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Autore: marmelade    13/10/2012    8 recensioni
«Facciamo così» disse, alzandosi improvvisamente dalla sedia sulla quale era stato immobile e senza dire nulla sino a quel momento.
Alzai lo sguardo, distogliendolo dalle mie unghie corte e mangiucchiate, abbandonando per un attimo il pensiero del bisogno di una manicure, e posando i miei occhi nei suoi, così simili al cioccolato.
«Tu aiuti me a ricomporre e ricordare il mio passato, e io aiuto te a conquistare il ragazzo che ti piace!» esclamò entusiasta, come se avesse appena avuto l'idea più geniale del mondo.
Sgranai gli occhi, come se mi avesse appena confessato di aver ucciso un uomo.
«Ma a me Louis non p...?! »
«Ci stai, si o no?»
Genere: Fantasy, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Liam Payne, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il mattino seguente, fu lo stesso del precedente.

Mi svegliai sola nel mio letto ad una piazza e mezza, con lo stesso pigiama della sera prima e i soliti capelli arruffati.

Poggiai i piedi sul parquet di mogano scuro e scricchiolante, andando verso la cucina per mangiare qualcosa.

Ma il mio corpo rifiutava ogni tipo di cibo che gli si presentava sotto il naso.

Chiusi bruscamente la porta della credenza, borbottando qualcosa di incomprensibile anche alle mie orecchie, e andai in bagno.

E forse, se avessi evitato di guardarmi allo specchio, sarebbe stato meglio.

Avevo un aspetto più che terribile, quasi indefinibile.

Se ci fosse stato mio fratello, avrebbe sicuramente esclamato “sister, sei l'essere più orribile che abbia mai visto in vita mia, questa mattina”.

Idiota senza cuore. Era sempre un sollievo stare senza di lui.

Scossi il capo, avvicinando ancor di più il viso allo specchio, quasi come se volessi davvero riconoscere me stessa dentro quel mostro.

Lacey, arrenditi: sei veramente orribile” disse una vocina dentro di me.

«Lo so» risposi ad alta voce, quasi senza rendermene conto.

Oltre ad essere brutta, ero anche psicopatica!

Poggiai le mani sulle guance pallide, imitando alla perfezione L'Urlo di Munch. Quella sarebbe stata la reazione che avrebbe avuto ogni persona

che avrebbe incontrato il mio sguardo, quella mattina.

Scrutai ancora per un po' i miei occhi azzurri, in cerca di tutte le risposte alle mie domande, ma niente.

L'unica cosa che riuscivo a vedere, era semplicemente un viso pallido con due occhi azzurri pieni di domande assurde, il tutto contornato da

lunghi e disordinati capelli castani.

Sospirai, prendendo spazzolino e dentifricio, iniziando a lavarmi i denti forse con troppa forza e con troppa rabbia.

Perché nessuno sapeva darmi delle risposte?

Perché io continuavo a pormi domande, destinate a rimanere tali e senza una risposta precisa e sensata?

Nulla aveva un senso. Forse nemmeno io ce l'avevo.

Ero sola, senza nessuno che mi capisse come avrei voluto davvero.

Ma era davvero quello il mio destino?

Quanti altri anni avrei dovuto passare da sola, prima che qualcuno si accorgesse di me?

Sarei rimasta la piccola ed invisibile Lacey Styles, sorella minore di Gemma, la neolaureata a pieni voti, e di Harry, il ragazzo che ogni donna

avrebbe voluto accanto?

Avrei portato sempre quell'odiosa etichetta, quel marchio che mi avrebbe segnato a vita.

Perché non potevo essere soltanto Lacey?

E perchè, proprio quella Lacey, doveva rimanere nascosta al buio, privata di mostrare una luce che teneva ben nascosta dentro di se?

Forse avevo davvero quella luce.

Mi mancava solo il coraggio di tirarla fuori.


 

«Dovevi esserci, ieri sera.»

Voltai lo sguardo verso Suz, in piedi dietro di me con le mani nascoste dietro la schiena, mentre mettevo a posto una pila di varie magliette.

Mi strinsi nelle spalle, sospirando.

«Non mi andava di uscire, te l'ho detto» ribadii, poggiando un paio di magliette su uno dei banconi.

Suz continuò a starmi dietro con il fiato sul collo.

«E cosa avresti fatto di tanto interessante che ti ha impedito di uscire con me?» domandò ancora, con un tono fin troppo ironico.

Roteai gli occhi al cielo senza farmi notare da lei, continuando a camminare e sistemare magliette.

«Il mio letto aveva bisogno della mia compagnia» risposi sbuffando, posando le ultime magliette e voltandomi verso di lei, sorpassandola e

avviandomi verso il bancone.

Suz sbuffò, posando le mani sui fianchi dopo essersi aggiustata gli occhiali da vista.

«Il letto avrebbe potuto aspettare – disse, sedendosi sullo sgabello di fronte a me – ti saresti divertita.»

Buttai un ciuffo lungo ciuffo di capelli ribelle all'indietro, per poi alzare lo sguardo e puntare gli occhi in quelli di Suz.

«Non mi andava, fine della storia» sentenziai, allontanandomi dal bancone e avvicinandomi a un manichino.

Sentii Suz sospirare ancora una volta con fare esasperato, e la immaginai maledirmi sotto voce.

«Lacey, devi smetterla di creare un muro di difesa intorno a te. Se vuoi incontrare il tanto atteso ragazzo che ti farà venire le palpitazioni, dovrai

pur usci...»

«Mi sono stancata, Suz! - sbottai, voltandomi verso di lei con i pugni serrati – sai con quanti ragazzi sono uscita questo mese?! Sette! E, indovina

un po'? Nessuno di tutti e sette voleva quello che volevo io! E' inutile incontrare gente, per adesso... non me ne andrà bene nessuno...»

Guardai ancora una volta fuori, trattenendo le lacrime di rabbia. Non avevo più voglia di perdere tempo.

Ne avevo perso troppo, e dovevo recuperarlo tutto, minuto per minuto, secondo per secondo.

Dovevo spendere quel tempo solo e unicamente per me stessa, e non per ragazzi che avevano solo voglia di mettermi le mani nelle mutande.

Suz si alzò dallo sgabello, aggiustandosi i capelli biondi e mettendo freneticamente a posto qualcosa.

«Come vuoi tu, allora» si arrese, per poi sedersi nuovamente dietro il bancone.

Rimasi quasi meravigliata dalla sua improvvisa arresa, ma non dissi nient'altro.

Avrebbe anche potuto essere una trappola, e non dovevo caderci.

Mi limitai ad annuire, per poi rimanere in totale silenzio.

Presi posto di fronte a lei, tamburellando nervosamente con le dita sul bancone in attesa di clienti.

Solo il silenzio ci faceva compagnia.

Si sentiva solo l'aria natalizia dell'esterno che, pian piano, iniziava a crescere costantemente, invadendo Londra.

Eppure, io non lo sentivo dentro di me.

Era come se la Lacey che amava il Natale e scartava i regali insieme ai suoi fratelli la mattina – nonostante avesse ventun'anni – fosse

improvvisamente sparita e sostituita da un'altra.

E adesso, questa nuova Lacey era così triste e confusa allo stesso tempo, che non riusciva a sentire il Natale dentro se stessa.

«Natale...» ripetei improvvisamente ad alta voce, quasi come fossi entrata in trance.

Suz alzò lo sguardo dal bancone, guardandomi confusa.

«Cosa?» domandò, con lo stesso tono di voce della sua espressione.

«Natale, Suz!» esclamai, alzandomi in piedi.

Lei mi guardò ancora più confusa e sconvolta, non capendo nulla.

«E quindi?» domandò, alzando le spalle e rimanendo con le braccia aperte.

Feci un sorriso, avvicinandomi a lei e prendendole entrambe le mani tra le mie.

«E quindi noi non attiriamo i clienti perché non abbiamo decorato la vetrina come si deve! E cioè, non abbiamo messo niente di natalizio!»

Suz continuò a guardarmi come se fossi appena impazzita, con la bocca spalancata e gli occhi sgranati, poi si aggiustò la montatura degli occhiali

con una mano e tossicchiò leggermente, cercando di apparire seria.

D'un tratto, batté un pugno sul bancone, facendomi sobbalzare per quel suo gesto improvviso.

«Cavolo, hai ragione! Dobbiamo subito provvedere!» esclamò in risposta, per poi alzarsi dallo sgabello e avviarsi verso l'attaccapanni.

«Lacey, metti il cartello “chiusi” fuori la porta,e leva tutti i manichini dalla vetrina. Io intanto, vado a comprare delle decorazioni e due caffè.

Abbiamo bisogno di un po' di energia in più.» disse ancora Suz, infilando cappello e cappotto.

«Agli ordini, capo!» risposi, mimando il saluto militare e prendendo il cartello dal cassetto.

Suz sorrise e scosse il capo, aprendo velocemente la porta.

«Farò prestissimo!» esclamò, per poi uscire dal negozio.

Presi un po' di scotch, attaccandolo sul retro del cartello, per poi uscire dal negozio e attaccarlo sulla porta, stringendomi nelle spalle per evitare

di sentire troppo freddo.

Entrai in fretta e furia, riscaldandomi le mani congelate e aprendo la vetrina, cominciando a togliere tutti i manichini, come aveva detto Suz.

Forse, un po' di aria natalizia, avrebbe risolto le cose. E non solo in negozio.


 

«Grazie mille, e buone feste anche a lei!»

Suz guardò la cliente soddisfatta uscire fuori dal negozio, portando due grandi borse tra le mani con se.

La porta si chiuse dietro la cliente, e Suz si voltò verso di me con un'espressione entusiasta in volto.

«Era la quattordicesima cliente questa, lo sai vero?» domandò, avvicinandosi piano a me.

Ridacchiai leggermente, poggiando le mani sul bancone dopo aver messo a posto un vestito.

«Lo so, Suz. Non fai che tenere il conto dei clienti da...»

«Sei un genio, Lacey! - esclamò, buttandomi improvvisamente le braccia al collo – un vero genio!»

Poggiai una mano sulla sua schiena dopo quel gesto improvviso, facendo un sorriso.

«Non ho fatto nulla di speciale...» dissi, mentre entrambe scioglievamo quella sorta di abbraccio.

«Si, invece! E' grazie a te che siamo a ben quattordici clienti da quando abbiamo riaperto!» esclamò, facendo un enorme sorriso.

Sorrisi anche io, alzando le spalle e mettendo le mani in tasca.

«Ma...»

«Ma, a quanto pare, siamo al quindicesimo cliente...» disse Suz interrompendomi, guardando fuori la vetrina.

Alzai lo sguardo dal pavimento, rivolgendolo verso l'esterno.

C'era un ragazzo alto, con i capelli mori e scombinati come se qualcuno l'avesse appena buttato giù dal letto, che guardava con interesse la

vetrina come se fosse attratto da qualcosa.

Improvvisamente, il suo sguardo incontrò il mio, e mi parve di veder comparire un sorrisino sul suo volto.

«Questo lo lascio a te...» sussurrò Suz una volta che il ragazzo fu entrato, per poi allontanarsi facendomi l'occhiolino.

Provai a dirle qualcosa, ma lei aveva già preso il cellulare per comporre il numero di Noah, mentre il ragazzo si aggirava tra i vari scaffali,

spostando di tanto in tanto qualche vestito per ammirarlo e scrutarlo a fondo, ma che poi lasciava sempre al proprio posto.

«Serve una mano?» domandai avvicinandomi a lui, così da porre fine alla sua eterna indecisione.

Il ragazzo alzò lo sguardo dal vestito che teneva ancora tra le mani, puntandomi addosso i suoi occhi azzurri, così simili ai miei.

Deglutii, cercando di mandar via una strana sensazione comparsa alla bocca dello stomaco.

«Magari, grazie!» disse, facendo un sorriso d'immensa gratitudine, quasi come se fosse sollevato dal fatto che qualcuno potesse aiutarlo.

Sorrisi anche io, mentre lui lasciava il vestito che aveva tra le mani.

«Hai già qualche idea?» gli chiesi, ma dal suo sorrisino imbarazzato, percepii immediatamente la risposta.

«A quanto pare no...» sussurrai, rispondendomi da sola, mentre lui scoppiò in una sonora risata, che poco dopo contagiò anche me.

«Non sono molto bravo in queste cose...» ammise, portando una mano dietro la testa e iniziando a grattarsi la nuca.

Alzai le spalle, facendo una smorfia.

«Nessuno è perfetto...» dissi, e lui ridacchiò.

«Allora... - ripresi – devi fare un regalo di Natale?»

Il ragazzo annuì, portandosi le mani in tasca.

«A due delle mie sorelle – rispose sospirando – sai, le altre due sono piccole, quindi so ancora che giocattoli scegliere, più o meno. Basta sbirciare

nelle loro letterine a Babbo Natale!»

Scoppiai a ridere fragorosamente dopo la rivelazione di quel suo “metodo”.

Chissà quante volte i miei genitori avevano fatto lo stesso con me, quando ero piccola.

«Ma le altre due... beh, sono abbastanza complicate – continuò – una ha quindici anni e l'altra tredici ma, se fosse per me, comprerei pupazzi a

volontà! Solo che non voglio che me li tirino addosso, una volta scartati... ecco perché ho optato per i vestiti.»

Annuii, comprendendo perfettamente il suo disagio. Era lo stesso problema che aveva mio fratello Harry quando doveva comprare regali per me e

per Gemma.

«Beh... hai delle foto delle tue sorelle?» domandai, e lui annuì,

Cacciò il cellulare dalla tasca e armeggiò con esso per un po', per poi mostrarmi quello che avevo chiesto.

«Eccole... quella a destra è Lottie, quella di quindici, mentre l'altra è Fizzy...» spiegò, mentre prendevo il suo cellulare tra le mie mani.

Le due ragazzine nella foto erano molto simili tra di loro,ed a a differenziarle era solo il colore di capelli. Lottie aveva i capelli biondi, color del

grano, mentre quelli di Fizzy erano scuri come delle more.

Ma entrambe avevano lo stesso sorriso e gli stessi splendidi occhi azzurri, come quelli del fratello.

Scrutai a fondo la foto per un altro po', immaginando entrambe le ragazze con vari abiti.

«Forse ho quello che potrebbe piacere a loro...» dissi, ridando il telefono al ragazzo.

Lui sorrise, mentre sul suo volto gli si dipinse un'espressione entusiasta.

«Davvero?!» esclamò, e io annuii.

Batté entrambe le mani, facendomi sobbalzare dallo spavento.

«Grazie, grazie, grazie! Se così fosse, ti invito a casa mia per la cena della Vigilia!» esclamò ancora, quasi urlando.

Scoppiai nuovamente a ridere per il suo troppo entusiasmo.

«Ma se non conosco nemmeno il tuo nome!» dissi tra le risate, scuotendo il capo.

Immediatamente, trovai la sua mano tesa versi di me, con un sorriso tranquillo sul volto e gli occhi azzurri che gli brillavano.

«Louis» si limitò a dire, continuando a guardarmi.

Lo fissai scettica per un po', sorpresa per quel suo gesto tanto immediato, ma lui continuò a sorridermi tranquillo.

Sospirai, passando lo sguardo dal suo viso alla sua mano e viceversa.

Poi gli sorrisi, e gli tesi la mia.

«Lacey.»


 

«Lacey ha rimorchiato, Lacey ha rimorchiato!»

Suz continuava a cantilenare quella canzoncina snervante da quando Louis era andato via e, nonostante le mie continue minacce di sbatterle la

testa contro il muro, lei continuava a cantare.

«Suz, smettila» ringhiai, mentre abbassavo la saracinesca del negozio.

Lei rise, per poi appoggiarsi con la schiena al muro.

«Dai Lacey, prendila alla leggera! - esclamò – hai rimorchiato un bel pezzo di manzo!»

Sbuffai, mentre mi abbassavo per chiudere a chiave il catenaccio.

Continuava a ripetere le stesse, identiche cose che aveva ripetuto per tutto il pomeriggio, e che continuavano ad infastidirmi.

«Io non ho rimorchiato proprio nessuno – dissi, mentre facevo l'ultima girata di chiave – ho solo dato una mano ad un cliente.»

«Ma davvero?!» esclamò ancora Suz, per poi prendermi per il cappotto facendomi alzare, rivolgendomi uno sguardo scettico.

«”Va bene Lacey, grazie per avermi lasciato il tuo numero, ti farò sapere se alle mie sorelle sono piaciuti i regali!”» disse, imitando - in malo

modo, tra l'altro - il tono di voce di Louis.

Ridacchiai per quella pessima imitazione, scuotendo il capo.

«Ecco, l'hai detto stesso tu... - dissi, alzando le spalle – mi chiamerà per farmi sapere se alle sorelle sono piaciuti i regali!»

Il volto di Suz si contrasse all'improvviso, mentre la sua mano mi dava uno schiaffo sonoro sulla spalla.

«Ahi, Suz! - esclamai, massaggiandomi il braccio – sei uscita scema?!»

«No, tu lo sei, Lacey Styles! - urlò, con la fronte contratta dalla rabbia – Natale è tra diciassette giorni! Diciassette! Secondo te, quello aspetta

diciassette giorni prima di chiamarti?!»

Aveva gli occhi sbarrati da dietro i suoi occhiali da vista, e mi guardava come se avesse voluto uccidermi da un momento all'altro.

«Scusa...» sussurrai, stringendomi nel mio cappotto, come se avessi voluto ripararmi dalla sua ira funesta.

Sul volto di Suz si dipinse un'espressione soddisfatta.

«Ecco, brava. Adesso vado, Noah mi aspetta. Lo vuoi un passaggio?»

Scossi il capo, infilando le mani nelle tasche del cappotto.

«No, vado con la metro, ci metto dieci minuti, tranquilla. Tu divertiti e salutami Noah. Ci sentiamo domani!»

Cominciai a camminare diretta alla metro, non troppo distante, pensando a tutto quello che era capitato quel giorno.

O meglio, pensando a Louis.

Non riuscivo a smettere di pensare ai suoi occhi azzurri da quando era uscito dal negozio, al suo modo di fare e di parlare così buffo e mai banale.

Anche se era stato per poco, era stato piacevole parlare con lui.

Entrai in metro, quasi vuota, e mi sedetti su uno dei sediolini liberi.

Louis era così simpatico, che era stato impossibile rifiutare di dargli il numero.

Era un tipo alla mano, con la battuta sempre pronta e sempre giusta per l'occasione.

O almeno, così sembrava.

Se mi avesse chiamata – come sosteneva Suz – forse non gli avrei rifiutato nemmeno un appuntamento.

Era carino e gentile, e avrei voluto scoprire altri suoi pregi.

Scesi alla solita fermata, per poi cominciare a camminare verso casa mia lentamente, godendomi ogni cosa che mi capitasse sotto gli occhi.

Quante persone come me, quel giorno, avevano finalmente incontrato qualcuno che gli piacesse sul serio?

Quante avevano pensato che il colpo di fulmine, forse, non era tutta una stupidaggine?

Una di quelle tante o poche persone, ero sicuramente io.

Forse era davvero una stupidaggine, o forse no, ma chi ero io per dirlo sul serio?

Infilai le chiavi nella toppa del portoncino una volta arrivata li fuori, canticchiando una canzone dal motivetto inventato all'improvviso, per poi

entrare nel palazzo e salire le scale ballando, cercando di non cadere.

Girai due volte la chiave ed aprii la porta di casa mia, avvolta in un totale silenzio. Accesi le luci del salotto e buttai il cappotto sul divano, seguito

poi da cappello e guanti.

Entrai in cucina per prepararmi la cena – che sarebbe stata interrotta da mia madre, come al solito – ma sentii un rumore provenire dalla camera

da letto.

Alzai lo sguardo dai pomodori, smettendo di tagliarli e di canticchiare per un secondo, per poi riprendere entrambe le cose.

Continuai il mio lavoro tranquillamente, fino a quando lo stesso rumore provenne nuovamente dalla mia camera.

Posai il coltello sul bancone con le mani che tremavano, mentre il rumore cominciava ad essere sempre più forte.

Decisi di andare a vedere cosa stesse succedendo.

Avevo paura, ma non potevo scappare via come una vigliacca.

Presi una padella li vicino, avviandomi lentamente in punta di piedi verso la camera da letto. Almeno, avrei avuto qualcosa con cui colpire

l'aggressore, il ladro o chiunque essere umano fosse entrato.

Attraversai il corridoio con il cuore che batteva all'impazzata e con la paura che, pian piano, saliva sempre di più.

Arrivai fuori la camera da letto. Feci un enorme sospiro, come se volessi prendere più coraggio possibile, chiudendo gli occhi. Il rumore, era

sempre più chiaro e forte.

Ora o mai più, Lacey, coraggio” pensai.

Feci un balzo all'interno della stanza, con la pentola in aria e un urlo disumano per spaventare l'aggressore.

«AAAAAAAAAAAAAH!» urlai, ma non fui l'unica.

Anche la persona di fronte ai miei occhi urlò.

Ma da lì, non vidi più nulla.

Solo nero.



 

Writer's Corner! :)

No, non sono morta.
Sono solo sommersa di compiti e interrogazioni che mi impediscono di scrivere e pubblicare.
SCUSAAAAAAAAAAAATEEE! 
Lo so che è più di una settimana che non aggiorno, ma davvero, non è colpa mia!
Io vorrei tantissimo, e cerco sempre di buttare giù qualcosa, ma non riesco a fare granché! :S
Non è un bellissimo periodo, sinceramente D:

Anyway, il capitolo fa cagare.
Non lo so, non mi piace, tranne per la parte finale u.u
eheheheh, siete curiose, vero? :)
boh, mi piace solo quella parte, per il resto no
mi sembra stupido, e banale D:
ma a me sembra sempre stupido tutto quello che scrivo (causa: autostima sotto zero)

mi scuso anche per non aver risposto alle recensioni, ma davvero, non ho tempo! D:
cercherò di rispondere stasera, perché adesso devo dare il computer a mia sorella!
anyway, le ho lette tutte, ed ero tipo ASDFGHJKJHGFD *-*
siete meravigliose, davvero :')

grazie mille per aver aspettato tutto questo tempo!
siete delle anime pie e buone!

adesso vado, prima che mia sorella mi ammazzi! D:
giuro che cercherò di aggiornare il prima possibile, e mi scuso per lo schifo di capitolo!

ccccciao belle! 

<3

 

  
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