Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: Mistful    02/05/2007    14 recensioni
Ecco a voi la traduzione della fanfic che ha vinto l'Oscar come migliore fanfic del 2005! Con la partecipazione di un Harry estremamente depresso, in un mondo di maghi lacerato dalla guerra, sul punto di essere colpito dallo shock più grande della sua vita nel momento in cui scopre che Draco Malfoy è leggermente più importante per lui di quanto avesse mai immaginato. Include un’amicizia molto strana, molta angst, sospetti, lealtà conflittuali, un Ron poco sveglio, una Hermione sul piede di guerra e due ragazzi alquanto incasinati.
Genere: Drammatico, Thriller, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Draco/Harry
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Underwater Light

Underwater Light

By Maya

 

Tradotta da Luciana

Beta: Vale

 

 

Sommario: Cantate la canzone dei Galeoni

La McGranitt è spirata

La causa va trovata

Si riflette sulle relazioni

C'è chi grida, chi si agita come un pazzo

PS. Gente, Draco Malfoy è proprio un bel ragazzo.



Capitolo Quattordici


Ombre di noi

 

 

People in the dark, they don’t know what to do

 

I had a little lantern, oh but it got blown out too

 

I’m reaching out my hand. I hope you are too.

 

I just want to be in the dark with you.

 

 

[Le persone al buio non sanno cosa fare / Avevo una piccola lanterna, ma anche quella si è spenta / Sto tendendo una mano. Spero lo stia facendo anche tu. Voglio solo stare al buio con te.]

 

Tre giorni dopo la morte della professoressa McGranitt, Silente convocò il Giovane Ordine.

 

“Non c’è più alcun dubbio,” disse. “C’è un nemico fra di noi, e non si fermerà davanti a un omicidio.”

 

Erano tutti accalcati attorto al tavolo, i Serpeverde leggermente isolati come al solito. Harry guardò tutte le facce pallide e sconvolte e provò quell’ormai familiare ondata di sconforto.

 

Non posso lasciare che continui. Non lo farò.

 

“Per usare le parole di uno dei nostri Auror…” Silente cercò di sorridere, ma il tentativo fallì. “E’ necessaria una vigilanza costante. Minerva era leale, forte e prudente, e nonostante questo è stata colta di sorpresa mentre tornava nei sotterranei.

Dobbiamo stare ancora più attenti, ed essere ancora più uniti per smascherare il nemico e annientarlo.”

 

La maggior parte dei presenti era grata anche solo di crogiolarsi nelle sue parole. Il viso di Hermione era teso per l’attenzione disperata. Hannah Abbott stava piangendo di nuovo, e Padma Patil stava guardando Draco con uno sguardo di accusa.

 

“Abbiamo ricevuto un duro colpo, non ve lo nascondo,” disse Silente. “Ma non dovete disperare. Sono assolutamente certo che possiamo catturare l’assassino. Mi fido pienamente di ognuno di voi. So che nessuno di voi incrocerà le braccia in un mondo in cui l’assassino di Minerva McGranitt è a piede libero.”

 

Tranne il suo assassino, che è uno di noi.

 

I Serpeverde erano pallidi e sconvolti come tutti gli altri, ma i loro volti erano impassibili mentre ascoltavano Silente. L’avevano notato tutti.

 

“Se qualcuno vede o sospetta qualsiasi cosa, la mia porta è sempre aperta,” continuò Silente, e si tese in avanti. “Qualsiasi cosa. Potete star certi che vi crederò.”

 

Ammiccò gentilmente verso Dennis Canon, che aveva un colorito cinereo ed era svenuto appena saputo della McGranitt. Poi uscì.

 

Quando Silente fu andato via, e nella stanza fu rimasto solo il Giovane Consiglio, Lupin suggerì delle nuove misure di sicurezza.

“La proposta del signor Malfoy di formare delle coppie per lavorare sui progetti era eccellente, ma chiaramente è stata compromessa,” disse. “Suggerisco nuove coppie e ancora più discrezione: nessuno all’infuori della coppia deve avere idea di ciò su cui si sta lavorando. Dato che sembra che la gente parli con i propri compagni di casa, propongo un’altra precauzione… tutte le coppie devono essere formate da membri di case diverse.”

 

“Io prendo Granger.”

 

Harry guardò Draco dall’altra parte del tavolo. Aveva parlato immediatamente, e con voce tagliente, senza guardarsi indietro.

“Signorina Granger,” disse calmo Lupin, “ha delle obiezioni a fare coppia col signor Malfoy?”

 

“No,” rispose Hermione a bassa voce. Harry restò sbalordito, e anche Draco parve stupito per il suo pronto consenso. Lupin annuì, come se fosse ormai tutto deciso.

 

“Altri volontari?”

 

“Io prendo Terry Boot,” disse Blaise Zabini, inclinando la testa all’indietro per rivolgere a Terry uno sguardo di apprezzamento.

Terry arrotolò la sua pergamena. “Preferirei Harry Potter, a dire il vero.”

 

Harry fu ancora più stupito. Conosceva appena Terry, e quel poco che sapeva di lui – ossessionato dai libri, sorride troppo a Draco – non gli andava particolarmente a genio.

 

Terry gli sorrise leggermente. “Se per te va bene, naturalmente.”

 

“Uhm, va bene.” Gli serviva una persona intelligente. Voleva fare la differenza, e se Draco e Hermione non erano più disponibili (oh, maledizione, Draco), Terry Boot avrebbe fatto al caso suo. Di certo non si sarebbe avvicinato a Blaise Zabini.

 

“Io, ehm,” Susan Bones arrossì. “Io prendo Blaise Zabini.”

 

Zabini le scoccò uno sguardo torvo. “Ti piacerebbe.”

 

Lupin annuì e li assegnò l’uno all’altra. Hannah parve un po’ intimidita quando fu messa in coppia con Padma, ma probabilmente si consolò col fatto che non era una Serpeverde.

 

Harry guardò tutte le coppie male assortite intorno a sé. Che cosa avrebbero pensato tutti quanti? Cosa avrebbero potuto escogitare per migliorare la situazione?

 

La professoressa McGranitt era morta, e Harry non aveva la benché minima idea di come vendicarla. Una specie di lavoro di gruppo con Terry Boot gli sembrava così inadeguato che avrebbe voluto urlare.

 

Quando molta gente era arrivata sulla scena, quella notte, e Ron aveva tirato via con decisione Hermione da Draco, Harry gli si era avvicinato. Voleva solo scambiare due parole con lui, per un po’ di conforto, un minimo di riconciliazione a cui potersi appigliare in quella tragedia. Qualcuno che capisse quell’ira che avrebbe spaventato gli altri, qualcuno che lo comprendesse.

 

La bocca di Draco si era tesa e aveva detto, “Ho da fare, Potter,” con voce provata.

 

Da allora non era riuscito a parlargli. Erano stati entrambi impegnati a parlare con gli altri, a consolarli e a cercare di organizzare orde di studenti in preda al panico. Ma lui si portava dietro un carico pesante e deleterio di infelicità e rabbia, perché il Capo della sua Casa era morto, ed era tutto così ingiusto e Draco ancora non voleva parlargli. Voleva sfogarsi con qualcuno, ma nemmeno quello sarebbe stato giusto.

 

Harry inspirò profondamente, rivolse a Hannah Abbott un sorrisino di incoraggiamento e sentì il proprio cuore battere all’impazzata, fin quasi a fargli male, quando si accorse che Draco lo stava guardando.

 

“Ci vediamo in biblioteca alle sei, Granger?” domandò.

 

Hermione annuì. Harry guardò altrove.

 

*

 

A Hermione non piaceva fare cose sulla cui saggezza nutriva seri dubbi. Si recò in biblioteca incerta sul da farsi, e lottando contro l’impulso di girare i tacchi e correre via.

 

Odiava davvero Malfoy per aver scelto il suo santuario come luogo d’incontro. Lei avrebbe dovuto sentirsi al sicuro in biblioteca! Era il suo posto, sempre pieno di studenti seri che non la disturbavano mai, e lei ci andava per rilassarsi.

 

Evidentemente lui lo sapeva. Bastardo!

 

Ma aveva accettato di prenderlo come partner. Avrebbe preferito di gran lunga Padma Patil, che era ugualmente intelligente e molto meno crudele, ma lui l’aveva scelta, e da parte di Malfoy quello era quasi un complimento. Poi si era ricordata di quando lo aveva stretto terrorizzata, e di quando lui aveva ricambiato quella stretta. Non avrebbe mai pensato che Malfoy potesse fare una cosa del genere.

 

Così aveva ceduto al sentimentalismo, e adesso avrebbe dovuto sorbirsi il bastardo biondo per il resto dell’ultimo anno.

Raddrizzò bene la testa e camminò fino al tavolo dove era seduto Malfoy, con la testa china su delle pergamene. Notò che stava usando una piuma d’aquila, evidentemente per pura ostentazione.

 

“Ah, Granger,” disse col suo sorrisino odioso. “Ce ne hai messo di tempo.”

 

“Avevo da fare alla torre,” rispose secca, e vide la sua espressione cambiare appena. Allontanò dalla mente ogni pensiero sulla professoressa McGranitt, ignorando l’orrore e la paura e concentrandosi sulle venature del legno del tavolo che aveva di fronte.

“Bene, dato che dobbiamo pensare al nostro progetto, ho pensato che sarebbe meglio iniziare ad analizzare gli eventi recenti per poi concentrarci sul da farsi,” disse Draco.

 

“Va bene.”

 

Hermione fu piacevolmente sorpresa da quell’approccio metodico. Le piaceva avere dei buoni organizzatori come partner nello studio. Per poco non sorrideva a Malfoy.

 

“Innanzitutto credo che il Giovane Consiglio, e possibilmente l’intero Giovane Ordine, dovrebbero analizzare questo Sognatoio di cui ha parlato Potter al Giovane Ordine, quello in cui la McGranitt aveva messo i sogni di Potter.”

 

Hermione ignorò la fitta di dolore seguita alla menzione del suo nome e respirò a fondo, indignata. Non davanti a Malfoy. Non perdere il controllo davanti a Malfoy.

 

“Assolutamente no! Quelli sono i sogni privati di Harry. Tutte quelle persone non hanno il diritto di vederli…”

 

La voce di Malfoy suonò glaciale. “La professoressa McGranitt potrebbe esser stata uccisa perché sapeva qualcosa. Quel qualcosa potrebbe trovarsi in quei sogni, per cui tutti devono vederli. Solo così avremo delle buone possibilità di capire. Non abbiamo tempo per badare ai sentimenti personali di nessuno, se vogliamo vincere questa guerra.”

 

“Che ne pensi del fatto che ognuno ha diritto alla privacy?” chiese Hermione, cercando di controllare la sua voce oltraggiata, e trovando la cosa molto difficile.

 

“Oh, dici?” disse Malfoy sarcastico. “Non sono stati i Babbani a inventarsi questi diritti? Vuoi che lasci qualcuno cavarsela dopo un omicidio e vari rapimenti per via dei tuoi scrupoli da stupida Mezzosangue?”

 

Hermione controllò di nuovo la voce. “Voglio che stai attento a come parli,” gli disse con freddezza. “Siamo partner.”

 

Malfoy sembrò annoiato. “Non ti scaldare, Granger. Can che abbaia…”

 

“Morde, Malfoy, se non stai attento.”

 

Hermione sobbalzò d’impulso, e prima che potesse fare niente, Malfoy si era alzato in piedi al suono di quella voce decisa che lo sfidava, e ora stava fissando gli occhi ardenti di Harry.

 

Per quale motivo erano così furiosi?

 

“Ne abbiamo già parlato, Malfoy,” disse Harry in fretta, rosso di rabbia. “Ti ho detto che è meschino e crudele, e tu eri d’accordo. Il fatto che ci siamo allontanati non vuol dire che hai il permesso di smettere di usare il cervello… di smettere di comportarti da persona civile.”

 

Hermione avrebbe voluto nascondere il viso per la disperazione, ma continuò a guardare. I loro corpi erano entrambi tesi come corde di violino.

 

“Non mi interessa comportarmi da persona civile, stronzo ipocrita,” sbottò Malfoy.

 

Lo scintillio negli occhi di Harry fu quasi di sollievo.

 

“E’ una cazzata! Ti comporti così perché vuoi rinnegare tutto ciò di cui abbiamo parlato, ed è una stupidaggine! Hai sempre fatto idiozie anche contro te stesso per il solo gusto di dar fastidio, ti comporti sempre da piccolo snob…”

 

“Non sai nulla di me!” urlò Malfoy. Si calmò nel giro di due respiri profondi e furiosi, col petto che gli sussultava, quindi parlò più tranquillamente. “Vogliamo parlare di te? Non lo sai che questi progetti sono segreti? Eppure stavi ascoltando… io direi che è proprio un comportamento da spia…

 

Madama Pince si stava già precipitando verso di loro parlando con severità, ma sia l’uno che l’altro non la ascoltavano.

 

“Come osi!” gridò Harry, sbattendo Draco contro una libreria.

 

Tutti gli studenti nella biblioteca li stavano fissando, e Hermione non poté far altro che mordersi le labbra quando Harry strinse in un pugno la camicia di Draco e si piegò su di lui, le loro spalle tese e preparate alla violenza, curvate l’una contro l’altra per tenere fuori il resto del mondo.

 

“Perché diavolo dovevi insinuare una cosa del genere?” esclamò Harry, trafiggendo con gli occhi il viso di Malfoy. “So che non lo credi, lo so, perché devi infierire…”

 

“Che diavolo stai facendo!”

 

“Sono costretto a infierire perché non vuoi stare a sentirmi!” ringhiò Harry, e continuò a ringhiargli in faccia, e Malfoy lo spinse più forte per potergli sorridere sarcastico in viso. “Perché non la smetti di essere così odioso, e…”

 

Malfoy reagì all’improvviso, spingendolo via con cattiveria.

 

“Perché non mi lasci in pace!” Fu quasi un urlo.

 

“Signor Potter, signor Malfoy, venti punti in meno per ciascuna casa!”

 

Finalmente i ragazzi si accorsero di Madama Pince, ma non le dettero molta attenzione. Apparentemente a Harry sarebbe alquanto piaciuto rompere le ossa a Malfoy. Madama Pince dovette afferrarli entrambi per i gomiti e trascinarli fuori dalla biblioteca. Mentre venivano portati via, il braccio di Malfoy toccò quello di Harry e Malfoy sobbalzò come se gli avesse dato una scossa elettrica.

 

Hermione ripose frettolosamente la pergamena e le piume nella sua borsa e corse dietro di loro, cogliendo la fine della paternale di Madama Pince mentre li spingeva fuori dalla biblioteca.

 

“Un simile comportamento! Mai visto prima…”

 

I due ovviamente non la stavano ascoltando, presi com’erano dal guardarsi con una furia concentrata e distillata, finché la porta non si fu chiusa dietro Madama Pince.

 

Hermione si appiattì contro la parete, fingendosi invisibile.

 

“Secondo te come mi sento,” disse Harry a bassa voce, “con te che dici quelle cose, con te…”

 

“Beh, secondo te come mi sento i…” Malfoy smise di gridare. Rimase immobile e teso per un momento, poi la sua bocca si curvò malignamente. “Lasciami in pace,” disse. “Ti chiedo solo questo. Io e Granger ci teniamo davvero a lavorare per la guerra.”

 

“Tu…” le mani di Harry si strinsero sui suoi fianchi. Il suo viso era pieno di fosca tristezza. “Io ci tengo.”

 

Malfoy lo lasciò lì, andandosene senza altre parole e camminando impettito per il corridoio. Hermione guardò disperatamente Harry, che indietreggiava da lei con un’espressione di fiera e privata infelicità, quindi, per ragioni del tutto misteriose, rincorse Malfoy.

 

Malfoy entrò in una classe e gettò una sedia contro il muro. Rimase immobile al centro della stanza, ancora col fiatone, e Hermione esitò sulla soglia e si chiese se per caso non fosse instabile mentalmente. Le sarebbe piaciuto decisamente tanto Schiantarlo.

 

Malfoy si girò verso di lei, non molto sorpreso che l’avesse seguito. Hermione notò che aveva la mandibola contratta, i denti stretti, e si preparò a qualsiasi cosa stesse per arrivare.

 

Malfoy si infilò le mani in tasca con forza ingiustificata.

 

“Le mie scuse, Granger,” disse tra i denti. “So di averti scelta io come partner, ed è mio dovere non lasciare che il mio carattere interferisca con ciò che dobbiamo fare.”

 

Hermione lo fissò.

 

“Sarai educato con me? Non so, Malfoy. Sei sicuro di esserne capace?”

 

Malfoy alzò le sopracciglia e quasi sogghignò. Era molto bizzarro. “Non arriverei a definirmi educato,” disse. “Pensavo più a ‘non intenzionalmente e apertamente offensivo’.”

 

“Ripeto, sei sicuro di esserne capace?”

 

“Potrei rivelarmi un partner molto tranquillo.”

 

Hermione si accorse che Malfoy stava cercando di convincerla che aveva il pieno controllo di sé, il che era un tantino ambizioso dato che l’aveva appena visto buttare in aria una sedia. Notò anche che si stava comportando in modo quasi civile, ed era da più di cinque minuti che non pensava a quanto fosse stronzo.

 

Bisognava fare qualcosa.

 

“Beh, sono contenta che Harry ti abbia convinto.”

 

“Potter non ha niente a che fare con questo,” tagliò corto Malfoy. “Diavolo, potrebbe anche smettere di seccarmi.”

 

Hermione strinse le dita attorno alla bacchetta. “Ti secca perché vuole attirare la tua attenzione,” lo informò. “Dovresti saperne qualcosa.”

 

Piccolo fastidioso snob. Non fingiamo che tu non l’abbia perseguitato per sei anni.

 

“Voglio solo essere lasciato in pace,” sbottò Malfoy. “E adesso non vorrei che ti saltassero le coronarie, Granger, ma in questo caso particolare non sei in possesso di tutti i fatti!”

 

Hermione prese un altro ampio respiro. Era vero: non sapeva esattamente cosa fosse successo. Malfoy, per quanto la cosa sembrasse inverosimile, poteva anche essere completamente innocente. Non si comportava come qualcuno i cui piani crudeli fossero riusciti alla perfezione.

 

“Hai ragione. Non… non sono affari miei.”

 

Malfoy la squadrò. “Non pensavo che avrei mai sentito queste parole da te, Granger.”

 

Hermione arrischiò un sorriso. “Beh, io non pensavo che avrei mai sentito ‘Le mie scuse’ da te, Malfoy.”

 

Era una conversazione quasi civile. Molto strano.

 

“Beh. Come ho già detto, devo fare in modo che lavoriamo insieme. Non posso essere completamente spregevole.” Malfoy era accigliato, come se essere costretto ad un comportamento educato fosse per lui un enorme peso.

 

“Potrebbe essere un bel cambiamento,” disse vivace Hermione. “E’ una tregua, allora?”

 

Malfoy alzò gli occhi su di lei, aperti e stupiti. “Solo fino alla fine dell’anno. Poi ucciderò te e tutti i tuoi amici col sangue misto.”

Hermione lo fissò. Malfoy sogghignò.

 

“Scusa, non ho resistito,” disse. “La tua espressione non ha prezzo.”

 

“Malfoy! Non è divertente!”

 

L’idiota, evidentemente, si stava scompisciando. Aveva ancora il sorriso sulle labbra quando lasciò la scena del sediacidio, ed era abbastanza di buon umore da offrirsi di portare la borsa di Hermione, quando attraversarono il corridoio.

 

“Grazie, ma sono perfettamente capace di portarla da sola,” disse secca Hermione.

 

“In effetti sembra che portare borse strapiene sia un tuo hobby, ma pensavo che fosse carino chiederlo. Il sottoscritto è sempre un gentiluomo.”

 

Hermione sbuffò. Malfoy parve offeso. Natalie McDonald, che passava di lì, rivolse loro un’occhiata esterrefatta, e poi guardò con apprezzamento Draco. Hermione avrebbe fatto una chiacchierata con quella ragazza.

 

Pensò che i jeans di Malfoy attraevano l’attenzione non perché lui fosse oggettivamente attraente, ma perché li indossava come se fosse una cosa audace e proibita.

 

Si accorse che aveva appena considerato seriamente la questione dei jeans dei Malfoy, e si sentì leggermente sporca.

“Senti, Granger.” Malfoy esitò, una cosa rara al punto da spingere Hermione a guardarlo interrogativa. Era un po’ imbronciato, come se stesse pensando. “Mi chiedevo, ti piacerebbe venire nella mia stanza tra un paio di notti? Io…”

 

“Cosa intendi esattamente?” chiese Hermione, inorridita.

 

Malfoy sorrise. Tutto il sangue corse verso la testa di Hermione, appena si accorse che diceva sul serio.

 

Bastardo!

 

“Non posso credere al coraggio che hai, Malfoy,” scattò, e per la seconda volta nella sua vita gli diede uno schiaffo in pieno viso.

 

Poi tornò di corsa alla Torre di Grifondoro.

 

*

 

Harry camminava lungo il lago, avanti e indietro, col vento che gli sferzava il viso e la tristezza stretta in un magone sotto le costole, ma anche uno strano senso di sollievo che aveva mitigato il furioso mal di testa che aveva avuto per giorni. Almeno era riuscito a rilassarsi per un po’, a sfogarsi senza preoccuparsi, e almeno Draco aveva reagito. Odiava quella situazione, ma si era sentito vivo, e se quello era tutto ciò che potevano avere, allora ne voleva ancora, e subito.

 

Non era salutare.

 

Non voleva. No. Voleva che le cose tornassero a posto.

 

Non voleva proprio tornare alla Torre di Grifondoro. Sentiva che la frustrazione l’avrebbe distrutto, se fosse rimasto lì un minuto di più. Da quando era morta la McGranitt, la Torre era stata imbavagliata da una cappa di silenzio. Continuava a vedere ragazzi che piangevano e a cercare di consolarli, continuava a vedere persone che lo guardavano sperando di ottenere da lui risposte o conforto, senza però offrirne a loro volta. Gli faceva venir voglia di spaccare qualcosa. No, gli faceva venir voglia di spaccare Voldemort, di annientarlo e fargliela pagare per tutto.

 

La notte prima era rimasto sveglio per ore a parlare con Neville. Quel giorno, nella sala comune, Ginny gli si era buttata addosso e si era messa a piangere, e lui le aveva dato delle pacche sulla spalla, con la gentilezza e la goffaggine con cui aveva parlato con Neville. Non era bravo in queste cose, l’unica cosa che gli riusciva bene era affrontare qualcosa che andava affrontato. Era in trappola, voleva agire, voleva gridare la sua ira a Draco e che Draco gli gridasse che era un idiota, così avrebbe potuto finalmente riposare, sedersi appoggiandosi a Draco e parlare, anziché sentirsi così responsabile.

 

Con un calcio violento tirò un sasso nel lago, e vide la piovra agitarsi per protesta sotto la superficie torbida dell’acqua.

 

Harry la guardò cupo. “Fanculo anche tu,” mormorò, prima di accorgersi che stava parlando con una piovra, e che forse era ormai avviato alla follia irreversibile.

 

Guardò l’edificio di pietra che si stagliava in lontananza, Hogwarts, quindi la luce fioca alla finestra della casa di Hagrid. Lasciò il lago e si diresse verso quella.

 

Erano secoli che non faceva visita a Hagrid. Sentì il proprio umore migliorare mentre si avvicinava alla porta. Hagrid non avrebbe avuto aspettative, Hagrid era stato il suo primo amico al mondo…

 

Hagrid aprì di pochi millimetri la porta, con un’espressione molto imbarazzata.

 

“Ah… ciao, Harry,” disse, piuttosto preoccupato.

 

Harry lo guardò di traverso. “Ehm… ciao? Posso entrare?”

 

“Beh, ma certo,” replicò Hagrid, aprendo la porta di un altro centimetro. “E’ solo che… beh, è proprio che è un momentaccio, lo sai no…”

 

L’orribile idea che avesse potuto interrompere Hagrid e Madame Maxime gli attraversò la mente, e cercò di allontanare quell’immagine.

 

“E’ solo che ci sta il giovane Malfoy,” terminò Hagrid impacciato.

 

“Oh,” disse Harry.

 

“Lo so che vi siete litigati di nuovo, così ho pensato che magari non lo volevi vedere…”

 

Di nuovo, perché ovviamente l’unica cosa che Harry e Draco facevano era litigare, e nessuno si aspettava che la loro amicizia durasse, fine della storia. Il viso di Hagrid era ancora preoccupato e benevolo, e Harry scacciò l’ennesima ondata di desolazione.

 

“No,” disse sforzandosi. “Cioè… voglio vederlo, non c’è problema…”

 

“Ah bene,” Hagrid sorrise raggiante. “Va bene, allora, no?”

 

Spalancò la porta e Harry lo seguì nel soggiorno, dove il fuoco scoppiettava luminoso. Madame Maxime stava leggendo un libro con dei cavalli zannuti in copertina, la bimba era seduta sul tappeto agitando quello che pareva un sonaglio zannuto, e la finestra era spalancata, con la tendina che ondeggiava al vento.

 

Draco se n’era andato.

 

“Oh, sei Errì,” disse Madame Maxime con un sorriso appena accennato. “Mi chiedevo cosa avesse spinto il sciovane Draco ad uscire così rapidement. Di solito è tanto educato, per essere un ragaso Anglais.”

 

“E’ venuto qui molte volte,” disse Hagrid. “Ci piace giocare con la bambina e fare quattro chiacchiere con Olympe. Mi sa che ultimamente si sente un po’ oppresso, se devo essere sincero.”

 

Lui e il resto del mondo, pensò Harry. Trovò commovente e amaramente ironica la preoccupazione nella voce di Hagrid, e Dio, Draco era infelice e lui non poteva neanche parlargli.

 

“Oh,” ripeté, impotente.

 

Hagrid lo guardò con due occhi nero-scarafaggio molto impensieriti.

 

“Ci ho parlato qualche volta, da quando lo hai portato qui. Non è malaccio come persona, a suo modo,” disse. “Secondo me siamo stati troppo duri con lui. Questo non è mica il momento di discutere, Harry. Non potresti fare pace con lui?”

 

Harry fissò il tappeto e ne odiò ogni fibra. Fino a quel momento gli erano sempre stati simpatici i tappeti.

 

“Vorrei tanto,” ammise alla fine, la voce tetra alle sue stesse orecchie. “Non mi vuole parlare.”

 

*

 

Ginny si cinse le ginocchia, appoggiando il viso alla finestra. Aveva guardato Harry camminare lungo il lago fino a quando era calato il buio, e ora non riusciva più a distinguere se fosse ancora lì. Si chiedeva cosa avesse in mente.

 

Avrebbe voluto che tornasse. Pensava che avrebbe dormito meglio, se lui fosse tornato alla torre. Continuava ad avere incubi su quella notte, l’oscurità, il terrore, Hermione che era quasi crollata, Harry per una volta quasi indifeso e la professoressa McGranitt… Continuava a svegliarsi gridando. Ormai succedeva abbastanza spesso che qualcuno si svegliasse gridando nei dormitori, così nessuno lo notava tanto, ma Ginny sì. Voleva stare meglio. Voleva sentirsi al sicuro.

 

Si era sentita al sicuro prima, quando era crollata e Harry l’aveva sostenuta. Lui non era spaventato come tutti gli altri.

“Ginny, è buio pesto là fuori. Rinuncia.”

 

Ginny spostò lo sguardo su Dean, in piedi davanti alla sua finestra con un viso preoccupato. Si strinse più forte le gambe.

“Non so di cosa parli.”

 

“Non riuscirai a vedere Harry,” disse Dean gentilmente, sedendosi accanto a lei.

 

“Stavo solo…” Ginny si fermò e guardò Dean in cerca di un po’ di muto conforto. Glielo aveva sempre offerto, ma ora sembrava distante, addolorato e affatto affidabile.

 

“Lo so,” le disse. “Lo capisco. E’ solo che… Ginny, sono mesi che cerco di capire. Sono così stanco.”

 

Parlò con calma, con un tono affaticato e per nulla esigente, e Ginny non capì come mai la gola le si strinse. Lo fissò, e cercò di parlare nonostante l’improvviso magone.

 

“Non capisco cosa vuoi dire.”

 

La sua voce suonò fredda, e bassa. Rabbrividì.

 

“Stavi bene prima che cominciassero a succedere queste cose. Stavi… più che bene. Eri bellissima, e così viva, e… stavamo insieme, e andava tutto bene.”

 

Dean fissò il pavimento mentre parlava. Ginny alzò gli occhi su di lui, colpita.

 

“Oh, Dean… ma ti ho spiegato, è Harry, deve essere Harry…”

 

“Oh, maledizione!” disse Dean, così forte che Ginny sobbalzò. “Non deve essere Harry! Non era Harry prima che cominciassero a rapire gente a Hogwarts! Eravamo tu ed io, e so che hai paura e vuoi essere salvata, ma come credi che mi senta a guardarti così? Come pensi che stia senza… Ginny, ho aspettato tanto, e ho paura anch’io!”

 

Ginny deglutì. Lui aveva paura e Ginny aveva paura, e avrebbe potuto sopportare qualsiasi cosa e voleva combattere per la giusta causa, ma quello… quel lento diminuire del loro numero, quella paura costante, quella violazione del loro unico porto sicuro… Si sentiva smarrita e indifesa, proprio come quando era una bambina la cui mente era stata invasa. Non poteva lottare contro qualcosa che non conosceva, ma Harry sarebbe piovuto dal cielo e avrebbe sconfitto il nemico che Ginny non aveva neanche riconosciuto. Harry era l’eroe, Harry non aveva paura, Harry l’avrebbe salvata, ed era Harry che amava.

“Mi dispiace,” disse con voce tremante, “ma questo non cambia niente.”

 

La professoressa McGranitt era stata uccisa.

 

L’espressione di Dean le fece venir voglia di piangere. “Eri così sveglia e coraggiosa,” disse, con voce bassa e vuota. “Ho sempre voluto disegnarti. Mi facevi ridere e ci sostenevamo a vicenda…”

 

“Io non posso sostenere nessuno!” la voce di Ginny fu quasi un urlo.

 

Le ombre si stavano chiudendo su di lei. Svegliarsi in un corridoio buio con del sangue sulle mani e delle scritte sui muri, e ora un altro corridoio con un gatto che era…

 

“Scusami,” le disse Dean, e riacquistò la sua solita calma con uno sforzo. “Non volevo… E’ solo che è tutto così…” Si fermò. “Ti amo,” disse. “Lo sai.”

 

Si alzò.

 

“Non ti darò più fastidio.”

 

Ginny lo guardò andarsene con una tristezza indescrivibile. Alcune persone la stavano guardando incuriosite, ma la maggior parte era riunita davanti al camino a parlare con sussurri impauriti, e nessuno andò da lei. Calì Patil stava camminando per la stanza, con un’aria incerta.

 

Ginny cercò di piangere senza farsi notare. Si sentiva come se stesse affogando, tutti stavano affogando, e desiderò più che mai che Harry arrivasse e salvasse tutti.

 

*

 

Harry non rimase molto tempo da Hagrid. Madame Maxime non la smetteva di parlare della professoressa McGranitt, e la visita si era rivelata un fallimento completo.

 

Tuttavia era ancora così a pezzi e in cerca di conforto e terrorizzato che avrebbe preso a morsi qualcuno se fosse tornato alla torre, così andò nella stanza di Sirius. Lupin aveva spiegato loro con pazienza che una visita di Harry sarebbe stata una violazione dei rapporti studenti-professori, e così Sirius gli aveva sempre raccomandato di farlo discretamente.

 

Forse erano meno vicini di quanto Harry avesse sperato, ma sapeva di poter contare su di lui.

 

Alzò gli occhi quando Harry entrò, la sua bocca abbandonò le linee della cinica sopportazione e si rilassò in un caldo sorriso.

“Harry,” disse. “Speravo che passassi di qui. Come stai?”

 

Harry lo guardò per un minuto, perso nell’infelicità più orrenda, e Sirius si alzò di scatto dalla scrivania.

 

“Domanda stupida,” tagliò corto. “Dai, vieni a sederti accanto al fuoco, ti faccio una tazza di tè.” Si fermò. “Vuoi che ci metta dentro qualcosa di forte?”

 

Harry alzò gli occhi, stupito, dalla sedia dove Sirius l’aveva depositato quasi con la forza. Poi sogghignò appena. “Ok.”

“Perfetto,” gli disse Sirius, e ricambiò col suo sorriso scaltro, dirigendosi verso una credenza sulla parete. “Non dirlo a Remus,” aggiunse serio. “Si imbestialirebbe. E poi mi taglierebbe la testa .”

 

“Però sarebbe bello vedere un lupo mannaro andare in bestia,” rispose Harry.

 

 Sirius rise. Erano giorni che Harry non sentiva qualcuno ridere.

 

Tornò con una bottiglia di Firewhiskey Ogden, un bicchiere, una tazza e un bricco. Mise il bricco sul fuoco. Sirius era ancora un po’ goffo con le faccende domestiche, si muoveva come se fare le cose più normali fosse strano, ma Harry era contento che ci stesse provando. Tornò a sedersi con un sospiro, quindi guardò Harry con occhi neri e attenti.

 

“Non so se questo può aiutarti,” disse all’improvviso, “ma Silente mi ha appena detto che sarò il nuovo Capocasa di Grifondoro.”

“Tu!” Harry lo fissò. “E Lupin?

 

Sirius roteò gli occhi. “Ha rifiutato. Continuava a dire che deve restare in una posizione neutrale per via del Giovane Ordine. Se vuoi sapere come la penso, tutto questo è ridicolo. Hai quasi finito la scuola. Tu, Ron e Hermione dovreste poter entrare nel vero Ordine.” Fece una smorfia fintamente seccata. “E comunque, cos’ho io che non va?”

 

“Niente,” disse subito Harry. “Ero solo sorpreso. Io… non voglio pensare a qualcuno che sostituisce…”

 

Non voglio pronunciare il suo nome. Abbassò gli occhi sul pavimento di pietra e li rialzò quando Sirius gli si avvicinò e gli mise una mano sulla spalla. Lo aveva fatto in segno di comprensione, ma Harry pensò che sembrava deluso. Avrebbe voluto che Harry fosse eccitato quanto lui.

 

“Scusa,” gli disse. “E’ grandioso. Davvero.”

 

Sirius si illuminò, e per un attimo le rughe lasciate da Azkaban si ammorbidirono. Seduto davanti al caminetto, Harry vide Sirius come doveva esser stato quando era giovane e felice, prima che Voldemort distruggesse tutto quanto.

 

“Almeno adesso la scomparsa di Snape ha un lato positivo,” osservò. “Non dovrò più discutere il protocollo delle case con quel viscido idiota.”

 

L’acqua nella teiera bollì, e Sirius si preparò a riempire la tazza da tè di Harry. Harry lo guardò mentre lo faceva.

 

Sirius,” disse tranquillo. “I Serpeverde hanno bisogno di Snape. Deve tornare.”

 

Sirius prese a versare il Firewhiskey. “Sì, beh, spero che ritorni. Sto solo sottolineando il lato positivo, come ho detto. Quell’uomo è insopportabile.”

 

Per quanto Harry ricordasse, Sirius non aveva mai fatto un grande sforzo in quella direzione… ma probabilmente non avrebbe funzionato lo stesso. Snape era davvero impossibile, ricordò. Solo perché Draco…

 

“Sembri proprio a terra, Harry,” disse Sirius, porgendogli la tazza. “Cioè… so che è normale, e non c’è molto che possa fare. Ma c’è per caso qualcos’altro che non va con cui potrei darti una mano? Roba di ragazze?” Rivolse a Harry un altro sorrisetto speranzoso. “Posso darti un sacco di consigli su quello.”

 

“Ehm, no.” Harry bevve in fretta un sorso di tè. Gli bruciò la gola. “Niente ragazze. Assolutamente no.”

 

Sirius parve di nuovo deluso. “Non capisco per quale motivo non sei circondato di ragazze,” disse, in un disastroso tentativo di rallegrarlo. “Quando io e James eravamo giovani…” Si fermò per versarsi un generoso bicchiere di Firewhiskey, e sembrò visualizzare l’ira di Lupin. “Eravamo piuttosto popolari,” concluse con prudenza, poi sorrise con aria sveglia e leggermente maliziosa. “E tu non hai alcun rivale del mio calibro, no? Insomma, non dovresti essere il rubacuori della scuola?”

 

“Non sono il rubacuori della scuola,” mormorò Harry, conscio di essere diventato rosso. Ti prego, ti prego, Sirius, smettila di parlare di donne.

 

Sirius sembrò offeso, come se qualcuno avesse cercato vigliaccamente di soffiare il titolo al suo figlioccio. “Allora chi lo è?”

“Non lo so…” Harry desiderò che il pavimento avesse fame e si convincesse ad ingoiarlo. “Draco Malfoy,” bisbiglio. “Ehm. Forse.”

 

A Sirius andò di traverso il liquore.

 

Draco Malfoy?” esclamò, tossendo. “Quel ragazzetto scialbo e puntuto? Il servetto di Snape?”

 

Harry bevve ancora un po’, e disse con impeto ribelle, rivolto al suo tè, “Non è così puntuto.”

 

“Quel piccolo scemo anemico che non la smette mai di dar fiato alla bocca e passa metà delle uscite a Hogsmeade dentro Guardaroba Magico? Quello sarebbe attraente, per le ragazze?”

Dovresti chiederlo a loro. Ma secondo me sì. Harry decise che forse c’era troppo alcool nel suo tè, e preferì un “Già.” Dopotutto, ragazze come Calì giravano sempre intorno a Draco.

 

“Alle ragazze non piacciono i ragazzi che pensano troppo ai capelli,” gli disse Sirius, ancora sconvolto. “Me lo disse proprio tua madre.”

 

Harry prese quella frase e la archiviò nella sua memoria. Era da quando Sirius e Lupin erano arrivati il sesto anno che Harry collezionava pezzetti di ricordi sui suoi genitori, anche se, quando Lupin gli aveva confessato che a volte suo padre era stato crudele, si era depresso ancora di più. Se non aveva neanche un modello di padre a cui aspirare…

 

“Ehi. Harry,” disse Sirius, aggrottando la fronte. “Sembri… turbato. Ascolta, non intendevo…” Si fermò. “Ultimamente sei piuttosto vicino a quel Malfoy, vero?”

 

Un po’ più vicino di quanto volesse, a dire il vero. Harry tossì. Troppo alcool nel suo tè. Troppo alcool.

 

“Abbiamo litigato,” disse invece.

 

“Sì, lo so. Beh… è meglio così, Harry,” Sirius fece una pausa. “Conoscevo molto bene Lucius. Io… lo vedevo spesso alle riunioni di famiglia dopo che si era fidanzato, a dire la verità. Certo, ero molto giovane allora, e lui non era molto più grande di me, ma quell’uomo era disgustoso.” Fece roteare il bicchiere con aria da intenditore. “Non mi è mai piaciuta la gente che striscia intorno ai più forti in cerca di potere,” borbottò, e Harry vide il bruciore del tradimento nel suo sguardo. “Non sopporto la gente così.”

 

Stava ripensando a Codaliscia, e Harry pensò, Lo lasciai andare quando avrei dovuto ucciderlo con le mie mani.

 

Non avrebbe fatto lo stesso errore due volte.

 

“Lo so,” replicò. “Draco non è così.”

 

Uno dei sopraccigli scuri di Sirius si curvò all’insù. “Ah no? Qual era esattamente il motivo per cui il piccolo Serpeverde ti era amico?”

 

“Non so. Diceva che si trattava di curiosità morbosa.” Quasi sorrise al ricordo, e vide lo sguardo allibito di Sirius. Sperò che il suo sorriso non fosse sembrato tenero. “In realtà, secondo me gli piacevo.”

 

“Dannati Serpeverde,” disse Sirius aggressivo. “Essere smistato a Grifondoro mi ha salvato, Harry, lo sai? Altrimenti sarei finito… Non ti serve un amico così, Harry. Stai meglio senza di lui.”

 

Harry si concentrò su un punto sopra il viso cupo di Sirius, cercando di non lasciar trasparire alcuna emozione. Allora come mai mi manca così tanto?

 

“Senti,” disse Sirius cambiando improvvisamente argomento come suo solito, “ti piacerebbe venire al funerale di Minerva con me e Remus? Ho il programma qui, potrei far venire te, Ron e…”

 

La menzione del funerale stridette nelle sue orecchie. Strinse la tazza nella mano, grato che bruciasse.

 

Avrebbe voluto romperla. Invece la mise giù.

 

“Potremmo parlarne un’altra volta? Si sta facendo tardi.”

 

Sirius sembrò confuso, ma poi si ricompose e si sforzò tremendamente di essere gentile. “Come vuoi, Harry. Ora che sono il tuo Capocasa possiamo vederci più spesso, e se mai avessi bisogno di parlare…”

 

“Sì, certo.”

                                                                                                                                                                                                     

Harry doveva uscire di lì. Il programma del funerale della McGranitt era sulla scrivania, e avrebbe voluto mandare in pezzi qualcosa. Si alzò dalla sedia e raggiunse la porta quasi senza pensarci.

 

“Harry, dico davvero.”

 

Il dolore sincero nella voce di Sirius lo fece voltare. Il suo padrino si era alzato in piedi e lo stava guardando, lottando per trovare le parole che potessero far breccia dentro Harry. Sirius era stato così impegnato, e non aveva mai saputo bene come comportarsi con Harry, e Harry era così arrabbiato e infelice e confuso, e nessuno di loro era mai stato capace di reggere i confronto con ciò che volevano sul serio.

 

“Sono… un padrino orribile e senza speranze,” ammise Sirius, curvando la bocca. “Ma… ti voglio bene. Questo è un dato di fatto.”

 

Alla fine, nonostante i fraintendimenti e la distanza, Sirius ci sarebbe sempre stato per lui. Era per quello che Harry era andato da lui, quella notte. Inoltre… quelle parole Harry non le sentiva tanto spesso.

 

Sorrise un po’ goffamente. “Ehm, anch’io ti voglio bene,” disse, troppo velocemente. “Io, ehm, ci sentiamo presto.”

 

Il sorriso di Sirius, quel sorriso fiero e luminoso che l’aveva fatto sembrare di nuovo giovane, si spense, e quando Harry chiuse la porta, nonostante tutto, si sentiva leggermente meglio.

 

*

 

“Passami il caffé,” ordinò Draco, pallido e convulso.

 

Pansy gli si avvicinò amorevolmente e gliene versò una tazza. Draco le afferrò il gomito.

 

“Certo, getta una briciola all’affamato, ottima idea,” sogghignò. “Lascia la caraffa lì. Accanto a me.”

 

“Dai proprio il meglio di te la mattina, Draco.” Draco gettò la testa all’indietro con drammatica disperazione e Pansy si addolcì, accarezzandogli la schiena con un gesto decisamente intimo. “Non preoccuparti. Sarai fantastico. Altrimenti aggiusteremo i tuoi voti.”

 

“Non insultarmi,” sbottò Draco, prendendo il suo caffé. “Posso farcela, e posso farcela alla grande.”

 

Sembrava determinato, e appena un po’ pallido.

 

A quel punto, quello che sarebbe dovuto essere un discreto colpo di tosse, ma che suonò piuttosto come un terremoto in miniatura, risuonò alle spalle di Harry. Harry sobbalzò colpevolmente, e si girò per guardare Goyle negli occhi.

 

“Smamma,” disse Goyle.

 

“Sto solo fermo qui,” obiettò Harry. Stava solo fermo lì ad origliare sfacciatamente, ma comunque.

 

Goyle parve ostinato e impassibile. “Smamma.”

 

Fu allora che Draco e Pansy alzarono gli occhi, e un attimo dopo Draco li spostò di nuovo. I suoi occhi erano quasi velati. Sembrava stanco.

 

“C’è qualcosa in programma oggi?” chiese.

 

“Non credo,” rispose Ron. “Perché non mangi qualcosa, Harry? Hermione, anche tu dovresti.”

 

Hermione sembrava stanca. Lasciò cadere il pezzo di toast con cui stava giocando e smise di fingere. Si appoggiò a Ron per un minuto e lui la abbracciò.

 

Harry spostò lo sguardo, ma non verso il tavolo dei Serpeverde. Verso le uova.

 

“Malfoy mostrerà il suo progetto di Magia Creativa,” disse con calma Dean.

 

La testa di Harry scattò in su. Dean gli sorrise dall’altra parte del tavolo, anche se il sorriso gli riuscì teso. Anche lui aveva un’aria stanca… Dio, erano tutti stanchi e tristi.

 

“Il mio l’ho consegnato la settimana scorsa,” continuò Dean speranzoso. “Il progetto pratico è piuttosto importante. Conta per…”

“Lo so, Draco me l’ha detto.” Pensò che non aveva importanza se Draco non lo sentiva. Tutti avevano il diritto di chiamare gli altri come volevano.

 

Draco aveva parlato del progetto un sacco di volte, spargendo fogli accartocciati per la sua stanza e occasionalmente su Harry.

 

Harry aveva odiato quel progetto per il tempo che sottraeva a Draco, ma adesso l’unica cosa a cui riusciva a pensare era che Draco ne aveva parlato, e che allora si parlavano. Se n’era lamentato in barca, prima che tutto cadesse a pezzi, e un’altra volta Harry aveva detto che gli sarebbe piaciuto vederlo.

 

Draco l’aveva guardato, sorpreso, e dopo un attimo si era lisciato le piume come un pavone. Harry sorrise ricordandoselo, e poi si morse le labbra.

 

“Magari potrei convincermi a farti una dimostrazione privata,” aveva detto Draco. “Se prometti di restare colpito.”

 

“Non posso prometterti nulla,” aveva sogghignato Harry, e Draco gli aveva tirato l’ennesima pallottola di carta e gli aveva ordinato di andarsene dalla sua stanza. Harry non l’aveva fatto.

 

E adesso Draco non gli parlava, e Harry non poteva accedere alle stanze della sua casa, e soprattutto si sarebbe ucciso piuttosto che perdersi il progetto di Magia Creativa.

 

Dean,” disse vivace, “dov’è l’aula di Magia Creativa?”

 

Dean lo fissò. “Al secondo piano,” rispose cautamente. “A sinistra del ritratto di Lady Violet.”

 

“Buono a sapersi,” gli disse Harry. “Davvero.”

 

Si alzò e Ron si girò sulla sedia, le braccia ancora intorno a Hermione. “Che fai, Harry?”

 

“Salto la lezione,” lo informò Harry. “Dite alla professoressa Cooman che mi è successo qualcosa di terribile, ne sarà estasiata.”

 

Harry,” cominciò Hermione con una voce scandalizzata, ma Harry era già fuori dalla Sala Grande.

 

Era bello fare finalmente qualcosa, anche se solo una stupidaggine come quella. Si sentiva di nuovo energico e vivo. Salì le scale due gradini alla volta, e addirittura sorrise alla Signora Grassa quando le disse la password, Armadilli di Cioccolata (Harry non era mai riuscito a mangiarne uno intero, ma alcune ragazze li adoravano).

 

Andò nel dormitorio e tirò fuori il Mantello di suo padre.

 

Era strano essere invisibile in pieno giorno. Di solito lo usava dopo il coprifuoco in quel periodo, ma era piuttosto eccitante scendere e camminare tra i gruppi di persone senza essere visto. Ginny gli passò accanto e non lo guardò. Blaise Zabini gli camminò davanti e non gli fece alcun gesto osceno.

 

Era quanto di più vicino ci fosse alla libertà per Harry, dati i tempi.

 

Oltrepassò il ritratto di Lady Violet ed entrò nell’aula prima di chiunque altro. Quindi si sedette sul davanzale interno della finestra e si preparò a starsene zitto.

 

Quando cominciarono ad entrare degli studenti, fu tremendamente sollevato dal fatto che Dean si sedette accanto alla finestra. Poco dopo notò che Dean era l’unico Grifondoro nella stanza, e c’erano pochi Tassorosso, fra l’altro. I Serpeverde e i Corvonero dominavano la scena. Non c’era da meravigliarsi se prima di parlare con Draco non sapeva quasi niente di Magia Creativa, pensò Harry mentre guardava Mandy McTass e Lisa Turpin ridacchiare insieme su una specie di diario.

 

Quando entrò, non sembrava molto contento. La sua espressione lasciava intendere che se la sarebbe svignata volentieri.

 

“Signor Malfoy, può procedere,” disse l’insegnante, che per lo stupore di Harry era il professor Vector. In effetti ricordava che Hermione lo aveva informato della sua mania di dire cose tipo ‘la matematica è la musica dell’universo.

 

Draco si posizionò davanti alla classe. Era ancora troppo pallido, e deglutiva nervosamente. Harry osservò i movimenti della sua gola.

 

Coraggio, Draco. Sarai magnifico.

 

Fu il suo innato talento da showman che lo salvò. Guardò le facce attente attorno a sé e sembrò accorgersi di avere un pubblico. Così si esibì nel suo sorriso collaudato e brillante e fece un gesto verso la porta.

 

Tiger e Goyle entrarono spingendo quello che, per un orrido istante, Harry pensò fosse il Sognatoio della McGranitt. Si accorse subito, per via dei simboli diversi, che era un comune Pensatoio.

“Signor Malfoy?”

 

Draco, almeno esternamente, era calmo. “Ci è stato richiesto di scegliere una branca della Magia Creativa per il nostro progetto,” disse. “L’unico problema era che… non riuscivo a decidermi. Così ho distillato i miei ricordi artistici preferiti e li ho mescolati. Mi ci è voluto… un bel po’ di tempo.”

 

Si udì un mormorio intrigato nella classe. Draco, che sapeva sempre qual era il momento giusto per cominciare a dare spettacolo, agitò trionfalmente la bacchetta e toccò il bacile di pietra.

 

Il liquido argenteo si attorcigliò intorno a quello, e una luce più intensa cominciò a comparire nel Pensatoio.

 

“Vorrei che tutti venissero a toccarlo,” disse Draco, che adesso cominciava a divertirsi. Rivolse a Lisa Turpin un sorriso smagliante. “Voglio che ciascuno sperimenti appieno ciò che c’è nella mia mente.”

 

Appena il professor Vector annuì, i ragazzi si alzarono in massa per andare a toccare i pensieri liquidi e scintillanti. Dean fu l’ultimo a muoversi e Harry si fermò, cercò di capire se fosse saggio seguirli, smise di fingere di poter riuscire a non farlo, e mise la mano nel Pensatoio.

 

Il vortice che lo risucchiò era più accecante di quello del Pensatoio di Silente. Finì su una panca accanto a Dean, il cui volto impassibile non dava a vedere che avesse notato presenze invisibili vicino a sé, poi si accorse che la panca era sospesa a mezz’aria, e che l’aria era…

 

L’aria era multicolore. L’aria era viva.

 

Harry ripensò a quando si era seduto vicino a Draco mentre lui sfogliava alcuni dei suoi libri di arte, e ricordò alcune delle immagini che l’avevano colpito. L’aria era piena di ritagli di dipinti e striature verdi, cerulee e di un intenso color oro. E poi Draco, in piedi davanti alla classe, sollevò la bacchetta e mormorò altre parole, e l’aria prese a muoversi.

 

La melodia sembrò giungere dal nulla, o da ogni direzione. Canzoni indistinte d’amore o tristezza, piene di passione, indussero i ragazzi a guardarsi intorno, quindi comparvero suoni di strumenti, melodie che Harry non credeva potessero esistere nel mondo babbano, e che improvvisamente gli ricordarono la musica delle fate. Il mondo intorno a loro turbinava in un’ondata di bellezza, e le parole cominciarono a fluire mentre Draco faceva un altro gesto.

 

“ …Volando al centro del sole sfidiamo la sorte, portiamo un’insegna, la conquista o la morte…”

 

“… Non potevo risvegliare il cuore alla gioia sulle stesse tonalità, e tutto ciò che amai, lo amai da solo…”

 

“… Sono salito verso il sole, ho condiviso l’euforia eccitata delle nuvole tagliate dal sole… e fatto centinaia di cose che non hai mai sognato… ho roteato, veleggiato, dondolato…”

 

“… non ho mai sentito questo canto nel cuore della notte. Da dove viene questa tenerezza?...”

 

Frammenti di tutto ciò che aveva letto e amato. Tutti quei libri impilati in camera sua.

 

Poi diventarono così vaghi e veloci che Harry pensò che forse gli altri non li vedessero, ma era la mente di Draco e lui ci stava bene e riusciva a vedere tutto… Immagini ed emozioni attorcigliate in quei suoni e quelle visioni artistiche, tutte insieme.

 

Erano più impressioni che immagini. Gli sembrò di vedere una donna tendersi con i capelli dorati in una luce strana, e pensò che fosse Narcissa colta in un raro momento di dolcezza. Sentì la voce di Pansy Parkinson resa bella dalla preoccupazione e Lucius Malfoy visto da un punto in basso sul pavimento, enorme, severo e adorato. Udì il fruscio del vento nelle orecchie, come quando volava, l’infrangersi delle onde sulla sabbia, il rumore di una tempesta al di là del bagliore e l’improvviso, dolce sciabordio dell’acqua sulla terra.

 

Ebbe una visione improvvisa di se stesso, modificato come le altre immagini… più luminoso che nella realtà, colto in un momento di silenzio mentre si riavviava i capelli. Era certo che fosse involontario.

 

E c’era il dolore, un impeto di dolore unito alle cose belle, urla e ira cieca e terrore e tristezza, che attraversarono Harry come fulmini e lo lasciarono con nient’altro che l’idea, vagamente ricercata e mai raggiunta, che potesse essere tutto bellissimo.

 

Guardò Draco, avvolto da colori e immagini mentre conduceva l’intera scena. Un raggio di sole rosso sembrò quasi irradiarsi dalla linea candida della sua mandibola, e dietro i suoi capelli selvaggi c’erano l’oscurità e qualche stella. Poteva portarsi dentro tutto quello, avere tutto e tenere a tutto e infuriarsi per tutto e desiderare che tutto fosse bello, poteva mettere in scena la passione.

 

Harry si accorse, in modo dolorosamente superfluo, che quel ragazzo folle gli piaceva davvero.

 

Draco abbassò la bacchetta, affannato e con gli occhi lucidi.

 

“Ed ecco che cala il sipario,” disse, e mosse di nuovo la bacchetta.

 

Harry si sentì sollevare insieme agli altri in una massa volante, e tornarono tutti all’improvviso nell’aula. Harry tornò in fretta sul davanzale.

 

Suonò la campanella, e Draco, esausto, prese la borsa e corse fuori dalla stanza. Molti studenti vollero restare per commentare eccitati, ma Dean si alzò immediatamente e, spalancando la porta, uscì. Harry lo seguì e si diresse verso il bagno più vicino, riponendo il Mantello nella sua borsa e sbrigandosi per arrivare a Pozioni prima di Draco.

 

Ci riuscì, e ascoltò Lupin con molta attenzione. Ron e Hermione si accalcarono attorno a lui a pranzo e gli chiesero dove fosse stato.

 

“Volevo vedere una lezione di Magia Creativa,” rispose. Hermione aveva un’aria triste, mentre Ron era solo incuriosito.

 

“Com’è stata?”

 

Harry si fermò e sorrise. “Sai che ti dico, Ron?” disse. “Avremmo dovuto seguirla.”

 

La lezione successiva sarebbe dovuta essere Trasfigurazione, così rimasero nella sala comune a parlare di ulteriori protezioni da apporvi. Neville mise a disposizione con un po’ di esitazione la sua conoscenza delle erbe protettive.

 

L’ultima lezione era Cura delle Creature Magiche, e Hagrid sorrise a tutti mentre parlava di nutrire versioni in scala del Vermicolo che Harry aveva affrontato durante la Terza Prova. Scese nei dettagli su ciò che avrebbero dovuto fare.

 

Calì diventò un po’ verde. “Sto per vomitare.”

 

“Potresti aiutarmi a supervisionare,” propose Draco dall’altro lato della stanza, facendole l’occhiolino.

 

“Tu supervisioni?” domandò Ron. Draco sorrise beffardo verso di lui. “Idiota,” disse Ron infervorato, sottovoce. “Idiota, idiota, idiota.”

 

“Beh, sì.” Harry alzò le spalle e Ron gli lanciò un’occhiata tradita.

 

L’unica cosa che dovevano fare durante quella lezione era studiare dal libro. Non fu malaccio, anche se Calì continuava a minacciare di vomitare l’anima. Alla fine della lezione Harry andò ad aiutare Hagrid a mettere a posto i suoi diagrammi allarmanti.

 

Era accovacciato per terra a riporre gli ultimi fogli sotto la scrivania di Hagrid, quando si accorse che nella stanza erano rimasti solo Draco, Tiger e Pansy.

 

“Com’è andato il progetto? Non ci siamo scambiati neanche una parola a pranzo. Raccontami tutto,” disse Pansy.

 

I loro passi si avvicinavano alla porta e alla scrivania, e sicuramente l’avrebbero visto e sarebbero ammutoliti. Aveva la borsa accanto a sé.

 

La prese, recuperò il Mantello e se lo mise addosso.

 

Si alzò con prudenza, uscì dalla porta insieme a Pansy e camminò accanto a loro, mascherando i suoi passi seguendo il ritmo di quelli di Tiger.

 

“E’ stato perfetto,” disse Draco con grande soddisfazione. “Sono stato splendidamente, irresistibilmente geniale.” Si girò verso Tiger, mordendosi un labbro. “Vero? Che te ne è parso?”

 

“Ti ho visto solo per un minuto,” rispose Tiger.

 

“Ma è stato un minuto splendidamente, irresistibilmente geniale, no?” Draco parve agitato.

 

“Sicuro,” replicò Tiger.

 

L’agitazione di Draco non fece che aumentare. “Ok, non mentire,” disse. “Lo vedo cosa pensi. Ero troppo nervoso. Ho calcato la mano. Ho fatto un casino completo, sono stato troppo teatrale, verrò bocciato, oh vergognarovinadisonore. E’ questo che intendi?”

 

Tiger aggrottò la fronte. “Qualsiasi cosa dici.”

 

“Oh, ma che ne sai tu,” sbottò Draco. “Non riconosceresti la genialità splendente nemmeno se ti facesse lo shimmy davanti con la biancheria di Pansy.”

 

Draco alzò le spalle.

 

“Meno chiacchiere sulla mia biancheria, se non ti spiace,” disse Pansy pericolosamente.

 

Harry non avrebbe potuto essere più d’accordo. Draco, Pansy e Tiger erano giunti nei sotterranei, e si stavano dirigendo verso il muro che nascondeva l’entrata della loro sala comune. Draco si piegò in avanti e sussurrò verso la pietra qualcosa che Harry non udì.

 

“Per quanto tempo dovremo continuare a sussurrare la parola d’ordine?” chiese Pansy.

 

“Per tutto il tempo necessario,” disse Draco succinto. “Potter ha un Mantello dell’Invisibilità. Potrebbe avercelo chiunque a scuola, e poi ci sono altri modi per spiare senza esser visti. Vuoi forse facilitare le cose alla spia?”

 

Harry si sentì in colpa e si fermò, specie per la smorfia che aveva fatto Draco quando aveva detto ‘Potter’. Ma Tiger era proprio dietro di lui, e fu costretto a entrare nella sala comune Serpeverde insieme a loro. Si fermò per un attimo sulla porta chiusa, chiedendosi se non fosse meglio aspettare di poter uscire, quindi corse nella sala comune e seguì Draco mentre entrava nella sua camera.

 

La porta si chiuse alle loro spalle. Draco si fermò, e per un terribile secondo Harry ebbe la certezza che potesse vederlo.

 

Riprese a respirare quando Draco attraversò la stanza, sfilandosi le scarpe, e smise di respirare quando Draco si slegò il mantello.

 

Ok. Ok. Sotto il mantello ci sono i vestiti. Ricordo. Smettila di essere così patetico, Harry.

 

Draco indossava un maglioncino nero e jeans dello stesso colore. Sembrava più magro senza il mantello, e stranamente vulnerabile. Harry non pensava di averlo mai visto coi calzini.

 

Disse, “Lumos,” e quando la luce gli colpì il viso Harry notò le occhiaie sotto i suoi occhi. Era ovviamente esausto e aveva perso troppo peso in troppi pochi giorni. Harry vide ciò di cui Sirius aveva parlato. I suoi lineamenti erano più spigolosi che mai, e il suo pallore sottolineava la stanchezza, in più non irradiava carisma in ogni direzione.

 

Era quasi incolore, e sciupato in modo preoccupante, e Harry avrebbe voluto prendersi cura di lui, ma non sapeva prendersi cura di nessuno. Si limitò a guardare Draco aggirarsi per la stanza, sospirare e buttarsi sulla sedia della scrivania.

 

In quel momento entrò Pansy. Indossava anche lei un maglione e un paio di jeans, i suoi capelli scuri erano tirati all’indietro e aveva dei fogli di pergamena in mano.

 

“Draco,” disse a bassa voce, “questi sono i fogli per il funerale della professoressa McGranitt. Dobbiamo occuparci dei Serpeverde… qualcuno deve controllare il nostro gruppo al posto di Snape, ma ovviamente nessuno avrà voglia di obbedire a un esterno…”

 

Draco alzò gli occhi, naturalmente sveglio e sicuro di sé. “Non preoccuparti,” disse. “Ci penso io. Organizzerò tutto, chiederò al professor Vector di farci da capo e lo spiegherò agli altri.”

 

Pansy sospirò sollevata e si mosse fino alla scrivania per consegnargli i fogli. Li lasciò sul ripiano, posò le mani sullo schienale della sedia e guardò dall’alto la testa di Draco.

 

Draco reclinò la testa all’indietro per guardarla, ed era un gesto così intimo che la gola di Harry si chiuse per l’invidia.

 

“Cosa c’è?” chiese calmo Draco.

 

“I ragazzi del primo anno stanno avendo altri incubi,” disse. “Non si sentono più al sicuro da quando è morta la professoressa, e poi c’è il fatto che Snape potrebbe essere…”

 

Si fermò. Entrambi guardarono ovunque tranne che negli occhi dell’altro.

 

“Non potremmo dar loro dei calmanti?” suggerì Draco illuminandosi.

 

Pansy rise. “Madama Chips ha le sue stupide regole sull’armadio dei medicinali.”

 

“Eppure continuo a pensare che potremmo soffiarle dei sonniferi in polvere. Me ne occuperò io.” Draco aggrottò la fronte. “Fino ad allora penso che dovremo convincere gli elfi con un bello spavento a distribuire cioccolata calda dopo cena, così poi potrò terrorizzare i ragazzi più piccoli con chiacchiere su quanto so essere seccante con chi non dorme tutta la notte.”

 

Quasi si vide la tensione evaporare dal corpo di Pansy. Prese a far scorrere le dita di una mano tra i capelli di Draco.

 

“A proposito di chiacchiere,” disse lei con riluttanza. “Sono tutti nervosi. Comincio a sentir parlare di cambiamenti di idee. Forse dovremmo… forse è l’ora di andare dal professor Lupin…”

 

“Nessuno lo accetterebbe. Dovrò spiegare nuovamente come stanno le cose.” La bocca di Draco era quella di un monello viziato che non avrebbe accettato un no come risposta. “Tutti dovranno riconoscere da che parte sta la ragione. Se no c’è sempre l’Imperius.”

 

La bocca di Pansy si curvò. “Non sei divertente, Draco,” lo informò. “I ragazzi hanno paura di tornare a casa. Sta per arrivare l’estate…”

 

“Possono venire tutti a casa mia,” la interruppe Draco. “Ho già pensato a tutto. Lì saranno al sicuro, farò…” Reclinò di nuovo la testa per guardarla. “Oh,” disse con un tono diverso. “Lettera da casa?”

 

Pansì annuì, cingendosi con il braccio libero come se avesse freddo. “Una specie di ultimatum,” disse guardando nel vuoto.

 

“Oh,” ripeté Draco. “Avresti dovuto dirmelo subito. Cos’è, ti aspetti che ti legga nel pensiero e ti consoli? Dovresti sapere che non so fare nessuna delle due cose.”

 

Pansy sorrise sulla sua testa, e solo Harry la vide farlo. “Ma come, Draco? Mi hai sempre detto che puoi fare tutto.”

 

“Beh, non credere mai alle promesse di giovanotti senza principi,” la ammonì Draco. “E’ così che le ragazze perbene finiscono nei guai.”

 

Entrambi fissarono l’armadio di Draco per un minuto, e il silenzio aleggiò nella stanza.

 

“Cosa diceva la lettera?” chiese Draco alla fine, e Pansy sembrò sollevata dal fatto di non dover introdurre l’argomento lei stessa.

 

“Che o lascio immediatamente l’Ordine e torno subito a casa, o è meglio che non ci torni più.”

 

“E tu cos’hai risposto?”

 

“Gli ho detto che possono andare al diavolo. C’è una stanza per me a casa tua?”

 

“Puoi stare nella stanza degli ospiti e avere il bagno con la schiuma bianco ghiaccio.”

 

Pansy rise e Harry pensò che si fosse rilassata quel tanto di cui era capace.

 

“Ora ti lascio,” disse dolcemente. “Hai già abbastanza cose a cui pensare. Vado a ordinare agli elfi di fustigarsi con i bollitori. Ci serve la cioccolata calda, e poi mi tirerà su di morale.”

 

Tolse la mano dai suoi capelli, Draco la strinse e le sorrise.

 

“Ehi, troietta.” Le strinse le dita. “Stai facendo del tuo meglio,” le disse altezzosamente. “Continua così e potrebbe esserci un posto per te nell’harem Malfoy.”

 

Pansy rise, e stavolta sembrò una risata vera. Si trattenne un altro istante, quindi uscì dalla stanza, con la testa molto più alta di quando era entrata.

 

Draco restò immobile sulla sedia per un momento, con le candele che gli illuminavano i capelli. Poi crollò in avanti, la schiena curva e sgraziata, e si mise la testa tra le braccia.

 

Compassione e senso di colpa attraversarono Harry. Avrebbe voluto raggiungerlo, abbracciarlo, pensare a qualcosa di impacciato da dire per provare a consolarlo. Ma non l’avrebbe fatto, perché Draco non gli parlava, perché non avrebbe nemmeno dovuto vederlo così, perché Draco l’avrebbe odiato se avesse saputo che l’aveva visto così.

 

Draco così orgoglioso e riservato. Questo era voyeurismo della peggior specie, perché Draco si sarebbe fatto vedere in qualsiasi situazione tranne che nella debolezza.

 

Harry doveva uscire da lì.

 

Pansy aveva lasciato la porta socchiusa e lui la oltrepassò più in fretta che poté, seppur con discrezione. Uscì dalle stanze dei Serpeverde, salì le scale, tornò alla torre di Grifondoro, si lasciò cadere su una sedia e cercò di scacciare la solitudine e il disgusto di sé.

 

“Harry,” disse Neville, in tono incerto, “mi daresti una mano con questi libri di Erbologia? Le piante protettive…”

 

Niente era più importante di quello. Lo sapeva.

 

“Certo,” rispose. “Subito.”

 

Neville sorrise. “Grazie. Sapevo di poter contare su di te.”

 

Harry si sedette con Neville e aprì un libro. Trovarono dei passaggi interessanti e non si accorse prima di qualche minuto che la sala comune si era svuotata.

 

Quando lo notò, disse, “Neville, faresti meglio a sbrigarti se vuoi mangiare qualcosa, stasera.”

 

Neville lo guardò. “Ah, già… tu non vuoi niente?”

 

Tutte quelle emozioni alla bocca del suo stomaco avevano sostituito perfettamente il cibo.

 

Nah, non ho fame.”

 

Si concentrò ferocemente sui libri per un altro po’ e si impegnò a non pensare ad altro.

 

A un certo punto Ginny arrivò di corsa dall’entrata verso Harry, i capelli rossi sul viso, incerta e un po’ scandalizzata.

 

“Fuori c’è qualcuno di Serpeverde che ha chiesto di te,” spifferò.

 

Harry sorrise incredulo, incapace di trattenersi.

 

Draco. Chi altro potrebbe essere?

 

Fu un brutto colpo quando si accorse che il Serpeverde altri non era che Pansy Parkinson.

 

*

 

Harry la fissò inebetito, e pensò che il genere di persone di cui si circondava Draco, dato il suo aspetto, era piuttosto strano.

 

Tiger e Goyle erano due gargoyle scuri e massicci, e la bellezza vagamente ambigua di Blaise Zaini era ugualmente oscura e sinistra. Pansy era alta per essere una ragazza, e il suo viso era incorniciato da capelli neri e pesanti che sembravano trascinarla in basso.

 

Il suo viso sembrava più aggressivo del solito, anche se aveva i capelli raccolti. Le sue sopracciglia importanti si mossero, e l’espressione dei suoi occhi castani era distintamente minacciosa.

 

“Potter?” disse irruente.

 

“Ehm, ciao?” buttò lì Harry, alquanto smarrito.

 

Pansy restò a braccia conserte, col viso teso, come a far intendere che Harry avrebbe dovuto osare di più.

 

Alla fine il suo sguardo accusatorio lo convinse ad offrire un debole, “Posso, ehm, fare qualcosa per te, Pansy?”

 

Pansy sospirò, forse stupita dal fatto che un imbecille come Harry non avesse messo fine alle proprie sofferenze tempo addietro.

 

“Sì che puoi,” disse stringata. “Puoi smettere di rendere infelice Draco.”

 

Harry restò immobile.

 

Pansy proseguì a mettere in chiaro il suo punto di vista con occhi freddi e duri come pietre.

 

“Sai con quanta merda ha dovuto fare i conti da quando ha deciso di andarsene in giro con te, Potter? Siamo Serpeverde. Di certo non ha ricevuto solo paternali. Ma lui ha accettato tutto quello che gli hanno lanciato addosso. Aveva quest’idea completamente folle che potesse valerne la pena, per te. Ma sembra che tu gliel’abbia fatta passare.”

 

“Ehm,” disse Harry, che non aveva alcuna intenzione di dirle in che modo ci era riuscito.

 

“Non so cosa tu abbia fatto,” gli disse Pansy, guardandolo storto.

 

Harry fu felice di sentirlo.

 

“So solo che un bel giorno è corso in camera sua e ha buttato tutto all’aria. Non siamo riusciti ad ottenere una risposta civile per giorni. E’ ancora irritabile, e ogni volta che vede te nei corridoi si irrigidisce e ti rivolge uno sguardo letale. Persino Tiger e Goyle sono riusciti a capire che è colpa tua.”

 

Pansy aveva i pugni stretti, ma il suo tono era neutrale.

 

“Volevano venire qui e darti un’aggiustatina. Per tua fortuna ho deciso che ti serviva un tocco femminile.”

 

Il tocco femminile si preannunciava bello violento.

 

Harry avrebbe preferito evitare di esser preso a pugni da Pansy Parkinson, se per lei era lo stesso. Voleva semplicemente andare a pensare a ciò che aveva fatto Draco – buttato tutto all’aria  – e a ciò che poteva significare.

 

Tuttavia doveva prima occuparsi di Pansy. Dopotutto era venuta solo perché…

 

“Gli vuoi bene,” osservò, quasi meravigliandosene.

 

Ripensò al sorriso che aveva fatto sulla testa di Draco. Improvvisamente si ricordò di quando Draco era stato ferito il terzo anno, e il volto di lei si era riempito di lacrime.

 

Lo stesso viso, cresciuto e più deciso, si fece ancora più astioso.

 

“Voi Grifondoro pensate di avere il monopolio sulle emozioni? Certo che gli voglio bene. Siamo amici da quando eravamo piccoli… e sì,” aggiunse di scatto. “Prima che tu lo dica, sono pazza di lui. Da sempre. Lo sanno tutti.”

 

Harry si sentì stranamente solidale. Pensò a cosa avrebbe fatto se avesse detto, ‘Siamo in due’.

 

Disse, “Cosa ci fai qui, Pansy?” Cercò di essere gentile.

 

Pansy lo guardò con estrema avversione.

 

“Te l’ho detto. Voglio che smetti di renderlo triste. Se il tuo obiettivo era appurare se i Serpeverde hanno un cuore, beh, ecco il risultato. Ce l’abbiamo. E abbiamo anche dei magnifici ganci destri, come potrai notare se non ti dai una mossa per aggiustare le cose con lui. Rompi l’amicizia con un po’ di rispetto. Non m’importa  se per te era solo un gioco, glielo devi.”

 

Harry dimenticò di star parlando con una ragazza che non conosceva molto bene.

 

“Ma vaffanculo, Parkinson!”

 

Pansy parve oltraggiata.

 

“No, davvero, vai al diavolo,” sbottò Harry. “Un gioco… cosa credi che siamo noi delle altre case, alieni? Credi che i Grifondoro non conoscano la lealtà, credi che non possiamo davvero essere amici di qualcuno? Smettila di dire idiozie.”

 

Non sto…”

 

“Stai dicendo un mare di idiozie. Pensi che Draco fosse una specie di esperimento interscolastico per me… Mi hai visto mentre cercavo di parlargli! Mi hai visto provarci un sacco di volte! Come osi venire qui a farmi la paternale e comportarti come se non tenessi a lui quando invece ci tengo, cazzo!” Smise di urlare e fissò Pansy con occhi assassini. Aveva il fiatone.

 

Pansy non fece che guardarlo. “Ah si?” disse.

 

“Sì,” rispose Harry, la voce ora controllata e gelida. “Ci tengo. Per cui prendi la tua dannata paternale e marcia fino ai tuoi sotterranei, stronza, perché io voglio andare da lui e mettere a posto le cose e restare suo amico, e mi uccide non poterlo fare!”

Pansy restò ferma a guardarlo con i suoi occhi fissi e ostili, senza muoversi.

 

“Potter…” disse finalmente, e Harry vide il suo viso addolcirsi appena per un secondo. “Lui credeva che fossi qualcosa. Ce n’eravamo accorti tutti. Pensa di essere tanto superiore, ma non è difficile capirlo. Specie quando lo si conosce.”

 

Harry la guardò stordito per un attimo, poi sentì il primo vero sorriso rilassato da settimane curvargli le labbra.

 

“Già,” rispose a bassa voce. “Io… me lo ricordo.”

 

Pansy si mise le mani in tasca. “Pensava che fossi… non lo so. Parlava di te, sai? Quando eri il nemico che credeva che una lezione di Pozioni senza alcun tentato omicidio con un calderone fosse una lezione sprecata… parlava tantissimo di te. Si imbestialiva. Sai come fa lui.”

 

“Ho sentito un paio di tirate… o un paio di decine,” ammise Harry.

 

Pansy arrischiò addirittura un sorriso.

 

“Poi d’un tratto ha smesso di parlare di te. Abbiamo cercato di spingerlo a farlo… non era normale che non ne parlasse. Siamo Serpeverde, ci piace parlare alle spalle degli altri. Ma lui non abboccava. Faceva l’indifferente, ma cercava di non pronunciare nemmeno il tuo nome. Eppure qualche volta qualcuno lo pronunciava, e lui… faceva quel sorrisino.”

 

“Che stai dicendo, Pansy?” chiese, parlando piano come per non infrangere l’immagine.

 

“Sto dicendo che si comportava come se gli importasse,” disse Pansy. “Quindi ci tiene a te. Quindi…”

 

Si fermò e fece un piccolo gesto frustrato. Sembrava che volesse dare un pugno al muro.

 

“Tu non mi piaci, Potter,” lo informò gelida.

 

Harry roteò gli occhi. “Nemmeno tu mi piaci. E allora?”

 

“E allora la parola d’ordine di Serpeverde è king cobra,” sbottò lei. “Aspetta qualche ora. E non fare casini stavolta!”

 

Pansy fissò il suo viso basito e se ne andò su due piedi.

 

*

 

Tornò dentro. Si sedette e riaprì i libri di Erbologia. Studiò con determinazione per due ore.

 

Scese verso le stanze dei Serpeverde. Percorse il corridoio di pietra. Pronunciò la parola d’ordine. Passò davanti agli sguardi allibiti dei Serpeverde assorti diretto verso il suo obiettivo, quella particolare porta, pronto al confronto.

 

Aprì la porta ed entrò.

 

Fu in quel momento che la sua determinazione vacillò.

 

Draco e Blaise Zabini erano seduti accanto al camino a giocare a carte. Il fuoco aveva scaldato leggermente il viso di Draco, e stava ridendo.

 

Era tutto così diverso dall’immagine solitaria che si aspettava che rimase per un minuto a bocca aperta. Il viso di Zabini passò dalla calma alla malizia con rapidità encomiabile.

 

“Vado a chiamare Tiger e Goyle,” annunciò, alzandosi dalla sedia e fissando Harry con uno sguardo minaccioso.

 

“No,” scattò Draco, e l’espressione di Zabini crollò e il cuore di Harry sobbalzò. Poi Draco si girò verso Harry e disse in tono teso, “Preferirei davvero che te ne andassi, Potter.”

 

Harry incrociò le braccia al petto. “Non ho intenzione di andarmene, Malfoy. Voglio parlare con te. In privato.”

 

“Che coraggio,” cominciò Zabini.

 

“Taci,” disse Draco. “Fuori, Potter. Ho avuto una giornata stancante, ho bisogno di rilassarmi, tu non sei il benvenuto e io e Blaise non abbiamo finito la partita.”

 

Harry attraversò la stanza e si sedette accanto al letto.

 

“Bene,” disse tranquillo. “Posso aspettare.”

 

Zabini fece per alzarsi di nuovo.

 

“Siediti,” ordinò Draco. “Perfetto. Resta lì se vuoi. Non fa differenza.”

 

Zabini si rimise a sedere con malagrazia. “Lui resta?” chiese, curvando le labbra disgustato. “La posta in gioco cambia?”

 

“No,” disse Draco, dando le carte. “Lui non conta. La posta resta la stessa.”

 

A Harry non importava di cosa stessero parlando. Si era conquistato almeno un po’ di terreno. Era su quella sedia e sarebbe rimasto su quella sedia, e alla fine avrebbe parlato con Draco.

 

Zabini alzò le sopracciglia ma non protestò più. Il fuoco ardeva alto e caldo dietro di loro, e la partita proseguì in silenzio.

 

Harry attese. Carte schioccarono su carte, e passarono lunghe pause riflessive tra uno schiocco e l’altro. Il fuoco era rovente e lo scoppiettio quasi rasserenante. L’urgenza di parlare con Draco era ancora presente, e lui era ancora nervoso e irritabile, ma sentì le sue palpebre abbassarsi quasi contro la sua volontà. Era stanco, e adesso era al caldo e tutto era tranquillo.

 

Shh, shh, shh, diceva il fuoco, e Harry continuò a guardare Draco e Zabini giocare a carte con gli occhi semichiusi e un interesse alquanto distaccato.

 

Zabini guardava attentamente Draco, gli occhi scuri e taglienti. Draco era appoggiato all’indietro con uno sguardo di calcolata preoccupazione.

 

Sembrava che fossero arrivati alla conclusione, finalmente.

 

“Ti dispiacerebbe specificare qual è la posta in gioco?” indagò Zabini, e Harry pensò che l’avesse guardato. Fece il suo sorriso malizioso.

 

“Mi piace tenere vivo l’interesse,” rispose Draco.

 

“Ma io mi preoccupavo per te, Draco,” disse Zabini, mettendo a terra le sue carte una dopo l’altra.

 

“Mi commuovi, Blaise.” Draco mise giù le sue carte. “Ma non è proprio necessario.”

 

Zabini si bloccò, guardò le carte e si inumidì le labbra deliberatamente. Persino la sua voce era morbida, e aumentò il sonno di Harry.

 

“Oh, beh. Non è che mi dispiaccia poi così tanto,” ammise. “Allora, Draco… che cosa vuoi?”

 

Draco sorrise. “Voglio che esci,” rispose dolcemente. “Devo parlare con Potter.”

 

Zabini lo fissò per un minuto, fece un verso esplosivo e irripetibile, si alzò e uscì in fretta dalla stanza. Lo shock svegliò definitivamente Harry appena Draco si alzò dalla sedia e lo guardò.

 

I suoi occhi si abbassarono quasi subito, e restò in piedi davanti al camino con le mani dietro la schiena, come se stesse concedendo udienza a qualcuno.

 

“Penso sia giunta l’ora di fare quattro chiacchiere,” disse con una voce strana. “Le ostilità tra i membri del Giovane Consiglio sono pericolose nella situazione attuale. Dobbiamo riuscire ad andare d’accordo in modo civile, e a comunicare. Mi rendo conto di aver reso le cose difficili, ma ero un po’ irritato. Sul serio, non m’importa molto dei tuoi metodi di corteggiamento Grifondoro…”

 

“Draco,” lo interruppe Harry deciso, “Mi dispiace tanto, tantissimo. Cosa posso fare per sistemare le cose?”

 

Draco sollevò gli occhi e sbatté le palpebre. Dopo un po’ disse, “Ti ho detto di non chiamarmi così.” Fece una pausa, guardò accigliato il tappeto e proseguì come se parlasse con se stesso, “Cosa intendi dire esattamente?”

 

Con suo assoluto orrore, Harry si rese conto che non aveva idea di cosa dire. “Voglio dire… Mi dispiace, non lo farò mai più, lo giuro,” disse, e poi realizzò con eterno imbarazzo che stava diventando rosso. “Voglio che torniamo ad essere amici,” esplose quasi ribellandosi, odiando le parole, odiando un sacco di cose. “E’ l’unica cosa che voglio, non so a cosa ti riferisci quando dici… quando dici corteggiamento, io non volevo…”

 

Alzò gli occhi. Draco rimase in silenzio e qualcosa si incrinò sotto le costole di Harry.

 

“Voglio solo che torniamo amici,” ripeté disarmato. “Mi manchi, stupido idiota.”

 

L’ultimo pezzo non era proprio conciliante, ma era frustrato e si sentiva ridicolo e perché con Draco tutto doveva essere così difficile?

 

Draco alzò lo sguardo, e sul suo viso c’era un’espressione strana. “Credevo che gli amici fossero sinceri tra loro,” disse, non più tanto calmo. “Avevo la netta impressione che ti piacessero le ragazze.”

 

“E’ così!” esclamò automaticamente Harry, prima di mordersi forte il labbro. “Cioè, non lo so, forse. Non ci ho pensato molto. E’ tutto un po’ confuso…”

 

“Hai quasi diciott’anni, Potter,” disse Draco, facendo una smorfia divertente con la bocca. “Cosa sei, sessualmente ritardato?”

 

Mi perdoni se lo sono?

 

“Sono stato preso da altre cose,” rispose Harry offeso.

 

Draco sospirò e si scompigliò i capelli, un chiaro segno di tumulto interiore. “E allora perché l’hai fatto, esattamente?” domandò, e stavolta c’era una chiara emozione nella sua voce, ma lui la spinse via e tornò freddo. “Era un esperimento?”

 

“No… certo che no! Che idea hai di me?” Harry quasi gridò, poi si ricordò che era in missione di pace. “Sei mio amico,” disse in tono imbranato e sommesso. “Non lo farei mai.”

 

“Beh, perdonami, Potter, ma sono un po’ confuso riguardo ciò che faresti e non faresti, al momento. E per un periodo piuttosto lungo non sei stato così ansioso di essere mio amico,” disse Draco conciso. “Qual era lo scopo della gita in barca e del picnic, allora?”

 

Harry si chiese se Draco fosse stato colpito da amnesia.

 

“Ehm, tu hai paura dell’acqua, Draco. Pensavo che avrei potuto aiutarti. Pensavo che ti sarebbe piaciuto il picnic. L’ho fatto perché… aspetta un attimo, secondo te quel era l’obiettivo?”

 

Draco gli lanciò un’occhiataccia.

 

“Hai una mente malata e sospettosa,” disse Harry, scosso.

 

“Mirare in alto non mi ha mai ripagato,” ribatté Draco.

 

“Beh, non farei mai una cosa simile,” gli disse Harry, arrabbiato. “Mai. So di aver sbagliato e so che sei furioso o disgustato o qualsiasi cosa, ma non avrei mai tramato qualcosa e ti giuro, ti giuro che non ci proverò mai più.”

 

Draco parve vagamente intrigato. “Davvero non sapevi che…”

 

“No,” tagliò corto. Pensava di averlo già messo in chiaro. “Non ne avevo idea.”

 

Draco fece un’altra smorfia strana con la bocca, ma stavolta con aria un pochino divertita. “Allora cos’è, stai attraversando una specie di crisi?”

 

“Non rompere,” mormorò Harry, e poi ricordò che era stato lui a introdursi in quella stanza per chiedere di parlare.

 

“E davvero non intendevi…”

 

Quell’insistenza su argomenti già trattati era morbosa.

 

“Ho detto di no,” disse Harry. “Continuo a ripeterlo, ma non mi ascolti. Non lo sapevo, non volevo farlo e non avrei mai fatto nulla che potesse turbarti, e mi dispiace, e sono venuto qui solo per chiederti di tornare amici, ma se non vuoi…”

 

“Supponiamo che voglia,” disse lentamente Draco.

 

Harry si fermò e lo guardò fisso. Draco era un po’ imbarazzato.

 

“Beh, non posso smettere di essere tuo amico se stai passando un periodo di crisi,” continuò, quasi sulla difensiva. “Sarebbe crudele. Hai bisogno di supporto. Altrimenti,” aggiunse in tono riflessivo, “potresti impazzire.”

 

Harry alzò gli occhi a cielo e non fece alcuno sforzo per controllare il suo enorme e ridicolo sorriso. “Non impazzirò, Draco.”

 

“Potresti,” replicò testardamente Draco. “Sei abbastanza scemo da fare qualsiasi cosa. E poi…” si fermò per soppesare le parole. “Suppongo che sia stato esposto ad una tentazione quasi irresistibile.”

 

“Sta’ zitto.”

 

“Dopotutto,” proseguì Draco, affascinato dall’idea del proprio fascino, “Sono favoloso, meraviglioso, delizioso.”

 

“Sta’ zitto.” Harry si interruppe e disse impacciato, “Allora è tutto a posto? Amici?”

 

Draco sorrise all’improvviso, luminoso. “Amici.”

 

Harry si afflosciò per il sollievo proprio nel momento in cui l’orologio batté le dieci.

 

“Oh, maledizione, devo andare,” disse, con estrema riluttanza. Stupidi orologi. Stupido tempo. Stupido coprifuoco. Era tutto un sistema male organizzato. “Senti, possiamo parlare domani? Possiamo parlare a colazione? Io…”

 

“Aspetta,” lo interruppe Draco, pensieroso. “Se ti va, puoi restare.”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(***)

 

Le poesie nella mente di Draco esistono realmente e sono, nell’ordine:

- la composizione per pianoforte “We conquer or die” di James Pierpont (1861)

- “Alone” di Edgar Allan Poe

- “High Flight” di John Gillespie Magee (1941)

- una poesia della poetessa russa Marina Tsvetaeva (1908-1910)

 

I pezzi erano in inglese, le traduzioni sono mie :)

 

 

 

 

Maya è davvero crudele...

 

Cari lettori, c'è il rischio, per ora quotato al 5%, che il prossimo capitolo tardi di qualche giorno. Ovviamente farò il possibile e l'impossibile per far ciò che non accada, ma voi siate pazienti!

E COMMENTATE!!!

 

(per favore ;_; )

  
Leggi le 14 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: Mistful