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Autore: Kysa    30/04/2007    15 recensioni
Spin-off legata ai Figli della Speranza, tratta del delicato rapporto fra due vampiri, a metà del mondo di luce d cui non riescono a staccarsi. I perchè di una storia d'amore.
Genere: Romantico, Triste, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Sorpresa
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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Catenaperl'Inf
 
 



- Catena per l'Inferno -
 
 




L'aeroporto quel giorno di metà agosto era pieno di gente.
Il sole era nascosto da pesanti nubi scure ma la poca luce che filtrava da esse era molto intensa, tanto da illuminare in fasci le grandi vetrate della sala d'attesa.

Milos Morrigan stava seduto in uno dei tanti e scomodi sedili rossi della saletta, accanto all'ufficio imbarchi.

Era strano.
Non si era mai accorto di quanto gli aeroporti fossero un luogo di gioia e malinconia.
Accanto a lui c'erano coppie che si salutavano, uomini di affari, adolescenti in partenza con in spalla solo grandi sacchi da viaggio.
E poi c'era una ragazza seduta dall'altra parte della sala.
Carina, bionda. Una ragazza umana come tante altre.
Piangeva.
Il suo ragazzo era partito per Liverpool mezz'ora prima e lei non se n'era ancora andata.
Era rimasta lì a singhiozzare.
Un vecchio signore le aveva anche offerto un fazzoletto.

Lui invece era arrivato in anticipo.

Il volo da Amsterdam era in ritardo di mezz'ora e gli altri non erano ancora arrivati.
Si rimise comodo, sfogliando distrattamente una rivista.
Ma era inutile cercare di ammazzare il tempo.

Lei presto sarebbe tornata.
E sarebbe stato difficile fare finta che non gli fosse mancata.
Era stata via quindici giorni, ad Amsterdam, nella capitale delle follie e lui era rimasto lì a Londra, a rosolarsi nella gelosia che non poteva permettersi di provare.

Gelosia.
Già.
Da quanto la provava?
Se n'era accorto da poco. Da un anno appena.

Era stato atroce quando lei, la sua piccola, gli aveva raccontato del suo primo bacio.

Beatrix aveva dato il suo primo bacio.
E lui ci aveva perso il cuore e la ragione.

Ripensò ai suoi dolcissimi e pericolosissimi occhi di topazio, ai suoi lunghi e lucenti capelli neri.
Quella pelle di marmo, fredda e profumata.

La sua bocca rossa e liscia, morbida. Da mordere, da baciare.
Che era stata baciata da qualcun altro.
Da un ragazzino qualunque.

Quando Beatrix gli aveva detto che partiva con Tom, Damon e Cloe per la loro prima vacanza da soli si era sentito morire. Pieno di rabbia inespressa aveva faticato ad apparirle allegro per quel viaggio.
A sembrare felice per lei.

Aveva fatto buon viso a cattivo gioco, quando invece avrebbe voluto legarla a lui.
Per sempre.

Da quando aveva capito di amarla? Di desiderarla?
Da quando?
Da quando quello scricciolo di mezza vampira era diventata una donna ai suoi occhi?
Una donna da amare, desiderare intensamente?

Eppure quella brama era cresciuta in silenzio, crescendo quietamente.
Per poi divampare a sorpresa.
Lasciandolo senza fiato.
Inerme di fronte alla portata di quel desiderio.

La notte si rigirava nel letto e nella donna che aveva a fianco, cercava lei.
Sempre e solo lei.
Facendo sesso immaginava Beatrix.
Respirando pensava a lei.
Quando andava a lavoro pensava a lei.

Beatrix.
Ormai era diventata un'ossessione.

Forse lo era da tempo.
Da quella notte...

Da quella notte di tanti anni prima quando una bambina l'aveva morso famelica.
Si era nutrita di lui, del suo sangue.
Legandoli per sempre.

Milo si piegò sulle ginocchia, socchiudendo le palpebre.

Ricordava quella sensazione come un'unione ancora più alta del sesso.

Un'unione sacra.
Un'unione di sangue.

Ricordava il tocco leggero di lei, che gli si era avvinghiata al collo.
Ricordava l'espressione assetata, l'espressione di chi in punto di morte si affida al suo salvatore.
Beatrix l'aveva fissato.
A lungo.
Poi lentamente si era piegata sul suo collo e affondandovi i denti, aveva stretto un patto.

Per sempre.
Era sua per sempre.

E lui?
Spesso lo sognava.
Sognava di averla sotto di lui, sognava di perdersi in quel corpo che gli stava dannando l'anima.
Sognava i suoi occhi, la sua espressione.

Morderla. Marchiarla.
Indelebilmente come sua.


All'improvviso sentì le voci conosciute degli altri.
Si volse stampandosi un sorriso in viso, un sorriso che da tempo si era fatto vacuo e finto.
Tristan e Lucilla erano venuti a prendere Tom.
I genitori di Damon e Cloe erano con loro.
Chiacchieravano, attendendo i loro figli.

Ma per una Diurna non ci sono genitori.
E lui lo sapeva bene.

Ascoltò i loro discorsi solo con un orecchio, continuando a fissare la porta d'uscita.
Voleva rivederla.
Doveva rivederla. Era un bisogno fisico.

Doveva abbracciarla, sentire il suo corpo stretto al suo.
Ma da quanto tempo i suoi abbracci si erano trasformati in altro?
Da quanto tempo?

Non era più una bambina.
I tempi in cui poteva stringerla e non provare altro che affetto erano finiti.
Purtroppo.

Ora era subentrata una bassa brama, simile alla lussuria.
Ma Milo sapeva che non era solo quella.


Poi eccola.
I quattro maghetti apparirono dalle uscite con una fiumana di persone.
Fra i tanti visi, c'era quello pallido, liscio e dannatamente bello di Beatrix.

La vide immediatamente.
E il primo che lei cercò fu proprio lui.

Gli sorrise.
E per un attimo Milo la sentì solo sua perché presto venne sommersa dagli abbracci di tutti gli altri.
Persero tempo a raccontare cos'avevano fatto, cos'aveva visto.

Milo non ascoltò una parola.
Il tempo era diventato rarefatto.
E proprio quel giorno di agosto, qualcosa scattò nella sua memoria.

Un tempo qualcuno gli aveva detto una frase che si era piantata come una spina nel suo cuore.
Un monito forse.
Una catena per l'inferno.

"Si goda questi anni principe...perché presto la bambina che ama, diventerà un demone."


Milo lo scrutò.
Un demone.
Seguì lentamente i contorni del viso di Beatrix, che rideva leggera con Damon e Tristan.

Perché ora si stavano deformando?
Con un tremore nell'anima, Milo avvertì il sorriso della sua protetta diventare un diabolico ghigno.

Ma era solo un'illusione.

Beatrix alla fine corse da lui e lasciando cadere la valigia, gli saltò in braccio, ridacchiando.
Anche quella risata lo fece tremare.

- Allora?- rise la Diurna - Non mi saluti? Che hai oggi Leoninus?-

- Niente.- mormorò, stringendola meglio - Va tutto bene.-

- Sicuro? Hai una faccia strana. Non sei contento di vedermi?-

Un demone.
Milo la mise lentamente a terra, poi si chinò e prese la sua valigia.

- Andiamo cucciola. Ti porto a casa.-

- Come mai così di fretta? Hai del lavoro da fare?-

- Diciamo di si. Tristan ci vediamo al Ministero.-

Mckay e gli altri salutarono e dopo altri baci e abbracci di rito, che avrebbero rivisto i maghetti insieme solo all'ultimo anno a Hogwarts, finalmente uscirono dall'aeroporto.

Beatrix si schermò il viso, infastidita da quella luce forte di un ultimo fascio di luce. Il sole era ormai totalmente coperto. Stava per mettersi a piovere.

- Prendiamo un taxi?-

- Sei stanca per Smaterializzarti?-

- No. Andiamo a casa mia?-

- Si, così ti mollo questa valigia. Ma che c'è dentro? Un cadavere?-

- No, quello l'ho buttato nei bagni dell'aeroporto.- insinuò lei sarcastica.

Demone.
Milo scosse il capo, senza riuscire a togliersi quella nenia dalla testa.
Perché?
Perché quel ricordo era tornato a tormentarlo dopo tanto tempo?
Trix non sarebbe mai stata quel tipo di persona. Quel tipo di Diurna.

Ma allora perché ora ogni parola...ogni tono...
La sua immagine veniva come distorta e deformata da quel monito infido.

Quando riapparvero, erano a Londra, in periferia.
Sotto i portici di una delle nuove palazzine tutte metallo e vetri, Milo sospirò.
Era riuscito ad arrivarci almeno.
Si sentiva le gambe come di gelatina.

- Ma cos'hai?-

Beatrix si sollevò sulle punte, toccandogli scherzosamente la fronte.

- A forza di stare coi sanguecaldo finirai per farti venire la febbre come loro.-

- Non sono gli Auror a farmi venire la febbre.-

Milo le prese la mano, senza lasciarla andare.
Con il braccio libero le cinse la schiena, schiacciandosela addosso.
La guardò, osservando la sua espressione stranita.
Eppure...non era confusa.

Quel contatto.
Naturale. Quasi sacro.
Perché ogni cosa fra loro era sacra.
Ogni carezza, ogni parola.

La pioggia ticchettava sulla pavimentazione della strada.
L'odore di cemento bagnato impregnava tutto, ma non colpiva le narici dei due Diurni.
C'era solo un profumo in quel momento.

Lento, senza potersi frenare, si piegò su di lei.
Che non si mosse.

Non doveva.
Non poteva.
Eppure non si sarebbe fermato neanche con una spada al collo, pronta a tagliargli la testa.

Non poteva farglielo.
Dannazione, non doveva.

Ma Beatrix gl'impedì di scostarsi.
Sapeva che prima o poi sarebbe successo.

Lei non liberò il polso dalla sua preda ma con la mano sinistra gli sfiorò il viso.

Milo seppe che era la fine quando il suo naso sfiorò quella di lei.

E allora si mosse.
Come un maledetto animale affamato.
Come un rapace, come un predatore.

Affondò la bocca in quella che tanto aveva sognato, ogni notte.
Bruscamente le lasciò il polso, per incrociarle un braccio alla vita, l'altro dietro al collo.

E fu sua.
Prigioniera.
Ma sua.

Non capì più nulla, perché il sinuoso corpo di Beatrix schiacciato nel suo gli tolse il senno.
Sentiva solo uno strano calore mai sentito.
Che si sprigionava dalla loro epidermide ora tiepida.

La sentì gemere sofficemente e la sua risposta non fu meno impetuosa del suo primo bacio.
Premette contro le sue labbra, penetrandole finalmente con la lingua.

Si, era sacra.
Un'unione la loro...sacra e sporca al tempo stesso.
Scritta nel sangue.
E nell'eternità.
Perché sarebbe stata sua per sempre.

Come ipnotizzato affondò una mano nei suoi lunghi capelli neri, poi seguendo la linea del collo e della gola coi polpastrelli.
Chiuse a coppa le dita su un seno, capendo finalmente che l'unico corpo che avrebbe mai potuto venerare era quello che si stava infiammando per lui, in quel momento.
E quella bocca.
Si, era l'unica. L'unica che avrebbe potuto dargli la gioia vera.


Eppure la ragione tornò troppo presto.
Dovette sottrarsi alla presa della brama con violenza, poi a quella di Beatrix.

Quando si staccò, gli occhi sembravano bruciargli.
No.
Non poteva averlo fatto davvero.

La fissò.
Vide la sua espressione sgomenta.
Quella della bambina che anni prima l'aveva morso, assetata di vita.

- Milo...-

Beatrix allungò una mano ma lui si scostò, con una smorfia.
Dio. Cos'aveva fatto?

- Milo...-

- Dimentica quello che è successo.-


Com'è facile spezzare una speranza.
Basta una parola. Un fiato.
Un tono.
Un'espressione.


- E' stato un errore. Volevo solo togliermi uno sfizio.-


Bastardo.
Il demone sei tu.
Eppure non è vero.
Demone potrebbe diventarlo lei.
Molto presto.

Perché presto saprà.

Presto sarebbe venuta a sapere della sua menzogna.
Del vincolo. Di un patto che l'aveva legata a lui per sempre, il secondo stesso in cui aveva bevuto il suo sangue.

L'aveva baciata e ingannata.
L'aveva fatta sua per sempre con un bugia, legandola a lui per l'eternità.
E Beatrix avrebbe avuto la sua vendetta prima o poi.

Quel demone...sarebbe presto uscito alla luce del sole.
E non ci sarebbe stato scampo per lui.
Per la sua vigliaccheria.

La sua catena per l'inferno si accorciava.
Milo lo sentiva nella pelle.
Nell'anima.
Si, era condannato.
All'odio perpetuo.
Perché non aveva avuto il coraggio di tendere la mano all'amore quando era stato il momento.

La catena tintinnava.
Era sempre più corta.
E le fiamme sempre più vicine.

E ad accorciagli la via, c'era un demone con gli occhi gialli e la bocca rossa.
Un demone che non avrebbe più saputo amarlo.
Né tornare la bambina di un tempo.






 
 

" Si goda questi anni principe...perché presto la bambina che ama, diventerà un demone."
 
 
 
 
 
 
 
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