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Autore: Mistful    25/04/2007    10 recensioni
Ecco a voi la traduzione della fanfic che ha vinto l'Oscar come migliore fanfic del 2005! Con la partecipazione di un Harry estremamente depresso, in un mondo di maghi lacerato dalla guerra, sul punto di essere colpito dallo shock più grande della sua vita nel momento in cui scopre che Draco Malfoy è leggermente più importante per lui di quanto avesse mai immaginato. Include un’amicizia molto strana, molta angst, sospetti, lealtà conflittuali, un Ron poco sveglio, una Hermione sul piede di guerra e due ragazzi alquanto incasinati.
Genere: Drammatico, Thriller, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Draco/Harry
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Underwater Light

Underwater Light
By Maya

 

Tradotta da Luciana
Beta: Vale

Sommario: Oscuri Portenti, Rivelazioni, Gesta Vigliacche!
Eroi che stringono donzelle urlanti tra braccia virili!
Da oggi con 1000 Elefanti!

 

 

Capitolo Tredici

Come eravamo

Once upon a time

When we were friends

I gave you my heart

The story ends

[Una volta / Quando eravamo amici / Ti donai il mio cuore / Fine della storia]

 

Harry era steso nel letto quella notte, sul punto di addormentarsi.

Non riusciva a smettere di pensare a ciò che era successo. Erano ore che non pensava ad altro, e le cose non sarebbero certo cambiate lì, nell'oscurità soporifera, con il respiro lento di Ron nel letto accanto e gli occhi serrati, come se potesse cadere nell'oblio con la forza di volontà.

Perché l'ho fatto?

Perché mai aveva voluto farlo... cosa gli era venuto in mente... Non aveva alcuna risposta.

Era... a lui piacevano le ragazze. Perciò a cosa diavolo stava giocando? Ci aveva mai pensato prima...?

Pensato a come sarebbe stato, quel giorno, se la bocca morbida di Draco si fosse schiusa sotto la sua. Se gli fosse stato concesso di toccare quel corpo, di far scorrere le mani lungo il petto di Draco, fino al collo, con i capelli di Draco così soffici tra le sue dita, e se Draco l'avesse toccato anche lui...

Il corpo di Draco contro il suo. Il suo sapore e il pensiero di quelle labbra che premevano sulle sue con concentrata ferocia, la testa inclinata all'indietro mentre Harry lo baciava, la pelle liscia e dolce sotto le sue mani e la sua bocca... la voce di Draco che si faceva scura e bassa, come quando le sue emozioni erano intense.

"Harry! Harry!"

Harry si svegliò con un sussulto e vide il viso ansioso di Ron.

"Stavi facendo dei versi," spiegò Ron. "Era... un sogno su Tu-Sai-Chi?"

Harry trasalì. "Ehm, no... E' tutto a posto."

Ron annuì comprensivo e tornò a letto.

Harry rimase sdraiato al buio a cercare di riprendere il controllo sul proprio respiro.

Era tutto sudato e agitato. Male.

Dunque... cercare di trovare spiegazioni logiche non stava funzionando. Calde gocce di sudore gli scivolavano sul viso facendogli attaccare il pigiama alla pelle sudaticcia. La disperazione stava rendendo le cose di una semplicità disarmante.

Lo voglio.

Lo voleva da star male. Perché non se n'era accorto prima...? Aveva sentito...

Chiuse gli occhi e cercò di scacciare via i pensieri, ma le immagini continuavano ad infestargli la mente, minuscole particelle di colore vivido che colpivano l'oscurità. Aveva la gola secca.

La sensazione di Draco su di lui al Club dei Duellanti. Il modo in cui curvava le labbra quando sorrideva. La scintilla nei suoi occhi grigi, simile all'esplosione del sole su un mare scosso dalla tempesta. Il suono un po' malizioso e un po' infantile della sua risata. La morbidezza di piuma dei suoi capelli sotto la mano di Harry.

Si accorse che i suoi denti erano serrati e il suo corpo teso in uno spasmo di desiderio. Cercò in ritardo di calmarsi.

Sono incredibilmente stupido.

Avrebbe dovuto accorgersene... e non avrebbe mai dovuto fare ciò che aveva fatto.

In quel momento il ricordo del viso di Draco lo colpì come un pugno nello stomaco. Quell'espressione sofferente e sciupata, il modo in cui i suoi occhi si erano assottigliati e i suoi lineamenti si erano come affilati per lo sforzo di trattenersi. Harry la conosceva bene, e non aveva mai voluto... oh, come aveva potuto fargli assumere quell'espressione?

La torsione amara delle sue labbra, quell'ultimo distinto sguardo... tradito.

Non ho mai voluto ferirlo! Pensò Harry con un'improvvisa fitta di angoscia. Non ho mai, mai voluto farlo. Non a Draco.

Ha sofferto abbastanza. Lo so. Nessuno lo sa quanto me.

E fu quel dolore, piuttosto che la felicità sconfinata di prima o l'improvvisa scossa di desiderio, che fece capire esattamente a Harry quanto quella solitaria creatura acerba era diventata importante per lui.

Draco.

Come avrebbe fatto a sistemare le cose? Come avrebbe mai potuto farsi perdonare da Draco? Come avrebbe fatto anche solo ad affrontarlo, dopo ciò che era successo?

Proprio non poteva sopportare l'idea di perderlo. Draco era... aveva bisogno di lui!

Spinse la testa contro il cuscino.

Le cose sarebbero state molto più semplici se non ci fosse stato il Torneo Tremaghi. Prima le cose erano chiare.

Non poteva sopportare che le cose tornassero come prima.

Allora era questo il motivo di tutto, aveva detto Draco. Pensava che la loro amicizia fosse solo una specie di impulso ormonale. Draco pensava...

Probabilmente era disgustato e inorridito, e pensava...

Draco pensava che a Harry non importasse di lui.

E come avrebbe potuto giustificarsi? Non poteva dire di non desiderarlo, ma così Draco avrebbe comunque pensato...

Non riuscì a dormire quella notte.

Disse "Draco," molte volte sottovoce, così come aveva detto "Voldemort" quando era più piccolo. Sfidava l'oggetto dei suoi pensieri ad apparire, evocato dalla sua chiamata. Allora aveva quasi voluto convocare Voldemort, per cercare di combatterlo, di sconfiggere la paura.

Pronuncia il nome del demone e perderà il suo potere.

Harry avrebbe voluto convocare Draco... per migliaia di cose. Il desiderio di vendetta, ad esempio, l'urgenza di chiedergli, come puoi pensare che voglia usarti, come osi farmi sentire così e poi correre via. Voleva anche averlo semplicemente lì con lui, silenzioso e a suo agio, solo per poterlo guardare e ricevere un sorriso di tanto in tanto.

E voleva baciarlo di nuovo.

Si morse le labbra e chiuse gli occhi.

*

Non poté rispondere a Ron il giorno dopo. A malapena vide Hermione nella sala comune. Era come se non potessero essere lì, come se lui agisse su un altro livello, come se stesse guardando le loro forme appena percepibili da sott'acqua.

Solo un pensiero lo spronava quel giorno, e gli causava ansia.

E quando arrivò nella Sala Grande solo un volto era reale, solo uno riuscì a vedere davvero chiaramente.

Draco era al suo livello. Draco era tutto ciò che vedeva.

Era seduto al tavolo dei Serpeverde a giocare pigramente con un toast. Harry distinse solo la curva spigolosa del mento e le due ciocche di capelli biondi adagiate sul collo.

Per un attimo restò immobile. Non aveva mai notato quanto potesse essere reale la metafora della farfalla infilzata. Restò trafitto da una singola sensazione di dolore, rimorso, preoccupazione, affetto e desiderio, tutte riunite in una punta sottile. Sentimenti confusi e strazianti gli ribollivano dentro e la gola gli bruciava, come se qualcosa stesse cercando di artigliarlo da lì.

Appena poté muoversi e respirare, Harry agì. Non poteva farne a meno.

Si avvicinò al tavolo dei Serpeverde, così disperato che non gli importava fare scenate davanti a tutti, e disse,

"Ho bisogno di parlarti."

Draco alzò gli occhi.

Il suo sguardo sconvolse Harry. Era uno sguardo intenzionalmente esplosivo, come un affondo di spada, ed era completamente privo di qualsiasi emozione che non fosse ira.

"Allora continuerai ad averne, Potter."

Il suo tono era furiosamente freddo.

"Draco..." disse Harry, terrorizzato dalla profondità della passione che udì nella propria voce.

Il piatto e la tazza di Draco sbatterono sulla tavola quando si alzò in piedi, il viso reso nitido dal veleno.

"Il mio nome è Malfoy," sibilò.

Harry odiò la deliberata assenza di calore negli occhi di Draco, e trovò assolutamente impossibile distogliere lo sguardo.

"Draco," si avventò su di lui, quasi per sfida.

"Chiudi la bocca."

Era una cosa gelida da dire, tipica di un Malfoy. E i pugni di Draco erano stretti sul tavolo, come se morisse dalla voglia di uccidere qualcuno.

"Draco, vuoi starmi a sentire..."

Draco esplose.

Saltò sul tavolo e afferrò i vestiti di Harry così da spingerlo all'indietro contro una sedia.

Harry inciampò per l'impatto doloroso, ma si rifiutò di cadere.

La bocca di Draco si curvò per il fastidio e la frustrazione. Rimase lì a guardarlo con rabbia e puro odio, proprio come se volesse strangolare Harry a mani nude,

Qualcosa doveva aver brillato negli occhi di Harry, perché quelli di Draco si ridussero a fessure d'acciaio.

"No," disse, ogni parola un'arma scelta con cura. "Non ti ascolterò. Non voglio vederti né parlarti mai più. Questa parodia di un'amicizia è finita, Potter, quindi striscia fino ai tuoi odiosi amichetti e lasciami in pace, cazzo."

Stava ancora stringendo i vestiti di Harry. Harry afferrò i suoi.

La fiamma di oltraggio negli occhi di Draco gli ricordò prepotentemente del giorno prima, gli fece pensare con terribile chiarezza al sapore della sua bocca. Harry scacciò via quel ricordo con uno scatto d'ira.

"Smettila di fare lo stronzo testardo e ascoltami!" gridò.

Draco lo spinse e Harry spinse lui. All'improvviso stavano lottando, senza colpirsi, bensì stretti in un fiero corpo a corpo fatto di spintoni e strattoni.

"Lasciami stare!" ringhiò Draco, attaccandolo selvaggiamente.

"Ascoltami, cazzo!" Harry era senza fiato per lo sforzo.

Il braccio di Draco lo colpì violentemente, tagliando la sua riserva di ossigeno.

"Non voglio!" gridò.

Harry gli abbassò il braccio.

"Non me ne frega niente! Perché non rinuncio finché non lo fai tu, non me ne vado, non ti lascio ritirarti! Perché sei mio amico!"

"Non sono tuo amico," ruggì Draco. Con un improvviso afflusso di forza, gettò Harry all'indietro.

Harry afferrò il polso di Draco cadendo, e si mantenne a lui.

Ciascuno dei due vide l'altro trasalire per la forza del colpo, per la torsione sgradevole del polso.

Si ritrovarono alla distanza di un braccio, e lentamente si resero conto di ciò che avevano intorno. Tutta Hogwarts li stava fissando a bocca aperta.

Non sembrava che gli importasse.

Il viso di Draco si rilassò gradualmente, e quando guardò Harry sembrò immobile e inesorabile come un paesaggio ghiacciato.

"Non sono tuo amico," spiegò, "perché detesto anche solo guardarti."

Harry restò affranto.

Era stato uno stupido a concedere fiducia e affetto ad una persona come Draco Malfoy. Se ne accorse in quel momento, intorpidito, nonostante sapesse che lo sbaglio era ormai irreparabile. Draco aveva un orribile talento per la crudeltà.

In quell'istante, guardando il lento crollo dell'espressione di Harry, l'angolo della bocca di Draco si curvò per la soddisfazione.

"E adesso sparisci," ordinò, e si voltò.

Harry lo vide lasciare la Sala Grande, poi registrò il viso beffardo di Blaise Zabini.

"Hai sentito cosa ha detto," disse. "Vattene dal nostro tavolo, Potter. Non sei il benvenuto qui."

Restò accanto a Harry e abbassò la voce.

"Non sei mai stato il benvenuto qui. Ora è tornato in sé, e se ti avvicini di nuovo a lui... te ne pentirai."

Zabini indietreggiò, affiancato da Tiger e Goyle che portavano in viso una promessa di minaccia.

Harry li fissò inebetito.

E' tornato in sé.

*

Harry corse su per le scale della sala comune Grifondoro, così veloce che tutto intorno a lui sembrava sfocato. Non voleva parlare con nessuno, non poteva spiegare e non poteva analizzare i propri sentimenti, riusciva a malapena a sentire attraverso il dolore...

Sbatté contro Ginny così forte che a entrambi mancò il respiro.

"Harry!" disse lei con la sua voce dolce e comprensiva. "Ho appena saputo della lite. Stai... bene?"

Harry indietreggiò, improvvisamente allarmato, cercando di non avvicinarsi a lei nel buio delle scale, cercando di non scorgere i suoi occhi grandi e speranzosi nell'oscurità, perché era così simile a... Era proprio come...

Il sesto anno, quando sia Snape che Sirius avevano tentato di togliere cinquecento punti alla casa preferita dell'altro, e si erano ritrovati tutti accalcati davanti all'ufficio di Silente per denunciarsi a vicenda.

"Sai, Snape," era scattato Sirius, "saresti una persona meno arrogante, se non fossi nato ripugnante e senza alcuna speranza di portarti a letto qualcuno."

Ogni Serpeverde fuori all'ufficio di Silente aveva inspirato scioccato. I Grifondoro e i Serpeverde presenti si erano scambiati sguardi truci.

Harry, rimasto fedelmente alla destra di Sirius, aveva rivolto una feroce occhiata d'odio a Malfoy, che aveva le braccia conserte e si trovava alla sinistra di Snape. Malfoy aveva curvato il labbro sdegnosamente.

"A me invece non viene in mente niente che potrebbe renderti meno arrogante," aveva replicato Snape. "Sei stato insopportabile dal primo momento che ti ho visto... tu e i tuoi preziosi amichetti, il traditore, il licantropo e quel completo ipocrita..."

Sirius si era buttato su Snape, gli occhi neri che lampeggiavano, ed erano caduti in un turbine di mantelli e pugni.

Malfoy si era girato, chiaramente intenzionato a prestare un po' di disonorevole soccorso al suo insegnante preferito. Harry, punto dall'insulto a suo padre e dall'offesa degli ultimi punti sottratti da Snape, non aveva alcuna intenzione di stare a guardare.

Aveva afferrato il braccio di Malfoy.

Malfoy se l'era scrollato di dosso, gli occhi gelidi accesi di rabbia, e l'aveva sbattuto contro di lui.

"Non ti permettere di toccarmi, Potter," aveva ordinato, sebbene il suo pugno fosse ormai connesso alla mandibola di Harry e gli avesse fatto inclinare il capo.

Harry non ci aveva pensato un attimo prima di lanciarsi su Malfoy e mandarlo al tappeto. Non era accorto nemmeno che entrambe le case lo avevano preso per un segnale di guerra immediata, non aveva sentito il boato di confusione che era esploso, soffocato dallo scorrere del proprio sangue e dai ansiti tormentati di Malfoy.

Aveva udito molto bene la voce glaciale di Malfoy.

"Ovviamente voialtri pensate che azzuffarsi come cani impazziti risolva tutto. Che gusto ci prova il tuo padrino carcerato ad attaccare il capo della nostra casa?"

Quindi aveva sollevato il gomito per colpire Harry sotto le costole.

Harry si era lasciato sfuggire un sospiro stupito, e Malfoy aveva approfittato dell'occasione per togliersi Harry di dosso e scaraventarlo a terra.

"Che gusto ci prova Snape ad insultare mio padre?" aveva detto Harry.

Malfoy era rotolato su di lui con calma e gli aveva procurato un naso insanguinato.

"Non l'ho sentito insultare nessuno," aveva detto sogghignando. "L'ho solo sentito dire la verità."

"Come ti sentiresti se qualcuno parlasse così della tua famiglia?" aveva domandato Harry. "Oh, aspetta, dimenticavo che non hai sentimenti. Per nessuno che non sia te stesso, almeno."

Aveva stretto i vestiti di Malfoy in un pugno, mantenendolo fermo su di lui mentre gli dava un pugno nello stomaco.

"E tu non hai una famiglia," aveva detto Malfoy a denti stretti.

E solo la pura rabbia per tutto lo schifo sputato da Malfoy aveva fatto sollevare Harry dal pavimento, riuscendo quasi a mettersi in piedi per poi ricadere sulla massa ribollente di corpi sopra Malfoy.

"Un'altra cosa che ho dimenticato," aveva ringhiato Harry, "è che in effetti tutti parlano male della tua famiglia."

Gli occhi di Malfoy si erano assottigliati mentre cercava di togliersi di dosso Harry. "Sei un bastardo, Potter."

Aveva colpito Malfoy sulla bocca.

"Ci vuole un bastardo per riconoscerne un altro, Malfoy."

Aveva guardato con fiera soddisfazione il sangue fluire su quelle labbra contorte, quel viso odioso e arrogante diventare rosso per la frustrazione mentre Malfoy lottava per liberarsi di Harry. Lui aveva dato pugni e l'aveva bloccato a terra mentre lottava e si dimenava, piegandosi mentre Malfoy attaccava e cominciava a perdere fiato e...

Silente era uscito dal suo ufficio, e la massa rumorosa era rimasta paralizzata.

"Studenti!" aveva urlato. "Che significa tutto questo? Dove sono i professo..."

La voce gli era calata quando Sirius e Snape avevano alzato le teste, e due furiose coppie di occhi neri avevano incrociato i suoi.

Harry aveva lanciato un'ultima occhiata truce a Malfoy, che era affannato e sanguinava violentemente, ma che ciononostante aveva ricambiato lo sguardo con intensità. Poi si era tolto da sopra di lui. Malfoy si era alzato con un unico movimento agile, ed entrambi erano indietreggiati fino alle rispettive posizioni, con gli occhi ancora incollati.

Silente aveva congedato gli studenti per occuparsi di Snape e Sirius, e Harry aveva salito le scale dalla sala comune, in fretta, desideroso di farsi una doccia.

Evidentemente era distratto, perché aveva quasi fatto cadere Ginny Weasley. Lei gli aveva sorriso, nonostante tutto.

"Harry! Ho appena saputo della rissa. Stai... bene?"

Harry si era accorto di avere ancora il fiatone. Aveva bisogno di una doccia subito, ma lei era lì speranzosa e lui doveva risponderle ed era arrabbiato e frustrato e... moriva dalla voglia di fare qualcosa...

Aveva ripensato al viso pallido e odioso di Malfoy sotto di sé.

Vorrei avergli dato un altro bel pugno, aveva pensato.

E aveva detto, "Tutto bene," aveva afferrato gentilmente i capelli di Ginny e l'aveva baciata con una sorta di desiderio lacerante di fare qualcosa e sentire qualcosa...

Il bacio esitante di Ginny non era stato ciò che cercava, non era stato abbastanza, e lui si era sentito vuoto, e tutto gli era parso deprimente, come sempre, e si era tirato via appena possibile.

L'aveva guardata con una specie di muto orrore, e lei era arrossita.

Stavolta la guardò con un tipo diverso di orrore, ma lei arrossì nello stesso identico modo.

"Persino allora," sussurrò. "Oh... cazzo, persino allora, oh... scusami, Ginny. Io... mi dispiace tanto."

Corse su per le scale, e lei restò lì tremante e deliziata nella sua scia, ad accarezzare il ricordo dell'inconfondibile desiderio che velava gli occhi di Harry.

*

Ora ne era certo, assolutamente e disperatamente certo...

Era strano... volere di nuovo qualcosa. Si era quasi abituato al dolore sordo del non tenere molto alle cose.

E adesso, all'improvviso, voleva qualcosa con tanto ardore.

Era terribile.

Ogni mattina era come una scossa. Si svegliava tranquillo, chiedendosi cosa avrebbero fatto lui e Draco quel giorno, ed ecco che qualcosa gli faceva ricordare, e quel nuovo terribile desiderio lo colpiva di nuovo.

A volte era così bizzarro che Harry credeva di sognare. Di certo non poteva... non se ne sarebbe accorto prima...?

Bastava un'occhiata a Draco per chiarire ogni dubbio.

Altre volte la sensazione gli sembrava puramente fisica, e l'angoscia e il desiderio gli serpeggiavano nello stomaco, troppo reali per essere solo emozioni.

Ogni volta che cercava di convincersi che non poteva essere... così, gli succedeva qualcosa, ad esempio...

Harry conosceva la bocca di Draco meglio di qualsiasi altra bocca sul pianeta.

Aveva passato quasi sette anni a guardarla, e conosceva ogni espressione che potesse creare. Aveva pensato ad ogni smorfia maligna, ogni sorrisino, ogni cipiglio con varie emozioni e lo stesso grado di intensità.

L'aveva osservata in classe e mentre giocava a Quidditch, si era concentrato su quella bocca come se la sola attenzione furiosa avrebbe potuto costringere il ragazzo a tacere.

Certe volte aveva guardato quella bocca con puro odio, quando sputava cose veramente schifose, e aveva immaginato di colpirla con un pugno.

Più di recente aveva cercato di decifrare emozioni da quella bocca. Si assottigliava un po' quando Draco era turbato.

Non aveva mai sognato, in tutto quello studiare, odiare e analizzare, che sarebbe diventata un'ossessione.

Ma forse era inevitabile.

Ora ogni volta che gli passava accanto nei corridoi, un angolo della sua bocca si curvava per il disgusto involontario, e faceva male.

E quando Harry era seduto in classe o camminava per la scuola o fissava il soffitto del suo dormitorio nell'ennesima notte insonne...

Quella bocca era di nuovo davanti a lui, così flessibile, ed esprimeva solo le emozioni che Draco voleva esprimere. Tutto il suo viso era allenato, anche la curva della sua bocca.

Harry pensò a quelle labbra, si rigirò più e più volte ripensando alla loro consistenza.

Sognò di premere il pollice sul labbro inferiore, di sentirlo cedere, di poterlo fare. Sognò di sentire quella bocca aprirsi per ricambiare il bacio.

La notte prima della successiva riunione del Giovane Ordine della Fenice, durante la quale intendeva trovare un modo per parlare con Draco, fece un sogno.

Sognò di essere seduto in riva al lago, e che il cielo era grigio e freddo, ma che nonostante tutto stava bene perché era protetto dalle pareti trasparenti del labirinto.

Draco camminava verso di lui, sicuro e silenzioso, con indosso i vestiti di Snape. Erano un po' lunghi e troppo larghi, il colletto scivolava sulla sinistra. Harry fissò la soffice pelle bianca del collo e della gola esposti.

"Perché indossi quei vestiti?" chiese, dato che sembravano un po' strani.

Draco spinse Harry contro il muro vicino alla statua, e Harry chiuse gli occhi e girò il viso tra i capelli di Draco.

La voce di Draco risuonò bassa e sicura nel suo orecchio.

"Non lo sai?" disse, e Harry si limitò a voltarsi alla cieca verso il calore del fiato di Draco.

Sbatté le palpebre e vide il volto di un grifone, poi di una chimera, poi di un basilisco.

"Non lo sai?" chiese quello.

Hermione era inginocchiata su un sofà a frugare tra un mucchio di libri. Harry li guardò confuso: c'era anche Uomini Che Amano Troppo I Draghi, ma lei scelse un volume enorme.

"Non lo sai?" indagò, togliendosi gli occhiali.

Draco si chinò sul suo petto, e tutto tornò a posto, erano sulla barca e non era cambiato niente, e Draco stava dicendo, "Mi piacciono i gatti," ma Harry sentiva solo "Non lo sai?"

Harry si svegliò di soprassalto.

Sapeva cosa voleva.

*

Hermione pensava che il mondo sarebbe tornato alla normalità, adesso.

Malfoy e Harry avevano avuto la loro enorme litigata in pubblico, e tutta la loro malaugurata amicizia era crollata in modo catastrofico e irrevocabile. Per quanto riguardava la piccola... cosa di Harry, beh, i ragazzi della sua età avevano spesso strani impulsi ormonali, e Harry era troppo sensibile per lasciare che la cosa lo influenzasse troppo.

Vederlo infelice le spezzava il cuore, ma lei e Ron cercavano di tenerlo su di morale. Harry aveva persino sorriso, quando Ron l'aveva battuto a scacchi.

Tutto il resto era così difficile. Disse a se stessa che almeno quello sarebbe filato liscio.

Fu durante la prima riunione del Giovane Consiglio dopo la lite che si accorse di quanto si sbagliava.

Non ci fu alcuna scenata. Non ci fu neanche una minima traccia di scortesia, la minima traccia di qualunque cosa, e quella, quando si trattava del rapporto di Draco Malfoy con Harry Potter, era una cosa strana e quasi... spaventosa.

Vide Harry sussultare quando Malfoy guardò verso di lui, ma lo sguardo di Malfoy era impassibile e si limitò a sorvolare la stanza, controllando che fossero tutti presenti. Quella mancanza di reazione la sconvolse, le sembrò sbagliata fino all'osso.

Lui se ne stava lì seduto pigramente a rigirarsi la piuma tra le dita, e Harry teneva gli occhi fissi su di lui, e Hermione non aveva mai visto niente del genere prima...

Ripensandoci, forse sì.

Quando Draco Malfoy si era unito al Giovane Ordine il quinto anno, si era comportato in maniera perfettamente civile durante tutta la prima riunione. Ron aveva annunciato che si trattava di un complotto dei Serpeverde, ma d'altronde Ron pensava anche che fossero i Serpeverde a far piovere quando i Grifondoro avevano gli allenamenti di Quidditch.

Harry era stato decisamente d'accordo.

Quando Malfoy aveva iniziato a passargli davanti nei corridoi senza insultarlo, Harry si contorceva per il fastidio.

Il terzo giorno a Harry si era incastrato un dito nella bocca del gargoyle sul rubinetto, nell'aula di Pozioni. Malfoy si era morso il labbro, chiaramente morendo dalla voglia di sparare diverse decine di insulti e scoppiare a ridere, ma poi gli aveva passato un asciugamano.

Harry l'aveva sbattuto sulla porta mentre lasciavano l'aula, e quella era stata la prima volta che Hermione lo aveva visto toccare volontariamente Malfoy.

"Che cos'hai in mente, Malfoy?" gli aveva chiesto. "Cosa stai progettando?"

"Levati," aveva risposto Malfoy. "Cos'è, un altro dei tuoi episodi di psicosi, Potter? Ti fa di nuovo male la cicatri..." Si era fermato e aveva preso fiato. "Voglio dire," aveva detto a denti stretti, "Perché ti comporti così? Dobbiamo lavorare tutti insieme."

"Lo scoprirò, sappilo," aveva detto Harry, spingendolo di nuovo.

"Certo," gli aveva detto Malfoy, spingendolo via e andandosene.

Harry era rimasto a guardarlo col volto concentrato.

"Non la passerai liscia stavolta," aveva detto. "Qualunque cosa tu abbia in mente."

Hermione aveva pensato che passava troppo tempo con Ron.

Durante la successiva riunione del Giovane Ordine, Lupin aveva chiesto a tutti di stringersi le mani da un lato all'altro del tavolo, a significare l'impegno di cessare le ostilità verso quell'afflusso di Serpeverde. Malfoy aveva guardato male Hermione, che sedeva di fronte a lui, e aveva detto acido,

"Non vedo perché dovrei toccare una Mezzos..."

D'un tratto aveva chiuso la bocca, lasciando tutti stupiti, si era sporto e aveva stretto la mano di Hermione. Era tornato a sedere in fretta, e aveva cominciato a scrivere sulla pergamena distesa davanti a lui. Aveva alzato lo sguardo parecchie volte, ogni volta che qualcuno diceva qualcosa di stupido, e Hermione aveva notato la voglia palpabile di sfottere stampata sul suo viso, nonché che aveva stretto ancora più forte la piuma per scrivere.

Alla fine della riunione Hermione si era alzata e aveva guardato la pergamena un attimo prima che potesse arrotolarla.

Draco Malfoy ci aveva scritto sopra tante volte ‘Datti una calmata.'

Harry, vibrante di rabbia, si era frapposto tra Malfoy e la porta.

"Dimmi, che stai cercando di fare?" era esploso.

Le dita di Malfoy si erano fatte bianche contro la sua borsa. "Sto cercando di oltrepassare la porta," aveva detto a Harry, cercando chiaramente di mantenere la voce calma. "Pensi di potermi aiutare?"

"Oh, datti una calmata, Malfoy," era scattato Harry.

E il viso di Malfoy era lentamente tornato alla solita malizia.

"Perché mai dovrei farlo, Potter?" aveva indagato pigramente. "Secondo me così sono meraviglioso."

Il viso di Harry era lentamente tornato alla solita espressione di disgusto causata da Malfoy.

"Solo tu e la tua ragazza siete così scemi da crederci."

"Almeno," aveva osservato Malfoy in tono acido, "io ho una ragazza."

Pansy Parkinson era apparsa accanto a lui con uno sguardo torvo. Hermione aveva notato un po' divertita che era appena più alta di Malfoy. Certo, Hermione era più alta sia di Harry che di Malfoy.

"Oh, congratulazioni," aveva detto Harry.

Malfoy e Harry avevano continuato a sibilare l'uno contro l'altro, come due piccoli ma feroci gatti arrabbiati.

Harry gli aveva afferrato un gomito.

"Lo sapevo che non eri cambiato!"

Malfoy aveva alzato un sopracciglio. "Perché cercare di superare la perfezione? Hai ragione. Penso ancora nello stesso esatto modo di sempre. Non sarò mai uno degli schiavetti di Silente," aveva detto. "Per cui fai un bel respiro virtuoso di sollievo e smamma, Potter. Perché non vai a firmare autografi per quegli svenevoli dei Canon, e non provi a evitare di toccarmi? Sono certo che la tua scorta di Weasley ti ha attaccato i pidocchi."

Aveva spinto via Harry con sicurezza ed era uscito con Pansy alle spalle.

Calì era arrivata dietro Harry e Hermione.

"Gli conviene pregare di potersi sempre pavoneggiare in quel modo," aveva osservato. "Se fa..."

"Oh, sta' zitta e smettila di dire scemenze, Calì," aveva detto Harry, il viso contorto per la repulsione.

Dopo quell'episodio Malfoy, seppur sforzandosi di non mandare all'aria le riunioni, non si era più trattenuto fino al punto in cui la testa gli sarebbe esplosa se non avesse provocato qualcuno.

Era successo, ma allora Malfoy era decisamente meno abile nell'ignorare la gente.

E così Harry si era innervosito, anche ingiustificatamente, e successivamente aveva strattonato per bene Malfoy ... ma non era mai esploso.

E adesso Malfoy non si stava certo comportando meglio, ma era molto più scortese di quanto non fosse da molto tempo. Si comportava come se notasse a malapena Harry, e per qualche strano motivo Hermione considerava questa cosa molto più inquietante.

Era chiaro che Harry, stavolta, soffriva.

Hermione lo guardò preoccupata durante la riunione del Giovane Ordine.

Quando Hannah Abbott arrivò in ritardo Malfoy strascicò, "Per favore, Abbott, non scusarti. Queste riunioni non riguardano mica questioni importanti... anche se ovviamente a tutti è mancato il tuo contributo insostituibile di squittii su ogni dato allarmante."

Solo l'ansia aveva impedito a Hermione di lanciare un'occhiataccia a Malfoy. Harry aveva l'aria di non aver dormito affatto") non avesse dormito affatto. Dio, cosa mai gli faceva credere che ne valesse la pena, per quel piccolo idiota maligno?

Più tardi il professor Lupin discusse nei dettagli quante delle conoscenze del Ministero dovessero essere passate ai governi babbani, dato che bisognava mantenere un legame tra il mondo magico e quello babbano.

"Un legame giù mantenuto dai sudici Mezzosangue," mormorò Malfoy.

"Signor Malfoy, questo commento è decisamente inappropriato," replicò Lupin, mentre tutta la stanza mise gli occhi su Harry.

Harry disse, "Draco, smettila," con voce bassa e seria.

Malfoy non lo degnò di uno sguardo, e disse, "Malfoy," senza alcuna traccia di emozione e senza guardarlo.

Alla fine della riunione Harry si alzò con un'espressione decisa che riempì Hermione di terrore e si mosse per bloccare Malfoy prima che raggiungesse la porta.

"Malfoy, ti posso parlare?" chiese gentilmente Terry Boot, alzandosi con molta meno fretta.

Malfoy spinse via Harry come se fregarsene di lui fosse la cosa più naturale del mondo, e rispose, "Certo."

"Senti," disse Harry, "Draco... Dio, Malfoy, se vuoi..."

"Ti dispiace, Potter? Sto parlando," rispose calmo Malfoy.

Hermione mise una mano sul braccio di Harry e cercò di trascinarlo verso la porta. Ogni muscolo del suo braccio era teso.

"Non sono riuscito a beccarti prima," disse Terry, riponendo i libri nel suo zaino. "Volevo solo scusarmi..."

"Puoi parlare," lo interruppe Malfoy con un sorriso, e si sporse per sfilare a Terry gli occhiali da vista, "ma devi toglierti questi. Giuro che non sono un testo scritto."

Terry gli sorrise. A Hermione era sempre piaciuto Terry Boot, così rimase sconvolta quando si accorse di quanto si era sbagliata sul suo conto. Quantomeno doveva aver avuto un'opinione troppo alta del suo gusto in fatto di amicizie.

"Volevo dirti che mi dispiace di non aver fatto il tuo nome durante la scorsa riunione," disse. "Ero andato nel panico, ma poi mi sono accorto di averti messo in una posizione orribile. Mi perdoni?"

"Non c'è niente da perdonare," gli disse tranquillamente Malfoy. "Non era un complotto per diffamarmi. Cercavi solo di aiutarmi."

A quel punto Hermione riuscì finalmente a tirare Harry fuori dalla porta.

"Avanti," disse, "Ron ci sta aspettando nella sala comune..."

"Io... tu vai," rispose Harry, la voce cupa e infelice. "Ho solo bisogno di... chiarirmi le idee. Voglio uscire e allenarmi nelle curve ad anello. Dopotutto la Finale per la Coppa si avvicina."

Storse la bocca e si allontanò a grandi passi.

Hermione si strinse i libri al petto e tornò nella sala comune.

Pensò a quanto fosse indescrivibilmente strano vedere Malfoy ignorare Harry, anche se era una cosa che aveva già sperimentato.

Ripensò a quando aveva scritto ‘Datti una calmata.' L'unica ragione che avrebbe potuto spingere Draco Malfoy, tra tutti, a cercare di controllare il proprio comportamento supponente e arrogante era un obiettivo da raggiungere. Sapere di doverci riuscire a tutti i costi.

Era una persona assolutamente crudele, e in quel momento stava facendo del male a Harry, ma, pensò, poteva esserci solo una ragione dietro lo sforzo che aveva fatto. Se davvero gli importava del Giovane Ordine e della guerra, allora...

Entrò nella sala comune e prese una sedia dal tavolo dove era seduto Ron.

"Ron," disse lentamente, "comincio a credere che Draco Malfoy non sia la spia."

Si aspettava una delle loro litigate, ma Ron alzò gli occhi dai compiti molto seriamente.

"Non lo so," disse piano. "La lite con Harry... insomma, lo odio, ma se davvero stesse cercando di estrapolare informazioni da Harry, perché litigherebbe con lui?" Si fermò e strinse i denti. "Non ha alcun senso. Cosa pensi che dobbiamo fare?"

Hermione si chinò su di lui, e avrebbe quasi pianto per il sollievo. Ron sapeva essere difficile, e di tanto in tanto avevano dei periodi neri, ma lui non l'aveva mai delusa quando aveva davvero avuto bisogno di lui.

Appoggiò la mano sulla sua spalla e stava per dire "Ti amo," invece disse, "Ci serve più pergamena."

Passò del tempo prima che Harry tornasse, ancora più esausto di prima.

"Cosa state facendo?" chiese quando entrò. Ron alzò gli occhi dalla pergamena su cui Hermione stava scrivendo.

"Stiamo stilando una lista dei possibili sospetti come spie," disse.

Harry aveva il viso teso. "Pensavo aveste già le idee chiare a riguardo."

"Ci stiamo ripensando," spiegò Hermione. "Vuoi... darci una mano?"

Esitò per via dell'espressione di Harry, ma Harry era determinatissimo.

"Sì," disse. "Datemi la lista."

*

Ogni volta che Harry ripensava dolorosamente al passato, con quella sensazione di distacco che si prova prima di addormentarsi, gli tornavano in mente alcune cose.

Il viso di Draco quando aveva detto di nuovo ‘sudici Mezzosangue' alla riunione del Giovane Ordine della Fenice. Tutti si erano voltati verso Harry... e lui era rimasto zitto, a fissare l'unico viso che non lo stava guardando, in preda ad una fitta di desiderio del tutto inappropriata.

Già sentiva di essere sul punto di impazzire, ci mancava solo questo. La partita Serpeverde-Grifondoro, decisiva per la Coppa delle Case.

Era stato così anche il terzo, quinto e sesto anno. I Grifondoro e i Serpeverde a lottare per la Coppa, serrati al primo posto con i due Cercatori eternamente rivali serrati ai posti di combattimento.

Quest'anno era diverso, per entrambi.

Draco sembrava ancora più concentrato. Quando si trovarono l'uno davanti all'altro durante la partita, i suoi occhi si strinsero fino a sembrare fatti solo di acciaio e odio.

Come capitani delle rispettive squadre, erano stati costretti a stringersi la mano.

Fu il primo contatto fisico dal... dalla giornata sul lago.

E il morso freddo della stretta astiosa di Draco fece girare forte la testa a Harry.

La forza furiosa di quella presa gli fece pensare a loro due avvinghiati follemente, da soli, schiacciati sulle gradinate attorno al campo. Il viso di Draco in quella fantasia era accaldato, e i suoi capelli soffici erano ovunque, perfino tra le labbra di Harry mentre gli baciava il collo, assaporando il sudore e la sua pelle e...

Draco strappò via la mano da quella di Harry il prima possibile. Harry rimase a fissare quel viso gelido con i capelli perfettamente aggiustati come se non lo riconoscesse.

Lottò contro quegli impulsi malsani e la sensazione sorda di abbattimento che provava, e cercò di lasciarsi quelle emozioni alle spalle quando si alzò in volo. Per un attimo pensò di esserci riuscito: era in aria, i capelli e i vestiti mossi dal vento, e sentiva soltanto la solita ondata di eccitazione.

Sarebbe andato tutto bene. Si era preso una cotta per Cho Chang, in passato, e la cosa non l'aveva mai influenzato. Volare era sempre come la prima volta...

Quando Draco l'aveva sfottuto con la Ricordella di Neville, ed era stato così soddisfatto nel vedere lo shock negli occhi di Malfoy, solo che stavolta niente era come con Cho Chang, perché lei non era mai stata sua nemica, non era mai stata sua amica, non era mai stata niente di reale per lui, e non gli era mai importato veramente di lei.

Aveva bisogno che tutto tornasse come prima. Uno qualsiasi dei prima.

L'ultima partita di Quidditch l'aveva giocata ribollendo di rabbia, e Malfoy l'aveva guardato ad occhi stretti, e a ogni break per discutere di un fallo era andato a controllare il regolamento. Harry ricordava che aveva odiato ogni molecola del corpo di Malfoy, la terza volta che Malfoy aveva inclinato la scopa verso il basso per scendere in picchiata verso la gradinata. Si era seduto, aveva aperto il regolamento, squadrato velenosamente Harry con i capelli sul viso, leccato deliberatamente la punta della sua matita e depennato l'ennesima regola.

E Harry aveva stretto le mani sulla scopa proprio come stava facendo in quel momento, accorgendosi che sapeva esattamente come volava Draco. Era così misurato, ci teneva così tanto a farlo nel migliore dei modi, e anche se sembrava liscio ed istintivo Harry capiva dalle pause prima di decollare e dopo aver messo piede a terra che non lo era. Lo aveva guardato per sentire quel piccolo brivido di trionfo.

Non era così strano per lui guardare famelico Draco Malfoy.

Non che ci avesse mai pensato prima, certo che no, dato che si sentiva in colpa perfino a farlo adesso. Non si trattava di quello.

Era che certi ricordi erano stampati a caso nella sua mente, come quelle lunghe dita unite, il modo in cui i vestiti da Quidditch si alzavano a mostrare una coscia tesa sul manico di scopa.

Un corpo colpì violentemente quello di Harry, e lo spavento lo fece balzare via. Si inclinò tutto a sinistra, tagliando con la scopa il percorso dell'altro giocatore, e ovviamente capì chi era prima di guardare.

Draco era una macchia indistinta di velocità e capelli agitati dal vento prima che la sua scopa toccasse quella di Harry e si fermasse vibrando. Poi comparve il suo viso, rosso per lo sforzo, teso per la concentrazione e assolutamente, gelidamente furioso.

Gettò la testa all'indietro e fissò Harry con uno sguardo agghiacciante.

"Non ti permettere di lasciarmi vincere, Potter."

Ci volle un momento affinché Harry assorbisse ciò che Draco stava dicendo, perché c'era una patina brillante di sudore sulla sua gola nuda e pallida, e le goccioline calde splendevano sulla pelle sopra le sue labbra, scivolando lentamente e tremolando sulla linea curva della bocca.

Poi si concentrò sugli occhi e sentì che riflettevano il principio di qualcosa di simile all'offesa.

"Lasciarti vincere?" scattò. "Hai molta stima di te, vero, Malfoy? Non ho mai rinunciato al gioco in vita mia."

"Bene," disse Draco. "Continua così."

"Oh, va' al diavolo," sputò Harry, inclinandosi a destra e accelerando. Con la coda dell'occhio vide il manico di scopa di Draco abbassarsi e sfrecciare in avanti per seguirlo.

Non c'era alcun Boccino in vista. Harry ebbe la vaga idea che avrebbe potuto aiutare alcuni dei giocatori presi di mira dai Serpeverde.

Durante l'ultima partita Malfoy aveva fatto cadere Ginny, e Harry era riuscito a prenderla appena in tempo. Harry si ricordava benissimo la stretta delle mani di lei attorno al collo, e lo sguardo beffardo che Malfoy gli aveva rivolto mentre spiegava a Madama Bumb che i Grifondoro non potevano certo beccarsi un tiro di punizione, quando tutto ciò che aveva fatto era realizzare le piccole fantasie preadolescenziali di Ginny Weasley.

Questa partita, però... tutto sembrava tranquillo. I Serpeverde erano in vantaggio coi punti perché stavano facendo innervosire Natalie ingannando Dean con le finte, a sinistra quando andavano a destra e viceversa, ma non stavano realmente... non stavano imbrogliando.

Non stavano imbrogliando.

I Serpeverde imbrogliavano sempre nelle partite contro i Grifondoro. Da quando Draco aveva preso il posto di capitano, il quinto anno, imbrogliavano molto meno con i Tassorosso e i Corvonero. Proprio come col suo modo di volare, a Draco piaceva farlo sembrare facile, gli piaceva mettersi in mostra e mettere in chiaro che poteva vincere senza sforzi. Imbrogliava quando era costretto, ma avveniva di rado... a meno che i Serpeverde non giocassero contro i Grifondoro, nel qual caso l'inganno raddoppiava e diveniva selvaggio, fino a fare impazzire Harry.

Quella era l'ultima partita Serpeverde-Grifondoro, l'ultima in cui avrebbero giocato l'uno contro l'altro, e tutto era diverso e ancora più importante. E Draco era troppo orgoglioso e arrabbiato per barare.

Per un folle minuto Harry pensò a quello, alla sua feroce boria arrogante, e fu tentato di lasciarlo vincere.

Ma lo conosceva meglio di quanto pensasse Draco, e non era il tipo di persona che tradiva gli altri, anche se Draco pensava il contrario. E non aveva mai lasciato vincere nessuno.

Si avventò in un cerchio attorno al campo, cercando e cercando con gli occhi, quindi vide un barlume dorato in alto nel cielo.

Draco era molto più in alto di lui, molto più vicino al Boccino. Diresse in alto la scopa, tagliando l'aria in verticale col vento che gli risucchiava le guance, e Draco lo vide accelerare, non guardarlo non guardarlo non guardarlo, e Harry vide solo il boccino, ma l'altro giocatore l'avrebbe preso per primo perché la sua scopa non si sarebbe mai alzata tanto rapidamente. Così si alzò in piedi sulla scopa, oscillando violentemente, e udì l'urlo della folla di sotto quando afferrò il Boccino.

La scopa di Draco si fermò accanto a quella di Harry come un uccello che avesse urtato contro una finestra.

La sua espressione frastornata fece capire a Harry che colpo doveva essere stato per lui vederlo vincere con una mossa che gli aveva insegnato proprio Draco, quando erano amici.

Vincere, in qualsiasi modo, gli era venuto d'istinto. E dato che sapeva come fare...

Gli occhi impalliditi di Draco erano assorti e spietati.

"Almeno non mi hai lasciato vincere," disse.

Alla fine erano molto più simili di quanto nessuno avesse mai potuto sognare.

"Senti," disse Harry disperato, tendendo la mano che non stringeva il Boccino, "Ti prego..."

Draco non lo guardò nemmeno, virò a sinistra e verso il basso, tornando direttamente a terra.

Harry piombò in basso fino a toccare il suolo, planando lentamente tra una massa di gente in festa e abbracciando Ron in uno sbalzo di esultanza che svanì troppo presto, accettando un'altra Coppa che non voleva più.

*

Alla fine Harry pensò che, probabilmente, sarebbe stato meglio andarsi a fare una doccia. Ron ci era già andato dopo che Hermione aveva storto il naso e si era rifiutata di abbracciarlo.

Harry era già stato abbracciato da Natalie, Ginny, Ron, Dean e (orrore!) dalla professoressa McGranitt. Era pronto per una bella doccia rilassante.

"Potter, potrei parlare un attimo con lei?" chiese la professoressa McGranitt.

Tipico.

Harry annuì e si divincolò educatamente da Ginny, che parlava rapita della sua azione.

La professoressa era ancora un po' scossa dalla confusione di quando tutti si erano buttati su Harry, e il suo cappello era inclinato. L'irritazione di Harry diminuì quando vide delle venature bianche nei suoi capelli neri.

Sette anni prima i suoi capelli erano stati neri come le piume di un corvo. Ora il grigio li aveva quasi ricoperti.

Tuttavia conservava il suo incedere autoritario, e Harry dovette alzare il passo per starle dietro. Pensò che era impressionante, per una donna anziana.

Passarono davanti ai Serpeverde uscendo dal campo di Quidditch. Draco, Zabini e Pansy erano seduti sulla divisa da Quidditch di Draco, spaparanzati sull'erba accanto alle gradinate. Harry distolse lo sguardo da Draco, cercando di non fissarlo.

Quando non furono più a portata di orecchie, sulla strada per la scuola, la professoressa McGranitt parlò e catturò pienamente la sua attenzione.

"La signorina Granger mi ha detto che ultimamente lei fa sonni agitati."

"Io..." disse Harry, ma ciò che avrebbe voluto dire era Come e perché e Non sono affari suoi, ma il fatto era che Ron diceva tutto a Hermione, Hermione aggiornava regolarmente la McGranitt sugli altri studenti da quando era diventata Capocasa, e lui non era così stupido da dire una cosa del genere alla McGranitt. Invece disse, frustrato, "Non è niente."

"Potter," disse la professoressa McGranitt con voce acuta per l'esasperazione, poi si fermò e addolcì leggermente il tono. "Lei sa cosa le ha detto il professor Silente riguardo ai suoi sogni. Gli incubi sono causati dalla stessa cosa che rende dolorosa la sua cicatrice... quando Lei-Sa-Chi è vicino o si sente particolarmente vendicativo. I suoi sogni sono avvertimenti, e non può permettersi di ignorarli."

Harry la guardò e tentò disperatamente di formulare ‘A dire il vero i miei sogni recenti sono più sul genere delle fantasie sessuali, quindi non riguardano Voldemort' in un qualche tipo di frase che potesse pronunciare davanti alla McGranitt.

"Credo proprio..." cominciò, e si fermò prima di aggiungere, ‘che Draco Malfoy che si toglie i vestiti non sia certo un piano malefico.'

Guardò la sua scopa e si chiese se non potesse usarla per bastonarsi fino a perdere i sensi.

"Potter, so bene che per lei deve essere difficile giudicare ciò che è importante," gli disse la McGranitt, non senza comprensione. "E' per questo che abbiamo portato a Hogwarts un Sognatoio."

"Uhm. Professoressa, cos'è un Sognatoio?"

Raggiunsero la vetta della collina, e la McGranitt iniziò a scendere i gradini.

"Venga, Potter," disse vivacemente. "Le faccio vedere."

*

L'ufficio della professoressa McGranitt era stato spostato nei sotterranei durante il sesto anno. Lei e Snape avevano svolto insieme delle ricerche per trasfigurare pozioni suicide per i soldati in spille dall'aspetto innocuo che sarebbero tornate utili in caso di bisogno.

Sentì l'ennesima inutile e stupida fitta quando passarono davanti allo studio vuoto di Snape, e Harry ripensò allo sguardo desolato di Draco quando pronunciava il nome del professore.

L'ufficio della McGranitt era pulito e ordinato come Harry lo ricordava da quel paio di occasioni in cui ci era stato, con un grande scrittoio pieno di pile ordinate di fogli a dominare la stanza. L'unico tocco personale era una piccola, logora cesta per gatti in un angolo.

Non c'era niente di nuovo a parte il basso bacile di pietra al centro del pavimento, che era decorato con rune e che, se non fosse stato per l'assenza di qualsivoglia contenuto argenteo, aveva l'aspetto esatto di un Pensatoio.

"I Pensatoi e i Sognatoi, nel mondo magico, filtrano il contenuto della mente umana e trattengono i residui importanti," disse la McGranitt, con un'aria più contenta, ora che aveva la possibilità di insegnargli qualcosa. Harry soffocò l'impulso, che sospettava Hermione avrebbe trovato irresistibile, di cercare della pergamena e iniziare a prendere appunti. "Il Pensatoio lo fa coi pensieri, il Sognatoio lo fa con i sogni. Cosa le ha detto il professor Silente dei Pensatoi, esattamente?"

Harry cercò di ricordare.

"Che... diventa più facile riconoscere trame e collegamenti tra i pensieri in eccesso, usandone uno," disse lentamente.

Se registrare i suoi sogni sarebbe potuto essere utile nella guerra, doveva farlo.

Ma non era pronto nemmeno lui ad accettare l'idea. Non sapeva se sarebbe mai stato pronto a lasciare che fosse la professoressa McGranitt a fargliela accettare.

Non importava.

"Questo Sognatoio è calibrato specialmente per estrapolare i sogni chiusi nel suo subconscio, dimenticati dalla sua coscienza," proseguì precisamente la McGranitt. "E' anche progettato per estrapolare i sogni che provengono da una fonte esterna, piuttosto che i sogni originati dalla mente stessa."

Il sollievo fu così grande che Harry rimase a fissarla.

"Cosa?"

"E' una caratteristica inusuale," continuò la McGranitt, e Harry si accorse in quel momento che le rune sul bacile di pietra erano diverse e più complesse di quelle sul Pensatoio di Silente. "E' giunto dietro precisa richiesta dal Ministero, e con parecchi rotoli di istruzioni scritte dal giovane Percy Weasley. Penso che filtrerà solo i sogni inviati da Lei-Sa-Chi, cosa che ci farà risparmiare tempo, e sarà anche decisamente meno imbarazzante per lei."

Harry alzò di scatto la testa. La professoressa McGranitt si era colorata di un rosa leggero, ma sorrideva sardonica.

"Sono stata giovane anch'io, Potter," lo informò severamente.

Il primo impulso di Harry fu di negare tutto e chiederle se pensasse che avesse sogni erotici tutto il tempo (e non li aveva), ma poi visualizzò le parole che stava per dire, che avrebbero incluso ‘Draco Malfoy,' ‘solo di recente' e ‘fisicamente improbabile.'

"Uhm, dubito che lei sia stata un adolescente maschio, professoressa," disse invece, e lei sorrise un po' di più.

Harry si fece avanti, si toccò la fronte con la bacchetta e poi colpì anche il bacile.

Si era chiesto, dopo aver visto Silente che lo faceva, cosa si provasse. Pensava che si potessero vedere i pensieri... i sogni, in questo caso, riavvolgersi nella mente e poi comparire nel bacile come in un videoregistratore.

Invece era come doveva essere una ferita curata sotto anestesia. Un taglio dentro di lui che veniva osservato anziché sentito, quindi il flusso di... qualcosa, un tipo di sangue secondario, argentato e meno tangibile. Rimase lì e il tempo sembrò dilatarsi, viscoso come il materiale che si andava riversando nel Sognatoio.

Poi aprì gli occhi, che evidentemente aveva serrato.

Una luce soffusa si levava dal Sognatoio, un bagliore pallido sospeso sulla sua superficie argentata. La professoressa McGranitt sorrideva di approvazione sullo scintillio.

"Bene allora, Potter," disse. "Vediamo. Se sta funzionando correttamente, dovrebbe cominciare dai tuoi incubi più recenti."

Sollevò la bacchetta e la mise nel Sognatoio.

Harry guardò e vide il contenuto del bacile diventare trasparente. L'immagine di un lago apparve lentamente, seguita dall'immagine di un labirinto che vi si sovrappose.

Poi fu la volta del volto pallido di Draco, lievemente sfocato ma che si faceva sempre più nitido, fino a quando solo le punte dei suoi capelli restarono liquide, come se fosse sott'acqua. Si mosse in avanti, gli abiti di Snape scivolarono lungo una clavicola, e l'immagine di Harry nel Sognatoio si ritrovò con le spalle al muro.

Harry provò contemporaneamente l'impulso di gridare ‘Ma me l'aveva promesso!' alla professoressa McGranitt, e quello di nascondersi il viso tra le mani prima di morire di imbarazzo.

"Capisco," disse la professoressa. "Si è mai sentito minacciato da Draco Malfoy?"

"No..." Harry si bloccò e aggiunse con tutta la forza che gli riuscì, "Non per anni."

La McGranitt si limitò ad annuire, e continuò a scrutare il Sognatoio. Harry guardò il suo viso e vide la sua espressione alterarsi sottilmente una volta, ma pur tornando a guardare le immagini non capì cosa l'avesse impressionata.

Seguì un breve episodio di violenza che Harry neanche si ricordava, solo il viso di un estraneo e un urlo. Harry sentì la propria bocca farsi feroce.

E poi... il lago di notte. Quel sogno la notte dopo che Seamus era scomparso. Harry stava nuotando, vide le proprie spalle nude e pensò allarmato, Ma avevo qualcosa addosso?

La professoressa McGranitt era una delle ultime persone al mondo che voleva lo vedessero nudo, insieme a Mirtilla Malcontenta, ma per quello ormai era troppo tardi.

Barche, Ron, Hermione e poi ancora Draco, ma la professoressa non poteva pensare che volesse dire qualcosa, perché anche Hermione era in entrambi i sogni. Draco che nuotava. Oh mio Dio, ma Draco aveva qualcosa addosso?

"Va tutto bene, Potter?"

"Sto bene," disse Harry con un filo di voce.

Doveva cominciare a stare più attento al suo subconscio.

Alzando gli occhi dopo quel sogno, vide che la professoressa McGranitt si era fatta molto più pallida.

"Cosa ha..."

"Silenzio," disse severa la McGranitt, piegandosi in avanti.

Ci fu un fiume di violenti frammenti di sogni, della maggior parte dei quali Harry non ricordava nulla. Alcuni erano sopravvissuti, erano rimasti freddi accanto a lui nel suo letto a Privet Drive o nel dormitorio, sempre quando era solo, ma non aveva avuto idea che fossero così tanti.

Si domandò, con un brivido, che tipo di effetto avessero quelle oscure immagini sanguinose su una mente che ne era piena.

Non sapeva per quanto avrebbe potuto sopportarlo.

"Fino a che punto può andare indietro nel tempo?" chiese, con voce forzatamente ferma.

"Sin da quando lei e l'agente di Lei-Sa-Chi, Raptor, arrivaste a scuola il primo anno," rispose a bassa voce la professoressa.

Harry rabbrividì e continuò a guardare.

C'era quello del quarto anno, in cui un gufo lo aveva portato alla finestra di Voldemort e Voldemort aveva lanciato il Cruciatus su Codaliscia...

"Un gufo aquila," disse pensierosa la professoressa McGranitt. "So che ce n'è uno nella Guferia. Sa di chi è?"

"No," mentì immediatamente Harry, prima di fermarsi per un attimo, frustrato. "Cioè... è di Draco Malfoy, ma..."

La professoressa McGranitt gli fece un cenno silenzioso.

Non significa niente, si disse Harry in modo ribelle. E' ovvio che questi avvertimenti sono tutti mischiati con immagini di sogni a caso. Devo aver visto il gufo di Draco a colazione quel giorno, o qualcosa del genere.

Dato che erano al quarto anno, fu vagamente rassicurato dal fatto che i pensieri sensuali non si sarebbero fatti vivi per scioccare la professoressa.

Continuò a guardare con caparbietà, cercando di non gridare. Era strano vedere se stesso nel Sognatoio, sempre più giovane fino a quando non era che un ragazzino del primo anno, con delle ginocchia incredibilmente nodose, che litigava col Cappello Parlante.

Nel sogno c'era il turbante. Un avvertimento arrivato con sette anni di ritardo.

Harry alzò gli occhi quando l'ultimo sogno fu finito per scambiare un'occhiata mesta con la professoressa, ma lei era ancora più pallida e più... spaventata di prima.

"Professoressa, che cos'ha?" esclamò.

Lei parve riprendersi da una fantasticheria, le labbra tese.

"Niente, Potter. Penso di aver visto qualcosa... ma non ne sono sicura. Non è più un suo problema."

"Ma è la mia mente!" disse Harry.

La McGranitt parlò con voce affaticata.

"Sì, e la ringrazio per la sua assistenza, ma lei è ancora uno studente e non le metterò un altro fardello sulla schiena!"

Harry la guardò ammutolito, ma un minuto dopo la McGranitt si era già ricomposta.

"Potrebbe portare al professor Lupin un messaggio da parte mia?" chiese. "Vorrei vederlo il prima possibile."

Harry si voltò e infilò la porta, poi si fermò sulla soglia, colpito da un pensiero improvviso.

"Professoressa... sta calando il buio, e stanotte c'è la luna piena."

Lui e Sirius avevano memorizzato il calendario lunare. E...Silente era al Ministero, e non sarebbe tornato fino a tardi. Non c'era nessuno a cui rivolgersi.

"Vuole che vada a chiamare Siri... ehm, il professor Bl..."

"No," rispose la professoressa McGranitt. "No. Posso aspettare fino a domattina. Io... grazie, Potter, può andare."

Era ancora visibilmente scossa. Mentre Harry esitava sulla porta lei ritornò alla scrivania e vi si appoggiò, togliendosi il cappello, che scivolò e si appiattì sulla scrivania. Harry vide il grigio e i fermagli nei suoi capelli.

"Quando la signorina Granger stava consultando i libri," mormorò, ma si fermò. Alzò gli occhi e disse in tono secco, "Ho detto che può andare, Potter."

Harry esitò ancora un momento, e il viso della professoressa di addolcì.

"Se ha bisogno di una chiacchierata, Potter," disse, un po' rigida, "So bene che il suo padrino è disponibile... ma io sono il capo della sua casa, dopotutto."

Harry pensò che non c'era niente che potesse fare per riassicurarla, se non un rapido sorriso forzato.

"Sì, professoressa," disse, e uscì.

Camminò esausto nel corridoio, diretto verso l'entrata che dai sotterranei portava alla Sala Grande. Sentì di nuovo il suo stomaco attorcigliarsi per l'odio feroce, come se l'oscurità lo stesse artigliando da dentro. Voldemort ha causato tutto questo, ha causato questo dolore e me l'ha trasmesso...

Alzò lo sguardo: si trovava accanto alla parete che portava alle stanze dei Serpeverde. Persino il suo odio era esausto.

Lui non... non aveva alcun piano, e non voleva niente di nuovo, voleva solo... Voleva vedere Draco, riavere il dono della sua comprensione offerta con voce così confortevole, anche se non certo al fine di confortarlo. Era così stanco, e moriva dalla voglia di qualcosa che fosse giusto.

Alzò una mano e picchiò contro il muro.

Picchiò ancora una o due volte, anche quando divenne chiaro che nessuno avrebbe risposto. Quindi si accorse che accanto a lui c'erano due Serpeverde più piccoli che lo guardavano a bocca aperta.

"Beh?" scattò. "Perché non dite la parola d'ordine ed entrate?"

Restarono ostinatamente in silenzio. Harry lasciò cadere la mano.

"Bene," disse loro. "Ma ditegli che tornerò."

Se ne andò in fretta, e gli sembrò che nel mondo non ci fosse altro che quell'odio nero, che lo lasciava completamente solo.

*

Hermione non sapeva esattamente cosa fosse successo con Malfoy, ma vedeva bene come aveva ridotto Harry.

Vedeva come aveva ridotto Harry, non era difficile... la parte difficile era capire cosa fare. Perché gli voleva bene e gliene aveva sempre voluto, ma lui non le parlava più dei suoi problemi, e lei proprio non sapeva come fare a farsi avanti e reclamare quell'antica fiducia, per non parlare di come aiutarlo.

Ed era una caratteristica straziante dell'amicizia quella che, sebbene sapesse che avrebbe solo combinato guai... non poteva non tentare.

Harry era tornato dal colloquio con la professoressa McGranitt e si era rifiutato di parlare tutta la sera. Era seduto davanti al camino con le gambe strette al petto, la testa china su I magnifici sette. Il suo rapporto con quel libro era diventato quello di un tossicodipendente con la droga.

Hermione attese finché la stanza non si svuotò, poi si avvicinò e gli toccò un ginocchio.

"Harry."

Alzò gli occhi, verdi occhi ombrati. "Cosa vuoi dirmi, Hermione?" chiese lui in tono stranamente neutrale. "E' da quando sono tornato che mi guardi."

Stai soffrendo, e sono disperatamente preoccupata per te, ma non posso farci niente perché non capisco, e se cercassi di fare qualcosa ti farei solo stare peggio.

Abbassò lo sguardo sul suo grembo, e sperò di averlo preso in un momento in cui era così stanco da essere sincero, parlando con quella dolorosa franchezza che sperava potesse aiutarlo.

"Non sei... felice, Harry."

Rimase zitto per un minuto, poi disse, "No."

Quell'ammissione bastò a spezzarle il cuore.

"Harry..." disse, e inorridì nel sentire la propria voce stridula e sull'orlo delle lacrime. "Perché non me lo dici, ti giuro che capirò... perché non mi dici cosa... Ti sto chiedendo di non chiudermi fuori. Se solo mi dicessi... che cosa vuoi..."

Harry alzò gli occhi su di lei, nel suo sguardo l'affetto, il dolore e la distanza.

Lentamente, disse, "Lo rivoglio."

"Dai, Harry... pensa a tutti quegli anni in cui saresti stato contento di sbarazzarti di lui..."

La sua risatina spaventata e forzata fu interrotta dallo sguardo di Harry, come se fosse stato ferito e la ferita fosse ancora aperta e sanguinante.

"No," disse. "Tu non capisci."

Lo guardò senza parole. Lo so, pensò. Lo so, e non capisci che la cosa che mi ferisce di più è che in questo periodo orribile non posso nemmeno essere certa che le cose tra di noi vadano bene...

"Non eravamo amici quando lo trovai in..." Harry deglutì. "In fondo al lago."

"Ma è stato un..." la voce quasi le mancò, e udì l'ultima parola oltrepassare le proprie labbra come se ne avesse paura. "Errore?"

"No," disse di nuovo Harry.

Hermione lo fissò implorante, come se potesse fargli cambiare idea. Lui continuò a guardare le fiamme assorto.

"Non avevo mai avuto nessuno prima di venire a Hogwarts," le disse, e la sua voce era quasi immobile. "Poi sono arrivato qui, ho incontrato te e Ron, e... ed eravamo tu, io e Ron. Poi siete diventati tu e Ron, tanto che sembrava non esserci più posto per me. Ma ho incontrato anche lui a Hogwarts, e a volte quando litigavamo... non me n'ero accorto, era quasi una costante, non ci avevo mai pensato ma a volte... a volte si trattava solo di me e lui."

Strinse i denti.

Hermione si strinse una mano nell'altra fino a farsi quasi scricchiolare le ossa. Non ci aveva pensato, non aveva pensato alla vita di prima di Harry e a quanto la sola attenzione totale di qualcuno potesse significare per lui. Né a quanto potesse significare la totale attenzione per qualcuno da parte sua.

Il fuoco che aveva contribuito a trasformare la rivalità tra case in una guerra tra case il terzo anno, spirali di violenta tensione incentrate sulla loro intensa ostilità. Il modo in cui Harry, che non gongolava, aveva guardato il volto inorridito di Malfoy il primo anno, come se la vittoria su di lui fosse l'unica cosa da festeggiare, l'unica cosa da assaporare.

Il modo in cui, il quarto anno, gli altri studenti era corsi via non appena loro due avevano estratto le bacchette, scappando per la sala solo a causa dei loro sguardi, e Hermione sentì che avrebbe dovuto capirlo...

"Mi manca più di ogni altra cosa," disse Harry con quel tono belligerante che usano i ragazzi, fissando con un'ira sconvolta il loro dolore. "Lo rivoglio indietro. Ad ogni costo. Non sopporto di... essere di nuovo così solo."

Hermione si morse le labbra per non piangere. "Non sei solo," disse fieramente.

Harry la guardò di nuovo, un breve sguardo sfuggente. "Non intendevo quello," disse, ma non parve consolato.

Hermione piegò il capo per impedire che la vedesse lottare contro quelle lacrime imbarazzanti. Era stata così felice, così compiaciuta, aveva pensato che le cose sarebbero tornate alla normalità ora che Malfoy era di nuovo suo nemico. Ma le cose non erano tornate normali, adesso lo capiva, Malfoy non l'aveva mai ignorato prima, non aveva mai smesso di cercarlo in qualche modo, e forse le cose non erano mai state normali. Ora lo capiva e, peggio, ora Harry lo capiva, e la cosa lo stava distruggendo.

"Scusami, Harry," disse a bassa voce. "Devo andare."

Saltò su e corse alla porta, con movimenti stranamente impacciati, urtando contro un mobile. Non sapeva nemmeno dove stesse andando, finché non fu fuori dalla Sala Grande e non scese di corsa le scale che portavano ai sotterranei.

Non sapeva cosa avrebbe fatto finché non vide Malfoy in persona passeggiare per il corridoio con i suoi due scagnozzi alle spalle. In quel momento... ancora non sapeva che fare.

Ne fu ancora più dolorosamente certa, però.

Eccolo lì, odioso come sempre, proprio come se l'era sempre immaginato. Con quel ghigno, lo sguardo gelido e quei due gorilla alle spalle, ma forse non era lo stesso, perché adesso non c'era veleno nei suoi occhi, non c'era il riconoscimento di lei come bersaglio in quanto amica di Harry, ma un semplice disprezzo impersonale, come se fosse Neville e... poteva significare qualcosa?

"Granger," disse freddamente. "Ti sei persa?"

Lei esitò e cercò di analizzarlo. Non voleva capirlo, voleva odiarlo, ma non poteva... per il bene di Harry.

Ma era possibile che ad una persona che aveva deciso senza rimorsi di tagliare i ponti con Harry importasse ciò che lei aveva da dire? Se si era capaci di una tale ira fredda e spassionata...

Non era possibile che gli importasse di Harry. Non ci credeva. Lei non avrebbe mai ferito così una persona a cui avesse voluto bene.

Era inutile cercare di recuperare qualcosa per Harry.

"No," rispose, rivolgendogli una singola occhiata raggelante. "Cercavo una persona che non c'è."

Hermione girò i tacchi e si incamminò verso l'entrata della Sala Grande. Era già tardi, era stato stupido recarsi da quelle parti, non capiva cosa le fosse venuto in mente, e...

Sentì un rumore.

Veniva dal corridoio buio sulla sinistra. Probabilmente era qualche studente che combinava pasticci nell'ufficio di Snape, si disse, ed era suo dovere provvedere a sgridarlo, ma persino mentre alzava la bacchetta e diceva, "Lumos," udì il lieve tremolio della sua voce, e il battito del cuore nelle orecchie.

Non avrebbe dovuto andar lì da sola.

La luce tremò come la sua mano, così strinse più forte la bacchetta, desiderando con improvvisa passione le comodità quotidiane delle cose normali, una semplice lampada babbana e uno dei corridoi di cartongesso di casa sua. La luce illuminava solo una zona limitata del corridoio, enormi blocchi grigi con cavità e crepe che risaltavano quando la luce fioca spariva arrendendosi alle tenebre.

A un certo punto la luce sfiorò qualcos'altro, e per un secondo Hermione non capì cosa fosse, anche se il suo cuore aveva già messo le gambe in spalla.

Era il bagliore della luce su una pelliccia, e pensò, Proprio come quando fu aperta la Camera dei Segreti, è come tornare una dodicenne terrorizzata.

La bacchetta le cadde dalla mano e sbatté sul pavimento provocandole un gridolino che non riusciva a credere di aver fatto.

Tutto ad un tratto udì dei passi sulle scale, e fu strappata a quella vista da forti mani sulle sue braccia che la fecero voltare, la gola le faceva male e qualcuno la stava quasi sostenendo.

Occhi chiari seri e concentrati sotto capelli chiari. Malfoy, pensò, cercando di riacquistare il controllo sui suoi pensieri stravolti dal panico.

"Granger," disse, con urgenza. "Granger! Che è successo?"

"E'... è un gatto," riuscì a dire, rifiutandosi di farsi sostenere, rifiutandosi di cedere del tutto. "E'... devono aver Pietrificato Mrs Purr, è come la Camera dei Segreti..."

Fermati, si disse. Non si sarebbe fatta prendere dal panico.

Con una mano che ancora stringeva forte il braccio di Hermione, Draco sollevò la bacchetta e disse, "Lumos," con una voce un po' incerta, proprio come quella di lei prima che vedesse...

Tiger e Goyle erano dietro di lui, i loro volti due maschere di terrore. Goyle stava guardando e il suo viso si rilassò appena, si fece avanti e disse,

"Ha ragione. E' solo Mrs Purr..."

Hermione non si voltò, perché se l'avesse fatto... Già si immaginava la scena. Malfoy aveva la mandibola serrata, e quando lei si appese spudoratamente al suo braccio e lui la strinse a sua volta, il suo braccio era rigido.

Spinse le parole oltre il muro dell'orrore, parole che lei non sarebbe riuscita nemmeno a pensare, mentre il suono di altri passi giungeva rapido e furioso dietro di loro.

"Non è Mrs Purr," disse. "E non è stata Pietrificata."

*

Harry non avrebbe ricordato nulla con chiarezza, dopo. Avrebbe solo ricordato di aver camminato, irritato per il fatto che Ginny aveva insistito per accompagnarlo, e che a un certo punto aveva alzato il passo perché Hermione sarebbe potuta essere ovunque, e non voleva che lei gli chiedesse dove stesse andando... poi aveva udito qualcosa che somigliava a un grido e aveva iniziato a correre...

Ginny era rimasta indietro, i suoi passi rapidi, leggeri e irregolari, e il suo primo urlo era arrivato insieme al suono di un corpo pesante che cadeva.

Harry vide che era Goyle, che continuava a indietreggiare a gattoni. E provò una breve sensazione di straordinaria incredulità quando vide Draco che con un braccio quasi cingeva Hermione.

La consapevolezza di ciò che era successo arrivò a piccole dosi, colando come il gelido orrore che lo animava.

La mano di Tiger si era stretta sulla spalla di Draco, facendolo sembrare quasi un nano a confronto, e la mano che stringeva la bacchetta accesa di Draco era posata su Tiger in un gesto protettivo. Il suo viso era bianco e spaventato, ma tenne la voce ferma mentre disse,

"Non è Mrs Purr. E non è stata Pietrificata."

C'era un gatto morto per terra.

Forse furono solo il buio e la costante paura mischiata al ricordo della Camera a causare il mugolio di Goyle e il piagnucolio pungente di Ginny alle sue spalle, ma vide il viso bianco di Hermione. Vide lo sguardo immobile di Draco, che gli serviva a fingere di avere ancora delle forze da prestare agli altri

Lo sapevano.

Sentì la mano di Ginny cercare di riafferrarlo, ma si mosse in avanti sfuggendole. La luce di Draco era ferma dietro di lui, e dovette muoversi perché nessun altro voleva farlo. Pensò non ce la faccio ma ce la fece. Doveva farlo.

Dimenticò le paure che gli turbinavano in mente e si ricordò un incantesimo che gli avevano insegnato qualche mese prima, le stesse parole che Sirius e Lupin avevano usato molto più agevolmente nella Stamberga Strillante, anni prima...

Infine Harry tese la bacchetta come in segno di sfida, echeggiando contro le scure pareti vicine.

"In Veterem Revolvaris Figuram."

Ci fu un flash di luce azzurrina.

La professoressa McGranitt giaceva morta sul pavimento.

Harry non si scompose, guardò gli altri e sentì Tiger gemere con un sollievo quasi disperato. Goyle indietreggiò furtivamente.

Né Draco né Hermione emisero alcun suono, ma lei aveva nascosto il viso sulle spalle di Draco. Draco guardò Harry, il viso giovane, nudo e sconvolto, ma gli occhi ancora concentrati.

Harry riuscì a guardare di nuovo dopo un minuto. Le forcine nei capelli della McGranitt erano cadute, e brillavano alla luce che cadeva direttamente sui suoi occhi aperti.

L'urlo di Ginny risuonò acuto e puro come la paura, e andò avanti finché non furono arrivati tutti quanti.

 

 

  
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