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Autore: Gageta    12/10/2012    1 recensioni
Anno 1960.
Nella poco conosciuta cittadina di Snape, Inghilterra, nasce Sophie Stones.
All’apparenza una strega come tante altre, Sophie cresce insieme alla madre, aspettando il momento in cui potrà finalmente riunirsi a suo padre e fare ciò per cui è stata preparata fin da bambina: conquistare il mondo magico.
Tra magia, amicizie, amore e battaglie Sophie continuerà ad andare avanti per la via più buia finché qualcuno non la cambierà per sempre, riuscendo a smascherare il suo oscuro segreto.
«Non vi saranno altri Smistamenti alla scuola di Hogwarts» annunciò Voldemort. «Non vi saranno più Case. Lo stemma e i colori del mio nobile antenato, Salazar Serpeverde, basteranno per tutti, non è vero, Neville Paciock?»
«Non credo che siano tutti d’ accordo con voi su questo punto». […]
Sophie avanzava verso di lui, la folla che si faceva da parte per lasciarla passare. Aveva gli occhi arrossati come di chi aveva appena pianto molto e il viso stanco di chi non dormiva da giorni. Ma era tranquilla e determinata. Alzò lo sguardo verso di lui e lo guardò, fiera.
«Forse, prima di prendere decisioni affrettate, dovreste considerare alcune cose. Non credete… padre?»
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Albus Silente, Nuovo personaggio, Severus Piton, Voldemort
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta | Contesto: Malandrini/I guerra magica, II guerra magica/Libri 5-7
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Figlia della Notte

Capitolo IV

Il Lumaclub

L

entamente la stagione estiva aveva lasciato il posto a quella invernale: le giornate ventilate di novembre erano scivolate poco alla volta in quelle fredde di dicembre. Le verdi colline che circondavano Hogwarts ora erano di un candido bianco; il grande platano nei pressi della Foresta Proibita scuoteva di tanto in tanto i propri rami, cercando di scrollarsi di dosso la bianca e fredda neve che vi si depositava scendendo con estrema lentezza in grossi fiocchi.

Dentro il castello, ormai, gli studenti e i professori avevano cominciato a girare coperti. Ognuno girava imbacuccato a propria scelta: sciarpe, cappelli, mantelli e guanti, tinti con i colori della propria Casa, erano di gran lunga preferiti ai colori cupi come il nero, il grigio e tutte le loro tonalità. Nei corridoi del castello faceva molto freddo e gli studenti raramente sostavano più di qualche minuto in giro: solo nelle stanze chiuse, come le Sale Comuni, i Dormitori, la Sala Grande, la biblioteca e le aule possedevano un riscaldamento.

Nonostante il freddo, però, tra tutti, insegnanti compresi, riluceva una certa allegria. Il Natale si stava avvicinando e con esso anche le vacanze. C’era già chi cominciava a fantasticare sui regali. Gli studenti dal terzo anno in su, erano appena stati ad Hogsmeade e tornati dal piccolo paese, erano cominciati a girare doni di ogni tipo. I più in voga erano forse gli scherzi di Zonko, che, tra luci colorate, polveri brillanti e piccoli Babbi Natale, adornavano felicemente le stanze.

In una mattinata gelida e nuvolosa poco prima delle festività, due vispi occhi azzurri osservavano affascinati il paesaggio di Hogwarts e dintorni, dietro al vetro di una grande finestra.

Con un sospiro, Albus Silente si staccò dalla vetrata e passò lo sguardo intorno a sé. Si trovava nel suo ufficio, collocato su una delle innumerevoli torrette del castello.

La stanza era illuminata, oltre che dalla luce esterna, da alcune candele che volteggiavano pigramente nell’aria a pochi metri da terra. In un angolo strani strumenti d’argento giacevano silenziosi sopra un tavolino dalle gambe sottili; al centro della stanza troneggiava un’enorme scrivania con zampe ad artiglio su cui era posata in modo disordinato una massa di fogli ingialliti. Le pareti circolari erano tappezzate di quadri che rappresentavano i precedenti presidi di Hogwarts e che in quel momento riposavano tranquilli nei loro rispettivi quadri. Poco più in là c’era un trespolo d’oro occupato da uno splendido uccello rosso fuoco, anch’esso placidamente addormentato.

Il preside si avvicinò alla scrivania e guardò la pila di fogli con aria stanca. Si passò una mano sulla fronte, si sedette e inforcò gli occhiali. Iniziò poi a prendere un fascicolo alla volta, e a scartarne uno dietro l’altro. Dovette arrivare quasi fino in fondo alla pila prima di trovare ciò che cercava.

Osservò attentamente le parole scritte in bella calligrafia sulla copertina azzurro opaco del fascicoletto: Tom Orvoloson Riddle.

Silente gettò un’occhiata al quadro oltre la scrivania. L’ex preside di Hogwarts, Armando Dippet, sonnecchiava appoggiato alla cornice del suo quadro. Era stato proprio lui, molti anni prima, a scrivere quelle tre semplici parole e a classificare l’allora studente insieme a tutti gli altri.

Il preside aveva impiegato mesi per trovare quel semplice fascicoletto, sepolto in uno scaffale nell’immenso archivio della scuola. Naturalmente ogni fascicolo era stato protetto con un incantesimo anti-appello e questo gli era costato un faticoso lavoro in più. Non aveva neanche chiesto aiuto ad alcuno. Perché? Perché semplicemente non poteva.

Lo aprì ed estrasse delicatamente i fogli all’interno, avendo cura di non rovinarli. Percorse velocemente con lo sguardo le pagine ingiallite dal tempo, leggendo sprazzi di frasi qua e là. Sfogliò quei fogli per un buon quarto d’ora, alla fine del quale ebbe la certezza di non aver scoperto niente di più di quello che già non sapesse. Ore e ore di lavoro buttate via.

Chiuse gli occhi e si accarezzò pensieroso la lunga barba argentea.

La notizia dell’uccisione della famiglia Robert non era certo passata così com’era arrivata. Ancora adesso, a più di due mesi di distanza, gli Auror stavano indagando sui possibili assassini. I vicini avevano detto di aver sentito dei rumori provenire dalla casa e di aver poi visto smaterializzarsi nel cortiletto un gruppo di persone incappucciate. La cosa che inquietava sicuramente di più era lo spaventoso simbolo che era comparso misteriosamente sopra la casa.

Dopo l’assassinio della famiglia altre cose erano successe: in tutto il paese erano state segnalate misteriose sparizioni, e tutte erano molto stranamente capitate a maghi o streghe Mezzosangue o Nate Babbane.

Non sapeva perché, ma qualcosa gli diceva che tutto quello avesse a che fare con una persona in particolare.

Ricordava bene i suoi anni da insegnante e ricordava altrettanto bene gli anni in cui era stato insegnante di Tom Riddle. Pochi sapevano che quel ragazzo ora era diventato un potente mago oscuro e che si faceva chiamare Lord Voldemort. Molti erano stati ingannati dalla sua aura: il ragazzo, infatti, si era dimostrato fin dall’inizio un ottimo studente, bravo in tutto, ma terribilmente attratto dalle Arti Oscure.

Anni prima Riddle era tornato, dopo un periodo di misteriosa assenza, e aveva tentato di prendersi il posto di ministro. Ma qualcosa in lui era cambiato. Aveva iniziato a proporre le sue idee, aveva creato intorno a se un gruppo di seguaci. Il suo pensiero era stato chiaro fin da subito: allontanare tutti coloro che avevano sangue Babbano nelle vene dalla comunità magica.

Naturalmente aveva avuto subito l’appoggio delle più potenti famiglie Purosangue, che, anche se in minoranza, avevano senz’altro molto più potere su tutti gli altri.

Ma Silente sapeva che cosa Riddle voleva veramente, e forse lo aveva sempre saputo, fin dal primo momento in cui aveva incrociato il suo sguardo con quello di quel bambino lugubre e misterioso. Quando aveva visto in quegli occhi neri, privi di ogni più piccola briciola di dolcezza, l’odio, per tutti quelli che gli stavano intorno.

Era stato lui, la causa di tutte quelle morti e sparizioni era solo lui, Tom Riddle.

Silente percorse ancora una volta con lo sguardo quel nome, sospirando. Di certo non poteva cambiare il passato, ormai Riddle era diventato ciò che era diventato. Non credeva ci fossero ancora possibilità per quell’uomo, se così poteva ancora dirsi, di redimersi. L’oscurità lo aveva fatto suo e molto probabilmente lo aveva fatto per sempre.

Si alzò e tornò davanti alla finestra.

Un pallido sole aveva fatto capolino dietro a una collina e ora illuminava con i suoi raggi il paesaggio circostante, dipingendolo di rosa. In lontananza uno stormo di gufi si stava avvicinando lentamente.

Un solo pensiero passava per la testa del preside, e cioè che, in un modo o nell’altro, avrebbe fatto del suo meglio per mettere fine a quella storia una volta per tutte. Forse ci sarebbero voluti mesi, magari anni. Avrebbe dovuto affrontare un altro mago oscuro, magari avrebbe dovuto anche ucciderlo questa volta. Ma se questo era ciò che doveva fare lo avrebbe fatto, come meglio poteva.

Albus Silente pensava ciò, ma non poteva sapere quanto questi suoi pensieri sarebbero presto stati veri.

***

 

La Sala Grande era, come ogni mattina, gremita di ragazzi pronti ad affrontare una nuova giornata di duro lavoro. Il soffitto incantato quella mattina era di un grigio cupo che sembrava prepararsi a rilasciare la sua tristezza attraverso un’altra abbondante quantità di bianca neve.

«Buongiorno!» salutò allegramente Sophie, sedendosi sulla panca al suo solito posto.

Rose mugugnò qualcosa e si sedette al suo fianco afferrando una fetta di pane tostato.

«Sei pronta per il test di Lumacorno?» chiese Sophie con un sorrisetto furbo dipinto sul volto.

In tutta risposta, ricevette dall’amica, solo un sonoro sbadiglio, che esprimeva tutto l’interessamento di Rose nei confronti della materia.

Sophie gongolò all’espressione dell’amica e afferrò la brocca del succo di pompelmo con l’intenzione di versarsene un po’ nel bicchiere quando una gomitata nelle costole non gliela fece quasi cadere di mano. Sbuffando guardò verso il punto che Rose le indicava con la mano.

La sagoma nera di Severus era accostata alla parete di fianco all’ingresso della sala. Non le fu difficile scorgere accanto a lui la chioma rosso fuoco della sua amica Grifondoro.

Sophie sospirò sonoramente e distolse lo sguardo, irritata. «La vuoi finire con questa storia?» sbuffò amareggiata. «Non ci posso fare niente se Severus insiste sul voler stare insieme alla Evans!» esclamò.

Era da mesi che lei e Rose cercavano di convincere il loro compagno a staccarsi una volta per tutte da Lily, ma non erano riuscite ad ottenere alcun risultato. Severus trascorreva la maggior parte del suo tempo libero con lei e la considerava la sua migliore amica. Anche Sophie e Rose erano sue amiche, ma con loro trascorreva solo il tempo necessario per finire i compiti e rimaneva in loro compagnia nella Sala Comune di Serpeverde, l’unico luogo della scuola dove la rossa non potesse accedere. Sophie e Severus erano i migliori Serpeverde del loro anno e anche grazie al loro aiuto Rose se la cavava abbastanza bene. Anche la Evans se la cavava: forse per il fatto che fosse una Nata Babbana, ma il professore di pozioni Lumacorno non faceva altro che lodarla.

«Buongiorno!». Severus si sedette al loro fianco e addentò un biscotto, sul volto dipinto un gran sorriso. Ma esso s’incrinò quasi subito, quando vide l’aria truce delle due. Distolse lo sguardo e lo rivolse verso l’alto, attirato da un improvviso rumore di ali.

Lo stormo di gufi della posta fece il suo ingresso attraverso la vetrata laterale della Sala, volteggiando poi sui quattro lunghi tavoli, alla ricerca del loro destinatario, a cui dovevano assolutamente recapitare la posta. Uno particolarmente vecchio raggiunse il tavolo dei Serpeverde e atterrò con goffaggine di fianco al piatto di Sophie.

La ragazza guardò il rapace particolarmente stupita. Lo esaminò attentamente e slegò poi una lettera dalle zampe.

Scorse accigliata la minuta calligrafia della madre e sempre più curiosa cominciò a leggere:

Ciao Sophie,

mi dispiace di non essere riuscita a scriverti prima ma ho avuto alcune faccende da sbrigare.

Proprio per questo motivo, credo di non poter farti tornare a casa per questo Natale. Mi dispiace, ma non posso farti proprio tornare.

Dai il tuo nome per coloro che resteranno per le vacanze. Non ti abbattere, vedrai che lì ad Hogwarts ti divertirai.

Ho letto le tue precedenti lettere, sappi che sono orgogliosa di te. Continua così.

Un bacio,

Helena

Rilesse la lettera più volte finché non la seppe quasi a memoria.

 «Chi te la manda?». Rose si sporse verso di lei per leggere la lettera ma Sophie fu più veloce e si ritrasse.

«Niente che ti riguardi» rispose Sophie, gelida. Piegò la lettera e la ripose nella borsa dei libri.

Passò tutta la mattinata pensando alla lettera e a ciò che sua madre avrebbe dovuto fare di tanto importante da non poter occuparsi di lei per appena due settimane.

«Si può sapere cosa ti abbatte così tanto?» le bisbigliò Rose qualche ora dopo, durante un test particolarmente difficile di pozioni.

Sophie distolse per un attimo lo sguardo dalla sua pozione che si stava man mano colorando di un viola brillante. Controllando che Lumacorno non le stesse guardando, le bisbigliò in risposta:

«Lascia perdere. Piuttosto, pensi di andare via per Natale?» domandò.

La ragazza la guardò, stupita per la domanda, e allo stesso tempo indignata per non aver ricevuto una risposta alla sua di domanda.

«Sì» disse infine. «Penso che passerò il Natale insieme alla mia famiglia, come al solito. Perché?» chiese incuriosita.

«Perché io rimango qui» mormorò Sophie abbattuta.

Rose rimase interdetta. «Ma non dovevi mica…?».

«Hem, hem» tossicchiò Lumacorno da sopra la spalla delle due, che colte di sorpresa sobbalzarono, spaventate. «Signorine! Per favore… se dovessi sentirvi ancora parlare sarò costretto a farvi interrompere il vostro test e a mettervi un brutto voto» le rimproverò pazientemente il professore. Le squadrò per qualche secondo, poi ammiccò loro e ricominciò a girare per la classe, esaminando al di sopra dei suoi baffoni da tricheco le pozioni dei suoi studenti.

Sophie arrossì lievemente al rimprovero del professore e si zittì, seguita a ruota da Rose.

«Ancora dieci minuti!» annunciò Lumacorno.

Le due ragazze non si scambiarono più parola. Quando il tempo a disposizione scadde, gli studenti imbottigliarono le loro pozioni e si avvicinarono alla cattedra per consegnarle al professore.

Sophie e Rose si attardarono perché quest’ultima, all’ultimo momento, aveva avuto la splendida idea di urtare il suo calderone e il suo contenuto si era rovesciato per terra.

Sophie riuscì comunque a recuperare un po’ di pozione e a imbottigliarla ugualmente. Stringendo i denti per evitare di strozzare Rose, Sophie si diresse verso la cattedra seguita dall’amica, che cominciò a porgerle le proprie scuse incessantemente.

«Mi scusi per il danno. La pozione però dovrebbe essere ancora buona» sussurrò imbarazzata Rose.

Lumacorno tuttavia la ignorò e si rivolse a Sophie. «Le faccio i miei complimenti, signorina Stones! Credo proprio che lei abbia un talento naturale per le pozioni» si complimentò gioviale. «Ah, e anche voi laggiù!».

Due ragazzi che stavano uscendo dall’aula si fermarono di botto.

«Siete tutti e tre invitati alla festa natalizia che ho personalmente organizzato. Si terrà dopodomani sera, alle nove in punto nel mio ufficio. E naturalmente potete invitare qualche amico!» disse ammiccando verso Rose.

Sophie rivolse uno sguardo agli altri due ragazzi. Non si stupì di vedere davanti all’uscio Severus e la Evans.

«Rose, ti vada venire con me?» chiese, distogliendo lo sguardo. L’altra annuì, poi le due uscirono dall’aula senza aggiungere una parola.

 

Due giorni dopo Sophie scese, puntuale, nella Sala Comune, dove numerosi Serpeverde parlavano tra loro o svolgevano i compiti per il giorno dopo.

Si avvicinò al caminetto dove Rose la stava aspettando e si accorse indignata che con lei c’era anche Severus. Squadrò un attimo quest’ultimo con aria critica: «Hai deciso di unirti a noi questa sera?» chiese acida.

Severus si morse il labbro e annuì, silenzioso. Sophie sbuffò e si diresse rapida verso l’uscita della Sala, cominciando a chiacchierare animatamente con Rose.

Non dovettero fare molta strada, l’ufficio di Lumacorno non era molto lontano dai sotterranei. Quando entrarono, la prima cosa che notarono furono sicuramente le decorazioni natalizie che occupavano l’intera stanza, colorandola di un rosso e verde brillante. Sophie si accorse anche che la stanza era stata ingrandita: di certo non poteva essere che il professore avesse un ufficio così grande. Si chiese quali incantesimi avesse usato.

«Benvenuti al Lumaclub» li accolse Lumacorno a braccia aperte. «Prego, prego. Accomodatevi e godetevi la festa!» trillò contento. Dopodiché si girò verso i pochi invitati e li presentò loro: «Questi due ragazzi sono tra i migliori del loro anno. E non solo in pozioni, sia chiaro…» ammiccò verso Severus e Sophie e senza degnare di uno sguardo Rose si allontanò, ricevendo altri ragazzi che stavano facendo il loro ingresso in quel momento.

«Certo che è proprio maleducato» mugugnò Rose. «Secondo me non si ricorda nemmeno qual è il mio nome!» esclamò, incrociando le braccia al petto.

Sophie si strinse nelle spalle e si avvicinò a una poltrona dall’aria comoda, poco lontana dal caminetto.

Gli invitati non erano molti. Vicino al tavolo del buffet si trovava un piccolo gruppetto di Corvonero, che spiluccavano svogliatamente qualche pezzo di torta, mentre dalla parte opposta qualche coppia accennava alcuni passi di danza su una melodia lenta e monotona. Nonostante fosse quasi Natale, e gli studenti fossero abbastanza contenti di questo per le vacanze imminenti, sembrava che in quella stanza l’allegria fosse stata risucchiata tutta dai festoni, lasciando agli studenti un’aria annoiata.

«Non devono essere molto movimentate queste feste di Lumacorno…» mormorò Rose, guardandosi intorno.

«Ma guarda un po’ chi si rivede, Mocciosus!».

I tre ragazzi si voltarono di scatto, posando lo sguardo sui due nuovi arrivati.

I due Grifondoro si guardavano intorno con aria baldanzosa. Black sogghignò e rivolse a Severus uno sguardo diabolico. Potter, invece, si infilò le mani in tasca e guardò la scena con un sorriso ebete sul volto.

«Stai alla larga da qui, Black» sibilò Sophie in risposta.

Dopo il primo scherzo alla scopa, James Potter e Sirius Black non si erano fermati. Sembravano aver preso Severus, che chissà perché loro apostrofavano Mocciosus, di mira. Il fatto era che Severus ogni volta si arrabbiava, e i due erano sempre più convinti a prenderlo in giro. Sophie aveva provato più volte a dirgli di ignorarli, ma Severus sembrava non ascoltarla e ogni volta che Black, Potter, o entrambi comparivano, s’inventava qualche scusa e spariva improvvisamente alla vista. Il più delle volte, però, i due Grifondoro riuscivano a fermarlo e gli facevano scherzi di ogni tipo.

Una volta avevano aspettato che uscisse dalla biblioteca e appena il ragazzo aveva messo piede fuori gli avevano rovesciato in testa una cesta di castagne appena raccolte nel giardino della scuola. Un’altra volta, invece, durante una lezione di Trasfigurazione, avevano incantato il ragno che dovevano trasfigurare, e lo avevano fatto volare nei pantaloni di Severus che, colto di sorpresa, aveva cominciato a saltellare sul posto, tentando inutilmente di far uscire l’animale.

Altre volte ancora spuntavano fuori a sorpresa dai corridoi e utilizzavano il Serpeverde come cavia per provare i nuovi incantesimi che avevano imparato.

Sophie sapeva che Severus, se avesse voluto, avrebbe potuto farsi rispettare di più. Tuttavia il ragazzo non sembrava riuscirci: Black e Potter erano molto più veloci di lui e ogni volta che provava anche solo ad afferrare la bacchetta si ritrovava già in qualche situazione imbarazzante.

La mano di Severus corse subito alla bacchetta nella veste ma Black, il quale notò il brusco movimento del ragazzo, alzò le mani in segni di resa e ridacchiò: «Ehi! Tranquilli… a Natale si è tutti un po’ più buoni, no?»

«Già» annuì Potter. «Pensavamo di renderti un po’ più facile la vita, almeno fino alla fine delle vacanze».

«Oh! Ma che gentili…» commentò Sophie ironica. Dopodiché si alzò e puntò un dito minaccioso contro i due. «Provate a fare una sola mossa falsa, e vi giuro che ve la farò ricordare per tutta la vita!» sibilò.

«Aiuto!» boccheggiò Potter guardando Sophie con aria subdolamente spaventata. «E cosa mai potrebbe farci la signorina Stones di tanto vendicativo?»

Sophie ridusse gli occhi a due fessure e sfilò la bacchetta dalla veste. «Vogliamo fare una prova?»

In quel momento, però, si sentì spingere di lato e la Evans la oltrepassò, frapponendosi tra i litiganti.

«Lasciatelo in pace! Non vi ha fatto nulla di male!» esclamò infuriata.

Sirius esplose in una risata sonora e scambiò uno sguardo furbesco con James, che rise.

«Non ci serve il tuo aiuto, Evans» disse Sophie, secca.

La ragazza Grifondoro si girò verso di lei e la guardò truce. «Si da il caso che io sia la sua migliore amica e che abbia tutto il diritto di aiutarlo!» ribatté adirata. Le due ragazze si fissarono con odio reciproco, improvvisamente dimentiche di ciò che le succedeva intorno.

Il professor Lumacorno si fece strada tra il gruppetto che si era andato formatosi intorno ai litiganti e cercò di placare gli animi. «Suvvia ragazzi, non c’è bisogno di fare tutte queste sceneggiate. È Natale no? Divertiamoci!»

Il gruppo si sciolse. James e Sirius si allontanarono ridendo mentre Sophie e Lily non accennavano a muoversi. Severus, rosso in viso, le squadrò «Ehm… non riuscite ad andare d’accordo?» chiese titubante.

Rose lo guardò come se le avessero appena detto che le vacanze di Natale erano state annullate.

Sophie si girò lentamente verso il ragazzo e lo guardò, accigliata, mentre Lily lo squadrava come se fosse la prima volta che lo vedeva.

«Stai scherzando, spero…» mormorò Rose.

Severus sembrò arrossire ancora di più mentre abbassava la testa, improvvisamente pentito di ciò che aveva appena detto.

Sophie sbuffò. Rimise la bacchetta al suo posto e fece un cenno a Rose. Insieme si allontanarono verso il lato opposto della stanza.

Lily osservò con apprensione il suo migliore amico. «Come credi che possa fare amicizia con quella?» osservò. «Storce il naso ogni volta che passo. Anche se volessi non ci riuscirei».

Severus sospirò.

«No, hai ragione. Non credo che riuscireste ad andare d’accordo» mormorò tristemente.

 

Angolo autrice:

Salve a tutti!

Questa volta ho mantenuto la promessa… che ve ne pare? Ho controllato più volte il testo (tanto che lo so quasi a memoria) e non mi sembra che ci siano troppe ripetizioni ne errori.

Dunque… questo capitolo, lo ammetto, non è un granché. Non ci sono novità eccezionali, a parte naturalmente i pensieri di Silente all’inizio (mica lo messo tra i personaggi principali per niente XD). Per adesso (e cioè se non cambierò idea), credo che non rivedremo Silente per un po’ di tempo.

Bene, non mi sembra di aver nient’altro da dire.

Vi saluto alla prossima,

Gageta98

 

Angolino pubblicità:

Ok. Sta cosa me la sono inventata al momento (e mi sto già pentendo di averla anche solo pensata).

Bè… *sprofonda sotto il tavolo per l’idea totalmente priva di senso*

Ricordo come sempre la mia pagina Facebook: http://www.facebook.com/Gageta98

In più, questa volta volevo dirvi che mentre scrivo questa fanfiction  mi diletto con gli Esercizi di Stile, una raccolta di Drabble (che a volte sforano di un po’) piuttosto strana (e se lo conoscete, sì, prendo spunto dall’omonimo libro). Non so… se vi va fateci un giro.

D’accordo la finisco qui. Mi sento davvero un’idiota. Bah… queste sono le idee che mi vengono ogni tanto.

*schiva i pomodori e si dilegua*

   
 
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