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Autore: littleMoony    19/10/2012    0 recensioni
Remus? C'è qualcosa di te.. in me..
Genere: Avventura, Comico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Nuova generazione
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Capitolo # 2 - Gahool Una lettera.
Alexander era in piedi davanti alla porta di casa. Il postino era appena andato via, ma in cielo c'era un gufo. Strano, ma incredibile.
Aveva tra le mani una lettera di colore giallognolo con scritte color verde smeraldo.
La stringeva forte, quasi ci lasciava i segni sulla busta. Non voleva lasciarla andare per nessuna ragione al mondo. Era un nuovo motivo di orgoglio per la madre e forse anche per il padre?
La conosceva bene quella lettera. Jack l'aveva ricevuta solo un anno prima e Alexander aveva cominciato a picchiarlo perché la voleva anche lui. La madre li aveva divisi dicendo al più piccolo di calmarsi, che l'avrebbe ricevuta anche lui.
Finalmente era arrivata. Pensava addirittura di arrivare a incorniciarla da quanto si era impuntato.
- Alex? C'era posta? - gli chiese la madre sbucando dalla porta aperta, nella sua vestaglia color nocciola. - Ehi? - allungò un po' il collo e sgranò gli occhi. - Charles! Charles! - corse dentro con un sorriso a trentadue denti e abbracciò il marito - Alexander ha ricevuto la lettera! Appena adesso! - disse estasiata, ma il padre..
- Bene. - rispose andando alla macchinetta del caffè per versarsi una tazza di liquido scuro.
Alexander arrivò in cucina e guardò la sua famiglia riunita. La madre si voltò dopo un paio di secondi e sorrise; Jack sorseggiava il caffè-latte leggendo La Gazzetta del Profeta; il padre leggeva il giornale locale.
In poche parole, a parte Alex e sua madre a nessuno interessava.
- E se finisco a Serpeverde? - chiese con un filo di voce ma speranzosa il biondo guardando Jack poi Charles.
- Può essere. - esordì l'uomo mentre Jack sghignazzava.
- Come può essere che io ho un mostro sotto il letto - rise il fratellastro.
- Sei tu il mostro, Jack - rispose Alex sedendosi a tavola e la madre gli porse dei waffles imbevuti in sciroppo d'acero appena fatti.
Jack lo ignorò e guardò il padre per poi cominciare a parlare di Quidditch. Alexander ne aveva sentito parlare. Era il gioco preferito alla scuola del fratello. Tutte le Case ci giocavano, ma quelli del primo anno non potevano parteciparvi a causa del fatto che erano nuovi, pensò il ragazzo ingoiando un boccone di soffice waffle.
Alexander ascoltava. Gli ispirava quel gioco. In un certo senso era un misto tra calcio, pallacanestro e baseball e lui amava il baseball. Partecipava sempre ai giochi della sua scuola quando era in programma e lui era un ottimo battitore, non poteva negarlo. Come lanciatore non era male, ma la battuta, la mazza in mano, il tlang della pallina e poi la corsa, corsa sfrenata a cercare di recuperare più basi possibili. Sì, amava quel gioco.
Credo proprio che questa scuola mi piacerà, pensò il biondo guardando la lettera ancora chiusa, poggiata sul tavolo accanto a lui. Non voglio aprirla, non voglio rovinarla. Potrei chiedere a Jack di farmi leggere la sua, continuarono i suoi pensieri. Guardò Jack, sperando lo guardasse almeno per poter cominciare a fare la domanda, ma il moretto non lo fumava pari. Il minore sospirò e lasciò da parte la colazione.
Prese la busta e cominciò ad aprirla lentamente, cercando di non rompere nemmeno un angolo o di farci uno strappo. Jack gliela strappò di mano e l'aprì di fretta.
- Muoviti lumacone. Non è così importante - aperta tirò fuori la lettera. Cominciò a leggere ad alta voce. - Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts. Direttrice: Minerva McGrannitt. Caro signor Sfigato, siamo lieti di informarti che dovresti darti fuoco.. -
- Jack! Leggila bene. - lo rimbeccò il padre.
- Okay papà.. -

SCUOLA DI MAGIA E STREGONERIA DI HOGWARTS
Direttrice: Minerva McGrannitt

Caro Signor Davies,
siamo lieti di infarmarLa che Lei ha diritto a frequentare la Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts. Qui accluso troverà l'elenco di tutti i libri di testo e delle attrezzature necessarie.
I corsi avranno inizio il 1° settembre. Restiamo in attesa della Sua risposta via gufo entro e non oltre il 31 luglio p.v.

Con ossequi,
Neville Longbottom
Vicedirettore

Finì Jack gesticolando. - E questo è tutto. - gli ripassò quello che era suo di diritto.
Alexander fissò la lettera per un lungo momento poi alzò lo sguardo verso la madre che aveva gli occhi gonfi di lacrime dalla gioia. Sorrise il bambino. Sorrise contento. Poi il sorriso si smorzò.
- Che c'è caro? -
- Ma io.. non ho un gufo.. -
La mamma rise divertita mentre si asciugava gli occhi. Il padre lo guardò a capo basso e il figlio, notò che forse stava cercando di nascondere un possibile sorriso? Non poteva saperlo, non gli vedeva bene la bocca.
- Non c'è problema Alex. Oggi andiamo a comprare tutto a Diagon Alley -
- Cos'è Diagon Alley? -
- E' il quartiere dove ci sono tutti i negozi possibili che servono ai maghi per ottenere l'occorrente per Hogwarts -
Alexander era in estasi oramai. Non si teneva più. Chiedeva, implorava di andarci subito, ma la madre ridendo gli diceva di no.
- Ci andiamo io e te. - si fece sentire Charles, senza guardarlo in faccia.
- Anche perché tu Kat non puoi andarci - esordì Jack con un ghigno sulla faccia.
- E' che non conosco il passaggio.. - disse flebilmente lei come una scusa.
- Non c'è problema. - Charles si alzò finendo l'ultimo goccio di caffè. - Andiamo noi. - baciò la tempia della moglie e appena si furono cambiati uscì col figlio.

Alexander non aveva mai trascorso una giornata da solo col padre fin da quando aveva memoria. Stavano camminando, fianco e fianco. Il bambino non sapeva se essere felice o meno, ma continuava a trotterellargli vicino. Charles si fermò davanti a un pub con su scritto Il paiolo magico. Era un po' smesso come locale, pensava Alexander, ma appena il padre entrò, lui lo seguì senza dire niente. Quando furono dentro, le persone dentro si voltarono verso di loro.
- Charles? Charles Davies? - fece il barista buttandosi uno straccetto sulla spalla dopo essere asciugato le mani.
- Certo Tom. Chi altro se no? - rispose il moro stringendogli la mano.
- Qual buon vento? - poi notò il bambino - Oh, ora tocca ad Alexander? - e l'altro annuì lentamente.
- Andiamo a fare spese. - aggiunse sollevando le sopracciglia.
- Certo certo andate pure. - sorrise il barista scompigliando i capelli di Alex.
Charles guidò Alex fin nel retro del locale dove vi era un unico bidone della spazzatura e un lungo muro. L'uomo batté tre volte su un mattone e il muro cominciò a scomparire. Il piccolo indietreggiò per la sorpresa, ma Charles lo trattenne per la spalla. Appena il muro fu scomparso del tutto lo condusse attraverso e si ritrovarono in un altro quartiere. Alexander alzava lo sguardo e si guardava in giro a bocca spalancata. Era incredibile.
Gli piaceva già quel posto ed era lì da soli due secondi!
Cominciò a correre qua e là guardando le vetrine. Forse c'erano troppi negozi per lui.
Stava andando ancora avanti, quando il padre lo fermò prendendolo per la maglia.
- Dobbiamo andare prima alla banca. Tu vai in quel negozio di animali. Io torno subito - gli disse con un tono che non ammetteva no.
Alexander fece come gli era stato detto ed entrò nel negozio chiamato Emporio del gufo. Fuori aveva un'insegna che diceva: Emporio del Gufo: gufi selvatici, barbagianni, gufi da granaio, gufi bruni e civette bianche.
Cominciò a guardarsi intorno. I gufi grigi erano enormi. Gli piacevano, ma gli sembravano alquanto stupidi. Passò avanti. Le civette bianche. Splendide nei loro piumaggi candidi come la neve della sua Canada.
Era da un po' che non la vedeva. Da una decina di giorni a questa parte il padre aveva detto alla sua famiglia che si sarebbero trasferiti a Londra per un po'. Erano andati a stare nell'enorme villa di famiglia in cui prima abitavano i genitori di Charles. A Katheline Londra era sempre piaciuta, fin da bambina diceva lei con un sorriso, e quindi fu molto contenta quando il marito fece quell'annuncio una sera a cena. Jack sbuffò, ma disse che se lo aspettava. Doveva tornare ad Hogwarts e quindi doveva per forza tornare a Londra in tutti i modi. Che Charles avesse previsto che ad Alexander sarebbe arrivata la lettera? Nessuno lo sa. Il biondo si chiedeva tante cose sul padre, ma non aveva mai ricevuto risposta.
Continuava a scrutare tutti i volatili lì dentro. Dalle civette passò ai gufi da granaio. Grossi uccelli di ogni colore che probabilmente, come diceva il nome, servivano a catturare i topi che si nascondevano in quei locali per mangiarne le cibarie custodite. Guardava in alto, in basso. Finché, su un trespolo, non vide uno splendido barbagianni che dormiva lì appollaiato. Era bellissimo. Un piumaggio bianco candido, candido con alcune striature color rame e color oro. Il becco era di un color perla chiaro e luccicava sotto la flebile luce del negozio.
Rimase a fissarlo per un tempo che parve infinito, ma qualcuno lo ridestò poggiandogli una mano sulla spalla. Suo padre. A quanto pare la visione era finita, aveva preso i soldi e ora doveva lasciare solo quel magnifico uccello. Sospirò rassegnato e si avviò a uscire, ma Charles andò verso il banco cui il proprietario era seduto dietro.
- Vorrei quel barbagianni lì se possibile. - Alexander sgranò gli occhi e si voltò lentamente. - Quello poggiato sul trespolo - ora era sconvolto. Vide il proprietario sorridere mentre prendeva l'uccello che si era ridestato dal sonno e lo metteva con delicatezza in una gabbia. Il padre pagò e raggiunse il figlio porgendogli la gabbia - Ora devi dargli un nome - disse solamente per poi superarlo.
Alexander rimase stupefatto dal gesto. L'avevo visto fissare il barbagianni o magari semplicemente aveva preso quello che sembrava più adatto a lui?
Il bambino seguì il padre. Aveva deciso che l'avrebbe chiamato Gahool, come il regno dei barbagianni in quel film fatto al computer che aveva visto una sola volta.
Proseguirono con le spese. Comprarono i libri di testo, il calderone in peltro assieme alle provette. Passarono davanti al negozio di scope da corsa, ma Charles lo tirò via dicendogli che per lui era troppo presto. Arrivarono davanti a un negozio fatiscente, ormai cadeva a pezzi. Si chiamava Ollivander. Entrarono.
Un signore anziano era sopra una sedia che stava impilando delle scatole lunghe e basse un po' malmesse. Alexander pensava fossero scatole da scarpe.
L'anziano si voltò e sollevò un poco le sopracciglia. - Signor Forst - disse scendendo e poggiandone altre sul bancone per poi stringere la mano a Charles.
- Signor Ollivander. Ci serve una bacchetta - disse poggiando una mano sulla spalla del figlio.
- Eh già. Lo vedo - sorrise appena guardando Alexander. - Allora vediamo - si allungò e prese una scatola - Legno di quercia e crine di unicorno - la porse al ragazzo - Agitala un pochino e vediamo se ti sceglie - fece come gli aveva detto e un paio di scatole caddero a terra - No. Questa no. - gliene porse un'altra - Legno di acero e agrifoglio. Agiti signorino - Alexander agitò. Il vetro di un portafoto si ruppe. - Nemmeno questa... - si allontanò un momento e tornò subito dopo. - Legno di salice, undici pollici questa con penna di coda di fenice. Agiti - agitò. Questa volta ci fu uno scintillio più forte della lampadina. Olivander inspirò sorridendo.
- Che odore di mirtillo e muschio - fece il biondo confuso, ma poi guardò la bacchetta che aveva in mano, alzando lo sguardo sul negoziante.
- La bacchetta ha deciso. -
Finirono le compere con la divisa senza stemma e poi, piano piano senza fretta, tornarono a casa carichi di borse e una gabbia.
  
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