Cadono le foglie, inizia l'avventura!
Il sole
iniziava appena a fare capolino dietro al monte,
tingendo d’oro le punte degli alberi che attorniavano il
villaggio. La nebbia
si stava pian piano diradando, lasciando il posto a quella che sarebbe
stata
una bella e fresca giornata di metà autunno. Gli alberi
attorno al paese
stavano già perdendo quasi tutte le loro foglie, ma quelle
che ancora
resistevano attaccate ai rami erano dei più sgargianti toni
del rosso e del
giallo e la luce che il sole proiettava su di loro le metteva ancora
più in risalto.
Infagottato nel suo mantello e con lo zaino in spalla Jun
uscì dalla sua bella
casa. Si volse indietro per qualche secondo a guardarla, forse per
molti mesi o
anni non vi avrebbe fatto ritorno e così voleva portarne con
se il ricordo più
vivido che poteva. Guardò il tetto di legno rosso che
spioveva su tutta la
struttura, casa sua era a pianta quadrata ed un poco rialzata da terra
e tutto
attorno vi correva uno splendido giardino ben curato. Da li non lo
poteva vederla,
ma nel retro vi era una piccola veranda e poco più in
là, verso il laghetto in
cui la Dea gli era apparsa, un pergolato su cui si arrampicavano piante
di uva
fragola. Più volte si era maledetto per non aver offerto
nemmeno un chicco di
quella dolcissima uva alla sua Dea, e avrebbe dovuto farsi perdonare
per
quello. Un muro di mattoni circondava la casa e dinnanzi ad essa vi era
un
cancello di ferro battuto fra le cui ante stava in piedi suo padre a
guardarlo.
L’uomo gli sorrise posandogli le mani sulle spalle.
“E’ meglio che tu vada o farai tardi…
sta attento figlio mio e facci avere tue
notizie…” disse l’uomo stringendo il
giovane in forte abbraccio che prontamente
veniva ricambiato.
“Non ti preoccupare papà andrà tutto
bene! A presto!” con un ultimo sorriso e
cenno della mano verso la madre alla finestra il mago si
avviò lungo la strada
principale. Avrebbe dovuto attraversare tutto il villaggio, siccome la
casa
dove risiedeva era quasi alle pendici del monte. L’aria
frizzante del mattino
gli solleticava il viso, mentre procedeva a passo svelto. Il paese
stava
iniziando pian piano a svegliarsi, in qualche casa le finestre erano
già aperte
e si potevano intravedere le donne che preparavano la colazione per i
loro
figli e mariti. Qualche contadino passava accanto Jun diretto ad i
campi dove ancora
vi era qualche patata da dissotterrare per l’inverno
imminente. Insomma la vita
riprendeva lentamente per tutti dopo il lungo torpore della notte. Vite
sempre
uguali e monotone, vite che non aveva nulla di eccitante, sempre le
stesse da
anni ed anni, ma quella mattina per almeno due di loro le cose
sarebbero stare
diverse. Un tenue sorriso colorò le labbra del giovane mago
che, giunto alla
piazza si fermò qualche attimo ad ammirare la statua della
divinità della luce,
Hikari, da cui il villaggio prendeva il nome. Era davvero una splendida
statua
che raffigurava il Dio in una delle sue più classiche pose
da battaglia, ovvero
la destra alzata con la spada bastarda in segno che stava di certo per
caricare
e vincere il nemico che gli sbarrava la strada. Scuotendo la testa il
giovane
riprese a camminare salutando sporadicamente persone che conosceva da
quando
era nato. Hikari gli sarebbe mancato terribilmente, ma doveva farlo,
doveva
farlo per la sua Dea. Alzando gl’occhi color nocciola verso
l’orizzonte scorse
la figura di Tsubasa che lo stava già aspettando. Indossava
una tunica bianca
ricamata sui bordi con i simboli della famiglia Ozora sotto ad
un'armatura di
piastre che aveva evidentemente visto tempi migliori, mentre robusti
gambali di
cuoio andavano a proteggergli le gambe, Jun pensò che certo
il suo aspetto
rappresentava pienamente lo stato attuale della sua casata, troppo
legata ad
una gloria passata, ormai offuscata da macchie indelebili, ma capace di
restare
in piedi grazie al profondo orgoglio, come quello emanato dal ragazzo
che stava
al centro della strada con la mano sull'elsa della spada lunga che
portava al
fianco.
“Allora andiamo? O hai cambiato idea?” gli chiese
il paladino dopo diversi
minuti che i due si stavano fissando senza dire nemmeno una parola.
“Andiamo!” Jun non disse altro prendendo ad
incamminarsi lungo la strada
maestra che attraversava il bosco mentre un sorriso faceva capolino sul
viso di
Tsubasa che, tintinnando per via dell’armatura, prese a
seguire l’amico
all’interno del rosso e dell’oro di quella
stagione. La nebbia bassa del
mattino iniziava a diradarsi lentamente rendendo così la
visuale migliore.
“Tua madre come l’ha presa?” chiese dopo
un poco il mago volgendo appena il
viso a guardare a guardarlo.
“Beh… all’inizio era molto
preoccupata… Nives è davvero molto lontana, ma
poi
mi ha lasciato andare… ha detto che era il mio
destino… poi è corsa a
rispolverare una delle vecchie armature di mio padre ed eccomi
qui…” sul viso
di Tsubasa si leggeva chiaramente che non era troppo contento di
portare
un’armatura vecchia, ma se la fortuna li assisteva di certo
avrebbero
guadagnato abbastanza da potersi comprare cose nuove “Tua
madre invece?”
Jun sospirò pesantemente, mentre ripensava a quello che la
donna gli aveva
fatto passare in quei tre giorni, era stato davvero un inferno e, per
quanto le
volesse bene, il ragazzo si era ritrovato a pensare che forse
affrontare
Lucifero, il diavolo più potente degli Inferi, sarebbe stato
più facile “Se non
ci fosse stato mio padre sarei impazzito… Tutto il giorno a
guardarmi con i
suoi occhi rossi del pianto… a ripetermi che sono malato di
cuore… che non ce
la potevo fare… un incubo!” borbottò
ancora stizzito per il fatto che la donna
non credesse affatto in lui.
“No cara, vedi
ci sono alcuni momenti
nella vita in cui un vero uomo deve andare diritto per la sua strada,
anche
quando si tratta di una strada pericolosa” la voce di Tsubasa
che imitava
quella di suo padre lo face sobbalzare, non si aspettava di certo che
conoscesse quella fra che ormai veniva ripetuta di continuo in casa sua
come se
fosse il ritornello di una canzone.
“E tu come lo sai!?” gli chiese, fermando il passo
mentre l’altro scoppiava a
ridere.
“Ho sentito tuo padre mentre la diceva al mercato, credo che
lo abbia detto a
tua madre almeno una decina di volte!”
“Dannazione!” sbottò il ragazzo
rendendosi conto che ora tutto il villaggio
doveva sapere della sua impresa o peggio, che sua madre lo credeva una
persona
fragile incapace di badare a se stesso.
“Dai non ci pensare! Adesso hai una missione importante da
portare a termine e
concentrati solo su quella! Non vorrai mica deludere la tua Dea
no!?” il
braccio di Tsubasa era andato a stringere Jun attorno alle spalle e
delicatamente lo aveva sospinto a riprendere il cammino.
“Tuo padre invece?” osò chiedere dopo
qualche tempo che camminavano in
silenzio.
“Uhm… credo sia ancora nella capitale con il nuovo
imperatore… mia madre gli ha
scritto una lettera per informarlo… chissà magari
torna a casa un po’ con lei…”
la voce del giovane era piuttosto incerta, siccome da quando sua madre
aveva
tradito la famiglia, mandandola in rovina, il rapporto fra i suoi
genitori non
era più stato quello di prima, ma sperava ardentemente che
la cosa si potesse
risolvere presto, che suo padre riuscisse a perdonarla del tutto e che
sarebbero tornati la bella famiglia affiatata che erano un tempo, anche
se suo
padre era sempre stato via per lunghi mesi impegnato in battaglia per
aiutare
l'imperatore nel consolidamento del suo regno.
“Vedrai che tutto andrà a posto…
“ lo rassicurò con voce ferma e tranquilla,
mentre il cammino li stava lentamente facendo uscire dal bosco in una
campagna
ora ben pettinata. I campi erano arati e seminati, e la frutta quasi
del tutto
raccolta. Solo qualche sporadico contadino si vedeva sullo sfondo
intendo a
raccogliere le ultime patate o a portare al sicuro il fieno per gli
animali,
mentre la maggior parte della gente ora era intenta a far provviste di
legna
per l’inverno che stava per arrivare. I due ragazzi erano
stati fuori dal loro
villaggio pochissime volte. Uscire dal nido che li aveva protetti sino
ad i
loro diciotto anni rappresentava un grande passo avanti. Erano
emozionati di
scoprire tutte le cose belle e brutte che il mondo aveva loro da
offrire e
così, dopo un’ultima occhiata in dietro al bosco
iniziarono a camminare più
svelti verso il loro destino.
I giorni che
seguirono furono quasi tutti identici. La notte
dormivano dove potevano, se erano fortunati trovavano un tempio che li
ospitava
oppure erano costretti a dormire all’agghiaccio lungo la
strada, in luoghi
appena riparati, siccome i soldi erano pochi e loro dovevano di certo
risparmiare. Durante il dì percorrevano parecchia strada
mangiando in modo
frugale. Ogni tanto trovavano qualche frutto o qualche radice
commestibile,
altrimenti mangiavano le razioni che si erano portati da casa. Sapevano
che il
viaggio sarebbe stato lungo e difficile e quindi il loro animo era duro
da
scalfire. Il quindicesimo giorni di ottobre, dopo quasi una settimana
da quando
erano partiti, si trovarono ad un bivio. Se avessero preso il sentiero
a destra
avrebbero fatto un giro di qualche giorno più lungo, mentre
se avessero preso
quello a sinistra avrebbero tagliato molta della strada, arrivando alla
loro
meta marittima in mene di due giorni. L’unico problema nel
prendere questa via
era il fatto di dover attraversare il
bosco di Aokigahara che si
diceva che fosse
infestato da non morti e quindi quasi tutta la gente del luogo
preferiva fare
il doppio del cammino piuttosto che passarvi attraverso.
“Allora Jun cosa vogliamo fare?” chiese Tsubasa
fermo dinnanzi ad i cartelli
che indicavano la via.
Il viso del mago era pensieroso, certo risparmiare tre giorni di
viaggio non
era male, ma le loro capacità erano abbastanza per
affrontare qualunque cosa
gli sarebbe andata contro? Certo se avessero avuto un chierico assieme
a loro
non avrebbe di certo avuto quei timori. Immerso in quei pensieri si
rivide il
viso di sua madre e risentì tutte le parole che gli erano
state dette e il moto
di rabbia lo colse facendolo decidere.
“Io sono per l’attraversare il
bosco…” disse in tono deciso afferrando lo zaino
e rimettendoselo in spalla.
“Per me va bene… ma controlliamo prima di avere
qualche pozione di cura ferite…
non possiamo andare allo sbaraglio in questo modo, rischiamo solo di
farci
ammazzare per niente.”
Piccato un poco dalla risposta che l’amico gli aveva dato,
Jun posò di nuovo la
borsa a terra e si mise a frugarvi dentro. A malincuore però
dovette ammettere
che aveva ragione e che la rabbia era davvero una pessima compagna in
un
viaggio del genere.
“Io ne ho sei… mio padre praticamente mi ha
rifornito di tutte le pozioni che
poteva trovare…” sorrise ora più calmo.
“Anche io ho diverse pozioni, ma solo quelle poche che mia
madre è riuscita a
preparare…” aggiunse Tsubasa dirigendosi ora verso
l’entrata del bosco.
“Tua madre sa fare pozioni!?” la voce di Jun era
evidentemente sorpresa, non si
aspettava di certo una rivelazione del genere, siccome in tutti
gl’anni che
aveva frequentato casa Ozora non si era mai accorto di nulla. Il
paladino
ridacchiò alla sua faccia sconvolta.
“Si mia madre è una chierica… vedi i
miei si sono conosciuti durante una
battaglia… lui combatteva e lei lo curava… hanno
fatto molte spedizioni
assieme… e si sono innamorati…”
spiegò semplicemente lasciando che ancora la
meraviglia prendesse il possesso del viso del mago.
Fatti i primi passi all’interno della vegetazione fu come se
il sole fosse
stato inghiottito lasciandoli in una semi oscurità che
sembrava quasi irreale.
La fitta vegetazione era così intricata che il cielo a
malapena si vedeva. Gli
alberi erano prevalentemente dei sempre verdi, anche se qua e la si
vedeva
ancora qualche sprazzo di foglie marroni. Una nebbiolina surreale
restava
sospesa a poco centimetri dal terreno. Un lungo brivido corse lungo la
schiena
dei due ragazzi, mentre con passo deciso prendevano a camminare verso
il fitto.
Non parlarono molto durante la prima giornata, timorosi di attirare a
se cose
sgradite. E quando la notte scese si accamparono non troppo lontano dal
sentiero, erano piuttosto timorosi di accendere un fuoco, ma al buio
più
completo di certo sarebbero stati prede ancora più facili.
Fecero i turni di
guardia anche se Jun aveva lanciato qualche incantesimo di protezione
su di
loro ed attorno all’area che li circondava. Con loro grande
fortuna la notte
passò lenta e tranquilla, solo qualche rumore venne a
disturbarli e quando
l’oscurità venne appena rischiarata dalla luce i
due sistemarono le loro
cose e ripartirono
in fretta. Aveva già
percorso molta strada il giorno precedente e se non si fossero persi,
sarebbero
usciti dal bosco entro mezzogiorno. Il passo era svelto ed il morale
decisamente migliore di quello che avevano avuto durante la notte.
Procedevano
spediti, stando però attenti ad evitare gli ostacoli che il
sentiero metteva
loro incontro. Soprattutto erano radici e rami bassi. Camminavano
silenziosi
ascoltando ogni singolo rumore che poteva giungere loro e dopo tutto
quel
silenzio furono quasi sorpresi quando alle loro orecchie giunge il
suono di
quella che poteva essere una battaglia non troppo lontana. Si
scambiarono una
breve occhiata e poi senza pensarci due volte si diressero cautamente
verso il
luogo da cui proveniva il frastuono. La scena che gli si
presentò dinnanzi era
raccapricciante; un chierico di Crio, a giudicare dalle vesti azzurre,
stava
cercando ci difendersi da una decina di orridi scheletri marcescenti
animati da
oscure magie necromantiche, proteggendosi con scarso successo con un
logoro
bastone nodoso. Le sue vesti erano lacerate in diversi punti e coperte
del suo
sangue. Si vedeva chiaramente che non avrebbe retto ancora a lungo ed
infatti
dopo l’ennesimo colpo andato a segno da uno degli scheletri
si accasciò a
terra, un’espressione di dolore chiaramente dipinta sul viso.
Qualcosa scattò
immediatamente nei due giovani che, incuranti uscirono dal loro
nascondiglio
per andare a soccorrere il ragazzo.
Jun, ricordandosi delle prime lezioni di necromazia che aveva seguito
da
giovane, lanciò un incantesimo contro il non morto
più vicino, tentando di
dissolvere la magia che teneva unite quelle ossa, mentre vedeva che
l'amico gli
passava rapidamente di fianco, gridando un'invocazione al dio Hikari,
affinché
gli desse la forza per schiacciare il male. La spada ammantata di luce
di
Tsubasa tranciò in due uno scheletro, mentre quello
bersagliato dal mago cadeva
a terra come un burattino a cui avessero tagliato i fili, i due ragazzi
si
fecero scappare un grido di gioia, prima di contare che ne mancavano
ancora
sette da sconfiggere, che accortisi della minaccia e ormai stufi del
chierico a
terra, si stavano lanciando su di loro.
Tsubasa vibrò la sua lama con vigore, cercando allo stesso
tempo di spaccare
più ossa possibile e tenere lontano gli artigli acuminati
dei mostri che
laceravano la pelle come rasoi, Jun invece si trovò ben
presto in difficoltà,
il corpo a corpo non era certo la sua specialità e, doveva
continuamente
indietreggiare per raccogliere la concentrazione necessaria a lanciare
i suoi
incantesimi. Mentre il paladino aveva a proteggerlo la sua
capacità nella
scherma e l'armatura del padre, il mago blu aveva solo il suo bastone
da
passeggio, per cui si ritrovò presto vicino a svenire per le
numerose ferite da
cui il sangue usciva copioso, trovandosi allora con le spalle al muro e
incapace di pensare ad una tattica migliore si arrampicò
allora velocemente
sull'albero più vicino. Si accasciò non appena
ebbe raggiunto un ramo
abbastanza alto, e con la vista ormai appannata, guardò
sotto di lui, dove gli
scheletri, considerandolo la preda più difficile da
raggiungere, si diressero
in mucchio verso Tsubasa, che di certo non avrebbe saputo reggere ad un
simile
assalto in massa. Richiamando le sue ultime forze Jun
considerò allora bene le
distanze, evocando il potere del fuoco delle sue mani, e con un enorme
sforzo
mentale scagliò un cono di fiamme che avvolse tutti gli
scheletri,
polverizzandoli tutti, tranne uno che era troppo vicino a Tsubasa per
essere
preso di mira.
Jun lasciò così Tsubasa ad occuparsi
dell’ultimo scheletro, mentre beveva una pozione curativa, e
poi, scendendo agilmente
dall'albero corse verso il chierico che era riverso a terra, seguito
pochissimi
istanti dopo dall’amico.
“Hai fatto in fretta!” gli sorrise il mago mentre
s’inginocchiava accanto al
corpo.
“Tu lo avevi già praticamente finito con un
incantesimo prima…” rispose
scuotendo la testa ed accucciandosi a sua volta “Come
sta?” chiese
successivamente mentre guardava Jun che gli sentiva il polso e si
sincerava che
non vi fossero ferite mortali.
“E’ messo piuttosto male… gli
darò una delle nostre pozioni” dette quelle
parole frugò nella borsa e stappatane una gliela fece bere
con gentilezza.
Molte delle ferite che il chierico aveva iniziarono a rimarginarsi, ma
lui era
ancora primo di sensi “Dobbiamo andare via di qui potrebbero
arrivarne altri…
riesci a caricartelo sulle spalle?”
Tsubasa annuì e con l’aiuto del mago prese il
chierico in braccio. Si
affrettarono quindi a lasciare quel luogo maledetto, ma erano piuttosto
rallentati e quando finalmente il sole tornò a carezzare i
loro volti mezzodì
era passato da un pezzo. L’oppressione che aveva avvolto i
loro animi in quei
giorno si sciolse, ma prima di fermarsi vollero mettere ancora un poco
di
distanza dal bosco di Aokigahara. Fu solo verso il tramonto che il
giovane
chierico si decise a riaprire gli occhi, alzandosi di scatto e facendo
sobbalzare i due ragazzi che seduti fuori dalla tenda stavano
preparando la
cena.
“Come stai?” gli chiese subito Tsubasa porgendogli
un piatto di minestra calda.
“Abbastanza bene… ma è come se una
mandria di Incubi mi avesse calpestato…”
ammise con voce dolce il ragazzo, sedendosi accanto a loro e prendendo
il
piatto fra le mani “Siete stati voi a salvarmi vero? Vi
ringrazio davvero
moltissimo!”
“Figurati! Non avremmo mai potuto lasciare qualcuno in
difficoltà.” Sorride Jun
portandosi il cucchiaio alle labbra e gustando la pietanza calda,
mentre
osservava ancora il ragazzo. Doveva avere su per giù la loro
età con un fisico
sottile ma atletico. Gli occhi castani erano vivaci, anche se una luce
di
smarrimento andava a colorarli in diversi attimi. I capelli castani
erano corti
ed un poco spettinati.
“Piuttosto io sono Tsubasa Ozora e lui è Jun
Misugi…” presentò il paladino con
un sorriso “Tu come ti chiami?”
A quella domanda il viso del chierico si rabbuiò di colpo.
“Io non so come mi chiamo… veramente non so nulla
del mio passato… so solo che
due giorni fa mi sono risvegliato nei pressi di quel
bosco…” la voce era
incrinata da un’infinita tristezza, che prepotente
varcò gli animi dei due
ragazzi che lo stavano ascoltando. Tsubasa senza riflettere gli pose un
braccio
attorno alle spalle con fare rassicurante.
“Vedrai che presto riacquisterai sia la memoria!”
gli disse convinto delle sue
parole “Intanto puoi stare con noi finché non
arriviamo a Kai, vero Jun?” chiese
poi rivolto al mago, che annuì con decisone, avere un
chierico nel gruppo non
era affatto male, e poi quel ragazzo gli era simpatico e voleva
aiutarlo.
“Sicuri che non sia troppo disturbo per voi?” la
voce del giovane era ora più
rilassata.
“Sicuro nessun disturbo!” replicò Jun
sorridendo e facendogli un segno
positivo.
“Ma dovremmo trovarti un nome… non possiamo
chiamarti il chierico… è piuttosto
brutto!” il viso di Tsubasa si fece pensieroso,
guardò prima le vesti di Jun e
poi quelle del giovane e seguendo tutto un filo logico suo basato sulle
divinità decise di proporre un nome “Che ne dici
di Taro?”
“Taro…” mormorò quel nome
diverse volte fra sé e sé, sapeva di dolce e
amaro,
ma gli piaceva e quindi sorrise annuendo.
“E Taro sia allora!” sorrise Jun pensando a cosa
quel nome implicasse e
sperando che alla sua Dea la cosa non desse fastidio.
Spero che questo capitolo vi sia
piaciuto e che abbia mescolato un poco le carte in tavola che avevo
iniziato a disporre... ^_^
Siccome credo di non aver altro da dire se non un sincerissimo grazie a
tutti quelli che stanno leggendo la fan e che la seguono!
Adesso vi lascio nelle mani del mio adorato Elloin... siccome il mondo
è suo ci tiene ad aggiungere qualche nota in fondo
al capitolo :P
Vi lascio in oltre una foto di nebbia ed autunno che mi è
piaciuta moltissimo...
Chiedo anche scusa per l'impaginazione, ma con NVU non mi trovo molto
ç_ç
Alla prossima!
Lily
Note by Elloin
1. Le vesti dei maghi: Su Fake i maghi
si distinguono tra di loro in base alle vesti che indossano:
I maghi 'universalisti' cioè che studiano tutte le branche
della magia senza
particolare propensione verso una in particolare, indossano vesti blu,
per cui
sono detti maghi Blu, e sono famosi per girare spesso il mondo in cerca
di
nuove e strabilianti magie, cercando di non porre mai limite alla loro
conoscenza, il colore delle vesti fu scelto dal leggendario mago blu
Tesla che
spiegò la sua scelta con queste parole 'Perché mi
piace il Blu', quando al
ritorno degli dei, la dea Crio, che era sempre stata considerata la
patrona
delle arti magiche, scoprì che ora i maghi portavano vesti
blu, anche lei ne fu
felice poiché anche a lei piaceva quel colore.
I maghi che si specializzano in una determinata branca della magia,
ricercando
il potere più che la conoscenza, indossano vesti nere, a
scegliere il colore
delle vesti fu la malvagia strega Mathoya, famosa per aver addestrato
in
passato i più potenti maghi specializzati nella necromanzia
e nell'invocazione
degli elementi, quando alcune categorie di maghi specialisti, come gli
abiuratori, specializzati nelle magie di protezione, provarono a
protestare
poiché non apprezzavano un colore considerato dai
più negativo, furono messi a
tacere dal sommo mago Tesla, che apprezzava evidentemente anche il
colore nero.
Ormai scomparsi, i Maghi bianchi, erano coloro che erano capaci di
attingere
alla magia divina nel periodo in cui scomparvero gli dei, attingendo,
senza
saperlo, ai poteri dei cristalli divini, oggi che gli dei si sono
ripresi i
loro poteri i maghi bianchi, per mantenere i loro poteri, si sono
dovuti convertire
e diventare chierici, oppure di sono orientati verso altri tipi di
magia.
Ultimi ma non meno importanti sono i maghi rossi, considerati dei Nerd
tra gli
stessi maghi, capaci di controllare sia la magia divina sia quella
arcana,
spesso devono studiare tutta la vita per riuscire ad abbracciare ogni
sfacettatura della magia, ma alla fine sembra non vi sia quasi nulla
che non
siano capaci di fare.
2. L'imperatore di Rais, Takeda, è da poco salito al potere, sembra che fino a pochi anni fa fosse solo un vassallo al servizio di un shogun minore, poi, dopo essere partito per un viaggio è ritornato dotato di una terribile armatura con le fattezze di un demone ed enormi poteri, dopo aver eliminato il suo corrotto signore si è messo all'opera per unire le terre di Reis, devastate da continui conflitti, raccogliendo numerosi consensi tra la popolazione e tra molti nobili. Ora che si è autoproclamato imperatore, governa saggiamente ma schiacciando con durezza ogni tentativo di ribellione, che continuano a susseguirsi a causa di alcuni Shogun che ancora non hanno accettato il suo regno. Si vocifera che sia immortale.
3. Gli Aspetti delle
divinità: Sin dalla creazione del mondo gli dei di Fake
hanno avuto problemi a tenere tutto sotto controllo, iniziarono
così a creare degli 'aspetti', semidivinità nate
dall'essenza di una divinità maggiore. Questi aspetti,
seppure non potessano concedere magie divine ai chierici fedeli,
fungono da agenti per gli dei che li hanno creati e sono adorati dai
mortali come manifestazioni di un'area di interesse della
divinità maggiore. Due esempi sono Lily, che rappresenta il
dominio della magia della dea Crio e Gardenia Aspetto della musica
della dea Verità