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Autore: Callie_Stephanides    17/10/2012    8 recensioni
Quando si incontrano per la prima volta, in occasione della finale della Coppa del Mondo di Quidditch, Draco Malfoy e Hermione Granger devono ancora compiere quindici anni.
E' un rapido sguardo, il loro; la curiosità di un momento.
Qualche settimana più tardi, tuttavia, quando l'unico figlio di Lucius Malfoy arriva a Hogwarts con la legazione di Durmstrang per il Torneo Tremaghi, il Destino stringe il nodo di cui saranno gli estremi.
Puoi innamorarti della ragazza che ha rubato il cuore dello Czar di Durmstrang?
Se è tanto forte da sciogliere la prigione di ghiaccio in cui ti sei nascosto, forse sì.
Genere: Dark, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Severus Piton, Sirius Black, Viktor Krum | Coppie: Draco/Hermione, Vicktor/Hermione
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4
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- Questa storia fa parte della serie 'Dum spiro, spero'
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24.06.1995, Hogwarts – Foresta proibita.

“Perché ci avete disturbato? Come osate turbare la pace della Foresta?”

La voce del centauro gli risuona in testa prima ancora che le labbra si muovano. Tra le sue braccia, invece, il cuore di Florian è sempre più lento, inconsistente il respiro.
Non c’è più tempo. Nessuno ne ha più.

“Terribili forze oscure minacciano Hogwarts, forse l’intero Mondo Magico. Chiediamo aiuto adesso perché nessuno ne soffra in futuro e in modo irrimediabile.”

Sirius approva con un cenno del capo. Storna lo sguardo, perché non ha bisogno del consenso di un cane. La verità è che a volte quasi dimentica quel che sono stati, in vista di un presente che rischia di cancellarli tutti. Un presente che è già quasi adesso.
Fiorenzo raspa la terra con l’accanimento delle anime impazienti.
“Cosa vi aspettate che facciamo?”
Ora è Black a prendere la parola. “Il mio figlioccio Harry e probabilmente molti altri studenti sono destinati ad avere una pessima giornata. Alcuni Mangiamorte si sono infiltrati nella scuola e hanno tutto l’interesse a restarci, per un’evocazione che temiamo abbia a che fare con Colui-che-non-deve-essere-nominato. La terza prova del Torneo Tremaghi è l’occasione scelta per il rito. Vorremmo una… Una collaborazione eversiva.”
Le code di un paio di centauri spazzano l’aria con violenza. “Domandate e pretendete sulla base di semplici supposizioni? Reclamate aiuto senza sapere cosa farne?”
Piton stringe i denti, spazientito. Una vita spesa a indossare tante maschere da dimenticare il calore della pelle non gli è servita a metabolizzare quella che è forse la lezione più importante per una spia: azzerare le emozioni, dimenticare la tristezza e il rancore e la rabbia sotterranea di chi vive all’ombra e mai trova la rassicurante solidarietà del simile.
E Florian sta morendo tra le sue braccia.

No, no. Lily basta per tutti…

“È chiaro che non avete compreso…” sibila. Depone con attenzione il ferito su un soffice letto di felci, prima di raggiungere un antico nemico che è al momento il solo alleato certo. “Stiamo parlando del Signore Oscuro!”
E vorrebbe scoprirsi il braccio e mostrare loro come il Male roda la carne e scivoli dentro, infettando ogni cosa: i radi barbagli di luce, le povere emozioni di una vita che il sole ha sempre illuminato poco, seminando infinite delusioni e fiele.
Sirius, tuttavia, lo arresta un istante prima. Il suo è un invito discreto, un estremo richiamo al buonsenso: come potrebbero reagire i centauri, se sapessero quanto oscuro è il suo cuore?
“Veniamo in pace e portiamo la parola di Silente,” riprende Black. “Tutti abbiamo a cuore il benessere di Hogwarts e del Mondo Magico. Desiderate rendervi complici del ritorno di chi già una volta ha attentato alla nostra libertà?”

***

24.06.1995, Hogwarts.

“Florian…”
“Was?” (Cosa?)
“Hast du nicht gehört?” (Non hai sentito?)

I primi ad accorgersene sono stati i gemelli, perché Vassil Krum l’ha travolto con un’eloquenza non inferiore alla sua fama di soldato e robusto bevitore di vodka.
Axel Von Kessel spia di rado le mosse dei campioni: è teso, distratto e non riesce a liberarsi di un tarlo orribile. Non ha ancora individuato il più giovane dei suoi figli tra le fila di Durmstrang, né vede Draco, che da quattro anni, ormai, è abituato ad accostargli. Biondo e pallido com’è, per altro, il figlio di Lucius dovrebbe spiccare come un’asola di luce nella tetraggine delle fila del collegio.
Invece niente – e Malfoy percorre rabbioso la tribuna, in preda a un’inquietudine dolorosamente familiare.

“Padre…”
Le dita di Kaspar gli artigliano la spalla con forza inaspettata. Klaus è già in piedi, lo sguardo fisso a una bolla sospesa che gli astanti scrutano annichiliti.
“Non ve ne siete accorto?”
Axel scuote il capo, la gola secca e un dolore sordo a invadergli il petto.
Un irriconoscibile Draco minaccia il campione di Hogwarts, mentre lacrime e pioggia ne bagnano il viso.
“Florian chiede aiuto,” ripete Kaspar – e cerca il suo braccio per rialzarsi.
Lucius Malfoy abbandona la tribuna, mentre lady Narcissa si copre il viso.
È una scena scomposta, eppure silenziosa. Basterebbe un urlo a spezzarne la dolorosa sacralità, ma quel grido non viene. Se ne sta incastrato in profondità, tra la gola e il cuore.
Tra un passato da salvare e un futuro da piangere.
“Ne sei sicuro?”
Klaus ha già raggiunto l’ingresso del labirinto. Al suo fianco, due robusti ragazzi dai capelli rossi.
“Ho già perduto una volta, padre,” sussurra Kaspar. “Ora riconosco la voce del cuore, quando mi parla.”

Io no, invece… Ho smesso d’ascoltarla da troppo tempo.
Non giudicarmi, Liebe, e dammi la forza…

***

Forse è stato il dolore a svegliarlo, forse quegli occhi così belli e così disperati; gli stessi che ha visto brillare mesi e mesi prima nella piana che ha dato avvio al sogno e poi all’incubo.
Gli occhi di Hermione.
Il braccio massacrato lo fa morire, ma è in petto che sanguina davvero.
Florian si è immolato per salvarlo, ha quasi ucciso la ragazza più coraggiosa del mondo e non è comunque riuscito ad ammazzare Potter, perché il sangue ha smesso di piacergli come l’ha visto scorrere ovunque. Ed era troppo.
Draco raggiunge la coppa, mentre il panico monta in onde sempre più ravvicinate.

Cosa faccio? Cosa posso fare?

Un vento impetuoso spazza le nubi, ma il cielo resta una cappa plumbea, opprimente.

“Eccolo!”

Ancora la voce di Potter e poi, rapida, la pressione dell’implacabile bacchetta di Viktor.

“Tu…”

È il ringhio di una bestia, ma ne ha incontrate di peggiori: non è una fiera che possa temere. Il terrore, anzi, come follia, gli cresce dentro ed esplode in una scrosciante risata – ride, sì, perché sono tutti condannati. Tutti.
“È Voldemort che ti manda, vero? È lui che…” lo incalza il Prescelto, mentre Krum lo stringe alla gola, quasi fosse un affidabile, leale mastino.
Un cane, ecco cos’è. Un grosso cane stupido.
Il braccio sinistro prude. Il teschio sta ridendo.
Poco a poco, la debole eco del buonsenso svanisce, inghiottita dal sinistro latrare di una voce che gli urla in testa: portalo da me, Draco, da bravo. Portalo da me e saprò come ricompensarti.
Vuoi vendicarti di Barty?
Vuoi essere il primo dei miei soldati?
Coraggio, Draco Malfoy: mostrami quanto è puro il tuo sangue.

Oh, sì, mio Signore. Oh, sì.

“Stiamo aspettando,” ringhia Viktor, prima di accorgersi del suo sguardo. “Ma che…”

Dolohoferio, pensa Draco, e lo pensa con un’intensità mai sperimentata prima; una forza che non sapeva di possedere, ma che ora, all’improvviso, scorre in ogni fibra del suo corpo.
È il Signore Oscuro?

Bravo, Draco, è così che ti voglio. È questo il mio bambino.

Si rialza e corre, incalzato dal Prescelto.

Aspetta… Aspetta che sia con te, piccolo mio. E solo allora…

È un attimo, un ultimo sguardo, e quando le dita di Potter sfiorano il trofeo, Malfoy ne impugna l’altro estremo.
Ovunque lo trascinerà la passaporta, andrà bene, perché Draco Malfoy si è perduto tanto, tanto tempo fa.

***

24.06.1995, Hogwarts e cimitero di Little Hangleton.

Che male… Quanto fa male…

Il leopardo sbava sangue, ma non si arrende. Ha recuperato briciole d’energia e il cuore lo obbliga a spenderle: Draco è in pericolo e potrebbe morire da un momento all’altro.
Florian non vuole compagnia all’inferno.
L’emorragia non si arresta, tuttavia la fiera resiste meglio del ragazzo: vestirne la pelle è seguire un istinto distruttivo senza rassegnarsi alla paura – che c’è. Ce n’è tantissima.

Verrete a prendermi, madre? Non vedo l’ora di conoscervi.

Segue l’odore di Crouch sino alla radura in cui la vendetta dei Mangiamorte si è consumata. Riconosce il proprio sangue e il cerchio di pietre. Quale sarà quella giusta?
Chiude gli occhi, si lascia cadere sul fianco e aspetta.

Dov’è il mio bambino? Dov’è il mio gattino?
Il tuo padrone ha bisogno di carne, Florian. Non vuoi dargli un po’ di forza?

Non aspettavo altro, sospira, e lascia che la voce lo conduca, perché quanto l’ha perduto possa ora salvarlo dal senso di colpa.
Mancano due sassi, dunque anche Karkaroff e Crouch saranno della partita. La terza passaporta, creata forse per l’abitudine alle fughe repentine e ai piani d’emergenza, giace inerte a terra.
Florian torna ragazzo e scopre, inorridito, di avere appena la forza di piangere dal dolore. Trema come un pulcino bagnato, mentre raccoglie la pietra e la stringe sino a ulcerarsi il palmo.

È il mio ultimo viaggio, pensa. Sola andata per il buio.

***

Come un sonnambulo, Draco raggiunge un enorme calderone. Harry grida disperato e si dibatte al punto che i legacci in cui l’ha stretto Codaliscia gli mozzano il fiato.

“Draco! Non consegnarti a…”

“Devo strapparti la lingua?” sibila Crouch, gargolla immobile accanto all’ara su cui il suo coraggio si è immolato. L’osso del padre è appena caduto: ora tocca al servo fedele.

“Il mio Signore adora la carne tenera dei bambini,” squittisce Minus, che ha cuore di topo, oltre a un muso da roditore.
Draco scruta con occhi vuoti il siero che restituirà Voldemort a nuova vita; trasognato tende il braccio già spezzato, in attesa del falcetto. Non è sua, tuttavia, la pelle che la lama incontra.

“Lasciami, maledetto… Oh, lasciami, lasciami!”

Dal nulla è apparsa una fiera dagli occhi scintillanti e artigli implacabili. Harry la segue ipnotizzato mentre si avventa su Minus, le fauci frementi strette attorno al polso del mago. E il sangue stilla, violentissimo, dal braccio mutilato e bagna antiche lapidi di lacrime scarlatte.

“È duro a morire, allora!”

Karkaroff e Barty lo abbandonano per soccorrere Codaliscia. È Crouch a recuperare il falcetto e ad abbatterlo con violenza sull’animale. Harry chiude gli occhi, mentre l’arma raggiunge al dorso la bestia una dieci cento volte, quasi volesse tranciarla a metà. Quando trova il coraggio di sollevare le palpebre, a terra c’è solo un corpo disarticolato in un lago di sangue.
Florian Von Kessel.

***

25.06.1995, Hogwarts – Infermeria.

“… E come ne sei uscito vivo?”
Hermione lancia a Ron un’occhiataccia, ma Weasley è affamato d’informazioni. Sono rimasti ai margini dell’avventura, loro due: nell’ora più buia di Harry, non hanno combattuto al suo fianco.
L’infermeria di Hogwarts è quieta e silenziosa. Da lontano giunge il parlottio degli studenti che si preparano ad abbandonare la scuola.
“È stato Draco… Alla fine è riuscito a svegliarsi e mi ha sciolto dai legacci di Minus. A quel punto la mia bacchetta si è come mossa da sola.”
Hermione annuisce. Si è destata tra le braccia di Ron, all’uscita del labirinto. Nell’aria c’era odore di pioggia e di polvere. Tre centauri percuotevano furiosi il suolo, invitando gli spettatori ad allontanarsi.
“Dov’è Harry?” ha sussurrato, prima di realizzare quanto fosse stupido domandarlo a chi, come lei, aveva dovuto abbandonare il campo. Ron non se l’è presa: non ha sciolto l’abbraccio, non l’ha abbandonata. Hanno aspettato ore, loro due, tra i resti di una festa mai consumata.
Quando la prima stella è apparsa in cielo, tuttavia, anche la fiamma dell’eroe del Mondo Magico è stata restituita a Hogwarts.
E non era solo.
“Che storia incredibile…” mormora Ron, e abbandona il letto di Harry. “Chi avrebbe mai detto che quei due…”
“… Fossero Mangiamorte?” gli fa eco, sarcastica, Hermione. “Non è quello che hai insinuato dal primo giorno?”
Harry le prende la mano e l’accarezza protettivo.
Gli occhi blu di Weasley, invece, la fissano colmi di un risentito stupore. “No: che avrebbero scelto la parte giusta.”

***

26.06.1995, Londra – Ospedale San Mungo.

“Non credo di avere abbastanza coraggio da sperimentare la cucina inglese, ma ho pensato che un po’ di tè ci avrebbe fatto bene.” Kaspar solleva lo sguardo e piega appena le labbra. “Grazie. Avrei dovuto pensarci…”
Klaus si stringe nelle spalle, poi siede accanto al fratello sulla scomoda panca che occupano ormai da ore. “Nostro padre è con lui, vero?”
Gli occhi di Kaspar si perdono nel liquido ambrato. “Per quanto eccellente sia la fama del San Mungo, t’illudevi davvero che sarebbe rimasto ad aspettare? Der König der Medizin (Il re della medicina) Axel Von Kessel?”
Klaus sorride d’istinto, ma la sua è soprattutto una smorfia piena di tristezza. “Cosa pensi che accadrà?”
Kaspar fissa quel soffitto troppo bianco e troppo simile al futuro che li aspetta: una nebbia che non si lascia leggere. “Non lo so. Ho paura che nessuno possa dirlo.”
Klaus china il capo. Il tè non sa di niente. La guerra si è quasi presa i suoi fratelli e l’impotenza lo schiaccia.
“Nonno sarà qui prima di sera. Suppongo che trascinerà con sé anche zio Georg e prole.”
“Florian è l’erede designato: pur di trovargli sangue a sufficienza, scannerebbe ogni Wittgenstein con le sue stesse mani.”
Kaspar sogghigna. “Ce la farà, ne sono certo… È sopravvissuto a noi due, no?”
Ride anche Klaus, o forse è solo un singhiozzo particolarmente acuto. “Chissà se riesco a estorcere qualche informazione… Mi allontano per un po’, va bene?”
“La verità è che non riesci a stare fermo… A me puoi dirlo.”
È terribile, eppure consolante, ma, nel velo che li ha divisi, si è come aperta una larga ferita. Ora vede di nuovo Kaspar: riconosce la sua forza e il suo coraggio. Riconosce suo fratello.
“Sì, hai ragione. Non riesco a stare fermo.”
Kaspar solleva il braccio destro e lo tende nella sua direzione. Trema ancora. Trema al punto che non ha più impugnato una bacchetta.
“Non so come, né quando, ma guarirò, Klaus. Non resterò per sempre a guardare; ad aspettare che…”
E s’interrompe, Kaspar, lo sguardo volto all’asola d’ombra in cui muore il corridoio; una nicchia discreta che qualcuno, tuttavia, riempie ora di bellezza.
“Margaretha…”
È passato quasi un anno dall’ultima volta in cui si sono visti; un anno da che la vita era bella, era prevedibile, bianca e nera. Il rosso no, non c’era ancora.
I capelli castani raccolti in un’alta coda, le lunghe gambe fasciate da ruvido tessuto babbano, è il maschiaccio della loro infanzia e ancora altro.
Non dice una parola, Margaretha, ma li cerca con la bocca e con le braccia, finché non sono di nuovo insieme: parte di uno stesso corpo e di un solo battito.
“Alles wird gut (Andrà tutto bene),” sussurra. “Ich bin da.” (Sono qui).
Klaus la guarda con gratitudine e quel desiderio doloroso che non lo abbandona mai, quando pensa a lei e a una scelta che l’ha visto perdente senza che potesse far nulla per opporsi.
Margaretha cerca la sua mano, ma è agli occhi di Kaspar che chiede amore: è di troppo e abbastanza onesto da riconoscerlo.
“D’accordo… Vado a farmi un giro.”
E quella pietra nel petto cresce, cresce e potrebbe schiacciarlo da un momento all’altro.
La camera in cui si decide il futuro di Florian è una bocca serrata. Il macellaio di Voldemort gli ha spezzato la schiena, quasi fosse davvero uno stupido gatto molesto. Se sopravvivrà, rischia di perdere l’uso delle gambe. Ha solo quindici anni, Florian, e l’hanno rovinato per sempre.
Chi? Tutti.
Siamo tutti colpevoli.
Sospira rumorosamente e vince a fatica l’istinto di colpire qualcosa – qualunque cosa. Vuole tornare a combattere, anche se l’obiettivo lo terrorizza.
Voldemort è tornato.

“Klaus, vero?”

Solleva lo sguardo. Ad apostrofarlo, un uomo dall’aspetto anonimo, se non fosse per i capelli rossi che gli coronano il capo. “Arthur Weasley. Sono il padre di Bill e Charlie e… Be’, sì… Di un bel po’ di gente.”
Klaus gli stringe la mano. “Vi conosco. Il colonnello O’Donnell ci ha raccontato dei vostri anni a Hogwarts.”
“Ho paura di sapere cosa possa avervi detto,” si schermisce, poi il suo sguardo si fa più attento, acuto e diretto.
“Vi ha anche riferito dell’Ordine?”
“Non in modo diffuso.”
Weasley approva con un cenno del capo. “Non importa. Avrai modo d’imparare, se lo vorrai.”
“Cosa?”
“Siamo di nuovo in guerra, Klaus, e la stagione del reclutamento è aperta. Vuoi essere dei nostri?”

***

28.06.1995, Londra – Ospedale San Mungo.

Quanto sei matta, Hermione?
Quanto puoi essere idiota, scema, avventata, deficiente?
… E preoccupata, va bene? Preoccupata e innamorata e non so che farmene dei buoni consigli di nessuno.
Nemmeno dei tuoi, coscienza cara.

Draco è stato ricoverato al San Mungo, ma Narcissa abbandona di rado la camera del figlio, né si allontana abbastanza Lucius. Le pare quasi d’essere tornata indietro nel tempo, sino all’avventura della Camera dei Segreti: un grosso cerbero a montare la guardia e a ricordare l’inviolabilità d’ogni tesoro.

Be’, non mi sono arresa una volta, perché dovrei farlo ora?

Ha aspettato paziente per mezza giornata che i genitori di Draco si assentassero; a quel punto ha raccolto tutto il proprio coraggio e lasciato che il cuore comandasse al cervello.
A cosa serve pensare, se non a nutrire l’infelicità?
Malfoy è così pallido che lo individua a stento tra le lenzuola. C’è solo un punto di colore sulla sua pelle ed è…
“Cosa fai qui?”
Hermione boccheggia. Non ha una vera risposta da offrire – non una, almeno, che possano raccontare le parole, perché il loro è un ordine illusorio nel caos delle emozioni.
“Non lo so.”
Draco stira le labbra. “Non hai mai visto un Mangiamorte tanto da vicino, vero?”
Prova a darsi un tono e lo sanno entrambi. Quella maldestra prova di orgoglio le fa salire le lacrime agli occhi.
Cosa resta della loro guerra?
Solo polvere e ossa rotte.
“Chissà…” sospira, mentre si avvicina al letto. “Harry mi ha detto cosa hai fatto.”
Lo sguardo di Draco si perde oltre la finestra, perché non ha il coraggio d’affrontare il suo.
“… Ma non è per questo che sono qui.”
“Allora perché?”
“Potevi colpirmi… E non l’hai fatto.”
“Non farti strane idee. È solo…”
Hermione sorride: ora lo riconosce. Ora lo vede di nuovo privo di maschere odiose, come quella notte sul limitare della Foresta proibita e in un non-luogo buono a realizzare ogni desiderio.
“Nessuna strana idea,” mormora, e si china su di lui, finché, fronte a fronte, può leggere nel riflesso delle sue iridi d’argento. “… Forse quella giusta, una volta tanto.”
Draco chiude gli occhi, ma la sua bocca non la respinge.
È un bacio d’addio, eppure è dolce, finalmente.
È dolce e amaro insieme.
“Non mi vergogno del mio sangue, Draco… E non dovresti nemmeno tu.”
Draco tende il braccio sano e le accarezza i capelli. Il marchio nero spicca più nitido che mai.
“Mi dispiace.”
“A me no: finché è durata, è stato bellissimo.” E lo bacia ancora. Senza vergogna. “Però… È ora che mi svegli. In guerra voglio andarci anch’io.”
Draco stringe le labbra e non dice nulla.
“Testimonieremo davanti al Wizengamot. Diremo dell’Imperius e… Anche del resto.”
“Vuoi che mi senta in debito?”
“No: voglio che tu ti senta al sicuro.”

Io non dimentico. Io resisto al biancospino.

***

“Vati…”
Ogni parola somiglia a un gancio che scortica. Immaginava che il dolore possedesse infinite declinazioni, ma Florian è ormai sicuro di aver toccato il fondo.
Il cielo, lontanissimo dal punto in cui si trova, è una minuscola macchia bianca.
“Kannst du mich sehen, Welpe? Du bist aufgewacht?” (Riesci a vedermi, cucciolo? Ti sei svegliato?)
Florian muove con difficoltà le dita. Riconosce la voce di Axel, ma non è il timbro che ricorda.
“Zeit heilt alle Wunden…” (Il tempo guarisce tutte le ferite)

Chissà se è vero, chissà?

È troppo stanco per resistere al richiamo del buio. Il Male è ovunque e la pelle grida.
“Ich bleibe an deiner Seite. Du sollst keine Angst haben.” (Resto accanto a te. Non devi avere paura).
Florian vede solo ombre. “Es tut mir leid,” (Mi dispiace) bisbiglia, perché non sa che ogni debito è stato infine rimesso.
Ha completato l’opus ed espiato.
Finalmente.

   
 
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