Keyboard
Ne moristi ben prima che fosse nell'aria.
I percorsi test del sottosuolo erano nelle mani dei computer – niente cibo, niente acqua, nulla che potesse arrivare laggiù senza una richiesta al sistema centrale. Era la vita tua e di mille altri, sospesa a un filo di tastiera.
Il silenzio del processore durò per un'ora intera prima che cominciassi a sospettare. I tasti risuonavano vuoti sotto le tue dita, soffocati dallo stridore di una radio in loop. Le combinazioni strillate dagli schermi si traducevano in simboli inerti, senza alcun significato.
Solo allora scopristi quanto la tua vita e i comandi dipendessero l'uno dall'altro.
Nel cuore di una notte crescente, trovasti una maniglia irremovibile a precluderti ogni via di fuga. La pallida luce del monitor scelse quel momento per svanire del tutto – e mentre urlavi a fil di dita, digitando sequenze folli e sparandole nell'etere, il terrore dipinto sui volti che monitoravi con tanta indifferenza non ti sembrò più così innaturale.
La neurotossina giunse rapida, ma vana. Le tue falangi in corsa erano immobili, la plastica insanguinata.
La luce al neon si spense su tasti muti.
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Ma quanto tempo, cari lettori! La mia assenza di mesi, dite? Insomma... basta vedere il mio account inglese. Dal momento che oramai scrivo quasi esclusivamente nella mia seconda lingua, ritornare alle raccolte che porto avanti qui su EFP è un evento per me abbastanza raro, se non eclatante. Ma rieccomi! E riecco la vostra raccolta, con una drabble che ha protagonista un altro degli oggetti cosparsi per la vecchia, agghiacciante Aperture.
Un saluto!
Elisa