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Autore: jas_    16/10/2012    18 recensioni
«Allora, mi vuoi dire o no come mai ci hai messo così tanto a prendere una baguette? Nessuna conoscenza?» mi domandò Carmela, appoggiando le mani sui fianchi.
Alzai gli occhi al cielo, «no» brontolai.
Rimanemmo in silenzio alcuni secondi, «anzi, adesso che ci penso sì» mi corressi. «Non è che sia una conoscenza - precisai - diciamo che ho scoperto che la ragazza che lavora lì è del South Carolina.»
Carmela batté le mani entusiasta, risi lievemente chiedendomi se avesse davvero cinquant’anni quella donna perché a volte ne mostrava venti per come si comportava.
Si sedette nel posto accanto al mio scrutandomi seria, «e dimmi, è carina?»
Scoppiai a ridere piegandomi leggermente in avanti, «ma che c’entra! Non la conosco e non sono interessato!» esclamai, «però sì.»
«E cos’aspetti ad approfondire la conoscenza?»
La guardai sottecchi aspettando che scoppiasse a ridere da un momento all’altro o che mi dicesse “Harry sto scherzando!”, invece era estremamente seria.
«Tra dieci giorni me ne vado» constatai.
«E quindi? Dieci giorni sono più che sufficienti per innamorarsi!»
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Harry e Lennon'
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Giorno 7
 

28 Dicembre

Harry

 
Mi svegliai di soprassalto, le coperte quasi completamente cadute dal letto e la schiena umida, imperlata di sudore così come la fronte. Non avevo idea di che cosa avessi sognato, nella mia mente c’era soltanto il buio ma una sensazione di angoscia e inquietudine mi era rimasta addosso. Mi alzai lentamente dal letto e indossai un paio di pantaloni della tuta che avevo lasciato appoggiati sulla sedia della scrivania. Andai in bagno e mi diedi una rinfrescata al volto prima di prendere in mano il cellulare. La prima cosa che mi venne in mente fu Lennon, e improvvisamente una strana sensazione mi pervase il corpo. Come se quell’ansia con cui mi ero svegliato fosse, in una qualche strana maniera, collegata a lei. Scossi la testa cercando di cacciare via quegli strani e scomodi pensieri e decisi di mandarle un messaggio augurandole il buongiorno e chiedendole come stesse. Sentii una suoneria famigliare in lontananza, rimasi in silenzio alcuni secondi fino a quando non mi convinsi che era tutto frutto della mia immaginazione ed aprii la porta di camera mia per dirigermi in cucina e far tacere lo stomaco che non smetteva di brontolare. Non appena iniziai a scendere le scale sentii delle voci femminili provenire dal piano inferiore. Chi poteva esserci in casa mia alle nove e mezza del mattino? Trascinai i piedi fino alla cucina, osservai distratto Carmela e la sua interlocutrice prima di arrestarmi di scatto sulla soglia della stanza come immobilizzato. «Che ci fai qui?» domandai dopo alcuni secondi di sgomento. Lennon rise alzandosi dallo sgabello su cui era seduta e venendomi incontro. Quanto mi era mancata la sua risata, mi ritrovai a pensare, nonostante non fossero nemmeno ventiquattro ore che non la sentivo.
«Mi aspettavo almeno un saluto, se non sei felice di vedermi posso anche tornarmene da dove sono venuta» scherzò lei.
Scossi la testa sorridendo ancora incerto e allargando le braccia per accoglierla. La strinsi a me affondando il naso tra i suoi capelli e respirando a pieni polmoni il suo profumo.
«Io vado di là» sentii a malapena dire a Carmela, prima di vederla con la coda dell’occhio uscire dalla cucina.
«Mi stai soffocando» borbottò Lennon, con il viso praticamente schiacciato addosso al mio petto.
Mollai immediatamente la presa grattandomi la nuca imbarazzato, «scusa» mormorai, avvampando improvvisamente.
Lei sembrò non farci caso e si limitò a sorridermi rassicurante, «sono felice di vederti» ammise sincera.
Non riuscii a non increspare le labbra di fronte a quelle parole, «a chi lo dici, ma non so ancora come mai non sei partita» ammisi, «perché non partirai, vero?» aggiunsi, facendomi prendere leggermente dal panico.
Non volevo sentirmi dire che sarebbe partita nel pomeriggio e che era venuta a salutarmi un’ultima volta, non avevo intenzione di salutarla due volte nel giro di due giorni. Non sarei riuscito a...
«Non parto Harry» mi rassicurò lei, mordendosi il labbro inferiore cercando invano di trattenere la felicità, «quando ieri sera sono tornata a casa i miei mi hanno detto che mi dovevano parlare e mi hanno lasciata scegliere se andare con loro oppure no. Non so da cosa sia dipeso questo improvviso cambiamento di idea ma sinceramente non mi interessa, l'importante è che sia successo» spiegò, battendo le mani visibilmente estasiata dalla faccenda.
Non potei che farmi contagiare dall’entusiasmo e istintivamente la strinsi di nuovo a me, «ma sei a casa da sola, quindi?» domandai.
Lei non rispose, ma la vidi annuire.
«E non hai paura?»
Lennon alzò le spalle, «prima che tu me lo chiedessi, no. Ora però mi stai facendo venire i dubbi, dovrei averne?»
Sospirai, «non so. Se vuoi qui un posto per te c’è, magari saranno anche più tranquilli i tuoi.»
Lei inarcò un sopracciglio poco convinta, «non so quanto possa fare  piacere ai miei sapere che dormo con il ragazzo che pensano sia effettivamente il mio ragazzo.»
Mi lasciai scappare una risata, «non devi dormire con me» spiegai, «a meno che tu non lo voglia» aggiunsi ammiccante. «E comunque saresti sotto la supervisione di un adulto, poi i tuoi genitori mi adorano.»
Lennon alzò gli occhi al cielo, «condivido l’ultimo punto, ma sono ancora scettica a riguardo. Non vorrei che pensassero che dopo aver preso il dito pretenda anche tutta la mano, non saprei...» borbottò lei, pensierosa e indecisa.
«Se vuoi parlo io con loro, poi se non ti lasciano non fa niente. Vuol dire che dormirai da sola in un appartamento di città e che nel caso arrivi qualcuno sarai piccola e indifesa...»
Lennon mi diede una spinta facendomi tacere, «smettila!» esclamò, fingendosi arrabbiata nonostante non riuscisse a trattenersi dal ridere, «così mi fai cagare addosso sul serio!»
«Era quello che volevo fare» ammisi, sorridendole sornione.
Lei sbuffò estraendo il cellulare dalla tasca, «li chiamo» borbottò, componendo il numero mentre usciva dalla cucina.
Mi avvicinai alla credenza e presi una tazza che riempii di caffè, andando a sedermi poi su uno sgabello e cominciando a mescolare sovrappensiero lo zucchero che avevo messo.
«Perché non mi avevi detto che Lennon era così una bella ragazza?»
La voce squillante di Carmela mi fece sussultare e mollare la presa dal cucchiaino che cadde nel caffè sbattendo rumorosamente contro la tazza.
«Eh?» domandai confuso.
Lei alzò gli occhi al cielo, «la tua amica» spiegò, «è davvero carina.»
Annuii senza riuscire a trattenere un sorriso, «già» ammisi.
Lei mi si avvicinò scrutandomi attentamente da ogni prospettiva, «c’è qualcosa che mi stai nascondendo?» chiese poi, con tono indagatore.
Mi sentii avvampare nonostante non stessi nascondendo davvero niente, la sua insistenza mi metteva a disagio, in realtà a volte Carmela era in grado di mettermi a disagio così dal nulla. Mi sentivo un po’ in soggezione con lei.
Scossi la testa risoluto, nascondendo la faccia dietro la tazza che mi portai alle labbra.
Carmela sussultò, come colta da un’illuminazione improvvisa. «Vi siete baciati!» mi indicò, sfiorandomi la guancia sinistra con l’indice. Non risposi, mi limitai a finire il caffè in un sorso e a pulirmi la bocca con un tovagliolo.
«Harry...» mi riprese. Mi voltai verso di lei in silenzio. «Rispondi.»
«Non ti interessa!» esclamai.
«Oddio vi siete baciati, vi siete baciati!» continuò a cantilenare lei, come i bambini dell’asilo. Scossi la testa senza riuscire a non ridere a quella scena, una donna di quasi sessant’anni che ne mostrava cinquanta in meno, se non di più.
«Ma è la tua ragazza?» continuò poi, calmandosi improvvisamente.
La osservai smarrito, era la mia ragazza? Non credevo proprio, insomma, ci eravamo solo baciati un paio di volte e non facevamo che uscire insieme e molto probabilmente lei si sarebbe trasferita a casa mia per alcuni giorni e...
«Bo» ammisi sincero.
«Harry!»
Lennon tornò in cucina con un sorriso che le illuminava il volto e il cellulare in mano, sprizzava gioia da tutti i pori. «Hanno detto di sì!» esclamò entusiasta, lanciando una rapida occhiata a Carmela che ci osservava confusi.
«Siccome era a casa da sola le ho chiesto se le andava di venire qua» spiegai, con calma.
Carmela inarcò le sopracciglia annuendo lentamente, «capisco...» aggiunse poi, con un tono di voce che mi sapeva tanto di presa per il culo. «Beh, io torno di là a finire di pulire» spiegò, uscendo dalla cucina.
La osservai andarsene prima di tornare a guardare Lennon, «sei sicuro che non ti dia fastidio?» mi domandò. Risi scuotendo la testa, «c’è posto anche per te, tranquilla! Non può farmi altro che piacere!» esclamai, alzandomi dallo sgabello e avvicinandomi a lei.
«Sicuro?»
Annuii mordendomi il labbro inferiore e prendendo le sue mani tra le mie, «sicurissimo» mormorai, prima di annullare le distanze tra di noi.
Era da quando l’avevo vista in casa mia che stavo aspettando di farlo, e le sue labbra erano esattamente morbide e piene così come le ricordavo. Chiusi gli occhi assaporando al massimo quel momento che non credevo sarebbe arrivato di nuovo, prima di staccarmi a malincuore da lei e appoggiare la mia fronte alla sua, facendo sfiorare i nostri nasi.
Guardai in silenzio in quegli occhi che non avevo mai visto così da vicino e che lei si ostinava a dire che erano orrendi quando in realtà io li trovavo solamente perfetti
Lennon sorrise lievemente, abbassando lo sguardo leggermente in imbarazzo.
«Perché quando ti fisso guardi sempre da un’altra parte?» domandai.
«Perché mi fai sentire a disagio» mormorò lei.
Le misi una ciocca di capelli dietro l’orecchio sinistro, «non hai niente per cui essere a disagio, sei bellissima» la sussurrai, prima di darle un lieve e casto bacio a stampo.
Lennon avvampò, diventando dello stesso colore del maglione rosso che indossava.
«Sei mai stato al Louvre?» mi chiese poi, di punto in bianco.
 

Lennon

 
Osservai Harry che continuava a girarsi su sé stesso ammirando l’enorme museo che lo circondava e scattando foto a qualunque cosa gli capitasse sott’occhio proprio come quei turisti dagli occhi a mandorla che popolavano la città.
«Mi sembra di essere finito ne “Il Codice Da Vinci”» osservò poi, fotografando una piramide di vetro.
«Hai letto il libro?» domandai meravigliata.
«No, però ho visto il film», Harry mi sorrise sincero.
Non potei fare a meno di ridere mentre mi dirigevo verso l’entrata del Louvre che – stranamente – non era poi così affollata.
«Allora, cosa mi porti a vedere?» domandò Harry, curioso.
«Lo scoprirai, qualunque cosa all’interno di questo museo è da vedere» spiegai, mentre porgevo la mia borsa ad un addetto alla sicurezza perché la controllasse.
Mi diressi verso la biglietteria ma non ci fu ragione che impedì ad Harry di pagare, ignorai la cartina che ci venne data: conoscevo quel posto come le mie tasche.
Cominciai a dirigermi verso la sezione di archeologia mediorientale, non era quella che mi entusiasmava di più ma per Harry era la prima volta che veniva al Louvre e non poteva perdersi tutto il patrimonio che quel museo custodiva.
Gli raccontai quelle poche cose che mi ricordavo dai primi anni di liceo, improvvisandomi la sua guida personale. Lui sembrava ascoltare interessato, ma infondo sapevo che lo faceva più per me che perché gli importasse davvero delle prime monete coniate.
«Perché non facciamo una pausa?» mi domandò a un certo punto, sedendosi sulla prima panchina libera che trovò, sospirai assecondandolo.
«Okay, ma sappi che ci mancano le cose più importanti e famose» lo avvertii.
«Che io sappia solo la Gioconda» disse lui, cercando di reprimere uno sbadiglio, invano.
Strabuzzai gli occhi, «ma cosa stai dicendo? Dove hai lasciato la Vergine delle Rocce, sempre di Da Vinci, la Venere di Milo, la Nike di Samotracia e l’Ultima Cena, anche se è una copia?» lo ripresi stizzita.
Harry mi guardava stralunato senza sapere cosa dire, «l’Ultima Cena è un falso?»
Annuii, «l’originale è custodita a Milano» spiegai, «questa è una copia, ma non significa che non sia altrettanto bella.»
Lui sospirò, «c’è ancora così tanta roba da vedere? Io pensavo ci fosse soltanto la Gioconda» borbottò.
Non riuscii a trattenermi dal ridere, «se si vuole visitare bene questo museo, bisogna trascorrerci come minimo una giornata, noi ci siamo dentro da tre ore!» esclamai, ancora divertita.
«Non possiamo fare un taglio alle regole?» mi propose lui.
Ci pensai su un attimo, ma anche volendo non sapevo cosa fargli vedere e cosa no. Come si poteva visitare un museo così pieno di sapere e di bellezza e saltare delle cose?
«Va bene» cedetti infine, «a cosa ti vuoi limitare allora?»
«Non saprei... Sei tu la guida. L’Ultima Cena no di certo, dato che è un falso» borbottò corrucciato.
Sospirai, «okay, allora che ne dici della Gioconda,  la Vergine delle Rocce, la Venere di Milo e la Nike di Samotracia?» proposi.
«Hai praticamente ripetuto tutto» osservò lui, «lasciamo fuori la Vergine delle Rocce dai, non m’ispira dal nome.»
Lo osservai in silenzio per alcuni istanti, infine non riuscii a resistere a quel sorriso persuadente e a quello sguardo malandrino che mi stava rivolgendo e assentii sconsolata, alzandomi.
Mostrai più velocemente che potei ad Harry tutto ciò che avevamo deciso di vedere lasciando per ultima la Nike di Samotracia, la scultura più vicina all’uscita ed anche la mia preferita. Mi fermai su una delle due scalinate  che portavano ad essa così da poterla ammirare dall’alto senza essere ostacolata dalla marea di turisti che c’erano davanti fotografandola e filmandola.
«Eccoci qua!» esclamai, leggermente affannata per la lunga scalinata che avevamo appena fatto ed indicando la scultura ad Harry.
«Non male» osservò lui, prendendo il telefono dalla tasca per scattare una foto.
«E’ una delle mie sculture preferite» dissi, incantata a guardarla, «nonostante non si sappia bene chi l’abbia scolpita, è stata ritrovata sull’isola di Samotracia, appunto, già priva delle braccia e della testa» spiegai, «rappresenta la giovane dea alata, figlia di Zeus e simbolo delle vittorie militari, mentre si posa sulla prua di una nave da battaglia. Come si può facilmente notare dalla posizione del corpo, delle ali, e da come il vestito aderisce» indicai la scultura, «la dea era investita dal vento e la gamba destra protesa in avanti dona alla figura un’aria ancora più imponente. Il piede era appoggiato alla nave, ecco perché non c’è più» conclusi brevemente.
Harry annuì serio, continuando ad osservare la scultura davanti a noi, e per la prima volta mi parve davvero interessato a ciò che stavo dicendo, proprio come quando non credeva che spostandosi davanti al dipinto della Monna Lisa si sarebbe sempre sentito i suoi occhi addosso e lo dovette provare sotto lo sguardo sconcertato delle guardie.
«Non si ha proprio la minima idea di chi l’abbia scolpita?» domandò poi.
«Si sospetta Pitocrito, nel 200 a.c. circa.»
«Come sei informata! Sei stata sveglia tutta la notte a studiartele queste cose?» mi domandò poi Harry, divertito.
«Si dà il caso che faccio il liceo artistico!» esclamai, «se non sapessi queste cose non sarei all’ultimo anno» risi.
«Cosa vuol dire? Io so a malapena quand’è scoppiata la rivoluzione francese, e sono anch’io in quinta!»
«Questa è la differenza tra me e te, Harry» lo presi in giro, dirigendomi verso l’uscita del museo.
Passammo a casa mia dove misi in una borsa alcuni vestiti per i successivi giorni, spazzolino da denti e altre cose necessarie alla sopravvivenza prima di andare a casa di Harry.
Mi sentivo leggermente a disagio nel restare da lui, più che altro perché sapevo che avrei conosciuto suo padre che stando ai suoi racconti non era un tipo molto espansivo e loquace e non sapevo cosa avrebbe potuto pensare di me. Sarebbe stato una di quelle persone snob e con la puzza sotto il naso oppure nonostante i soldi, era una persona abbastanza alla mano come il figlio?
Mi sedetti al primo posto libero che trovai sulla metro e misi la borsa in grembo appoggiando la testa sulla spalla di Harry che passò un braccio dietro la mia schiena attirandomi a lui.
«Che cosa dirà tuo padre?» domandai poi, con gli occhi socchiusi e la voce bassa.
«Niente... credo» disse incerto, «cioè, non so, non gli ho mai portato nessuna ragazza a casa, ma non credo gli dia fastidio. E anche se fosse, non può dire niente, per il tempo che lo vedrai...» sospirò.
Cercai la sua mano e la strinsi forte, cercando di infondergli coraggio e un po’ di buonumore, da Natale il rapporto con suo padre era peggiorato ulteriormente e a quanto pareva non si erano mai chiariti. O meglio, Harry non mi aveva mai detto niente.
«Sai, c’è sempre tempo per cambiare» osservai.
«Non è mai cambiato in diciott’anni, perché dovrebbe farlo proprio ora?» domandò, sprezzante.
Mi strinsi nelle spalle senza sapere bene cosa dire, «Harry, rimane sempre tuo padre...»
Lo sentii sospirare e alzai leggermente la testa così da poterlo guardare negli occhi, «come farò senza di te?» chiese poi.
Sentii un brivido attraversarmi il corpo e il mio cuore accelerare i battiti, com’era possibile che esistesse al mondo un ragazzo così meraviglioso? Mi chiesi invece io, e soprattutto che volesse me?
Mi era quasi impossibile da pensare, invece quelle due meravigliosi iridi color verde smeraldo che mi osservavano da così vicino ne erano la prova.
«C’inventeremo qualcosa» lo rassicurai, alzandomi poi dalla sedia dato che la prossima fermata sarebbe stata la nostra.
Harry mi prese gentilmente la borsa e scese per primo dalla metro, sorrisi nel ripensare al primo giorno in cui l’avevo visto, a come si sentiva spaesato e fuoriposto in quella città che ora mi aveva fatto capire non volere abbandonare.
Camminammo in silenzio fino a casa sua, ognuno assorto nei propri pensieri.
Ero ancora spiazzata da quelle parole, era umanamente possibile che le cose che diceva una persona potessero farti sentire così frastornata, spaventata, sorpresa, ma allo stesso tempo così dannatamente felice?
«Pronta?» mi domandò Harry, fermandosi davanti al portone di casa sua.
Non riuscii a trattenere un sorriso ed annuii prima di sentire le labbra di Harry sulle mie.
Quando arrivammo all’appartamento Carmela era già alle prese con la cena, la salutai educatamente prima di seguire Harry verso quella che sarebbe stata camera mia. Era più grande della mia stanza vera, i mobili sapevano ancora di nuovo, probabilmente quel locale veniva utilizzato poco, pensai. Mi mostrò anche il bagno e camera sua, che stava esattamente di fronte alla mia, prima di tornare in cucina.
«Devo aiutarti?» domandai gentilmente a Carmela, che scosse la testa decisa.
«Non c’è bisogno, cara» mi disse poi, dolcemente. «Harry» lo chiamò, cambiando completamente tono di voce, «prepara la tavola.»
Non riuscii a trattenere una risata mentre lui obbediva senza proferire parola, decisi di dargli una mano. Presi i piatti e le posate seguendolo verso il tavolo, in quel momento la porta d’entrata si aprì facendo apparire un uomo alto vestito in un completo elegante.
Lo osservai quasi incantata, era incredibile quanto assomigliasse a Harry, solo con un po’ di anni in più.
«Ciao papà» lo salutò il figlio, con un tono freddo e distaccato.
Solo in quel momento l’uomo si voltò nella nostra direzione, «buonasera» disse, in un tono formale, prima di posare lo sguardo su di me e sorridermi calorosamente.
«Oh, non sapevo avessimo visite!» aggiunse gentile, avvicinandosi.
«Salve signor Styles» lo salutai porgendogli la mano che lui strinse con presa forte.
«Chiamami pure Des» mi corresse.
«Papà, lei è Lennon» s’intromise Harry, «si fermerà da noi per alcuni giorni, i suoi sono in vacanza» spiegò.
Trattenni il respiro aspettandomi qualche commento strano da parte sua ma Des si limitò a sorridermi gentilmente, ecco da chi aveva preso le fossette il figlio, pensai.
«Potevi dirmelo prima!» esclamò l’uomo, «avrei prenotato al ristorante.»
Vidi Harry strabuzzare gli occhi, palesemente sorpreso da quella risposta.
«Anzi, facciamo così, domani sera usciamo a cena, ora devo andare in ufficio a finire una cosa» aggiunse velocemente. «E’ stato un piacere Lennon» mi congedò, prima di sparire nel corridoio.

-

Oddio ma questo è l'ultimo capitolo che ho pronto, mamma mia che trauma oò 
Il prossimo non ho idea di quando arriverà, ho questa settimana e la prossima piena di verifiche ma farò del mio meglio.
Sarò velocissimissima perché ho la batteria del Mac al 10%, non so se rendo l'idea HAHAHA Volevo solo dirvi che era ovvio che Lennon non sarebbe partita, la fan fiction s'intitola 10 giorni per innamorarmi di te, non 6 AHAHAHA
Comuuunque, niente, non ho riletto ma non ho tempo e non metto nemmeno lo spoiler per lo stesso motivo, e poi il prossimo capitolo non è neanche finito. Tutto perché non ho sbatta di alzarmi dal divano e andare in camera a prendere il caricabatterie, anche se mi sto tipo pisciando addosso quindi dovrò tirarmi su per forza çç
Okay la smetto con le mie baggianate, fatemi sapere che ne pensate vi prego <3
Jas


P.S. Ringrazio Wikipedia per tutte le meravigliose informazioni che mi ha dato sul Louvre, sono quasi tutti dei puri copia/incolla ahaha


 

   
 
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