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Autore: unaDADAqualunque    15/10/2012    0 recensioni
Lei ha bisogno di innamorarsi. Lui è ricco, famoso, gay.
Le loro vite devono subire una svolta.
Dal 1' capitolo:
“La tua foto mi ha rasserenato la giornata. Ti ringrazio.”
Enter. Messaggio inviato. L'aveva fatto.
Si sentiva viva come non mai. Era definitivamente uscita dal coma.
(Non ho mai scritto nulla, questa per me è la prima volta. Ogni suggerimento è più che ben accetto!
uDADAq)
Genere: Fluff, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Milano, Dicembre.

 

Nella mano destra, una sigaretta spenta. Sulle spalle, una chitarra.

Era poco più alto di lei, sembrava avere la sua stessa età, visibilmente in sovrappeso come Richard... Fisicamente poteva quasi esserne la copia.

Gli unici particolari che rendevano quel ragazzo sconosciuto totalmente diverso da Wallis erano la rada barbetta attorno al viso rotondo e accaldato e i capelli rossi alzati con il gel per formare una piccola cresta. I suoi occhi erano di un verde molto brillante anche se forse troppo piccoli per quel viso così abbondante.

Martina si domandò chi fosse, da dove venisse, se abitasse lì. Non lo aveva mai visto e, certamente, non era italiano. Parlava con uno spiccato accento straniero ed era riuscita a stento a capire le sue parole.

 

“Grazie, ma non importa. Abito al secondo piano e la valigia non è pesante” rispose lei dopo averlo attentamente scrutato. Non aveva la faccia da delinquente, tanto meno pareva avere brutte intenzioni.

 

“Oh, tu abita sotto di me! Io sono nuovo, abito qui da due giorni. Mi chiamo Ragnar” disse immediatamente il ragazzo, aprendo la porta e prendendole la valigia, quasi non avesse fatto caso alle sue parole.

 

Fece le scale di corsa, portando la valigia con la mano sinistra, la sigaretta ancora spenta in quella destra e la chitarra sulle spalle intenta a sbattere ovunque per via dei suoi movimenti troppo improvvisati.

Martina, ancora fuori dal portone, pensò a quanto fosse strano e goffo. Pensò a quanto fosse simile a Richard nel modo di camminare, a quanto fosse diverso nel modo di approcciarsi a lei.

Vedeva Richard in ogni posto, in ogni persona. Doveva smetterla, o non sarebbe più stata in grado di andare avanti.

Qualche ora prima era abbracciata a lui, in quella camera con la vista sul Regent's Park, mentre ora era a Milano, davanti a casa, pronta a riprendere la vita di tutti i giorni svogliatamente e con la stessa apatia che aveva caratterizzato le sue giornate prima di incontrarlo. Non ne aveva per niente voglia.

Nonostante tutto, salì le scale.

Davanti alla porta, ad aspettarla c'era Ragnar che, finalmente, stava accendendo la sigaretta tenuta spenta in mano fino a quel momento.

 

“Grazie, davvero non importava. Sei stato molto gentile” lo liquidò Martina, senza neppure un accenno di sorriso.

Aprì la porta e entrò in casa. Il suo gatto stava dormendo sul divano come al solito, le piante si erano seccate e la luce grigia del cielo milanese entrava flebile da una delle finestre della cucina.

Appoggiò la valigia a terra con un gesto di stizza e andò a sedersi accanto al gatto.

Da lì, poteva sentire Ragnar che, entrato in casa, suonava la chitarra e cantava in una lingua incomprensibile. Era piuttosto bravo.

“Che maleducata, non l'ho neppure invitato ad entrare” pensò tra sé e sé.

Decise che, dopo essersi sistemata, sarebbe andata da lui per scusarsi. Lo avrebbe invitato a bere qualcosa da lei. “Mi pare il minimo” asserì.

 

Richard non aveva ancora chiamato per sapere se stava bene, se era arrivata, per dirle anche solo che l'amava e che non l'avrebbe lasciata sola pur essendo a 1500 km di distanza.

Non voleva pensarci più di tanto, sarebbe andata da quel ragazzo simpatico appena conosciuto e avrebbe scambiato qualche parola con lui, come Richard non fosse mai esistito.

Si sistemò i capelli, si fece una doccia e cambiò i vestiti.

Salì le scale.

 

“Vengo sì, grazie!”

Ragnar aveva accettato il suo invito, e ora erano assieme in quella casa troppo grande per una persona sola ma troppo piccola per due.

 

Dopo essersi scusata del comportamento assunto in precedenza, gli spiegò le motivazioni che l'avevano condotta ad essere così sgarbata e maldisposta nei suoi confronti.

E mentre lei raccontava tutta la sua storia, sul viso di Ragnar non cessò mai il sorriso.

Era sempre così maledettamente felice? Sembrava che nulla potesse infastidirlo, che nulla potesse portargli via quel bagliore dagli occhi.

Martina lo invidiava e, dopo averlo guardato dritto negli occhi, sentiva di potersi fidare di lui.

 

“Chiamami Raggi, prego. In Islanda abbiamo nomi strani, sembrano tutti duri... Raggi è più dolce. Come me.” disse lui sempre con il sorriso stampato in faccia. Era contagioso.

Quel ragazzo le faceva bene.

 

Passarono molte ore assieme quel pomeriggio, e dopo cena, si misero a guardare un film.

Licia aveva avvertito che non sarebbe passata, aveva il doppio turno al ristorante, ma a Martina sembrò non dispiacere affatto la compagnia di quel ragazzo islandese piuttosto che quella dell'amica.

Trascorsero la serata tra una parola e l'altra, senza che Richard si fosse fatto sentire.

Che non volesse più parlare con lei? Che non fosse più innamorato?

“Ma no, non è possibile. Non smetti di amare qualcuno da un momento all'altro.”

 

La compagnia di Raggi era stata preziosa quella sera, e, anche se le aveva impregnato la casa dell'odore delle sigarette, decise che il giorno dopo avrebbe passato ancora un po' di tempo con lui se lui avesse voluto.

Anche questa volta, Ragnar accettò.

Quel ragazzo le faceva davvero bene.

Si salutarono, si era fatto tardi ed era ora di dormire.

 

Sdraiato nel letto, Raggi era eccitato al pensiero di poter stare con lei ancora una volta l'indomani...

Non si era mai preso una cotta per nessuno nella sua vita, eppure sentiva che quella ragazza poteva piacergli. Sentiva che era diversa. Gli piaceva che lei lo guardasse con occhi teneri.

Martina aveva bisogno di una persona che potesse essere lì per ogni cosa. Voleva essere lui, quella persona.

 

Per lui, il classico colpo di fulmine... il momento di innamorarsi era arrivato.

  
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