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Autore: IamShe    12/10/2012    12 recensioni
Cosa succederà nel momento in cui Ran si ritroverà da sola, dopo la morte di Shinichi, ad affrontare la più grande paura della sua vita, e a salvare quella delle persone a lei care?
Cercherà di reagire o subirà impotente, aspettando che il destino si compi?
*
"Perché Shinichi non mi aveva detto niente quel giorno? Aveva inventato la scusa del caso semplice, di un cliente che lo aveva chiamato. Aveva detto che sarebbe tornato la sera, che avrei dovuto cucinargli il suo piatto preferito, che non avrebbe tardato.
Invece aveva deciso di andare ad uccidersi, senza preoccuparsi di nulla e di nessuno. Non vidi più il suo sorriso, e non ascoltai più la sua voce da quel giorno. Ritrovammo solo un corpo senza vita, senza più ricordi e senza più speranza."
Genere: Introspettivo, Mistero, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Heiji Hattori, Nuovo personaggio, Ran Mori
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Una vita d'emozioni'
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Diciannovesimo capitolo
Tutto come prima

 
 
Quanto male può fare l’amore?
Conoscere l’altra sua faccia, quella cinica, quella violenta, ti corrode, ti priva di qualsiasi impulso vitale. Smetti di sperare, smetti di pensare, e smetti di vivere, mentre dentro, incominci a morire. Nessuno è immune al suo dolore; ti prende e ti attanaglia, ti sciocca, ti tormenta anima e mente, lentamente... ti fa impazzire.
 
E quella pazzia l’ha conosciuta bene Cikage. Ne è rimasta intrappolata senza via di fuga, e senza alcuna voglia di fuggirne. Tentare di farla ragionare sarebbe pressoché inutile; darebbe più risultati parlare di musica ad un sordo, di un paesaggio ad un cieco, o di quanto sia bello cantare ad un muto.
Lei non capirebbe.
Se le parlassi d’amore, della gioia di condividere con qualcuno tutto quello che ti appartiene, lei non capirebbe.
Se le parlassi del bene inimmaginabile che si prova per un bambino, e della voglia di proteggerlo da ogni male che questo mondo gli possa causare, lei non capirebbe.
E allora come potrei pretendere di farle capire che, al di là dell’odio e del rancore, dovrebbe abbassare quelle pistole?
Continua a ripetermi che è soltanto una scelta, ma credo di non ascoltarla nemmeno più.
I miei occhi sono bloccati dal terrore, fissi sulle figure di Shinichi e Conan.
Il primo che tenta invano di svincolarsi dalla presa degli uomini che lo trattengono e lo minacciano con qualche pistola di troppo; il secondo immobilizzato, incapace a fare movimenti che, per un caso o l’altro, possano tradirlo. Io li guardo boccheggiante, ansante, in preda al panico.
Anche se volessi ragionare, sarei impossibilitata a farlo.
Come si fa a mettere in moto il cervello quando tuo figlio e tuo marito hanno dieci pistole puntate alla testa?
“CONAN, SALVA CONAN!”
Mi arriva da lontano la voce di Shinichi, e si schianta su di me con una violenza inaudita, facendomi sobbalzare. Vuole morire per salvare nostro figlio che, intanto, al suono delle parole del padre comincia a lacrimare.
Ed io con lui. Scuoto il capo, respirando rumorosamente.
No, no, no, no, no. Non potrei farti uccidere. Mai.
“RAN MA CHE FAI?! SALVA CONAN, DANNAZIONE!”
Scuoto il capo di nuovo, mentre le lacrime inumidiscono il mio viso.
Prendo fiato, consapevole che possa essere l’ultima volta.
“Uccidi me.”
In un istante l’attenzione di tutti viene presa dalle mie parole. Shinichi strabuzza gli occhi,  probabilmente gli pare tutto un sogno. Conan lo imita, i malavitosi dirigono i loro sguardi verso di me. La stessa Cikage, che dapprima sogghignava, comincia a guardarmi incredula, con gli occhi sbarrati.
“NO!” grida mio marito, ma lo ignoro e con me, Cikage.
“Io sono la causa di tutto, no?” le chiedo, cercando in lei conferma. “Uccidi me, ma lascia andare loro due.”
Ancora qualche attimo, che a me pare interminabile. Lei mi scruta, sbattendo lentamente le palpebre.
Poi ricomincia a sorridere, puntandomi la pistola contro.
“Hai ragione.” Deglutisco, stringendo forte i pugni. “Tu sei la troia, e tu devi pagare.”
“Promettimi che lascerai andare loro due però.”
Fa scivolare il dito sul grilletto, pronta a premerlo. Mi guarda con insistenza, i suoi occhi si gonfiano, straripano di lacrime.
“E’ tutta colpa tua! Toichi...”
Ripete più volte il nome del marito, mentre continua a far forza sul quel grilletto.
“Toichi...”
Guardo Conan, mi brillano gli occhi nel pensare che quella creatura sia opera mia.
E poi, rivolgo un ultimo sguardo a Shinichi.
Mi scappa un sorriso, lui è il mio Shinichi.
E noi siamo i Kudo.
“Grazie di tutto.” Dico soltanto a lui, muovendo le labbra. “Ti amo.”
Poi non sento più nulla, se non un bagliore accecante che brucia la notte.
Socchiudo le palpebre.
Sono in Paradiso.
 
Riapro gli occhi, spaesata. Sento ancora le mani, e le braccia, ed anche le gambe. Non ho nessuna ferita al petto, il sangue scorre bollente nel mio corpo, intatto.
Cikage è ancora davanti a me, con la pistola puntata, e Shinichi e Conan sono ancora dietro di lei, davanti a quegli uomini dai loschi propositi. Solo che, intorno a me, è luce.
Ma cosa è successo?
“Ehi...” fa per esclamare uno di loro, puntando l’indice verso qualcosa di impreciso. “Ma quello è...”
Il suo movimento è seguito dal nostro, ancora più repentino.
Nei miei occhi si riflette audace la figura bianca del ladro più ambito dalla polizia giapponese, che spavaldo, e senza alcun timore, si mostra alla notte di Niigata.
“KAITO KID?!?”
L’indelebile ghigno stampato sulla sua faccia attira mille e più passanti, mentre noi, al di sotto del lungomare, sulla sabbia, assistiamo alla scena, esterrefatti.
Io per prima, che credevo fosse a Tokyo con mio figlio.
Ma prima che possa dire una sola parola, degli spari rompono il silenzio della notte, che è tornata ad essere più scura che mai. Mi volto verso Shinichi, pensando al peggio.
Ritrovandomi, invece, di fronte al meglio.
“Io l’avevo detto di avere una buona mira.”
Heiji punta con sicurezza la pistola contro la donna, avanzando di qualche passo. Dietro di lui tre poliziotti, tra i quali riconosco Sawaguri e Megure.
Cikage riesce soltanto a girare gli occhi verso mio cognato, sbiancando, e sudando freddo.
“C-Cosa?” balbetta, ricercando i suoi uomini. “Sparategli!” Ordina loro, che intanto sono svenuti vicino mio marito, libero finalmente, insieme a Conan, dalle pistole. Le armi sono a terra, allineate, saltate via dalle mani dei criminali a causa degli spari di Heiji, che con un’incredibile precisione, è riuscito a ribaltare la situazione.
Mio cognato raggiunge la donna, la intrappola, approfittando del momento di stupore, e fa cadere anche la sua pistola sulla sabbia, spostandone un bel po’.
Cikage si morde le labbra, che vengono bagnate dalle sue lacrime, adesso ancora più amare.
Punta i suoi occhi neri nei miei, mi guarda con dolore e frustrazione, con odio e rancore.
“Hai vinto di nuovo.” Afferma, singhiozzante, mentre Heiji, alle sue spalle, ordina a Sawaguri di raggiungerlo.
“No, non ho salvato Richard e non sono riuscita a far cambiare idea a te. Abbiamo perso entrambe.”
Lei rimane per qualche attimo in silenzio, mentre le sue braccia vengono trattenute dall’agente. Poi sorride con amarezza, socchiudendo gli occhi, e permettendo che l’uomo la porti via, insieme ai suoi scagnozzi.
“Ora capisco cosa avevi più di me.” Dice, allontanandosi e dandomi le spalle. “Tu non sai odiare.”
Heiji mi osserva titubante, mentre il mio sguardo è preso dalla sua figura che lentamente scompare oltre la spiaggia. E mi rendo conto che a volte la vita si beffa della tua esperienza. Molto spesso, credi di sapere già come vanno le cose nel mondo e cosa fare per risolverle, come se in mano avessi una bacchetta magica pronta ad esaudire ogni tuo desiderio. Poi, quando ti accorgi che quella magia è solo frutto della tua fantasia, ti scontri con la realtà dura e fredda, e senti il mondo sbriciolarsi sotto i tuoi piedi. Ti sembra che tutto quello che hai vissuto fino a quel momento non aveva alcun significato e capisci che non tutto è per sempre, e che le migliori esperienze possono concludersi proprio come sono iniziate.
Però, a volte non riesci ad accettarlo, e resisti, combatti, vai avanti.
Ti aggrappi a ricordi che scivolano via tra le tue mani, senza poter fare nulla per fermarli.
Ma in fondo, cos’è più giusto? Vivere il nostro futuro, o salvare il nostro passato?
Cikage aveva tentato inutilmente di porre un freno alla vita, di controllarla e di fingersi incosciente di ciò che la stava investendo. Ma anche io, come lei, avevo tentato di non lasciar andare il mio passato.
Anche io rivolevo Shinichi a tutti i costi, volevo vendicarlo. Anche io ho provato l’odio sulla mia pelle, e quindi anche io so cosa significhi.
Ma è stato l’amore a vincere su tutto, ecco cosa mi distingueva da lei.
L’amare.
Consapevole che l’artefice di tutto ciò si trova a pochi metri da me, proietto gli occhi su di lui.
I fievoli raggi del Sole lo illuminano in parte, ma abbastanza da poterlo ammirare nella sua intramontabile perfezione. E quei stessi tratti li ritrovo in mio figlio, accanto a lui, intento a guardarlo negli occhi, colmi di ammirazione.
Sorrido, e riesco a malapena a trattenere le lacrime nel momento in cui, entrambi, mi osservano.
Solo adesso me ne rendo davvero conto: è finita.
Non c’è più nessun’organizzazione, nessun ostacolo, nessuna ferita. Siamo di nuovo noi, come prima.
E ad accertarmi di ciò, c’è il sorriso splendente di mio marito, e quello ancora più sorridente di Conan.
La voglia di riabbracciarli è tanta, ma prima dei pensieri agiscono le gambe. Simultaneamente, ci dirigiamo gli uni contro gli altri, avanzando sulla sabbia umida e fresca.
Sbatto contro il petto di Shinichi, al quale mi aggrappo, nel desiderio di non lasciarlo più andare via. Ma qualche secondo dopo ci chiniamo sulle ginocchia, permettendo al nostro tesoro più grande di unirsi nell’abbraccio, che avviene, senza titubanze, pochi istanti dopo.
Li bacio entrambi, consapevole che qualche minuto fa non avrei potuto farlo più; così li inondo di affetto, e lo stesso fa con me Conan, mentre il padre, che tende a mostrarsi più timido del solito, ci circonda nel suo abbraccio.
Pochi metri distante, un Heiji Hattori taciturno ci guarda addolcito, abbozzando un sorriso sereno.
 
*
 
“KUDOOOOO!!!”
Un grido di gioia si fa spazio nell’aria, quando un pesante vento viene alzato dal burrascoso ed improvviso movimento di taluni poliziotti - tra cui Megure - che, alla vista di mio marito, hanno dapprima assunto un colorito tra il pallido e il bianco, per poi sfogare la loro sorpresa in un abbraccio multiplo, dal quale Shinichi tenta inutilmente di sottrarsi.
Lo stesso ispettore sembra stia piangendo, mentre con le grosse mani scompiglia i capelli del mio compagno, irritandolo quel che basta per fargli assumere la sua inconfondibile espressione seccata.
Poco più distanti, io e Conan assistiamo alla scena, a fianco a Kaito liberatosi dei suoi vestiti scenografici, in sostanziale silenzio.
Nel tentativo di romperlo, e di chiarire una questione che mi è ancora oscura, tossicchio visibilmente, portando l’attenzione dei due su di me.
Si girano, ma il mio sguardo è diretto a mio figlio che, comprendendo le mie azioni, comincia a guardarmi con timore.
“Conan... cosa diavolo ci facevi a Niigata? Potrei saperlo?”
Forse per astuzia - chissà -, o per vera ingenuità, mio figlio comincia a spiegarmi il tutto, assumendo un’espressione angelica, mentre Kaito è intento ad ascoltare, osservandolo.
“Io ho avuto paura! Lui e zio stavano parlando di te e di papà, ed hanno detto che eravate partiti per Niigata! Io volevo aiutarvi, per ciò sono partito da solo, per venire da voi...”
“Sei uno sciocco!” alzo il tono, canzonandolo per bene. “Ma ti rendi conto di quanto ci hai fatti stare in pensiero? Dovevi restare con zio e Kaito, e non agire di testa tua! E poi sei un bambino, non devi viaggiare da solo!”
“Scusa mamma.” Prova ad abbindolarmi, mettendo su il muso. Ma io lo ignoro volontariamente, e con agilità, continuo a domandargli: “E poi perché papà era con te? Come ti ha trovato?”
“Per caso, ma lui aveva la maschera di quel tizio antipatico quando l’ho incontrato! Non l’avevo riconosciuto!” Gli luccicano gli occhi, sentendosi colpevole, e con lo stesso tono aggiunge: “Così ho tentato di scappare, ma per convincermi papà si è tolto la maschera, ed in quel momento è arrivata la donna brutta!”
“E così lei vi ha visti...”
“Sì, poi ci hanno minacciato con le armi, e papà non ha potuto fare altro che obbedire ai suoi ordini.”
“Ordini?”
Annuisce col capo. “Ci ha chiesto di camminare fino alla spiaggia, e lì ti abbiano rincontrato.”
“In effetti, oltrepassando lo scoglio, mi sono ritrovata lei avanti, e voi dietro... probabilmente avrà ascoltato tutta la conversazione tra me e Richard... e sarà andata su tutte le furie.”
Finalmente noto Shinichi riavvicinarsi velocemente a noi, con i capelli scompigliati e i vestiti stropicciati, ed un’indelebile espressione seccata sul viso.
“Per questo erano scomparsi i suoi uomini.” Chiarisce la questione Kaito, con braccia incrociate, per poi aggiungere repentino: “Lei li aveva chiamati per farsi raggiungere a Niigata.”
“Voi come l’avete capito?” chiedo all’uomo, mentre Shinichi si volta nei suoi confronti per ascoltare la risposta, interessato. Kaito ridacchia, grattandosi la nuca con una mano.
“In realtà l’ha capito Hattori... Cioè, ha intuito che Conan fosse fuggito a Niigata, che quegl’uomini fossero con la donna... e quando siamo arrivati, nel giro di qualche minuto ha ideato il piano: io mi sarei fatto vedere come Kaito Kid per attirare l’attenzione di tutti e farli distrarre, mentre lui liberava il bimbo dalle pistole e permetteva a Kudo di contrattaccare. Il resto lo sai.”
“Zio ha davvero un’ottima mira!” esclama gioioso mio figlio, mentre Shinichi si ferma qualche istante a pensare, abbandonando lo sguardo nel vuoto.
“E’ vero, è stato merito suo.” Faccio per apprezzarlo, lanciando un’occhiata a mio marito, ma subito dopo mi correggo, convinta di star sbagliando: “cioè, anche merito tuo ovviamente.”
Il ladro – amico di Shinichi sorride, lasciandosi andare ad una smorfia di disappunto.
“Spero solo che non mi abbiano visto in molti... da Kid intendo...”
Inarco un sopracciglio, stupefatta: anni prima avrebbe fatto di tutto per attirare l’attenzione!
Ma prima che possa pronunciare qualsiasi cosa, è Shinichi ad anticiparmi, sorridente: “problemi con tua moglie?”
Kaito sbuffa, emettendo un sospiro mozzato.
Osservando il tutto, una domanda mi sorge spontanea, e la lingue tende a formularla in un attimo.
“Tua moglie non sa che...?”
“Ehi,” mi richiama una voce, obbligandomi a spezzare le mie parole e a voltarmi verso la sua fonte. “Volevo chiederti scusa.”
Dinanzi mi ritrovo Sawaguri, l’agente che qualche settimana fa è stato motivo di rabbia e liti, causando anche l’esonero di mio cognato. Mi porge le sue scuse azzardando un mezzo inchino, per poi issarsi ed osservare mio marito, che curioso, assiste alla scena.
“Non preoccuparti. Ma non dovresti farle a me, ma al tuo collega.” Lo avviso, riferendomi ad Hattori che, al momento, non è presente.
“Lo so, e volevo chiedere scusa anche a te Kudo.”
“Non so di cosa tu stia parlando.” Afferma Shinichi, effettivamente all’oscuro di tutto. Sebbene avesse inondato la casa di spie, ciò che successe quel giorno restò intrappolato nel silenzio di quel pugno e nella franchezza dei presenti di non parlarne.
“Sawaguri!? Insomma, noi dobbiamo andare!” Una voce lontana - quella dell’ispettore Megure - lo richiama, costringendolo a bloccarsi. Il poliziotto lo sta aspettando nell’auto volante che porterà via Cikage, trasportandola in centrale. Ignorando me e gli altri, l’agente decide di dileguarsi, evitando che il superiore rincari la dose di richiami.
Osservo la scena un po’ intontita, e indubbiamente sorpresa.
“Sarà l’aria di Niigata a far bene alle persone...” ragiono ad alta voce, azzardando un tono sarcastico.
Shinichi, dapprima in silenzio intento a guardarlo andarsene, mi da un colpetto sulla spalla, spingendomi ad osservarlo. Con intensa curiosità mi osserva, e stupito mi parla: “Quel tizio mi ha sempre odiato... ma che gli è successo?”
“Ehm...” titubo un po’ prima di rilevargli il tutto, indecisa dal come partire. Poi, utilizzando anche un po’ di furbizia, vado dritta al tema centrale: “Diciamo che... gli ha fatto cambiare idea Heiji.”
Inarca un sopracciglio, invitandomi a proseguire.
“Sì, insomma.. lui parlava a sproposito di te, ed Heiji, stufo, gli regalò un bell’occhio nero.” Ridacchio, ripensando all’accaduto. L’unico ricordo divertente e soddisfacente che quel mese infernale avesse mai potuto regalarmi.
Mio marito sbatte più volte le palpebre, e tenta di nascondere - per sua sfortuna, invano - un sorrisetto compiaciuto. E così, per cercare di mascherarlo, si lascia andare ad uno sbuffo.
“E’ sempre il solito.” Decreta, fingendosi seccato. “E’ per questo che si è fatto esonerare?”
Annuisco, sorridendo.
Continua a rilasciare una quantità enorme di sospiri, visibilmente in imbarazzo, mentre distoglie gli occhi dal mio sguardo, forse senza aver il coraggio di sostenerlo.
Il silenzio calato nell’ambiente, seppur abbastanza rumoroso per il mormorio di fondo di alcuni agenti, viene spezzato da una sua tosse nervosa.
“S-sai... dov’è Heiji?”
Scuoto il capo, negando. Ma è Kaito a rispondergli, repentinamente: “è vicino a quella volante. Sta chiarendo gli ultimi dettagli del caso con i suoi agenti.”
Io e Shinichi dirigiamo la testa in quella direzione, e da lontano scorgiamo il capo del nostro amico, impegnato a trattare con gli altri poliziotti, e a tenere a bada Cikage, prima di portarla in questura.
“V-vado... vado da lui.” Mi dice titubante, con lo sguardo basso. Annuisco, sorridente, ma prima che possa allontanarsi, la voce di Conan richiama la nostra attenzione, portandolo a bloccarsi. Mio figlio, ridente ma allo stesso tempo sorpreso, ci avverte della presenza, seppur lontana, di Yukiko e Kazuha, accompagnate da Sophie.
“Che ci fa mia mamma qui?!” mi chiede Shinichi, sbattendo le palpebre dalla meraviglia.
“Ehm...” esito a spiegargli tutta la faccenda, presa dalle loro figure che lentamente si avvicinano.
Ma nel voltarmi ad osservarlo, mi rendo improvvisamente conto che, soprattutto mia suocera, è all’oscuro di una notizia davvero importante e che potrebbe scioccarla, nel scoprirla così d’impatto.
“Le verrà un infarto nel vederti!” Deduco, mordicchiandomi il labbro.
“Che faccio, mi nascondo?” mi chiede, con una punta fin troppo accentuata di sarcasmo.
“Rimettiti la maschera” gli suggerisce Kaito, indicandola. “Le spiegheremo tutto con più calma, no?”
“Ma non dire sciocchezze! Mia madre è una donna forte!” Afferma lui, fiero, in attesa che le due donne, inconsapevoli della nostra presenza, si avvicinino sempre di più e ci vedano.
“Shinichi... sei sicuro?”
“Certo.” Annuisce, convinto. “Sta un po’ a vedere...”
Avanza di qualche passo verso di loro, tentando di farsi notare con lo sventolio di un braccio. Mai - lui - avrebbe immaginato che la baronessa della notte, tanto furba e sicura, nel vedere suo figlio richiamarla e rivelarle così della sua presenza, potesse cadere a terra priva di sensi, dopo qualche attimo di esitazione e di profondo stupore.
“Ehm... forse non è stata proprio una buona idea.” Decreta, rendendosene conto.
Gli lancio un’occhiata sinistra, con palpebre assottigliate.
“Che idiota.”
 
*
 
“Nonna?!”
“Yukiko?!
“Nonna?!”
“Yukiko?!”
Sospiriamo entrambi, io e Conan, afflitti, nel notare che i nostri richiami non sortiscono alcun effetto sulla donna, trasportata dal figlio su una volante, e fatta sdraiare nei sedili posteriori.
“Niente da fare... nonna non si sveglia.”
“Tutta colpa di quest’idiota di tuo padre!” Lo ammonisco, regalandogli una serie di sguardi truci e torvi. Shinichi simula una smorfia, per poi distogliere lo sguardo, seccato.
“Non credevo la prendesse così male!”
“Papà però... un po’ di delicatezza in più potevi usarla.” Lo ammonisce anche Conan, con tono ironico.
“Ehm... scusate?” si fa spazio nella mischia la mia amica, intimidita. “Potrei sapere cosa è successo?”
Io e Shinichi ci guardiamo, e sospiriamo all’unisono. Decido di spiegarle, in breve, tutto quello che è accaduto da quando Heiji fu esonerato, evitando di raccontare - appositamente - del quasi bacio, o comunque, di quello che accadde quella notte. Kazuha ascolta il tutto con vivo interesse, mentre Conan e Shinichi controllano la povera Yukiko, ancora priva di sensi.
“E così si è suicidato...” soffia poi, dopo aver sentito, insieme a Shinichi, di ciò che Richard mi aveva rivelato la notte prima, sul punto di morte. Annuisco, leggermente rattristita.
“Lui è la prova che le persone possono cambiare. E’ riuscito a provare qualcosa oltre l’odio.”
Emette uno sbuffo Shinichi, col capo chinato. “Avrebbe potuto finire di scontare la sua pena e rifarsi una vita.”
Scuoto il capo, e con fatica, mando giù saliva. “No, era malato. Aveva un tumore al cervello.”
Mio marito spalanca gli occhi, seguito da Kazuha, mentre Conan ascolta ed osserva il tutto in sostanziale silenzio, imitato da Sophie.
“Un tumore al cervello?!”
“Sì, gli restavano pochi mesi di vita. Aveva preferito non curarsi.”
Kazuha abbassa la testa alla strada, colpita dalla mia confessione, mentre Shinichi immerge lo sguardo oltre il lungomare, verso la spiaggia. La sua voce mi giunge pochi minuti dopo, accompagnata da uno strano sorrisetto. Amaro, oserei definirlo.
“Adesso capisco tutto.”
Lo guardo, invitandolo a proseguire, e noto farlo anche a Conan, incuriosito.
“Il motivo per cui svenne quel giorno.” Comincia, socchiudendo le palpebre al ricordo di quegli eventi.
“Un cancro al cervello è difficile da diagnosticare, perché i sintomi dipendono dalla zona in cui esso ha colpito: ad esempio, i tumori del lobo occipitale provocano disturbi visivi, allucinazioni e convulsioni; quelli del lobo parietale si manifestano con convulsioni, paralisi e generiche difficoltà motorie. Ma se il cancro colpisce il cervelletto, allora il malato avrà molte difficoltà a mantenere l'equilibrio, a coordinare i movimenti; soffre spesso di forti cefalee, di nausea e vomito. Ecco perché spesso era pallido, perché diceva di avere mal di testa, e perché perse i sensi.”
“Altro che attacco di gelosia...” medito ad alta voce, ripetendo le parole che sentii da mio cognato il giorno dopo l’accaduto. Kazuha mi osserva perplessa, e con curiosità, inarca un sopracciglio.
“Attacco di gelosia?”
“Eh?” gemito, presa alla sprovvista.
“Di chi era geloso?”
“No, no... niente, pensavo ad altro.”
La mia amica, sebbene non sembri sufficientemente convinta, si lascia trasportare dalla gioia della figlia che, nel vedere il papà arrivare, si stacca dalla madre per saltargli addosso, con l’agilità di un gatto.
“Ciao tesoro!” La saluta, accogliendola fra le sue braccia, e dandole un mare di baci, che provocano nella bambina una risata incontenibile. Sorpassando e quasi ignorando Shinichi, Heiji si avvicina alla moglie e sorridendole, si abbassa per regalarle un bacio sulle labbra, che mi strappa un sorrisetto.
Kazuha si lascia andare, per poi abbracciarlo con forza, felice di poterlo riavere di nuovo accanto.
“Ma che è successo a Yukiko?” domanda poi, ridacchiando.
“E’ svenuta quando ha visto Shinichi.” Lo informo, facendomi contagiare dal suo sorriso.
“Ah, giusto... voi non eravate al corrente.” Ricorda, mandando un’occhiata furtiva all’amico.
“Hattori? Puoi venire solo un secondo?” Lo richiama un suo agente, facendogli segno con le dita di avvicinarsi. Mio cognato annuisce, e staccandosi dalla presa della sua bambina, si avvia verso l’uomo. Shinichi, nel guardarlo allontanarsi, decide di affiancarlo, rilasciando un sospiro di rassegnazione. Senza curarsi della madre svenuta, mio marito lo raggiunge, scomparendo dietro il furgoncino, vicino alla volante.
Guardando mia suocera ancora priva di sensi, decido di issarmi con la schiena e d’allontanarmi un secondo, lasciandola nelle mani della mia amica.
“Kazu... torno subito, vado a cercare un po’ di acqua e zucchero, le farà bene.”
Sebbene suoni un po’ da scusa, la frase sembra ottenere l’effetto desiderato. Kazuha annuisce, portandomi ad affrettare i passi, superare un po’ d’auto parcheggiate, e rallentare nei pressi della volante. Sfrutto la maestosità del furgoncino vicino per nascondermi, e avvicinandomi di qualche centimetro, noto che l’agente che aveva richiamato Hattori per un ultimo chiarimento, si è messo alla guida dell’auto, ed accendendola, si è fatto spazio per andare via. I due detective, fermi ad osservarlo andarsene, sono in sostanziale silenzio. Dopo l’ultima manovra, mio cognato, col capo rigorosamente abbassato, torna sui suoi passi, tentando di ricongiungersi con la sua famiglia, ma una voce lo blocca, spingendolo a sorridere.
“Oh? Aspetta un attimo...” lo chiama Shinichi, spingendolo a voltarsi nei suoi confronti.
La risposta arriva laconica, ma forse anche un po’ seccata: “Che c’è?”
“Scusa per quello che ti ho detto.” Comincia, ma senza guardarlo negli occhi. Ha il capo chinato e lo sguardo rivolto verso il basso, incapace ad alzarlo.
“Non preoccuparti. Acqua passata.” Gli sorride sinceramente, ma mio marito non può vederlo. E forse è anche meglio: capendo di esser stato perdonato, non avrebbe continuato!
“E’ passato anche tutto quello che hai fatto per me, ma non mi sembra di averti mai ringraziato.”
“Non ce n’era bis...” prova ad interromperlo Heiji, ma senza risultato.
“Quindi grazie. Grazie per avermi sempre aiutato, grazie per aver protetto Ran e Conan mentre io non c’ero, grazie per avermi difeso, grazie per averci salvato. Spero solo di poterti restituire il favore, in un modo o nell’altro.”
Hattori continua a sorridere, soddisfatto quasi. Lo imito, rabbuiandomi oltre lo specchietto dell’auto.
“Ok, hai finito?” Lo deride, cercando di stemperare la tensione. “L’aria di Niigata ti fa male, amico.”
Maschi: fanno i duri, ma quando si tratta di dimostrare le loro emozioni l’uno con l’altro, scappano.
Ridacchiando felice, ma cercando di mascherarlo all’amico, Heiji comincia ad allontanarsi, cavalcando il profilo del furgoncino, cercando di dileguarsi. Faccio lo stesso, soddisfatta e convinta che Shinichi abbia davvero concluso. Ma i passi di entrambi vengono bloccati nuovamente dalla voce di mio marito, sicura e ilare.
“Heiji Hattori?”
Mio cognato si volta velocemente, girandosi col corpo.
In silenzio, aspetta che sia lui a parlare; lo vedo finalmente alzare gli occhi, ed abbassare le barriere.
“Grazie per essere il mio migliore amico.”
 
*
 
“Non si è ancora svegliata?” chiedo, dopo esser tornata velocemente all’auto, ed aver recapitato un bicchiere con dello zucchero ad una salumeria vicina, aperta ventiquattro ore su ventiquattro.
“No.” Scuote il capo mio figlio, sospirando.
“Speriamo non svenga di nuovo dopo...” rifletto, elaborando la scena nella mia mente. Credo sarebbe comico e tragico allo stesso tempo.
Kazuha e Conan azzardano un sorrisetto, fantasticando. Intanto, notiamo Shinichi ed Heiji riavvicinarsi insieme, impegnati a chiacchierare come un tempo, quando i loro volti venivano ornati da meravigliosi sorrisi. Mi fermo a guardare mio marito, rapita dalla sua presenza, quando una gomitata mi arriva nei fianchi, facendomi sussultare.
La mia amica, ancora col braccio proteso in aria, mi osserva maliziosa, muovendo su e giù le sopracciglia.
“Allora?” mi chiede, portandosi una mano ai lati della bocca, in modo da escludere mio figlio dalla conversazione.
“Allora cosa?”
La mia ricerca di chiarimenti la fa indispettire ancora di più, tant’è che continua a stuzzicarmi, mantenendo un tono sostanzialmente basso: “Vi siete salutati per bene tu e Shinichi?”
Le mie guance si accaldano nel recepire il senso del suo discorso, ma l’imbarazzo fugge via, e mi permette di replicarle con una linguaccia. Ma lei, tenace, non demorde.
“Siete stati lontani per molto...”
Ridacchio, lanciando lo sguardo altrove. “Non abbiamo ancora avuto occasione.”
Bugia, ma preferisco evitare di raccontarle di tutte le interruzioni di questi ultimi giorni, soprattutto in presenza di mio figlio.
“Perché non rimanete a Niigata?” suggerisce, furba. “Mi sembra di ricordare che sia...”
Ma io la zittisco, ancora prima che possa concludere. “Ma che dici? Sei impazzita? Ti ricordo che c’è Conan... dove lo mando?”
Strabuzza gli occhi, per poi tornare a camuffare la sua voce con la mano. “Conan può rimanere con la nonna, mentre voi...”
Arrossisco ancora, per poi scuotere il capo. “No, no. Non posso farlo.”
“Perché Ran?!” sbotta in sottovoce. “Ripetete l’esperienza di sette anni fa... magari gli regalate anche un fratellino!”
“Ti pare che vado dove stanotte si è ucciso Richard?!” le ricordo, ma alla mia voce, Kazuha assottiglia gli occhi, spazientita.
“Ran, non dicevo sulla spiaggia... non è estate, vi congelereste! Ma ci sono gli alberghi...” continua, allusiva.
“Sì, certo... lo so...” sospiro, incominciando a pensarci sul serio. Perché queste idee pazze si insinuano nella mia testa facendomi perdere il lume della ragione? Non posso espropriare Conan per soddisfare questi desideri malsani, sarebbe vero egoismo. Però, in fondo...
“Si sta svegliando!” interrompe il flusso dei miei pensieri la voce di mio figlio, nel notare la nonna aprire debolmente gli occhi ed issarsi lentamente dal seggiolino dell’auto. Ci guarda intontita, sbattendo più volte le palpebre, fin quando non le spalanca, osservandomi spaurita.
“Ran! Menomale che sei qui! Non sai che sogno ho fatto!” esclama, scuotendomi per le spalle. Voltando il capo verso Kazuha, si scontra con la figura di mio figlio, per poi tornare a guardare me.
“Ho sognato che Shinichi era vivo e che...” si blocca all’improvviso, soffermandosi a fissare il mio abbigliamento. Poi, grattandosi il capo, aggiunge: “Ma lo sai che nel sogno avevi proprio questa maglia?”
“Ehm sì... c’è un motivo Yukiko. Appunto...”
“Comunque mio figlio era vivo, e stava insieme a te, e a...” continua a sbottare, impedendomi di continuare. Insospettita, sposta la sua attenzione sul mio bambino, che la osserva sorridente.
“... Conan. Ma che ci fai qui?! Ti ho cercato ovunque!!”
“Yukiko... ehm, sai, non era propriamente un sogno.” Riesco ad avvisarla, tentando di dirglielo più delicatamente possibile. Mia suocera sbatte più volte le palpebre, incredula.
“Che vuoi dire?”
“Beh... appunto, una delle novità di cui ti parlavo ieri è...”
Ma non riesco a completare la frase che la donna comincia a lacrimare, e a fissare un punto determinato dietro di me. Nel seguire la scia del suo sguardo, mi scontro con Shinichi, che sta osservando la madre con un dolce sorriso stampato sulle labbra. Mia suocera si alza dall’auto e si fa spazio tra di noi, tentando di avvicinarsi a lui, sebbene lo faccia a tentoni. Ma pochi istanti dopo, con gli occhi gonfi e rossi, si fionda verso mio marito, aggrappandosi al suo collo, singhiozzante.
“SHIN-CHAN!!!”
Le sue grida, miste tra gioia e lacrime, ci arrivano sino al cuore, rallegrandoci.
E mentre Shinichi la stringe a sé, leggermente imbarazzato, io e Conan ci lanciamo un’occhiata felice.
 
*
 
Immergendo lo sguardo nel cielo di Niigata, godo del venticello che va a scompigliarmi i capelli, e che si posa sulla mia pelle gelida. La testa tra le mani, e i gomiti poggiati alla ringhiera di quel lungomare così familiare, così dolce, e adesso anche così triste, mi lasciano abbandonare ad un mondo tutto mio, fatto di pensieri e indelebili ricordi.
Un braccio mi circonda il bacino, facendomi sussultare, mentre un caldo respiro si avvicina al mio orecchio. Non mi volto neppure, ma mi lascio stringere in quell’abbraccio. Shinichi mi sorride, per poi affiancarmi, ed osservarmi per qualche istante.
“Dove sono gli altri?” gli chiedo, appoggiandomi alla ringhiera.
“Sono tutti andati in albergo, a cercare delle camere libere. Hanno detto che vogliono rimanere qui per stanotte.” Mi informa, sorridente.
Mi coloro di rosso, mentre le parole di Kazuha rimbombano nella mia mente, come un disco rotto che ripete sempre la stessa strofa.
“Ripetete l’esperienza di sette anni fa... magari gli regalate anche un fratellino!”
Sebbene il secondo sia qualcosa di azzardato e poco propensa a farlo, devo ammettere che il primo suggerimento è parecchio allettante. Rido dei miei stessi pensieri, talmente tanto da farlo notare anche a Shinichi; lui che, puntualmente, si incuriosisce.
“A che pensi?”
“Io?” chiedo, puntandomi l’indice contro, arrossita. “A nulla...” sorrido, osservandolo allusiva.
“Dai, dimmi!”
Simulo una smorfia, prima di riuscire ad inventarmi una qualsiasi scusa.
“Che il nostro ritorno a Niigata l’avevo immaginato molto più sereno.” Sorrido, osservandolo.
“Perché?”
“Beh... Richard, Cikage, un morto, ed io quasi... l’ultima volta fu diverso...”
“Ah,... stai pensando alla notte di sette anni fa.” Deduce, con sicurezza.
Lo guardo torva, mentre lui si lascia andare ad un sorriso malizioso e terribilmente irritante, ma che io amo più di ogni altra cosa al mondo.
“Assolutamente no... neanche me la ricordo.” Fingo, indispettita.
“Se vuoi posso rinfrescarti la memoria nel migliore dei modi.” Continua, avvicinandosi e soffiandomi in un orecchio: “E poi il patto non vale più, vero?”
“Ah, sì?” bluffo ancora, nonostante sia consapevole dell’avvenuta pace con Heiji; ma è proprio dargliela vinta immediatamente che mi scoccia, mi piace giocarci.
“Sì.” Mi sussurra, stringendomi da dietro.
“A proposito di quella notte...” lo distraggo, scansandomi dai suoi baci. “Non mi hai mai detto che avevamo avuto uno spettatore.”
Shinichi sorride, portando lo sguardo altrove. “Te l’ha detto lui?”
“Sì. Perché non mi dici mai nulla?”
“Perché avrei dovuto dirtelo?” mi chiede, ricercando una risposta. “Io lo scoprii dopo.”
“Certo, ma a trent’anni sono venuta a sapere di aver girato involontariamente un film porno, e la cosa non mi gratifica più di tanto.” Lo rimbecco, lanciandogli uno schiaffo molto leggero al viso, quasi una carezza, per farlo spostare.
“Beh, alla fin fine io ti coprivo... quindi, fortunatamente, non ti ha nemmeno visto nuda.” Riflette, compiaciuto della sua deduzione.
“E ti stai preoccupando di questo?” assottiglio gli occhi, seccata. “Ti rendi conto che era un pazzo criminale e avrebbe potuto ucciderci?”
“Non l’ha fatto, no?” mi ricorda, sorridente.
Ma le sue parole mi rievocano alla mente un altro spiacevole evento, che avevo quasi affondato nella memoria. Strofinandomi il mento con due dita, lo ripesco tra le mille avventure che hanno caratterizzato quest’ultimo mese, riportandolo a galla.
“A proposito...” comincio a ricordare, dubbiosa. “In tutta questa faccenda c’è ancora qualcosa che non quadra.”
“Cosa?” inarca un sopracciglio, incrociando le braccia al petto.
“Richard...” annuisco, con la mente immersa a quel giorno. La pioggia che cadeva nel buio, il vicolo isolato, la sua pistola sulla tempia di Conan. Le mie lacrime, il suo viso perfetto - come quello di un tempo. “Qualche tempo fa lo incontrammo io e Conan a Tokyo. E lui... lui lì tentò di ucciderci. Non sai che paura! Però, non capisco, perché l’ha fatto? Non ci riuscì solo perché arrivò la polizia, e dovette scappare...”
Persa nelle mie elucubrazioni, neanche mi rendo conto che mio marito comincia ad assumere un atteggiamento strano e sospetto. Spalanca gli occhi e comincia a dimenarsi con le mani, nel tentativo di attrarre la mia attenzione, ma i ricordi di quel giorno e quelli successivi scorrono davanti ai miei occhi come tanti fotogrammi di un film.
“Guarda chi si rivede... ciao Ran. Da quanto tempo.”
“Ma che carino, gli assomiglia molto, devo riconoscerlo.”
“Vi è andata bene questa volta.”
“Abbiamo avuto una chiamata anonima... ci ha detto che Kemerl era in questa zona...”
Una chiamata anonima?
“Sì, vai, vai... Wunderwaffe.”
Adesso che ci penso, Shinichi era in quel locale quando conobbi Gin.
E’ diverso da quello che ho visto qualche giorno fa, non sembra neppure lui.
“E’...il figlio di Kudo?”
“No, io intendo... Conan. Quando l’ha visto, ha chiesto se era il figlio di Shinichi... come se non lo conoscesse. Ma voi non vi siete già incontrati?”
“C’è un altro problema... ma chi le ha messe le cimici?”
Sussulto, spalancando gli occhi. Aspetta un momento...
“Ehm... le cimici le ho messe io.”
“Beh, volevo mettervi paura.”
“Sì, volevo che ve ne andasse da Tokyo. Magari alle Hawaii... che ne so. Lontani. Sarebbe stato più difficile per l’organizzazione trovarvi, ma tu hai deciso di traslocare da Hattori!”
No, non ditemi che è quello che credo.
Mi volto verso di lui, che mi sta osservando ansante. Goccioline di sudore gli cavalcano il viso, a prova del fatto che sta tentando di nascondere qualcosa.
“Abbiamo avuto una chiamata anonima... ci ha detto che Kemerl era in questa zona...”
“Sì, vai, vai... Wunderwaffe.”
“Fermo o ti faccio saltare la testa!”
“Un déjà vu...”
Gli punta l’arma all’altezza delle tempie, sorridendogli beffardo. La mia mente fa una capriola all’indietro.
“Shinichi!?!”
“Sì, Ran?” risponde titubante, indietreggiando di qualche passo.
“Non dirmi che ciò che sto pensando è giusto...” cerco conferma, avvicinandomi a lui, rabbiosa.
Le mani strette in pugni, le vene pulsanti, gli occhi dritti in un solo punto: lui.
“Perché... c-cosa s-stai pensando?” mi chiede, come se ne fosse ignaro. Nel frattempo continua a camminare all’indietro, ed io a seguirlo.
“Non dirmi che quel Kemerl eri tu, Shinichi!!”
“Ehm...” si guarda dietro, stando attento a non pestare nessuno. Ma credo che il suo scopo sia quello di evitare i miei occhi fiammanti.
“Non dirmi che era tutta una farsa per metterci paura, organizzata da te e quell’altro... non dirmi che il ragazzo che chiamò la polizia era Kaito, non dirmelo Shinichi!!”
“R-Ran...” balbetta, osservandomi con occhi terrorizzati. “Se vuoi che non te lo dico, non te lo dico...”
Mi blocco all’istante, puntando i piedi con saldezza alla strada.
Ho il capo abbassato, e posso testimoniare di sentire il fuoco ardere intorno a me e gli occhi spruzzare fiamme.
Questa però me la paga, e me la paga cara.
Carissima.
Tralasciando il fatto che mi fece venire un infarto nel puntare la pistola contro il figlio, nel parlarmi in un certo modo, e nel scappare all’ultimo momento, consapevole che la polizia sarebbe arrivata da lì a poco... intendo essere molto più fine del solito, più incisiva. Diretta.
“Ran scusami è che... io volevo proteggervi, anche se forse esagerai un po’ allora...”
Ah, forse ha un po’ esagerato.
Indietreggio, prendendo le distanze da lui.
“Certo, tu volevi solo proteggerci no?” chiedo conferma, leggermente sarcastica. “Perché dovrei prendermela? Suvvia.”
“Ah, quindi non sei arrabbiata?” chiede conferma, dal tono timoroso.
“Io? E perché mai dovrei esserlo?”
“Che sollievo...” sospira, portandosi una mano al petto.
Mentre, lui povero illuso, si gode il momento, nostro figlio si avvicina correndo verso di noi, chiamandoci ad alta voce.
“Mamma, papà! Abbiamo trovato l’albergo, restiamo qui stanotte!” esclama gioioso, portando le mani al cielo.
“Ah davvero?” fermo il suo entusiasmo, con un tono pungente. “E dimmi, tesoro, mica hai visto se affittano la camera per il prossimo mese?”
Shinichi si interessa improvvisamente, aprendo ben bene le orecchie.
“No, perché?”
“Perché tuo padre, a Tokyo, ma anche stanotte, credimi, si scorderà di dormire nel letto con la mamma o di rinfrescarle la memoria.” Continuo, sempre più penetrante. “Quindi, potrebbe benissimo rinfrescarsela lui da solo, qui.”
“EH?!” Mio marito spalanca gli occhi, recependo il messaggio all’istante. “No, aspetta, Ran... parliamone!!”
E nel guardarlo torva, ed anche un po’ maligna, decreto il suo destino.
“Se parli ancora i mesi diventano due.”
Stranamente tace, e fermo e solo rimane, mentre osserva me prendere per mano Conan e trascinarlo via da lui. Fischietto felice e serena, allontanandomi.
“Mamma? Ma cosa intendi per rinfrescare la memoria?”
Sussulto, arrossendo un po’. “Ehm... far tornare tutto come prima, tesoro.”
“E tra te e papà non sarà così?”
Annuisco, facendogli l’occhiolino.
“Ci vorrà solo un po’.”
 

The end

 
 

Omake (regalo)

 
 
Dal quel giorno a Niigata è passato un mese esatto; trenta giorni abbastanza movimentati, ma che oserei finalmente definire normali. Shinichi è apparso nei mille e più giornali del Giappone, tanto che dopo che il popolo è venuto a conoscenza della sua resurrezione quasi hanno indotto festa nazionale; Conan è tornato a scuola con la solita felicità che lo contraddistingueva da sempre, vantandosi con i suoi amici di quanto il padre fosse il migliore, la madre una grande, e lo zio un eroe; Heiji, avanzato al grado di ispettore, si è preso una rivincita sui suoi colleghi, che tanto avevano goduto del suo esonero settimane prima; addirittura ci ha chiamati Kaito, per informarci che presto sarebbe divenuto papà, e non di un ladro, si spera.
Insomma, tutto una meraviglia, tranne che per un piccolo particolare.
Che mio marito ci abbia provato spudoratamente ogni giorno a farmi cambiare idea, tentando di provocarmi con qualsiasi mezzo possibile ed immaginabile, è sicuro; che non so come abbia fatto a resistere, sia io che lui, lo è altrettanto; ma che abbia imparato definitivamente la lezione, è un dato di fatto.
Felice che per la prima volta in vita mia sia riuscita a rispettare un programma stabilito, stamattina mi sono alzata con uno scopo preciso: riportare alla norma anche quella sfera della nostra vita.
Così l’ho aspettato per tutta la giornata, impaziente del suo ritorno, ad ingannare il tempo e la voglia, nello scegliere quale completino intimo usare e quale no. Consapevole che nel pomeriggio Conan sarebbe andato a studiare da Sophie, ho pensato di sfruttare il momento per dedicarlo a noi due, abbassando le persiane e creando una certa atmosfera, che possa giovarci in qualche modo, ma che indubbiamente Shinichi ignorerà.
Proprio lui che già dovrebbe essere qui da mezz’ora, e non si degna di arrivare.
Col gomito poggiato alla tavola, e con le dita tamburellanti sul viso, aspetto che faccia il suo ritorno, e alla svelta anche. Tutto questo rimandare non mi è stato per nulla indifferente, ma per solo orgoglio e pudore ho dovuto e voluto resistere. Non potevo dargliela vinta sempre.
Sussulto, nel momento in cui sento la porta scricchiolare nell’aprirsi, ed annunciare finalmente la sua venuta.
Appare dalla porta, bello come sempre, mentre nel mio petto sento martellare il cuore, quasi come se fosse la prima volta. Cerco di impormi una certa sicurezza, ma i brividi mi prendono la schiena.
Sospiro, nel tentativo di calmarmi.
Lui ancora non mi guarda, preso com’è nell’osservare il giornale; recita solo un fugace: “Sono tornato.”
Ferma sul corridoio, appoggiata al muro, con solo l’intimo a coprirmi, lo fisso sorridendo maliziosa e aspettando che si accorga della mia presenza. Posa le chiavi sul mobiletto, affiancandole al giornale, per poi finalmente alzare lo sguardo.
“Bentornato.” Lo accolgo, rimanendo ferma nella mia posizione, con le braccia incrociate.
Sbatte più volte le palpebre, estasiandosi della visione, ma non si muove di un millimetro, forse paralizzato.
“Com’è andata la giornata?” domando, cercando di ignorare il suo sorriso malizioso, che contagia il mio.
“Come sia andata non importa...” dice allusivo, avvicinandosi. “Ma sta finendo meravigliosamente.”
Senza aspettare un istante in più, Shinichi mi prende per la nuca, attraendomi al suo corpo. Con veemenza mi apre la bocca, aiutandosi con la lingua, mentre le sue mani scorrono lungo la mia schiena, adulandola. Facendo forza sulle braccia, attorciate al suo collo, mi aggrappo a lui, facendomi trasportare altrove, dove desidera. La scelta ricade sul salotto di casa, il più vicino angolo morbido della casa, e molto più confortevole di quello di Wunderwaffe.
Facendomi sdraiare su di esso, aspetta che sia io a tirarlo per il colletto della maglia e ad attrarlo a me; ci facciamo spazio sui cuscini grigi e bianchi, mentre tutto intorno si colora d’arcobaleno. Ritorna ad intrappolare la mia lingua nella sua, e baciarmi con ardore, mentre cerco, repentina, di sfilargli la maglia. Riuscendoci, la lancio al pavimento, senza curarmi della destinazione. Faccio scivolare una mano sui suoi pettorali, fino a scendere agli addominali e stringere la presa sui fianchi. Stufo, e desideroso di più, Shinichi mi sfila il reggiseno, facendomi inarcare un po’ la schiena, per permettergli un migliore movimento. Mi accarezza i seni con passione, senza mai staccarsi dalle mie labbra, portando una mano sotto la mia schiena e facendola scivolare giù verso gli slip. Emetto un gemito smorzato, quando, sicuro, sposta la sua lingua sul mio petto, adulandolo, e facendomi ansimare.
Incapace ad aspettare oltre, porto le mani ai suoi jeans, sbottonandoli e lasciando che sia lui, più agile a sfilarli via. Ostacolati dai soli indumenti intimi, decidiamo di liberarcene, ma prima ancora che la sua mano possa abbassare i miei slip, una voce acuta arriva alle nostre orecchie, facendoci sobbalzare.
“Mamma?”
Mio figlio avanza nella sala, accompagnato dalla piccola Sophie, ritrovandosi di fronte me e suo padre, semi, o meglio, quasi del tutto, nudi. Gli attimi che corrono dopo vedono il mio viso e quello di Shinichi divenire paonazzi, di una tonalità vicina al rosso fuoco, mentre i due bambini, ignari di tutto, osservano la scena con curiosità e stupore. Lancio via mio marito dal mio corpo, facendolo sbattere a terra, causando l’ilarità dei due pargoletti. Faccio per mettermi seduta, ma solo dopo mi rendo conta di essere in topless, ed afferrando la prima cosa che mi capita sotto le mani per coprimi, un cuscino, isso la schiena verso di loro.
“C-ciao r-ragazzi, c-come mai g-già qui?”
Le loro palpebre che sbattono, gli occhi fissi su di noi; Shinichi a terra, senza il coraggio di alzarsi, ed io, con il cuscino tra le braccia, a sostenere i loro sguardi indagatori e sorpresi.
“Che stavate facendo?” chiede mio figlio, ingenuamente.
“N-noi?” domando io, osservando mio marito, che intanto, dal pavimento, non riesce a smettere di ridere. A me, invece, verrebbe solo da piangere.
“E-ehm...” balbetto, per poi dire la prima cosa che mi passa per la mente: “Ci stavamo rinfrescando la memoria.”
Un momento di smarrimento, prima che Conan riprenda la parola, esterrefatto.
“Ah, così si fa?” Domanda lui, curioso.
“Certo, se devono rinfrescarsi devono spogliarsi per avere freddo.” Deduce Sophie con sicurezza, annuendo.
I miei occhi ridotti a puntini, e Shinichi che non la smette di ridere.
“Ma perché non farsi una doccia?” chiede ancora stranito mio figlio, osservandoci.
“Scemo, non vedi che devono rinfrescare la memoria, mica il corpo!”
“Va beh, allora continuate, io devo prendere una cosa in camera.” Sancisce, avviandosi alle scale della villa.
“Devo chiedere a papà se posso rinfrescarmi anch’io così.” Continua la sua amichetta, imitandolo.
“Magari con te Conan!” esclama gioiosa, afferrandolo per il braccio.
Io e Shinichi ci guardiamo, spalancando gli occhi.
Sì, è finita proprio meravigliosamente.
“ASSOLUTAMENTE NO!!!”

 

 
Angolino autrice:
Eccomi qui! :) Ci ho messo un po’, ma alla fine ce l’ho fatta: ecco a voi, l’ultimo chap!
Non potete nemmeno immaginare quanti crucci mi ha dato... praticamente l’ho riscritto un quattro cinque volte, perché tutte non mi sembravano andare bene, e devo dire, che neanche quest’ultima versione mi convince chissà che!
Comunque spero che a voi abbia sortito l’effetto contrario, perché ci ho messo davvero l’anima per scriverlo :3
Ci sarebbe da commentare molto sul capitolo... La resa di Cikage, l’intervento di Heiji e Kaito, la pace fatta tra Heiji e Shin (a proposito, spero di non aver reso Shinichi troppo OOC), Yukiko che sviene, la scoperta dell’identità del primissimo Kemerl: chi se l’aspettava fosse Shinichi?, e la conseguente reazione di Ran, che priva a Shin di un altro mese xD e il “regalo” che vi ho fatto, facendovi credere che la coppia riesca finalmente a trovare un po’ di pace ed invece... zac! Entrata in scena di Conan e company xD
Volevo finire il tutto con una scena comica, visto che la fic è iniziata in modo drammatico. Spero di esserci riuscita XD
Piuttosto, per chi ancora spera che i due possano congiungersi, ho qui per voi una bella notizia: farò una raccolta di tre shots, una su KaitoAoko, una su ShinichiRan ed un’altra su HeijiKazuha intitolata “Missing moments”, dove racconterò di episodi che non hanno trovato spazio in questa storia ^^ Ad esempio, la prima shot, quella su Kaito, partirà dalla telefonata di Ran, solo dal punto di vista dei due piccioncini ^^ E forse, in quella di Shinichi e Ran, questi due... beh, potranno avere quel che vogliono *devil*!
Spero vi sia piaciuto, e che la storia vi abbia appassionato.
Ringrazio i recensori di tutti i capitoli, in particolare: LunaRebirth_, aoko_90, Martins, Black_Princy, Il Cavaliere Nero, evelyn malfoy, e Kaori_ per aver commentato il diciottesimo chap!
Ringrazio anche tutti coloro che l'hanno inserita tra le preferite, ricordate o seguite!
Grazie anche a chi ha solo letto!!!

Alla prossima,
Tonia 
   
 
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