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Autore: DarkElectra    23/04/2007    1 recensioni
…Ciò che sto per dire non è facile da credere, ed ancor meno da capire, ma se vorrete ascoltarmi, se vorrete aver fiducia, allora forse, alla fine, vedrete la bellezza in una storia estremamente triste…
La mia prima storia lunga non tradotta. La mia prima storia romantica. La mia prima prova su me stessa. Non garantisco il risultato, ma ho bisogno in ogni caso dei vostri pareri, negativi o positivi che siano. Non vi dirò niente adesso, saprete solo leggendo.
la storia è dedicata dalla prima all’ultima sillaba AI MIEI LETTORI, perchè se non ci fossero loro non avrebbe senso scrivere.^.^
Genere: Romantico, Commedia, Triste, Malinconico, Drammatico, Song-fic, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Remus/Ninfadora
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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Ma chi voglio prendere in giro, Foglietto

Solo e Pensoso…

 

Con il passare degli anni,

 il principe cadde in preda allo sconforto,

e perse ogni speranza:

chi avrebbe mai potuto amare…una Bestia?

(Walt Disney – La Bella & La Bestia)

 

Vorrei essere speciale,

tu sei così dannatamente speciale…

ma io sono un mostro, sono uno strambo,

che diavolo ci faccio qui?

Non è qui il mio posto.

(Radiohead – Creep)

 

Dall’altra parte di Londra, Remus Lupin non riusciva a dormire. Non ci aveva neanche provato, a dirla tutta. Lo scalcinato orologio da parete appeso nel suo studio (che era anche il soggiorno e la cucina) gli faceva presente che erano le due e mezza di notte, ma per quello che gliene importava, poteva anche essersi fermato. Aveva passato tutta la serata, per non dire tutto il giorno, in uno stato di collasso psicologico, perlopiù seduto con la testa fra le mani a piangersi addosso. Aveva anche provato a scriverle, certo, per quasi tutto il pomeriggio, ma quando la quantità di fogli accartocciati aveva superato quella delle parole effettivamente scritte, aveva desistito. L’idea fondamentale doveva essere stata quella di chiederle scusa, spiegarle quanto fosse rammaricato per il proprio comportamento e di come subito dopo il Plenilunio fosse praticamente ancora il Lupo ad avere il controllo, e chiederle scusa di nuovo. Ma gli mancavano le parole.

Remus non era bravo con le bugie,era stato costretto a raccontarne per tutta la vita,ma non le amava affatto. E una lettera del genere sarebbe stata un simposio di bugie, rivolte a se stesso prima ancora che a lei.

La verità era che non poteva chiederle scusa, perché non sentiva di aver fatto qualcosa di sbagliato, anche se razionalmente sapeva benissimo che era così. La verità era che non poteva incolpare il Lupo e la Luna, non questa volta, non poteva nascondersi dietro di loro…L’unica cosa imputabile al Plenilunio era forse quella di avergli fatto abbassare il controllo sui propri impulsi, ma era stato lui, la sua bocca che l’aveva baciata, e il suo cuore che aveva desiderato quel bacio.

La verità era che, inaspettatamente, incredibilmente, assurdamente, provava qualcosa per Ninfadora.

Aveva sempre dato per scontato di dover trascorrere la propria vita da solo, ed era abituato a non aspettarsi dalle sue conoscenze di sesso femminile rapporti più profondi di quelli che intratteneva con amici maschi, ma…Quella giovane donna sbadata e bizzarra gli era entrata nel cuore, in sordina, giorno per giorno. Aveva giurato e spergiurato a Sirius il contrario, decidendo deliberatamente di essere cieco e sordo di fronte ai propri stessi sentimenti, ma da quella notte al Ministero ci credeva sempre meno, e aveva d’altra parte continuato a tenere per sé, per la parte più intima di sé, i propri sentimenti. Aveva pensato di poter gestire la situazione, come sempre. Remus era abituato alla solitudine, una coinquilina onnipresente pur se detestata, e non sarebbe dovuto essere un grande problema per lui. Dopotutto, potevano sempre essere amici, a Remus sarebbe bastato avere Tonks intorno come collega, poterla vedere, parlarle. Questo era il modo in cui le cose DOVEVANO andare. Ma Ninfadora lo sorprendeva sempre, esattamente come durante le riunioni dell’Ordine, quando sembrava svagata e distratta, per poi uscirsene con L’Idea che poteva risolvere un punto morto a cui loro immancabilmente arrivavano. Come la trovata del Premio Per il Prato Suburbano Meglio Tenuto d’Inghilterra. Remus si sorprese a incurvare le labbra in un sorriso brevissimo, ricordando la serata, che sembrava lontana secoli. Piccola adorabile furbissima strega. E Tonks ancora una volta lo aveva preso in contropiede, e gli aveva fatto perdere il suo stesso gioco. Lo aveva colto di sorpresa, nel momento in cui era più debole, nel momento in cui aveva abbassato la guardia…e lei era così gentile, era così bella… e alla fine l’Uomo e il Lupo si erano trovati d’accordo nell’adorarla, nel desiderarla. Il suo super-ego, per quanto forte e allenato, poteva tener testa agli istinti di UN Remus per volta, ma non era stato leale affrontarlo in due. Così Remus aveva perso. Aveva rovinato tutto.

Passeggiando per la stanza, si morse forte il labbro, fino a farsi male, fino a sentire il sangue. L’aveva persa, per sempre, di sicuro. Lei era stata buona, era stata un’amica, si era preoccupata per lui, non aveva mostrato paura né ribrezzo verso la sua condizione, e lui, come l’aveva ripagata lui? L’aveva toccata, senza permesso, aveva violato le sue labbra, e quasi per poco anche il suo corpo, aveva dato ad intendere un sentimento che non poteva esistere, che non doveva esistere…E di sicuro adesso ce l’avrebbe avuta a morte con lui, non avrebbe voluto parlargli mai più.

Ma Ninfadora non si è ribellata.

Qualcuno, che poteva essere tanto il Lupo quanto Sirius, iniziò a pungolargli la mente con quella frase. In effetti, Tonks non sembrava davvero arrabbiata per quello che era successo, solo…stupita. Il che era normale, vista l’inaspettatezza del gesto. E poi, lei era venuta da lui, a cercarlo, e si era presa cura di lui mentre era svenuto, e gli aveva appoggiato la testa sulle ginocchia e…Remus scosse la testa forte, e poco mancò che iniziasse a sbatterla contro il muro per la rabbia. Questo era semplicemente ridicolo. Ai limiti del patetico. Non c’erano possibilità, non c’era alcuna possibilità, era assolutamente, totalmente, definitivamente, insindacabilmente fuori discussione che Tonks potesse mai, in nessun caso, provare qualcosa per lui. Ma cosa andava a pensare? Il dolore per la morte di Sirius doveva averlo fatto ammattire completamente. Lei era giovane, sprizzava felicità e voglia di vivere da tutti i pori; lui era vecchio, ingrigito e stanco. Lei aveva sicuramente belle speranze, grandi aspettative, come tutti i giovani, lui era povero e assolutamente non in grado di soddisfarla. E poi, anche soprassedendo a tutto questo, che già non era poco, restava sempre il fatto che lui era…quello che era. Chi mai avrebbe potuto desiderare uno come lui come compagno? Chi avrebbe mai potuto accettare una vita del genere, con lui che spariva una volta al mese, che aveva bisogno di cure, che non aveva e probabilmente non avrebbe mai potuto avere un lavoro, con lui che era pericoloso? Neanche a Tonks poteva chiedere un miracolo del genere. Da lei poteva aspettarsi simpatia, comprensione, sperava non pena, ma di certo non amore. E alla fine, pensò guardando fuori dalla finestra, dove la luna splendeva ancora alta in cielo, è meglio così.

Se, per assurdo, Tonks avesse davvero provato qualcosa per lui, se fosse stata disposta ad accettarlo così com’era…cosa che comunque non era possibile…non poteva finire bene. Avrebbero sofferto entrambi. Lui, per il poco, troppo poco, che poteva offrirle e per la costante paura di farle del male; e anche lei, alla fine, per le troppe difficoltà che una vita con lui avrebbe comportato. No, meglio così, meglio addirittura se lo odiava, come probabilmente era. Almeno avrebbe sofferto solo lui.

Eppure, eppure quella vocina fastidiosa nella sua testa continuava a stuzzicarlo, continuava a ripetergli che era in errore, che Ninfadora poteva sorprenderlo ancora una volta, poteva accettarlo e volerlo, se solo lui avesse osato. No. Remus scosse di nuovo la testa, e si trascinò fino al tinello per sciacquarsi il volto dalla stanchezza e tristezza. La voce era in errore, doveva essere in errore. Non doveva sperare, se se lo fosse concesso avrebbe finito solo col farsi ancora più male. Non era possibile, non era giusto che ci potesse essere un futuro tra loro due. E tuttavia, il modo in cui Tonks arrossiva e sorrideva quando la guardava, il suo affetto, il calore di lei quella mattina contro il suo corpo stanco…si ritrovò, contro la sua stessa volontà, a desiderare queste cose intimamente, e gli sembravano così vicine…ma poteva davvero osare? No, non avrebbe neanche dovuto pensare a quel genere di cose.

Cosa gli stava succedendo? Si stava concedendo un volo pindarico molto pericoloso, se ne rendeva conto. Doveva fermarsi in fretta. Aveva bisogno che qualcuno lo riportasse alla realtà, alla sua realtà, grigia e disperata. Eppure, ancora, la speranza…

“Remus.” la voce improvvisa dietro di lui lo fece sobbalzare.

Si voltò per incontrare il volto di Silente, la cui testa era appena sbucata dal camino.

“Professore?” il tono gli venne fuori molto più allarmato di quanto non avesse voluto, ma gli era venuto un groppo in gola al pensiero che fosse successo qualcosa di grave, e che fosse successo a Tonks.

“Perdonami quest’intrusione inaspettata, nonché ad un orario che definirei imbarazzante, Remus, ma ho dei gufi che devono partire prima dell’alba, e il contenuto delle loro lettere dipenderà da come risponderai a ciò che sto per chiederti.” Silente aveva un tono tranquillo, anche se non esattamente allegro, e il cuore di Remus riprese a battere regolarmente.

“Non si preoccupi, Professore…ero comunque sveglio.”

“Certo, certo…lo credo bene.” Il tono dell’anziano mago era comprensivo, il tono di chi sapeva esattamente perché mai il proprio interlocutore dovesse essere sveglio alle tre di notte. Il che era impossibile. Remus si obbligò a smetterla di fare l’idiota e a calmarsi.

“Di cosa…di cosa voleva parlarmi, Professore?…Vuole un tazza di the, nel frattempo?”

“No, Remus, grazie, non c’è bisogno che ti disturbi. Devo chiederti un grande favore, non personale, certo, riguarda l’Ordine, ma vorrei che fosse chiaro che non devi sentirti obbligato ad accettare.”

La cosa iniziava ad inquietarlo. Silente sembrava esitante, se non addirittura imbarazzato, ad arrivare al punto della questione. Questo costrinse Remus a rivestirsi del suo solito sé, quello attento e sempre razionale.

Lo esortò, educatamente, a spiegargli di cosa si trattasse.

“Abbiamo ricevuto notizia che Voldemort sta inviando gruppi di MangiaMorte alle comunità di Licantropi in Inghilterra. Cerca di volgerli alla propria causa, come ha fatto già con i Giganti e i Vampiri. E, temo, ha gioco piuttosto facile, visto il malcontento causato dalle…abili manovre del nostro Ministero nei vostri confronti.”

Remus iniziò a capire che cosa ci si aspettava da lui.

“Quindi… vorreste che io faccia da intermediario, come Hagrid tra i giganti, vero?”

Silente annuì greve. “Sì, in effetti. Con la speranza che tu abbia più fortuna…”

Dunque era questo. Remus distolse lo sguardo un attimo da Silente, in un misto di amara soddisfazione e disappunto. Era stato esaudito, aveva avuto la doccia fredda che voleva. Questo era lui, nient’altro. Lui era un Licantropo, lo sarebbe sempre stato, e doveva servire l’Ordine da quello che era. Gli stava venendo offerta la possibilità di andare tra i suoi pari, di riappropriarsi della giusta prospettiva delle cose, e infine, di smetterla di abbandonarsi in sogni in cui non aveva indugiato neanche da ragazzino.

Si volse nuovamente verso il Preside e annuì. “Lo farò”, disse semplicemente.

Silente non parve particolarmente contento della risposta “Non devi accettare così in fretta, Remus, e non devi accettare per forza. La tua missione è molto più difficile di quella di Hagrid, devo ammettere. Per avere una speranza di essere ascoltato non ti basterà portar loro dei regali e un po’ di magia, dovrai fare in modo che ti accettino. E, mi rincresce dire, in un ambiente dove la leadership di…persone…come Fenrir Greyback è totalmente riconosciuta, non v’è molto posto per gente civile e razionale. Non mi sento sinceramente in diritto di costringerti a vivere, seppur fingendo, ciò che hai rifuggito per tutta la vita.”

Non gli stava dicendo niente di nuovo. Remus ci aveva pensato, aveva considerato tutto questo. Sapeva che sarebbe stata dura, sapeva che con tutta la probabilità avrebbe rivisto Greyback, e il solo pensiero gli faceva accapponare la pelle…ma Hagrid lo aveva fatto con i Giganti, Piton lo faceva tutt’ora tra i Mangiamorte, rischiando la sua vita ogni giorno, lui non poteva essere da meno. Decidendo di far parte dell’Ordine aveva preso un impegno solenne, e adesso c’era bisogno di lui. Senza contare che, dopotutto, quanto poteva essere difficile? Stava andando dove era il suo posto. Con la sua razza. Questo era quello che in molti avrebbero pensato, anche tra gli altri membri dell’Ordine, questa era la verità. Inoltre, questa missione avrebbe messo una distanza, fisica e temporale, tra quanto successo tra lui e Ninfadora, permettendo a entrambi di dimenticare, andare avanti e far finta di niente. Non che questo fosse importante, certo. Non si trattava di quello. Non stava scappando…Era la guerra, l’Ordine. Solo quello.

“Ma io sono l’unico che può farlo. E’ importante per l’Ordine, è giusto che io lo faccia.”

Silente annuì ancora “Certo, certo. Ma temo che ciò che è giusto per gli altri, o addirittura quello che è giusto in generale, non sempre corrisponda a ciò che è meglio per noi. Sei sempre stato un alleato e un amico più che fedele e rispettoso degli ordini, Remus, cosa di cui ti sono immensamente grato, ma non puoi pensare per sempre solo al Bene Comune, e continuare a caricarti di fardelli che non puoi sopportare da solo.

Ma stavano ancora parlando solo della sua futura missione? Remus non ne era più molto sicuro, e volse di nuovo lo sguardo fuori, oltre la finestra, verso la Luna. Ad ogni modo, in cuor suo aveva già deciso, per entrambe le questioni, e per entrambe rispose

“…Farò ciò che è giusto.”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

  
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