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Autore: Medea Astra    14/10/2012    3 recensioni
“Lasciami, mi fai male, smettila subito” disse lei rossa in viso.
“ No, non ti lascerò andare finchè tu non mi avrai detto il vero motivo per cui hai insistito perché quello rimanesse a vivere sotto il tuo stesso tetto.”
Bulma stava per dare una delle sue solite risposte pungenti quando un boato infranse il silenzio dei suoi pensieri.
I due giovani si guardarono in giro spaesati per capire da dove provenisse quel rumore poi, un pensiero fulmineo e terribile attraversò la mente di Bulma che subito corse fuori in giardino in direzione della gravity room.
“ Sono sicuro che è successo qualcosa a quel congegno infernale, forse Vegeta l’ha spinto troppo in là, forse le pareti non hanno retto alla veemenza dei suoi colpi, forse…” i pensieri di Bulma furono interrotti ancora una volta, adesso però a porre un freno alla sua mente non fu il suo udito ma i suoi occhi che raccapricciati e terrorizzati osservavano la scena che le si parava davanti.
La gravity room era esplosa.
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bulma, Vegeta, Yamcha
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Erano passate ormai alcune settimane dall’esplosione della Gravity Room e Vegeta sembrava essersi ripreso completamente. All’alba si svegliava e iniziava ad allenarsi fino a quando la sera non rientrava con la battle suit a brandelli e rivoli di sangue e sudore per tutto il corpo. Bulma ormai aveva chiaramente intuito i suoi sentimenti per il principe dei Sayan e anche per chi le stava in torno non era certo difficile capire che la giovane scienziata avesse adesso qualcosa di più importante per la testa che tutti i suoi strani marchingegni. Ormai con Yamcha era una storia chiusa, lei dopo l’incidente di Vegeta gli aveva detto chiaramente che non se la sentiva più di stare con lui e che avrebbero fatto meglio a prendersi un periodo di pausa per chiarirsi le idee. Naturalmente il ragazzo aveva capito che non si trattava di una semplice “pausa” ma che era stato allontanato a causa di quello che lui definiva “uno scimmione senza cervello” e questo non gli andava affatto bene, non voleva che la sua Bulma si innamorasse di Vegeta ed era intenzionato a far di tutto pur di ricondurla tra le proprie braccia.
Un pomeriggio decise di andare a farle visita per parlarle e rimettersi insieme, era assolutamente convinto che sarebbe bastata la vista del tuo corpo palestrato e qualche parolina dolce per far “rinsavire” Bulma dalla sua cotta per lo scimmione. Quando arrivò alla Capsule Corporation non la trovò in casa ma nei laboratori, china su decine di scartoffie ed immersa nei suoi pensieri tanto da non sentirlo arrivare. Stava lavorando alla costruzione di alcuni robot per Vegeta, robot con cui potesse allenarsi senza rischiare la vita, era chiaro. Stava mettendo anima e corpo in quel progetto, lavorava giorno e notte, la sua unica pausa coincideva con il momento in cui il principe andava a farsi la doccia, giusto per controllare che stesse bene, nulla più, continuava a mentire a se stessa ma non le importava.
“Bulma, non dovresti lavorare sempre così, finirai per rovinarti la salute se non ti concedi nemmeno un po’ di riposo!” proruppe Yamcha procedendo con passo lento e cadenzato verso di lei.
“Yamcha… non ti avevo sentito entrare, comunque sto lavorando ad un progetto molto importante, adesso non posso fermarmi, ho la pausa tra circa un quarto d’ora, se vuoi puoi accomodarti qui intanto che aspetti, a me non dai alcun fastidio” rispose lei pacatamente sistemandosi una ciocca di capelli dietro le orecchie.
Lui non l’aveva mai vista così bella. Aveva un’aria stranamente innocente e pudica in quel vestitino panna che fasciava le sue forme lasciando scoperte le spalle nivee. La desiderava come non mai, avrebbe venduto l’anima al diavolo pur di poterle sfilare quell’abito e bearsi del suo corpo di giovane donna. Nonostante fossero stati insieme quasi dieci anni lei non si era mai concessa a lui completamente, certo, non c’erano stati solo baci tra loro ma mai un rapporto completo, dapprima perché erano troppo giovani e poi perché lei voleva aspettare di esser pronta, pronta a cosa poi, lui mica l’aveva mai capito.
“Sai Bulma, stavo pensando che magari noi due potremmo cenare insieme questa sera, sarebbe un peccato gettare al vento anni della nostra vita solo per un tuo capriccio, infondo tu mi piaci ancora molto- dicendo questo le si avvicinò posando una mano sulla sua spalla scoperta- io sono sempre stato attratto da te e forse noi…” - la sua mano stava pericolosamente scendendo verso l’incavo dei seni della ragazza, ora scossi dal respiro sempre più affannato.
“ No- la voce le tremava, non sapeva perché ma aveva paura che di lì a poco sarebbe successo qualcosa di poco piacevole- per favore Yamcha, leva la tua mano da me. Non voglio che tra noi succeda nulla, davvero, io non provo più nulla se non una forte amicizia per te, per favore, leva le mani, mi stai facendo spaventare.”
Aveva cercato di esser quanto più calma possibile ma la sua voce tremava come il suo corpo. Il ragazzo non accennava ad andarsene, anzi, spingeva la sua mano sempre più in là, come se fosse sordo alla richiesta della ragazza.
Bulma non sapeva cosa fare, era certa che Yamcha non le avrebbe mai fatto del male tuttavia non aveva tolto ancora la mano dal suo decolté, si sentiva imbarazzata e ferita nell’orgoglio, non voleva offenderlo ma nemmeno assecondare le sue idee. Stava valutando il da farsi quando sentì le labbra ruvide del ragazzo tracciare una scia di baci sul suo collo, allora presa davvero dal panico si alzò di scatto prendendo le distanze dal ragazzo.
“Smettila, smettila Yamcha, ma che ti è preso? Ti sei bevuto il cervello per caso? Non voglio che tu mi tratti come se fossi la tua ragazza perché non lo sono più, hai capito?”  le ultime parole le aveva urlate, quasi per ribadire la distanza imposta tra loro, per varcare un confine che non avrebbe mai più dovuto varcare.
Gli occhi di Yamcha si fecero di brace, si sentì ferito nell’orgoglio e sprizzante di rabbia si gettò su di lei bloccandole la schiena contro il muro e riprendendo la lenta tortura delle sue labbra su quel corpo candido.
“Un’ultima volta, solo un’ultima volta Bulma…” ansimava un po’ per l’eccitazione, un po’ per l’affanno.
Non era più in sé.
La giovane scienziata stava tremando, adesso aveva davvero paura che succedesse qualcosa che non voleva. Per quanto abituata fosse alla guerra, lei era pur sempre una studiosa, una donna, e mai sarebbe riuscita a contrastare la forza di quello che un tempo era stato uno dei suoi amici più fidati.
Yamcha preso dall’eccitazione intanto continuava a far di Bulma ciò che più gli garbava, le aveva appena scostato il vestito dal seno e avrebbe levato anche il reggiseno se una mano forte non si fosse aggrappata al suo collo sollevandolo da terra e due occhi di brace non lo avessero trafitto con un odio infinito, viscerale, ben più grande di quello che aveva visto in anni e anni di battaglie.
Era Vegeta.                                                            
Si trovava davanti a lui e lo teneva sospeso a mezz’aria, come se stesse valutando cosa fare di lui, se ucciderlo o meno.
Yamcha non capiva cosa stesse succedendo, perché Vegeta reagiva in quel modo, forse che anche lui provasse qualcosa per Bulma?
La stretta sul suo collo si fece ancora più forte, le sue ossa scricchiolavano sotto quelle mani che avevan seminato tanta morte.
“Cosa vuoi?” riuscì a sussurrare tra i denti.
“ Lascia stare Bulma, non devi permetterti mai più di toccarla e di avvicinarti a questa casa, ci siamo capiti?” così dicendo lo scaraventò contro la parete.
La scienziata confusa e basita di gettò tra le braccia del sayan affondando il viso nel suo petto e scoppiando a piangere.
Vegeta la osservò con un misto di dolcezza e amore nei suoi confronti.
Bulma non gli stava di certo indifferente, non sapeva esattamente cosa provava per la scienziata ma sapeva che nessuno oltre lui avrebbe mai dovuto toccarla.
Vedere quel verme che la forzava a fare qualcosa che non voleva l’aveva mandato in bestia.
La strinse a sé, passò le sue mani callose sulla sua schiena scoperta, verificò che non si fosse fatta male e le posò un bacio sul capo.
Bulma rimase basita da quel gesto tanto quanto Yamcha che ora in preda ad una folle gelosia si scaraventò contro i due con il chiaro intento di ferirli.
Vegeta fulmineo spostò la ragazza dietro di sé e dopo aver bloccato l’attacco del ragazzo, con un’onda energetica lo spedì nuovamente al tappeto. Questa volta però volle esser certo che non li importunasse più così si avvicinò a lui e dopo avergli sussurrato qualcosa all’orecchio lo sbatte fuori dalla porta dei laboratori.
Bulma osservò tutta la scena da un angolo del laboratorio, era rannicchiata ad un angolo, non aveva nemmeno le forze per sistemarsi il vestito e tremava dalla paura.
Quando Vegeta tornò sui suoi passi la trovò così, tremante come un neonato, con il viso ancora solcato dalle lacrime e gli occhi color del cielo che lo cercavano.
Abbandonando ogni forma d’orgoglio si sedette di fianco a lei e l’attirò a sé, facendole poggiare il capo sulle sue gambe.
Così, l’uno vicino all’altra, stettero qualche istante a guardare nel vuoto.
Il primo a rompere il silenzio fu proprio il principe dei sayan, l’ultimo da cui ci si sarebbero aspettati grandi discorsi, eppure, in quella giornata così strana, chi era in grado di fare delle previsioni?
“ Quello è un verme, non voglio più vederlo tra queste mura per nessun motivo al mondo. Se dovessi presentarsi in mia assenza ti autorizzo a venire nella Gravity Room. Lì saresti certamente più al sicuro, non oso immaginare dove sarebbe arrivato quell’idiota se non fossi intervenuto.” Dicendo così la sollevò per guardarla negli occhi .
Bulma imbarazzata dalla profondità di quello sguardo si voltò di colpo coprendosi il petto ancora semi nudo con le braccia.
Vegeta a quel punto scoppiò a rider forte, come se avesse visto la cosa più divertente del mondo proprio sotto i suoi occhi, rise come mai nessuno l’aveva visto ridere, nemmeno da bambino.
Bulma stupita lo guardò e gli chiese il motivo di tanta ilarità.
“ sei tu che mi fai ridere, ti accorgi solo ora dopo mezz’ora che sei mezza nuda e ti copri, come se non ti avessi già vista così e stretta a me, sei proprio strana eh…”
“ se mi copro è perché di maniaci oggi ne ho avuta abbastanza” rispose lei stizzita, rendendosi conto solo dopo di quel che aveva detto.
“ scusa Vegeta, non volevo dire che tu sia come Yamcha, assolutamente, anzi, mi hai anche salvata è che…”
“ non hai nulla di che scusarti, dico sul serio- disse lui guardandola serio- nella mia vita ho violentato donne ben più vestite di te- disse sorridendo- ma non è quello che voglio fare con te. Quindi stai pur serena e rilassati.”
Bulma rimase senza parola a quella confessione. Lei e Vegeta non si erano mai scambiati molte confidenze ma era chiaro che dopo l’incidente delle settimane scorse fosse cambiato il rapporto tra loro.
Spinta da un moto d’affetto, posò il capo sulla spalla di lui e prese una mano tra le sue.
Osservò l’enorme differenza tra loro.
Le sue mani erano candide e perfette, non un graffio, non una macchia, le unghie curate la facevano sembrare davvero una principessa. Poi c’erano le mani di Vegeta, grandi, nodose e coperte di cicatrici, alcune recenti, altre meno. Erano proprio diverse le loro mani, eppure stavano benissimo insieme, sembravano fatte appositamente per stare insieme.
Bulma strinse la mano di Vegeta tra le sue e dopo esservi voltata a guardare il suo viso fiero ed impassibile posò un bacio a fior delle sue labbra.
L’aveva baciato sulle labbra perché voleva che sentisse la sua gratitudine e perché voleva assolutamente dar amore a quelle labbra che avevano dato solo violenza.
“ grazie Vegeta, grazie davvero. Mi hai salvata da quella che poteva essere davvero una pessima esperienza e ti sei comportato come un vero amico. Ti voglio bene.”
Aveva sussurrato quelle parole con tutta la tranquillità del mondo, come se fosse naturale.
Vegeta non le rispose, non a parole almeno, non per il momento, si limitò ad afferrare il suo viso con entrambe le mani, in una stretta forte e gentile allo stesso tempo, a portarlo davanti al suo, e ad approfondire il bacio che gli era stato dato poco prima.



 
   
 
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