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a mia
vita ad Hogwarts continuò pressocchè
identica fino al giorno in cui Glenda Rosweth piombò nella
mia vita. Nel vero
senso della parola. Urtai una sacala nell’ufficio di Silente
e mi ritrovai una
donna bruna a tre centimetri dal mio naso.
- Se non
fossi atterrata in piedi immagino che ti avrebbero denunciato per
tentato
omicidio – sorrise la donna – Ah, dimenticavo, sono
Glenda Rosweth, la nuova
profesorressa di Arti Magiche –
Si
aggiustò una ciocca di lisci capelli neri dietro
l’orecchio e strizzò gli occhi
azzurro cielo. Era infinitamente bella e giovane. Cosa
l’aveva spinta a fare la
prof? Forse una forte botta in testa?
- Piacere,
Maggie Spencer, una dei suoi futuri alunni. Una dei peggiori
– soggiunsi
Glenda
ridacchiò e sfogliò distrattamente il libro che
aveva tirato giù dallo
scaffale.
-
Ehm…dov’è la professoressa Hepburn?
– le domandai
- La
vostra ex-insegnante di Arti Magiche? – Glenda richiuse il
libro e lo infilò in
borsa – Ha deciso che era giunto il momento di dedicarsi ai
suoi gatti nel New
Hampshire –
La
risposta mi sapeva di presa in giro, ma evitai di fare commenti.
Del resto,
a quanto pareva, per una volta avevo saputo qualcosa prima degli altri
studenti
di Hogwarts. Nel giro di qualche giorno, però, la notizia
divenne dominio di
tutti e in tutti i bagni, su tutte le scale, davanti a tutti i quadri,
non si
parlava che della nuova profesoressa di Arti Magiche.
- Ma avete
visto che bel culo? – ero seduta nella Sala Comune di
Grifondoro, semisdraiata
su una poltrona di velluto e ascoltavo i discorsi di mia sorella e dei
suoi
carissimi amici
- Ron! Non
dire queste cose! È una professoressa! –
protestò Hermione
- Dimostra
vent’anni – osservò Harry
- Ha
vent’anni – ribattè Therese –
Ventuno il 31 Ottobre – precisò
-
Incredibile…è uscita da Hogwarts neanche tre anni
fa e già insegna – sussurrò
Hermione estasiata
- Ed è
un’ottima professoressa – soggiunse mia sorella
- La cosa
più incredibile è che vuol’essere
chiamata per nome – continuò Harry
- Ci
credo, non ha che sette anni più di noi –
borbottò Ron
- Maggie,
tu che ne dici? – Hermione si voltò a sorpresa
verso di me
- Dico
che…ehm…ho da fare – tagliai corto e me
ne andai
Parlare
con loro mi irritava. Qualcosa nel loro essere sempre così
amichevoli con tutti
mi dava la nausea. Preferivo giocare a carte da sola.
Ed era
quello che stavo facendo quella sera in Sala Comune, con Therese che
brontolava
accanto a me.
-
Vuoi essere rimandata in
tutte le materie? – sbottò ad un tratto
-
Sinceramente non me ne frega nulla – ammisi
-
Ascoltami, Maggie…impegnati solo un secondo: la pozione va
fatta…va fatta… - mi
esortò
-
Evaporare? – proposi
- Ma no!
Riposare, Maggie, riposare – sbuffò Therese
– Cosa devo fare con te? –
- Magari
smettere di tentare di farmi studiare Pozioni – le consigliai
Gli occhi
di Therese presero un’aria minacciosa come se avesse
intenzione di saltarmi sul
collo e succhiarmi via tutto il sangue. Prima che lo facesse, comunque,
arrivò
Glenda Rosweth.
Era
passata la mezzanotte e
-
Ragazze…cosa fate a quest’ora sole solette in Sala
Comune? – domandò perplessa
- Cerco di
far capire a mia sorella le nozioni base di Pozioni – rispose
Therese
- Dubito
che a quest’ora possa servire a qualcosa. Una tazza di
cioccolata calda,
invece, servirà a tutte e tre – e, con un semplice
schiocco di dita, Glenda
fece apparire un vassoio con tre tazze di cioccolata fumante
- Uau…sa
fare magie senza bacchetta? – fece Therese ammirata
– Promette che me lo
insegnerà? Credevo che ci riuscissero solo maghi di lunga
esperienza, non che
lei non ne abbia ma… -
- Sono
molto giovane, lo so – sorrise Glenda – Ma se vuoi
ti insegnerò a farlo,
Therese, basta solo impegno e molto esercizio –
- E a cosa
serve se c’è la bacchetta? – domandai
- In
mancanza di una bacchetta a portata di mano, è sempre utile
sapersela cavare –
spiegò Glenda
- E a lei
è mai servito? – continuai
Therese mi
lanciò un’occhiata di rimprovero.
-
Beh…sì…ho lanciato un portacenere di
marmo sulla testa del mio ragazzo mentre
mi teneva le mani ferme. Non ha mai superato l’idea che non
volessi ritentare
con lui – raccontò Glenda – E,
veramente, neanche io l’ho molto superata –
- Allora
perché vi siete lasciati? – le chiesi –
Se nessuno di voi due era d’accordo –
-
Sai…è
una storia lunga…noi dovevamo sposarci, ma lui non si
è presentato all’altare.
L’ho aspettato due ore, poi me ne sono andata. Stefan non si
è fatto vedere per
due mesi, poi è improvvisamente ricomparso. Ma voleva una
storia di solo sesso
e io invece non lo volevo più vedere –
raccontò Glenda
- Tremendo
– sospirò Therese
- Lui è un
grandissimo stronzo – decretai – Li conosco quelli
così. A mia zia capitavano
uno peggio dell’altro –
Pensando a
zia Tracie mi venne una stretta al cuore.
- Oh, ma
non deve preoccuparsi, professoressa Glenda, perché lei
è una donna molto bella
e scommetto che presto troverà molti pretendenti –
la rassicurò mia sorella
Molti. E
soprattutto molto impensabili.
Uno di
questi risultò essere Severus Piton. Il viscido esemplare
arrivò persino a
lasciare la classe incustodita per aiutare Glenda a portare una vecchia
scrivania nel suo ufficio, quando lei avrebbe potuto benissimo usare la
magia.
Piton
innamorato era uno spettacolo imperdibile.
- Allora,
Eggie, se hai bisogno di qualcosa…chiedimelo pure
– la salutò lui, ritornando
in classe – Tra colleghi bisogna aiutarsi –
- Già, tra
colleghi – convenne Glenda
- E se
volessi venire nel mio ufficio dopo cena, ti mostrerei volentieri la
mappa di
Hogwarts di cui ti ho parlato – riprese Piton, baciandole la
mano
- Bleah –
sussurrai
Malfoy,
seduto accanto a me sorrise divertito.
- Eggie… -
borbottò
- Nel suo
ufficio dopo cena… - aggiunsi
-
Mezzosangue, quello che stai facendo è un tentativo di
intavolare una
conversazione? – mi chiese Malfoy
-
Assolutamente no, parlavo con me stessa. Tu piuttosto? –
ribattei
- Parlavo
con il mio enorme ego – rispose
- Bene,
allora è perfetto – decretai
- Ah,
Mezzosangue, tieni d’occhio
- E tu,
snobbettino, tieni d’occhio Piton. Li incastreremo prima
– suggerii
-
Naturalmente, noi non stiamo parlando, è solo una questione
d’affari – dichiarò
lui
- Naturale
– convenni
La nostra
piccola alleanza d’affari si risolse in un incontro in Sala
Grande quando ormai
fuori era buio e la maggior parte degli studenti era nei rispettivi
dormitori.
- Notizie
di Glenda? – volle sapere Malfoy
- Non l’ho
vista – dissi sconsolata
- Io però
ho visto Piton – decretò lui sogghignando
– Andava avanti e indietro nella Sala
Comune di Serpeverde come un’anima in pena –
- Questo
significa solo una cosa: Eggie gli
ha
dato buca – ridacchiai
- Ben
fatto, Rosweth! – sorrise Malfoy
- Beh, io
andrei – decisi dopo qualche secondo di silenzio
- Anche io
vado, Mezzosangue. Alla prossima – mi salutò e
sparì nei sotterranei
- “Alla
Ragazza Dagli Occhi Color Del Cielo” – lessi con la
voce spezzata
Mi balenarono
in mente diverse ipotesi. Forse qualcuno aveva deciso di dichiararsi?
Forse
Therese e i suoi amici avevano pensato di farmi uno scherzo? Forse
Draco Malfoy
voleva prendersi gioco di me?
Non
dubitai nemmeno per un secondo che la lettera non fosse per me. Mi
sedetti
accanto al fuoco e la aprii.
-
“Carissima – lessi – Non
dimenticherò mai cos’è successo questa
sera, perché è
stata senza dubbio la serata più bella della mia vita. Anche
se per poco, aver
parlato con te mi ha dato l’impressione di poter fare tutto.
Ho aspettato anni
e anni di conoscere una persona che mi facesse sentire come mi sono
sentito
questa sera. Le farfalle nello stomaco, la voglia di baciarti e
stringerti per
il resto della mia vita. Cos’è stato il Mondo
senza di te? Come ho potuto
respirare fino a ieri senza conoscerti? Che scopo avevo nella vita
prima che tu
ne entrassi a far parte? Mi hai dato quello che non avevo mai avuto. Ti
amo” –
Se avessi
potuto farmi una fotografia in quel momento, sicuramente non mi sarei
riconosciuta.
Ero stupita, lusingata, perplessa, commossa…ma
chi…chi mai poteva avermi
scritto una cosa simile? Frasi piene di poesia come quelle? Anche se ad
Hogwarts conoscevo a malapena le mie compagne di stanza.
Doveva
essere Malfoy, senza dubbio.
Era con lui
che avevo passato la serata. Ma…davvero poteva pensare
quelle cose di me? E poi
la scrittura era arzigogolata e svolazzante, sarebbe stato difficile
scriverla
talmente in fretta da farmela trovare in Sala Comune a così
poca distanza di
tempo.
Ma…tutto
ciò non lasciava dubbi. Ed era sicuramente la più
bella lettera d’amore che
avessi mai ricevuto.
Ero già in
Sala d’Ingresso, pronta a cercare
- “Con
amore, Tom O. Riddle” – lessi perplessa
Mi
bloccai. Ero quasi dispiaciuta che la lettera non fosse di Malfoy.
Ritornai
velocemente in Sala Comune in cerca di eventuali tracce sulla busta. E
la
traccia la trovai subito. Chiara come il sole.
- “A
Glenda Rosweth” – recitava una scritta svolazzante
sulla busta – Merda merda
merda –
Prima che
potessi anche solo pensare come rigirare la frittata, Glenda Rosweth
comparve
in Sala Comune e mi fissò sbalordita.
- Ciao
Glenda…stai cercando questa? – le diedi la lettera
-
Veramente mi stavo chiedendo come mai ce
l’hai tu – replicò lei
-
Dev’essermi scivolata per sbaglio tra le mani –
mentii
- Aperta?
– chiese Glenda perplessa
- Aperta?
Oh…beh…forse non era chiusa molto bene
– tentai
Glenda mi
fissò dritto negli occhi per qualche secondo.
- Ok, l’ho
aperta io. Ma è stato solo perché credevo fosse
per me! Spera…pensavo che
Malfoy l’avesse scritta per scherzo e non mi è
venuto il dubbio che potesse
essere per un’altra ragazza dagli occhi azzurri –
ammisi
Ed ora mi
sembrava tutto così stupido. Se non c’era motivo
di scrivere una lettera alla
grassa e odiosa Maggie Spencer, un motivo per scrivere una lettera
all’affascinante Glenda Rosweth era sotto gli occhi di tutti.
Illusa…
-
Bhe…grazie comunque di avermela riportata –
l’espressione di Glenda cambiò
leggendo le parole della lettera – E visto che sicuramente ti
starai chiedendo
chi sia Tom Riddle, te lo presenterò. Ci incontriamo Sabato
mattina, in un bar
a Londra –
- A
Londra?!? – ripetei
Improvvisamente in fondo al tunnel vidi una luce. La
prigione in cui ero
rinchiusa mi concedeva l’ora d’aria.
- Verrò.
Sì. Certo che verrò – decretai
– Ma…come? –
- Con una
Passaporta. Un oggetto che serve a spostarsi da un luogo
all’altro senza treno
e senza Polvere Volante – spiegò Glenda
- Io sono
d’accordissimo. Ci sarò! Contaci! –
tornai in camera praticamente saltellando
Non ero
mai stata così felice di vedere Londra in vita mia.
Sabato 19
Ottobre 2002 divenne il motivo che mi teneva in vita in quella buia e
fredda
scuola di pietra. Therese mi parlò dopo tanto tempo quando
mi vide provare
diverse combinazioni di vestiti davanti allo specchio.
- Cosa
stai facendo? Organizzi una sfilata tra te e…te? –
domandò
- Mi
preparo ad andare a Londra – risposi seccamente
- A
Londra? – ripetè Therese perplessa
-
Oh…sì.
Con Glenda Rosweth e il suo ragazzo – precisai
Therese
non perse nemmeno un secondo. Sbattè il librone che stava
leggendo sulla
scrivania, mi acciuffò per un braccio e mi
trascinò nell’ufficio di Glenda
Rosweth.
-
Professoressa Rosweth…ehm…Glenda –
esordì Therese – Lei non può portare
mia
sorella a Londra –
- E perché
non potrei? – Glenda sollevò gli occhi da una pila
di fogli scritti fittissimi,
che ripose subito in un cassetto
-
Perché…
- Therese mi lanciò uno sguardo crudele –
Perché Maggie è pericolosa –
Glenda
scoppiò a ridere. Si alzò dalla scrivania e diede
una confortante pacca sulla
spalla a mia sorella.
- Stai
tranquilla, Therese, credo che una gita a Londra non possa farle che
bene –
sorrise
- E perché
a me no?!? – sbottò Therese
- Non ho
mai detto di volerti escludere. Anzi, mi farebbe piacere che ci fossi
anche tu.
Ho parlato molto a Tom dei miei alunni – soggiunse
Spostai lo
sguardo da Glenda a Therese. L’immagine
dell’Admiral, delle 600£, della valigia
nascosta, della corsa in aeroporto, svanì davanti ai miei
occhi.
- Tom? –
chiese Therese
Loro due
parlavano tra loro, ma il mio cuore aveva smesso di battere. La mia
giornata a
Londra non aveva senso con Therese. Era la fine.
Un’opportunità del genere non
si sarebbe ripresentata presto.
- Tom
Riddle. Altresì detto Lord Voldemort –
puntualizzò Glenda
Therese
sbiancò.
- Ma…non
è
possibile – sussurrò – V-voldemort
è morto. Harry Potter l’ha ucciso! –
- Potter
ha ucciso qualcuno? – le domandai scandalizzata, sembrava un
ragazzino tanto
tranquillo
-
Voldemort…quel Voldemort?
– Therese
mi ignorò
- Il mio
Tom è una persona fantastica. Lo
conoscerai Sabato – tagliò corto Glenda
– Ora devo finire di preparare una
lezione, vi dispiacerebbe… -
- Ce ne
andiamo – la precedetti, prendendo sottobraccio Therese che
continuava a
farfugliare parole senza senso
La camera
era vuota. Chiusi la porta alle mie spalle e mi ci appoggiai.
- Merda,
Therese! Perché l’hai fatto?!? – sbottai
– Decido di fare una cosa da sola e tu
ti metti in mezzo, diavolo, perché?!? –
- Al di là
del fatto che allontanarsi da Hogwarts è
illegale… - cominciò Therese
-
Illegale, eh? Proprio tu mi vieni a parlare di cose illegali! Tu mi hai
rapita
e trascinata ad Hogwarts. Sai cos’è questo?
Sequestro di persona! E non puoi
impedirmi di andare a Londra – aggiunsi
-
Con…con…
- si avvicinò a me e sussurrò – Con
Lord Voldemort –
- Non ha
importanza con chi e perché
e tutto quello che vuoi tu. Con
Lord Voldemort, con Lady D, con Gandhi, con il Papa…cosa
vuoi che me ne
importi? – sbuffai sedendomi sul letto con un mezzo tuffo
– Io devo andare a
Londra per affari –
Therese
scoppiò a ridere.
- Affari?
– poi sembrò illuminarsi –
Affari…tu vuoi andare a giocare al casinò, vero?
–
- No –
risposi precipitosamente
- Tu hai
convinto
- Io andrò
a Londra. Con Glenda e il suo Lord Voldemort. E vincerò
600£ all’Admiral.
Dopodichè sparirò dalla tua vita –
decretai
- Certo,
perché Voldemort ti ucciderà. È un
assassino, capisci? – piagnucolò lei
- Da
quando in qua ti importa della mia vita? – le domandai
stupita – E comunque non
impedirmi di vincere quei soldi perché tornerò a
New York in qualsiasi modo: in
mongolfiera, con una portaerei, su un vascello pirata, con un tappeto
volante,
anche a nuoto, ma io tornerò a New York –
Therese
scosse la testa e si chiuse in bagno sbattendo la porta. La sentii solo
urlare
che sperava che morissi e poi il rumore dell’acqua che
scorreva nella doccia
coprì le sue parole.
Sabato
mattina dribblai Malfoy nella Sala d’Ingresso e corsi su per
le scale con il
cuore che mi batteva a mille. Finalmente indossavo i jeans. Finalmente
una
felpa: vecchia, sdrucita e con la scritta “I’m The
Best” mezza cancellata.
Finalmente le mie Nike.
- Come mai
ti sei conciata in questo modo, Mezzosangue? – mi
urlò Malfoy – Vuoi ricordarti
come vivono i Babbani? –
Normalmente gli avrei urlato qualcosa in risposta, ma
avevo fretta di
raggiungere l’ufficio di Glenda, dove trovai mia sorella con
una gonnellina
grigia al ginocchio, una camicetta bianca e un maglione verde prato.
- Che ci
fai qui? – le chiesi ostile
- Ti salvo
la vita – replicò lei, mostrandomi la bacchetta in
tasca
-
Infilatela su per il culo – le suggerii sorridendo
Glenda ci
raggiunse con gli occhi che le brillavano. Ci porse un foulard. Mi
bastò
sfiorarlo con la mano e successe una cosa stranissima. Un vortice mi
risucchiò
e mi sentii come se qualcuno mi avesse infilato nella lavatrice in
centrifuga.
Quando finalmente toccai terra dovetti appoggiarmi al muro per
riprendermi.
Nemmeno quella volta che avevo bevuto un’intera bottiglia di
vodka mi ero
sentita così.
Aprii gli
occhi ed ero a Londra. Non nella parte di Londra dove avrei voluto
essere, ma
comunque a Londra.
Glenda
aveva scelto un’elegante pasticceria del centro. Quello che
doveva essere Tom
Riddle, l’uomo che Therese odiava quasi quanto Glenda amava,
ci aspettava
seduto ad un tavolino per quattro in un angolino accogliente del locale.
Si
presentò e salutò baciandoci la mano, come un
uomo d’altri tempi, e poi
ordinammo.
Per tutta
la mattina cercai una scappatoia, ma Therese mi teneva
d’occhio come un falco
del Bahrain.
- Londra è
irriconoscibile – disse ad un tratto Tom, con quel sorriso
alla Ewan McGregor
che gli dava un’aria decisamente affascinante –
Sembra un’altra città da quando
ci abitavo io –
Improvvisamente mi venne l’illuminazione che
aspettavo da tempo.
- Allora
quello che ti ci vuole è una bella gita panoramica!
– osservai – Tu non lo sai,
Tom, ma io sono un’ottima conoscitrice di Londra e per me
sarebbe un onore
accompagnarti in una visita guidata oggi pomeriggio –
Therese mi
lanciò un’occhiata terrorizzata. Glenda sorrise
soddisfatta.
- L’avevo
detto io che i miei alunni sono persone fantastiche –
sussurrò baciando Tom
- Accetto
molto volentieri, Maggie – sorrise Tom tra un bacio e
l’altro con Glenda
Mi voltai
verso Therese con sguardo trionfante. Questa volta avevo vinto io.
- Non
spedirò un gufo al Ministero della Magia se non torni. E non
verrò neanche al
tuo funerale – mi bisbigliò Therese in un
orecchio, mentre andava in biblioteca
a studiare chissà quale materia con Hermione
- Meglio
così. Non ti ci avrei voluta al mio funerale –
ribattei
Probabilmente, mentre mi facevo dare da Glenda
Purtroppo
dovetti aspettare quasi tre ore prima di arrivare davanti
all’Admiral. Sembrava
che a Tom interessasse davvero visitare Londra e, soprattutto, sembrava
che
credesse davvero che interessasse a me.
- Bene...Tom...direi
di finirla con questa buffonata – annunciai, quando la porta
dell’Admiral fu
così vicina che riuscivo a sentire quella scossa elettrica
che mi dava l’idea
di giocare a poker con Philipp e il Giaguaro
-
Buffonata? – ripetè lui stupito
- Mi sono
proposta di farti vedere Londra solo per arrivare qui –
indicai l’Admiral –
Nulla di più –
- Bene –
fece Tom, imperturbabile – è un po’ che
non gioco a poker. Sai giocare a poker?
–
- Sì, tu
giochi all’americana o all’inglese? – gli
domandai lasciando andare un sorriso,
poi ripresi l’espressione menefreghista della Maggie di
Hogwarts e ripresi –
Scusa tanto ma credo che tu non abbia capito: io devo mettere da parte
600£ per
un biglietto aereo per New York e sparire dalla circolazione. E stiamo
perdendo
tempo –
- Lo
immaginavo – sorrise lui
-
Immaginare cosa? – domandai
- Che
avevi un secondo fine – rispose pacatamente –
Nessuno farebbe una cosa talmente
inutile come questa solo per il piacere di farlo –
- Se la
reputi una cosa inutile, perché mi hai fatto perdere tre ore
della mia preziosa
vita per guardare le vetrine di squallidi negozi da ricchi? –
sibilai piena di
rabbia
- Per
farti perdere tre ore della tua preziosa vita. Mi sei sembrata subito
una
ragazzina impulsiva e avventata, volevo solo vedere se avevo ragione
–
ridacchiò Tom
- Sei
l’unico a trovare divertente questa faccenda –
guardai l’orologio – Beh,
divertiti pure, io ho cose più importanti da fare –
-
Avanti…Maggie…lo dicevo per
scherzare…fammi venire a giocare a poker con te! –
avevo l’impressione che Tom Riddle si prendesse abilmente
gioco di me alla
maniera di Malfoy e che questo modo di fare stesse diventando un
po’ lo sport
nazionale dei maghi: non sai cosa fare? Prendi per il culo Maggie
Spencer!
- Non ho
bisogno di te per giocare a poker – sbuffai
E, invece,
Tom Riddle si rivelò decisamente utile. La vittoria finale
non fu che di 180£
ma era un inimaginabile re del bluff.
-
Complimenti – gli porsi 90£ - queste sono tue
–
- Te le
cedo, Rouge, -
ridacchiò pronunciando
quel nome con particolare enfasi – Non sapevo che le
ragazzine di dodici anni
frequentassero questi posti –
- Non
tutte – ammisi – Solo quelle che contano
–
- Vedo che
hai una grande concezione di te stessa – osservò
lui
- Saranno
stati gli undici anni con Therese a plasmarmi – intascai
tutte le banconote
senza replicare. La vita mi aveva insegnato che solo a due cose non si
dice mai
di no: soldi facili e amici fedeli.
I miei
soldi facili, però, non potevano rimanere in camera alle
intemperie. Dovevo
trovargli un posto sicuro, dove nessuno li avrebbe mai trovati. Dopo
una
giornata di ardua ricerca,
Qui,
mi aveva detto una volta Hermione di
sfuggita, nessuna ragazza andava mai perché dicevano fosse
infestato dai
fantasmi. A me non importava dei fantasmi, ma l’idea di avere
un posto libero
tutto per me mi allettava alquanto.
Decisi che
avrei nascosto i soldi dentro un lavandino fuori uso. Nessuno li
avrebbe
trovati. Stavo ancora armeggiando con il rubinetto quando sentii dei
passi alle
mie spalle.
- Cosa
stai cercando di fare? – mi chiese una voce da bambina
Mi voltai.
C’era davvero una bambina. Dimostrava non più di
sei anni e aveva una faccia
rotonda e ben poco cordiale, con perfetti boccoli castani che le
ricadevano
davanti agli occhi verdi. Per di più indossava uno strano
fiocco al collo. Un
fiocco grande, blu e orrendo.
- Sei un
fantasma? – le domandai ingenuamente
La bambina
scoppiò a ridere. Non nascose uno sguardo di compassione e
mi si avvicinò.
- No,
direi proprio di no – estrasse dalla tasca un muffin
– Vedi, mi mangio un
muffin –
- Mica
solo uno – sussurrai io, osservando i bottoni della camicetta
che litigavano
con la ciccia
- Ah-ah –
fece lei – molto divertente. Cosa stai cercando di fare?
–
- Volevo
solo lavarmi le mani – risposi
- Quel
lavandino non funziona – ribattè la bambina
- Ah,
ecco! Ora mi si spiegano tante cose. Grazie davvero – sorrisi
allegramente
- Non
c’era bisogno che te lo dicessi io – la bambina
picchiettò un dito grassoccio
sulla scritta “Guasto” che campeggiava proprio
sopra la leva del rubinetto
- Non
l’avevo notata – mentii
L’attenzione della bambina verso il rubinetto
diminuì e si focalizzò su
di me.
- Chi sei
tu? – volle sapere inquisitoria – Non ti ho mai
vista. Ed è strano perché io…io
so tutto su Hogwarts –
- Maggie
Spencer – mi presentai
- Sarà per
via di quei capelli non curati, o forse delle unghie rovinate o magari
anche
per via della pelle secca, ma non devi essere molto famosa qui, o
sbaglio? –
borbottò lei
- Sarà per
via del fatto che questo posto mi fa cagare, forse – ribattei
offesa
- Non
prendertela male, a me questo posto piace parecchio – mi
porse una paffuta mano
rosa pesca – Io sono Cassandra Emily Parkinson. Chiamami pure
Cissie –
- Cissie –
ripetei sentendo quel nome sciogliersi come una caramella mou nella mia
bocca
- Sì.
Cissie – convenne lei. Aveva uno strano modo di pronunciare
la “S”, o meglio di
non pronunciarla. Sibilava sputacchiando e il risultato era una
“F” salivosa
- E…come
mai così piccola sei…? – iniziai
I soldi
erano al sicuro nel tubo del rubinetto e Cissie aveva completamente
dimenticato
il fatto. Si era seduta per terra e giocherellava con il fiocco blu.
- Qui ad
Hogwarts? – concluse lei per me
- Esatto –
approvai
- Perché
mi ricorda l’orfanotrofio dove vivevo prima –
rispose beatamente
- Oh…mi
dispiace – sussurrai
- Dispiacerti?
E di cosa? L’orfanotrofio Little Angels è uno dei
più eleganti orfanotrofi di
Londra. Ci vanno solo gli orfani ricchi – replicò
lei, orgogliosa
- Immagino
– borbottai – E tu, quindi, sei una piccola
ereditiera –
- Oh…no,
non proprio – rispose sorridendo – Mi hanno salvata
i medici del Queen Victoria
e mi hanno portata lì. Il Little Angels, sai, è
l’orfanotrofio dei bambini
prodigio –
- Uau –
non riuscii a trattenere un’espressione sarcastica
- Jakob
Iolawsky, un mio compagno all’orfanotrofio, ha vinto una gara
di intelligenza
per bambini a Cambridge – continuò Cissie
– E io sarei andata ad una gara di
pianoforte a Vienna se non mi avessero adottata –
Disse
quella parola con una specie di moto di disgusto che mi
lasciò stupita.
- Non volevi
essere adottata? – le chiesi perplessa
- Quando
si è la punta di diamante del Little Angels nessuno vorrebbe
essere adottato.
Avevano messo da parte migliaia di sterline per permettermi di studiare
nelle
migliori scuole di musica d’Europa e poi è
arrivata Petunia Dursley. Voleva una
bambina prodigio di cui vantarsi con le sue amiche stupide. E ha scelto
me –
raccontò sputacchiando saliva tutto intorno
- E
com’è
che sei finita ad Hogwarts? – mi sedetti accanto a lei sul
marmo gelido del
bagno
- Il
nipote della donna che mi ha adottato non era mai a casa. Diceva di
studiare in
una scuola di Magia. Volevo vederla e mi ci hanno portata. Mi
è piaciuta e sono
rimasta qui – sorrise – Nessuno mi ha mai detto di
no –
- Tu
volevi venire e ci sei venuta? – ridacchiai perplessa
– Io non te l’avrei
lasciato fare –
- E chi
sei tu per impedirmi qualcosa? Io sono Cissie, la bambina prodigio del
Little
Angels – dichiarò lei alzandosi in piedi con aria
superiore
- Questa
storia è surreale – ammisi
- Surreale
per te, che sei una squallida poveraccia – decretò
Cissie, sbattendo le ciglia
con fare snob
- Spero
che un giorno tu possa incontrare la vita vera – le augurai e
me ne andai dal
bagno disgustata
Ma dove diavolo ero finita? Biondini che si prendevano gioco di me…Professoresse che flirtavano con unticci professori…assassini che giocavano a poker travestiti da ragazzi per bene e ora…una bimbetta di cinque o sei anni che si credeva Mozart. Se c’era qualcosa di estremamente surreale, quella era Hogwarts.
Moony Potter: Sono contentissima che ti piaccia come scrivo...fa sempre piacere sapere che a qualcuno piace come scrivi...e spero che anche questo capitolo ti sia piaciuto. Maggie in effetti, specialmente all'inizio, è un po' inquietante, ma mi serviva a non creare un personaggio scontato e anche per un sacco di cose che si scopriranno andando avanti!
Kiaretta92: uhm...mi dispiace doverti disilludere ma sì, Therese c'è fino alla fine della storia. purtroppo è il personaggio "gestito" dalla mia sorellonza (non le farò leggere questa recensione) e quindi c'è fino alla fine. ma prima o poi si impara a volerle bene anche se rimane un'inguaribile stronza
Schumi95: intanto complimenti per il nickname, adoro la formula uno, a parte ciò...ho capito che neanche a te sta molto simpatica Therese (che in effetti è una Mary Sue, serve a contrastare con sua sorella) ma sono contenta che ti sfizi così tanto Maggie...
Baciottolonzi e alla prossima!