’amica,
si era preoccupata per lui, non aveva mostrato paura né ribrezzo verso la sua
condizione, e lui, come l’aveva ripagata lui? L’aveva toccata, senza permesso,
aveva violato le sue labbra, e quasi per poco anche il suo corpo, aveva dato ad
intendere un sentimento che non poteva esistere, che non doveva esistere…E
di sicuro adesso ce l’avrebbe avuta a morte con lui, non avrebbe voluto
parlargli mai più.
Ma Ninfadora non si è
ribellata.
Qualcuno, che poteva
essere tanto il Lupo quanto Sirius, iniziò a pungolargli la mente con quella
frase. In effetti, Tonks non sembrava davvero arrabbiata per quello che
era successo, solo…stupita. Il che era normale, vista l’inaspettatezza del
gesto. E poi, lei era venuta da lui, a cercarlo, e si era presa cura di lui
mentre era svenuto, e gli aveva appoggiato la testa sulle ginocchia e…Remus
scosse la testa forte, e poco mancò che iniziasse a sbatterla contro il muro
per la rabbia. Questo era semplicemente ridicolo. Ai limiti del
patetico. Non c’erano possibilità, non c’era alcuna possibilità, era
assolutamente, totalmente, definitivamente, insindacabilmente fuori discussione
che Tonks potesse mai, in nessun caso, provare qualcosa per lui. Ma cosa
andava a pensare? Il dolore per la morte di Sirius doveva averlo fatto
ammattire completamente. Lei era giovane, sprizzava felicità e voglia di vivere
da tutti i pori; lui era vecchio, ingrigito e stanco. Lei aveva sicuramente
belle speranze, grandi aspettative, come tutti i giovani, lui era povero e
assolutamente non in grado di soddisfarla. E poi, anche soprassedendo a tutto
questo, che già non era poco, restava sempre il fatto che lui era…quello che
era. Chi mai avrebbe potuto desiderare uno come lui come compagno? Chi avrebbe
mai potuto accettare una vita del genere, con lui che spariva una volta al
mese, che aveva bisogno di cure, che non aveva e probabilmente non avrebbe mai
potuto avere un lavoro, con lui che era pericoloso? Neanche a Tonks
poteva chiedere un miracolo del genere. Da lei poteva aspettarsi simpatia,
comprensione, sperava non pena, ma di certo non amore. E alla fine,
pensò guardando fuori dalla finestra, dove la luna splendeva ancora alta in
cielo, è meglio così.
Se, per assurdo, Tonks
avesse davvero provato qualcosa per lui, se fosse stata disposta ad accettarlo
così com’era…cosa che comunque non era possibile…non poteva finire bene.
Avrebbero sofferto entrambi. Lui, per il poco, troppo poco, che poteva
offrirle e per la costante paura di farle del male; e anche lei, alla fine, per
le troppe difficoltà che una vita con lui avrebbe comportato. No, meglio così,
meglio addirittura se lo odiava, come probabilmente era. Almeno avrebbe
sofferto solo lui.
Eppure, eppure quella
vocina fastidiosa nella sua testa continuava a stuzzicarlo, continuava a
ripetergli che era in errore, che Ninfadora poteva sorprenderlo ancora una
volta, poteva accettarlo e volerlo, se solo lui avesse osato. No. Remus
scosse di nuovo la testa, e si trascinò fino al tinello per sciacquarsi il
volto dalla stanchezza e tristezza. La voce era in errore, doveva essere
in errore. Non doveva sperare, se se lo fosse concesso avrebbe finito solo col
farsi ancora più male. Non era possibile, non era giusto che ci potesse
essere un futuro tra loro due. E tuttavia, il modo in cui Tonks arrossiva e
sorrideva quando la guardava, il suo affetto, il calore di lei quella mattina
contro il suo corpo stanco…si ritrovò, contro la sua stessa volontà, a
desiderare queste cose intimamente, e gli sembravano così vicine…ma
poteva davvero osare? No, non avrebbe neanche dovuto pensare a quel genere di
cose.
Cosa gli stava
succedendo? Si stava concedendo un volo pindarico molto pericoloso, se ne
rendeva conto. Doveva fermarsi in fretta. Aveva bisogno che qualcuno lo
riportasse alla realtà, alla sua realtà, grigia e disperata. Eppure,
ancora, la speranza…
“Remus.” la voce
improvvisa dietro di lui lo fece sobbalzare.
Si voltò per incontrare
il volto di Silente, la cui testa era appena sbucata dal camino.
“Professore?” il tono gli
venne fuori molto più allarmato di quanto non avesse voluto, ma gli era venuto
un groppo in gola al pensiero che fosse successo qualcosa di grave, e che fosse
successo a Tonks.
“Perdonami
quest’intrusione inaspettata, nonché ad un orario che definirei imbarazzante,
Remus, ma ho dei gufi che devono partire prima dell’alba, e il contenuto delle
loro lettere dipenderà da come risponderai a ciò che sto per chiederti.”
Silente aveva un tono tranquillo, anche se non esattamente allegro, e il cuore
di Remus riprese a battere regolarmente.
“Non si preoccupi,
Professore…ero comunque sveglio.”
“Certo, certo…lo credo
bene.” Il tono dell’anziano mago era comprensivo, il tono di chi sapeva
esattamente perché mai il proprio interlocutore dovesse essere sveglio alle tre
di notte. Il che era impossibile. Remus si obbligò a smetterla di fare l’idiota
e a calmarsi.
“Di cosa…di cosa voleva
parlarmi, Professore?…Vuole un tazza di the, nel frattempo?”
“No, Remus, grazie, non
c’è bisogno che ti disturbi. Devo chiederti un grande favore, non personale,
certo, riguarda l’Ordine, ma vorrei che fosse chiaro che non devi sentirti
obbligato ad accettare.”
La cosa iniziava ad
inquietarlo. Silente sembrava esitante, se non addirittura imbarazzato, ad
arrivare al punto della questione. Questo costrinse Remus a rivestirsi del suo
solito sé, quello attento e sempre razionale.
Lo esortò, educatamente,
a spiegargli di cosa si trattasse.
“Abbiamo ricevuto notizia
che Voldemort sta inviando gruppi di MangiaMorte alle comunità di Licantropi in
Inghilterra. Cerca di volgerli alla propria causa, come ha fatto già con i
Giganti e i Vampiri. E, temo, ha gioco piuttosto facile, visto il malcontento
causato dalle…abili manovre del nostro Ministero nei vostri confronti.”
Remus iniziò a capire che
cosa ci si aspettava da lui.
“Quindi… vorreste che io
faccia da intermediario, come Hagrid tra i giganti, vero?”
Silente annuì greve. “Sì,
in effetti. Con la speranza che tu abbia più fortuna…”
Dunque era questo. Remus
distolse lo sguardo un attimo da Silente, in un misto di amara soddisfazione e
disappunto. Era stato esaudito, aveva avuto la doccia fredda che voleva. Questo
era lui, nient’altro. Lui era un Licantropo, lo sarebbe sempre stato, e doveva
servire l’Ordine da quello che era. Gli stava venendo offerta la possibilità di
andare tra i suoi pari, di riappropriarsi della giusta prospettiva delle cose,
e infine, di smetterla di abbandonarsi in sogni in cui non aveva indugiato neanche
da ragazzino.
Si volse nuovamente verso
il Preside e annuì. “Lo farò”, disse semplicemente.
Silente non parve
particolarmente contento della risposta “Non devi accettare così in fretta,
Remus, e non devi accettare per forza. La tua missione è molto più difficile di
quella di Hagrid, devo ammettere. Per avere una speranza di essere ascoltato
non ti basterà portar loro dei regali e un po’ di magia, dovrai fare in modo
che ti accettino. E, mi rincresce dire, in un ambiente dove la leadership
di…persone…come Fenrir Greyback è totalmente riconosciuta, non v’è molto posto
per gente civile e razionale. Non mi sento sinceramente in diritto di
costringerti a vivere, seppur fingendo, ciò che hai rifuggito per tutta la
vita.”
Non gli stava dicendo
niente di nuovo. Remus ci aveva pensato, aveva considerato tutto questo. Sapeva
che sarebbe stata dura, sapeva che con tutta la probabilità avrebbe rivisto
Greyback, e il solo pensiero gli faceva accapponare la pelle…ma Hagrid lo aveva
fatto con i Giganti, Piton lo faceva tutt’ora tra i Mangiamorte, rischiando la
sua vita ogni giorno, lui non poteva essere da meno. Decidendo di far parte
dell’Ordine aveva preso un impegno solenne, e adesso c’era bisogno di lui.
Senza contare che, dopotutto, quanto poteva essere difficile? Stava andando
dove era il suo posto. Con la sua razza. Questo era quello che in molti
avrebbero pensato, anche tra gli altri membri dell’Ordine, questa era la
verità. Inoltre, questa missione avrebbe messo una distanza, fisica e
temporale, tra quanto successo tra lui e Ninfadora, permettendo a entrambi di
dimenticare, andare avanti e far finta di niente. Non che questo fosse
importante, certo. Non si trattava di quello. Non stava scappando…Era la
guerra, l’Ordine. Solo quello.
“Ma io sono l’unico che
può farlo. E’ importante per l’Ordine, è giusto che io lo faccia.”
Silente annuì ancora
“Certo, certo. Ma temo che ciò che è giusto per gli altri, o addirittura quello
che è giusto in generale, non sempre corrisponda a ciò che è meglio per
noi. Sei sempre stato un alleato e un amico più che fedele e rispettoso
degli ordini, Remus, cosa di cui ti sono immensamente grato, ma non puoi
pensare per sempre solo al Bene Comune, e continuare a caricarti di fardelli
che non puoi sopportare da solo.”
Ma stavano ancora
parlando solo della sua futura missione? Remus non ne era più molto sicuro, e
volse di nuovo lo sguardo fuori, oltre la finestra, verso la Luna. Ad ogni
modo, in cuor suo aveva già deciso, per entrambe le questioni, e per entrambe
rispose
“…Farò ciò che è giusto.”