Anime & Manga > Naruto
Segui la storia  |       
Autore: Infinitefirefly    02/05/2007    4 recensioni
Temari viene informata della presenza nei pressi del confine di Suna di un tizio sospetto che si sta facendo il bagno nelle gelide acque dell'oasi...per Temari, sarà l'inizio di un lungo travaglio nei confronti di un uomo che odia ma che, suo malgrado, la metterà in crisi "sentimentale".
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Hidan, Temari
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Ed ecco la traduzione del secondo capitolo di questa meravigliosa fic

Ed ecco la traduzione del secondo capitolo di questa meravigliosa fic.

Grazie mille a chi ha commentato, sappiate che ho già girato i commenti a Henna e vi ringrazia con tutto il cuore…per lei è molto importante sapere cosa pensino i lettori delle sue storie J

Non vi faccio aspettare oltre, buona lettura!

 

Feda

 

 

Facciamo un gioco

 

Diciotto ore trascorsero in esasperante lentezza, dopo la sua nottata insonne, e Temari passò la giornata a svolgere incarichi e commissioni con una silenziosa e rassegnata dedizione, pensando a cosa sarebbe successo quella notte.

Quando finalmente fu l’ora del suo turno, tornò al confine piena di adrenalina e determinazione.

Il suo zaino era più pesante e più grande di quello della notte precedente, contenente un maggior numero di bombe luminose, petardi, fili e il maggior numero di kunai e di shuriken che riuscì a cacciarvi dentro. Lasciando accesa la torcia dietro di lei, rafforzò il nodo allo scialle, si sedette sulla sabbia e attese.

 

La prima ora passò pericolosamente veloce, il tempo scorreva in una frettolosa nuvole di energia, dopo essersi fatta un’iniezione di un potente stimolante. Studiato per avere un effetto immediato, l’eccitante agiva sugli shinobi stanchi, per permettergli di lavorare efficientemente—aveva gli stessi effetti della caffeina, solo che il liquido iniettato era leggermente più potente e duraturo.

 

Rinvigorita e tesa, Temari restava in attesa, ignorando gli scorpioni che combattevano sotto la torcia, lo sguardo fisso soltanto sulla luccicante pozza d’acqua dell’oasi.

All’1:45 lanciò la prima fiammata, mirando all’angolo dove lui aveva passato la maggior parte del tempo la sera prima.

Si era fatto vedere costantemente poco dopo le due di notte, nelle ultime tre sere, e lei voleva sorprenderlo nello stesso momento in cui sarebbe arrivato. Conoscendo l’odiosa tempra dell’uomo, qualcosa le diceva che avrebbe camminato dritto verso la fiamma, giusto per mostrarle il suo palese menefreghismo nei confronti dei suoi ordini.

Lei ci sperava davvero.

Avanti, stronzo, mormorò, il suo respiro che si condensava nel vento. Ti sto aspettando.

 Mezz’ora dopo, Temari decise di distogliere lo sguardo dalla cascata di luce cremisi giusto il tempo per aprire la sicura di un’altra bomba.

Nel momento in cui prese lo zaino e vi infilò la mano per estrarla, facendo passare il dito nella fessura della sicura, lanciò un’occhiata al cerchio di sabbia illuminato di rosso e gelò sul posto.

 

Lui era esattamente nel mezzo, la testa piegata da un lato e lo sguardo rivolto nella sua direzione.

C’era una nota di divertimento nella sua voce, quando parlò.

- Ehi, sei di nuovo tu, pazza furiosa con le bombe?-

Temari ebbe uno spasmo, e la risposta alla domanda fu un’altra fiammata che tracciò una spirale in aria ed atterrò vicino alla prima, che si spense un paio di secondi dopo.

- Heh, lo sapevo.- disse tra sé, sembrando compiaciuto.- Stai di nuovo cercando di darmi fuoco?-

- Solo se mi dai un motivo per farlo.- replicò lei in tono piatto.

- Mi pare giusto.- disse in tono quasi soddisfatto.- Seriamente, questa roba fa comodo. Non si vedeva un cazzo, prima.-

Sembrava di buonumore. La cosa la irritò notevolmente.

 

Quando lei non rispose, lui si voltò e si diresse al margine dell’oasi per appoggiare a terra la sua falce. Con una rapida mossa, si tolse il cappotto, gettandolo con malagrazia sulla sabbia.

Quando il suo torso nudo entrò nel suo campo visivo, il sangue nelle vene di Temari raggelò.

Nonostante la distanza che li separava, riuscì a mettere a fuoco qualcosa di nero che gli ricopriva il torace e il braccio sinistro, sembrando quasi un tentativo malriuscito di pittura corporea.

Senza degnarla di uno sguardo, l’uomo si inginocchiò sulla riva della pozza, e invece di immergersi in acqua, prese in mano una manciata di sabbia.

Esterrefatta, Temari lo guardò mentre allungava il braccio sinistro e spalmava la sabbia sulla sostanza oscura che lo ricopriva. Capì cosa fosse nel momento in cui lui iniziò a strofinare la sabbia.

 

Sangue asciutto e raggrumato, mischiato con i ruvidi granelli di sabbia; la sua pelle si liberava di quella sporcizia sottoforma di pezzetti di sabbia scura e umida che cadevano al suolo.

Temari osservò il suo braccio tornare di un bianco candore in circa cinque minuti, e sentì i corti capelli alla base del collo drizzarsi quando lui afferrò con accuratezza un’altra manciata di sabbia e le la spalmò sul petto, strofinando vigorosamente.

 

Il sangue scivolava via dal suo corpo come una pioggia corvina.

Lui era metodico e accorto, deliberatamente e volutamente lento nei movimenti, mostrandosi a lei, innervosendola, spaventandola.

 

Per quanto ne sapesse, a Temari non sembrava che avesse alcuna ferita che giustificasse l’ingente quantità di sangue che aveva addosso, e qualcosa si strinse nel suo stomaco nel momento in cui si chiese da chi provenisse quel sangue.

Domande, domande simili a quelle che le aerano venute in mente ad otto anni dopo aver visto il corvo con quella grande cosa rossa e penzolante nel becco, bussavano alla porta delle sue labbra.

Di chi è? si domandò. Dove l’ha preso?

 

Lui continuò a strofinarsi il torace per dieci minuti buoni, e una volta che fu completamente pulito si sporse in avanti bagnò con l’acqua della pozza prima il braccio e poi il collo, eliminando ogni residuo di polvere o sabbia che ancora indugiavano sulla sua pelle d’alabastro.

 

Il rumore dell’acqua sembrava surreale, ora che Temari poteva vederne la causa. Sembrava lontano, dome se provenisse da sottoterra. Riusciva a malapena a sentirlo, sovrapposto al rumore del sangue che scorreva nelle sue vene e che le rimbombava nelle orecchie.

Lui continuò a gettarsi addosso spruzzi di acqua gelida senza guardare in direzione della jounin, concentrandosi cu ciò che stava facendo.

Poi, dopo pochi minuti, fece riemergere le sue mani dall’acqua e le passò tra i capelli, prima di sedersi nella sabbia.

 

Consapevole che lei lo stava guardando, lo stava fissando, consapevole di irritarla, con indifferenza si tolse qualcosa che aveva intorno al collo, stringendolo tra le mani e abbassando la testa davanti ad esso.

 

Pregando.

 

Cosa stai facendo? pensò Temari imbambolata. Cerchi di mostrarmi la tua apatia? Cerchi di mostrarmi che hai appena ucciso qualcuno? Stai provando a farti odiare? Beh, sta funzionando, figlio di puttana. Sta funzionando alla grande.

 

Nel mentre che lui pregava, l’acqua tornò quieta, piatta come un lenzuolo di vetro nero. Da qualche parte nelle sue profondità, la nera e sabbiosa sporcizia tolta dal suo corpo stava inquinando la pozza, diffondendosi e avvelenandone le acque.

In futuro, quando avrebbe ottenuto il permesso di varcare la frontiera, Temari si disse che non avrebbe più bevuto o fatto il bagno nell’oasi.

 

Ovviamente lei aveva ucciso delle persone, e ovviamente c’erano state occasioni in cui si era trovata ricoperta di sangue. Ma non ne era mai stata felice. Non uccideva mai, a meno che non fosse necessario. Non sarebbe mai andata in giro mostrando gli schizzi cremisi come dei normali distintivi.

 

Ma lui—lui si era tolto di dosso i residui della vita di qualcuno come se fossero state macchie d’inchiostro, lavandosi metodicamente come se l’avesse fatto migliaia di altre volte. Quante volte era stato all’oasi prima che le guardie fossero posizionate lì? Quante occasioni aveva avuto per immergervisi, quest’uomo che uccideva qualcuno e sorrideva l’istante dopo?

 

Improvvisamente Temari non sentì più freddo. Sentiva qualcosa che era un po’ furia, un po’ disgusto e un po’ paura. Le dipingeva il viso di una tinta rossastra, amara come il veleno, e la faceva sentire così nauseata da chiedersi se non fosse stata pizzicata da uno degli scorpioni di prima.

La rabbia l’avrebbe presto sopraffatta, avrebbe forzato le sue labbra per costringerla ad urlare, ma questa cosa al contrario le serrò la gola, le incollò le labbra e soppresse la sua voce. Le fece aumentare i battiti del cuore e attenuare la presa sul ventaglio.

Non si era mai sentita così.

 

Temari rimase in silenzio fino a quando il cielo non iniziò a schiarirsi, un paio d’ore dopo.  Fino a quel momento, il suo unico movimento era stato lanciare una fiammata quando quella precedente dava cenno di spegnersi.

Lo aveva fissato intensamente per due ore, sentendosi leggermente stordita dalla bruciante emozione che aveva cancellato ogni suo pensiero coerente e l’aveva ammutolita.

Che diavolo è? si chiese. Sono forse malata?

 

I suoi pensieri cessarono quando, come la notte precedente, si spostò quando le morbide forme delle dune divennero visibili nel buio.

L’atmosfera era pacifica e silenziosa, eccezion fatta per il debole crepitio della sabbia mossa dal vento, i granelli vorticanti quasi avevano seppellito il suo cappotto e la sua falce. Con noncuranza estrasse entrambi dalla prigione di sabbia, sbattendo un po’ il cappotto nel vento prima di metterselo.

 

L’ultima fiammata sputò l’ultimo rigurgito di luce, prima di spegnersi. Lui, tranquillamente, guardò nella sua direzione.

Data la sua postazione, e data anche la lucentezza del cielo e la fiamma viva della torcia, probabilmente lui riusciva a vederla appoggiata contro il bastone quasi con chiarezza. Temari poteva solo fissarlo a sua volta, la sensazione dentro di lei peggiorava ad ogni istante.

Poi, prima che lui si voltasse per andarsene, Temari chiese:

- Di chi era?-

Lui si fermò, e si voltò, la testa leggermente inclinata di lato.

Temari non disse nient’altro, sapendo perfettamente che aveva capito ciò che lei voleva dire.

Ci fu un attimo di silenzio e, quando rispose, sembrò tranquillo.

- Non sapevo il suo nome.-

Quando Temari non disse nulla, si incamminò nel deserto e sparì tra le dune.

 

 

Il corvo è un uccello che banchetta sulle carogne. È uno spazzino.

 

Lui era diverso. La carne era ancora calda, pulita, e libera da insetti. Come un corvo, era intelligente, non lasciava tracce, non lasciava alle sue vittime nemmeno il tempo di urlare.

 

Il corvo è un ingannatore.

 

In quell’aspetto, erano uguali. Lui attraeva e parlava con finta dolcezza, intessendo una ragnatela di fiducia con le sue parole gentili. Amichevole e compiacente, ispirava una sensazione di agio nelle sue vittime, nascondendo una torbida natura dietro un bel viso. Anche se lei ancora non lo aveva visto bene.

 

Non era uno spazzino—il tipo che lasciava agli altri il lavoro sporco. Era un corvo a cui piaceva la caccia, era un predatore.

 

Temari smise di pensarci quando si accorse che di nuovo non riusciva a dormire.

Quel sentimento bruciante non le dava tregua, gettando stille di veleno nella sua bocca finchè non si sentiva quasi sul punto di tossire.

Temari aveva diciotto anni e non era mai stata innamorata. Questo l’aveva portata a credere che l’amore fosse qualcosa di estremamente raro, qualcosa di incontrollabile e sopraffacente. Doveva essere un’emozione incredibile, uscire dalla piattezza della vita quando meno te l’aspetti. Doveva essere indescrivibile. Il vero amore doveva essere così raro.

 

Mentre si metteva a sedere sul letto e guardava la luce che filtrava dalle tende scure, toccandosi la gola secca, Temari riconobbe la bollente e oppressiva sensazione, nonostante non l’avesse mai sperimentata prima, capendo all’improvviso che era qualcosa di più raro, più forte e più feroce dell’amore.

Sono presa dall’odio. Totalmente in odio. Lo odio.

 

Prima di allora, lei non aveva mai odiato nulla per davvero.

Aveva sentito qualcosa di simile per quel maledetto ninja che aveva tradito il loro villaggio, e durante l’infanzia si era infantilmente detta di odiare Gaara per essere un mostro egoista.

Occasionalmente diceva “odio il freddo”, o “odio i leccaculo”. Ingenuamente, aveva pensato che l’odio fosse un sentimento che tornasse comodo a qualcuno con un lavoro come il suo, dove la durezza era un requisito fondamentale e l’assassinio la quotidianità.

 

Non sapeva che l’odio, quello vero, la potesse far sentire così male.

Non pensava che il vero odio non l’avrebbe fatta dormire, o che avrebbe svegliato dolorose torsioni dello stomaco ogni volta che lei richiamava alla memoria il suono della voce di lui.

Non sapeva che il vero odio l’avrebbe resa così debole, che la rabbia e la furia erano semplici componenti di un più grande disgusto che diventava irrilevante quando si parlava di odio vero.

Non pensava che con il vero odio le lacrime sarebbero rimasta imprigionate negli occhi e le urla che si facevano strada dalla gola si sarebbero ammutolite quando le accarezzavano le labbra.

 

Solo ora che lo provava, sapeva che quando e se avesse avuto l’occasione di ucciderlo, avrebbe riso.

Avrebbe riso, e sorriso, senza rimorsi, e l’improvvisa realizzazione la terrorizzò.

 

Era violentemente presa dall’odio, e la cosa che più la preoccupava era il manifestarsi dei sintomi fisici di solito associati all’amore.

Da quando tornava a casa, l’unica cosa a cui era in grado di pensare era ciò che lui le aveva detto nelle ultime ore, e come lui era rimasto seduto al bordo dell’oasi, così tranquillo e pacifico nonostante avesse appena ucciso qualcuno.

La doleva la testa, i battiti del cuore acceleravano, le guance si infiammavano.

Non riusciva a dormire.

Non riusciva a mangiare.

Non riusciva a cacciarlo fuori dalla sua testa.

 

La linea che divide l’odio dall’amore è davvero sottile, no?

 

Temari avrebbe voluto riempire di pugni il cretino che aveva affermato un’idiozia del genere. La prospettiva di questo terribile e abominevole sentimento di repulsione trasformarsi in qualcosa come affetto e amore era semplicemente ridicolo.

 

Solo un motivo—era tutto ciò di cui aveva bisogno. Doveva soltanto darle una buona motivazione per varcare il confine e l’avrebbe ucciso. Conoscendolo, era sicura che non sarebbe tardata ad arrivare.

 

Temari non si rendeva conto di stare perdendo il controllo delle proprie emozioni.

All’accademia le era stato insegnato che gli shinobi dovevano essere calcolatori e privi di emozioni, non dovevano mai lasciare che sentimenti come l’amore o l’odio influenzassero il loro giudizio.

Temari era un ninja esemplare, ma aveva oltrepassato di molto il confine dell’odio. Era una questione personale, che aveva ormai sepolto le idee e gli insegnamenti con cui aveva vissuto. L’Akatsuki l’aveva quasi privata degli ultimi membri della sua famiglia e si sentiva in diritto di odiarli. E adesso che uno di loro era a portata di mano, il sapore della vendetta e della soddisfazione era troppo invitante per resistervi.

 

Ogni notte pensò, divorata dall’impazienza. Ogni notte. Sarò pronta per lui. Solo una ragione, mi basta questo. Solo una valida ragione e sarà tutto finito.

 

A questo pensiero Temari si rilassò, i suoi battiti rallentarono e le spalle si distesero. Si sdraiò sui cuscini, chiuse gli occhi e si addormentò in pochi minuti.

Pochi minuti dopo, quando le sue mani si chiusero in due stretti pugni contro il lenzuolo, sognò di un corvo che mangiava pezzi di carne rossa e lucente su di un piatto d’argento.

 

 

Il resto del giorno passò come tutti gli altri, normale, a parte l’impazienza che di tanto in tanto traspariva da sotto la sua apparente tranquillità. A un certo punto, durante la cena, Kankuro le chiese perché sembrava così distante.

- Sono stanca.- rispose vagamente, prima di sparire nella sua stanza ad attendere la mezzanotte.

 

Quando si trovò finalmente alla sua postazione, la sua determinazione non fece che aumentare. I suoi occhi lacrimavano per via del vento, ma si rifiutava di sbattere le palpebre, per la paura che in quella breve frazione di secondo lui sarebbe arrivato all’improvviso. Si sentiva rassicurata dal peso del ventaglio e dello zaino pieno di armi sulle sue spalle.

Si sentiva come se potessero arrivarne cento come lui, e lei li avrebbe sconfitti tutti.

 

Con la ricetrasmittente avvisò i compagni di restare ai loro posti fino a nuovo ordine. Non si sarebbero più stati cambi di postazione.

 

Leccandosi le labbra, Temari si sedette sulla sabbia davanti alla solita torcia, fissando intensamente i due cerchi di luce rossa disegnati dalle due fiammate che aveva lanciato.

Mentre osservava il loro riflesso nell’acqua, si domandò quanto sangue lui avesse gettato nelle profondità della pozza, quanto sangue avesse diffuso in quella liquida oscurità.

Di chi era? Di quanti? Quante persone ci sono là sotto, figlio di puttana?

Temari si rese vagamente conto che le sue pulsazioni stavano accelerando, lo stomaco torcendosi in spasmi. Inspirò lentamente per rallentare la velocità del sangue.

 

Quando aprì gli occhi e vide il display dell’orologio lampeggiare le 2:00 del mattino, avvertì un senso di nausea.

L’impazienza era così insostenibile che si sentiva tentata di andarsene a fare un giro per ricomporsi, dato che non si riconosceva più, in quel turbinio di emozioni.

Vero odio? Sì, doveva essere vero odio, perchè regnava l’eccitazione, perchè il suo stomaco si contorceva e il suo cuore accelerava e le sue guance si arrossavano, perché non vedeva l’ora che arrivasse, perché non vedeva l’ora che lui facesse qualcosa così anche lei avrebbe potuto fare qualcosa.

Ucciderlo.

 

Odio a prima vista. pensò ironicamente, la vocina nella sua testa squittiva in falsetto. Così passionale. Così sopraffacente. Così intenso. Sento la tua voce prima di andare a dormire. Voglio toccarti, così posso farti soffrire. Non riesco a smettere di pensare a te perché continuo a fantasticare sul modo migliore per ucciderti. Oh, tesoro, ti prego, torna. Ti odio così tanto.

 

Il vento sembrò ululare una risata, spostando lo scialle dal suo viso. Temari rise con lui.

 

- Perché cazzo stai ridendo, pagana?-

Il sorriso sul suo volto svanì all’istante e i suoi occhi si spalancarono quando lo trovò in piedi nel bel mezzo della luce dei fuochi, la testa inclinata da un lato e le braccia incrociate al petto.

Bestemmiando sottovoce, Temari si schiaffeggiò mentalmente per essersi fatta cogliere di sorpresa per la seconda notte.

- Ah, ho capito!- esclamò, sembrando divertito quando lei non rispose.- Sei felice di vedermi!-

Per un attimo Temari non riuscì a rispondere, lo shock iniziale che si trasformava in incredulità di fronte alla sua sfacciataggine. Ma Temari della Sabbia non era certo famosa per la sua mansuetudine, e si ricompose un attimo dopo.

- Entusiasta.- sibilò.- Deliziata.-

Anche se non riusciva a vedere chiaramente il suo viso, Temari lo sentì sogghignare.

- Voi ninja di Suna avete qualcosa di speciale, davvero. Quei ninja della Foglia si sarebbero cagati addosso a quest’ora.-

- Le lusinghe non ti porteranno da nessuna parte.-

- Non riesci nemmeno ad accettare un complimento?-

- Non voglio niente da te.-

- Ma voi guardie non dovreste scambiarvi di turno o qualcosa del genere? Oppure continui a tornare solo per guardarmi mentre mi faccio il bagno?- chiese, poi sorrise.- Pervertita.-

- Continuo a tornare- disse freddamente Temari.- perché  aspetto che tu mi dia una ragione per ucciderti.-

- Dev’essere stressante avermi così a portata di mano e no poter fare assolutamente un cazzo.- disse strascicando le parole ed indicando la breve distanza tra loro.

- Me ne darai occasione.- disse fermamente convinta.- Presto.-

Lui rise.

- Non ho intenzione di fare niente.-

- Farai qualcosa.-

- Lo dici come se volessi che lo facessi.-

 

E lo voglio, eccome! pensò Temari. Non hai idea di quanto io lo voglia.

- Conosco la gente come te.- disse invece.

- Ok, va bene, puoi tranquillamente continuare a venire qui a gelarti il culo nell’attesa che io faccia qualcosa.- disse con indifferenza, rimuovendo la falce e lasciandola cadere sulla sabbia.- Ora, ho delle cose da fare.-

In qualche modo, Temari sentì freddo soltanto a guardarlo mentre si lavava, rannicchiandosi più vicino alla torcia mentre lo guardava cospargersi di sabbia e lavarla pi via con l’acqua gelata.

Un altro annegato pensò inespressiva mentre la superficie dell’acqua correva a incresparsi. Un altro—e il bastardo è felice.

Quando finì e si sedette a gambe incrociate nella sabbia Temari rabbrividì, domandandosi come riuscisse a sopportare il vento freddo sulla pelle bagnata.

 

Improvvisamente lui alzò lo sguardo e lei sbattè le palpebre quando si rivolse a lei.

- Le ho chiesto il nome, stavolta.- disse con indifferenza.- Si chiamava Mai. Qualcuno che conoscevi?-

Temari lo fissò, momentaneamente senza parole.

Oh dio ti odio figlio di puttana ti odio ti odio ti odio vaffanculo a questo confine voglio venire lì e farti soffrire—

La jounin chiuse gli occhi e fece un respiro profondo, mettendo a tacere il caos nella sua testa, poi li aprì di nuovo e lo fissò.

- Sei uno psicopatico.- disse semplicemente.

- E tu una stronza. Siamo pari.-

Temari sussultò.

- Tu…-

- Dopo.- la interruppe, abbassando riverente la testa verso l’oggetto nelle sue mani.- Prima devo pregare.-

Temari si zittì.

Normalmente non avrebbe sostenuto un discorso fatto di insulti restando seduta, ma se lo faceva era a causa del cappotto.

Quell’uomo era un membro dell’Akatsuki, e a giudicare da ciò che le avevano detto gli alleati di Konoha, erano considerati gli shinobi più pericolosi del continente. Il cappotto ne era un simbolo.

 

Temari sentiva il disperato bisogno di ucciderlo, ma non era così stupida da provocarlo a caso. Nonostante avesse deliberatamente ignorato il protocollo e le ideologie che aveva seguito per tutta la vita fino ad ora, non avrebbe rinunciato al piacere di una morte lenta.

Quelli come lui erano più pericolosi quando erano arrabbiati.

Meglio concentrarsi su questo.

Rincuorata dai suoi ragionamenti, Temari si rilassò e si appoggiò al bastone della torcia.

 

Passarono in silenzio quasi due ore e ad un certo punto Temari fu costretta a pizzicarsi il braccio per non addormentarsi. Con il calore della fiamma e la morbidezza della sabbia sotto di lei era difficile mantenere la concentrazione.

E con sua somma rabbia, lui non aveva fatto nulla di lontanamente sospetto: si era limitato a rigirarsi l’oggetto tra le mani (un rosario) e nient’altro.

Non si prese nemmeno il disturbo di alzare lo sguardo quando lei lanciò un’altra bomba luminosa.

 

Quando finalmente si mosse, il cielo si era colorato del solito blu metallico, e le ultime fiammate si erano ormai spente. Due colonne di fumo identiche disegnavano draghi di fumo nell’aria fresca del mattino.

Quando il fumo divenne chiaramente visibile, Temari fu presa da un senso di delusione e arrendevolezza. Si sporse in avanti, stringendo un pugno si sabbia quando lui si alzò in piedi e inizi a raccogliere le sue cose.

Non ancora pensò. Non andartene, bastardo. Fa qualcosa. Ti prego, fa qualcosa.

Lentamente, portò le braccia sopra la testa, la punta delle dita distante solo qualche millimetro dal manico dell’enorme arma incollata alla sua schiena.

Fallo. voleva sussurrare. Sfoderala. Lanciala. Fa qualcosa!!

 

Purtroppo per lei, lui rimase fedele alla parola data.

Lasciò cadere le braccia pigramente lungo i fianchi e guardò il cielo, sembrando abbastanza contento nel vederlo schiarirsi mentre Temari seppelliva le sue caviglie nella sabbia, ringhiando.

Aveva reso evidente la sua impazienza e lui se n’era accorto.

E ora si stava facendo beffe di lei.

Ogni gesto era volutamente innocente, ogni parole deliberatamente serena e amabile—tutti segni dell’ingannevole natura del corvo.

Cercava di provocarla, di frustrarla, di irritarla fino al limite della razionalità…facendolo discretamente per farla diventare pazza.

La stava deridendo, e i suoi sforzi stavano funzionando.

 

L’odio ribolliva e le riempiva la bocca, le annuvolava gli occhi, le stringeva la gola fino a quando tutto ciò che riusciva a fare era respirare a malapena e fissare trucemente quell’uomo attraverso un velo di rabbia.

Se lui voleva trasformare questa storia in un gioco, non c’era verso che lei lo lasciasse vincere.

Due cose di cui andava orgogliosa erano il suo autocontrollo e la sua testardaggine. Si rifiutava di diventare vittima delle sue tattiche.

Mentre pensava a queste cose, un sorriso di sfida le curvò le labbra.

Pensi di potermi spezzare? Fai del tuo meglio, allora. Questo gioco è mio.

 

Il suo orologio segnava le 4:30 del mattino.

Il cielo continuava a rischiararsi e lui girò la testa per guardarla, sorridendo visibilmente.

Il corvo nasconde la sua natura torbida dietro ad un bel viso.

Una raffica di vento le strappò lo scialle dalla testa e lo lanciò nella sabbia dietro di lei; il blu metallico delle nuvole lasciò spazio ad un rosso scuro che diventava più luminoso col passare di ogni minuto. Nessuno dei due prestò attenzione allo spettro di colori fuggenti e cangianti sopra di loro, entrambi aspettavano più luce, più esposizione, più chiarezza.

Il corvo è uno spazzino. Ma questo è pericoloso. Questo è un predatore.

 

Lui sbattè le palpebre e il suo sorriso si allargò quando l’alone splendente del sole fece capolino dall’orizzonte abbastanza da illuminare le fattezze di Temari, rivelando degli occhi glaciali e un sorriso velenoso.

Sorpreso? pensò Temari, guardandolo. Potrei dire la stessa cosa.

Non si era certo aspettata un viso così giovane, dai capelli argentati e dall’espressione così innocente.

Un viso stupendo.

Temari ruppe il silenzio, la voce aspra.

- Che c’è? Ti aspettavi qualcosa di diverso?-

Il sorriso di lui aumentò ancora, mentre gesticolava nell’aria con indifferenza.

- Ti avevo immaginato mora, giuro.-

- Deluso?-

- Assolutamente.- replicò, con ancora addosso quel fastidioso sorriso.- Le bionde sono meglio.-

Era un luogo comune, abbastanza comune da farle solitamente ignorare la sua natura sottintesa. Ma detto da lui, la fece quasi sentire offesa.

- E tu?- disse lei con un ghigno.- Il tuo bel faccino è l’unica cosa di cui puoi vantarti?-

Lui alzò un sopracciglio e Temari si congratulò con stessa per averlo zittito, ma la sua fu una vittoria molto breve.

Lui fece un passo avanti e ammiccò sogghignando.

- Se sei così curiosa, vieni pure a scoprirlo da sola.-

Temari era lieta di essere abbastanza distante da lui perché notasse l’intenso rossore di cui si erano dipinte le sue guance. Ma nonostante il quasi doloroso infiammarsi del suo viso, non aveva intenzione di lasciargli la vittoria.

- Con un linguaggio del genere è difficile credere che tu sia un uomo di fede.-

- Con un linguaggio del genere è difficile credere che tu sia una ragazza.-

- Cosa posso dirti? Noi ninja di Suna abbiamo qualcosa di speciale.-

 

Il suo turno stava per finire. Una goccia di sudore si lasciò morire lungo una tempia.

Fai qualcosa, bastardo. Non farmi aspettare un altro giorno.

Lui sembrò intuire cosa lei stesse pensando, e Temari sgranò gli occhi quando lui le diede le spalle.

- Ho davvero bisogno di dormire, cazzo.- annunciò.- Ci vediamo domani, biondina. Spero di non mancarti troppo.-

Stavolta Temari non riuscì a pensare a una risposta, fissandolo senza parole mentre si allontanava salutandola con una mano, scomparendo nella sabbia.

 

Venti minuti dopo, il jounin che arrivò a prendere il suo posto trovò la torcia spezzata a metà.

 

 

Temari sognò di nuovo.

 

Stavolta il corvo e il piatto d’argento con la carne erano sul suo davanzale. Incorporea, lei osservava la scena dal suo letto, sgranando gli occhi ogni volta che l’uccello divorava un pezzo di carne.

Una volta che non si fu altro che una macchia sanguinolenta sulla superficie del piatto, il corvo si girò e si pulì il becco sulle sue tende bianche.

 

Quando Temari si svegliò, balzò in piedi e tirò un sospiro di sollievo nel vedere le sue tende, scure, svolazzare pulite nella brezza del mattino.

Incapace di rimettersi a dormire, iniziò a camminare per la stanza con gli occhi incollati al pavimento.

Non avrei mai dovuto farglielo capire, pensò furiosamente. Non avrei mai dovuto fargli capire che stavo aspettando qualcosa. Adesso il bastardo mi sta prendendo per il culo.

Per quanto tempo ancora avrebbe dovuto aver a che fare con lui? Per quanto ancora avrebbe dovuto convivere con il sentimento bruciante che la stava schiacciando e che la riempiva di velenosi pensieri di odio e violenza?

Da qualche parte nella sua mente, una voce calma le disse che stava perdendo.

 

Nessuno l’aveva mai spossata così. Nessuno aveva mai invaso i suoi pensieri e i suoi sogni e le aveva fatto provare quei dolori allo stomaco. Non aveva mai sentito il bisogno di ignorare il suo ventaglio e i suoi kunai e di uccidere qualcuno con le sue stesse mani.

- Respira.- disse a stessa, massaggiandosi le tempie mentre camminava.- Stai solo facendo il suo gioco, così.  Calma, stai calma.-

C’era qualcosa di strano nel suo comportamento, negli ultimi giorni. La prima volta che si erano incontrati era stato una permalosa e violenta testa di cazzo.

Ma ora? Era semplicemente odioso. Qualcosa lo aveva messo di buonumore.

Temari si calmò leggermente.

Se davvero era di buonumore, era più difficile da provocare. Ma dato il suo carattere e la feccia a cui apparteneva, questi giorni felici non dovevano essere poi così frequenti.

Lentamente, sorrise.

Le cose belle durano poco, specialmente per certa gente. Alla fine si sarebbe arreso alla sua natura di assassino e avrebbe fatto qualcosa. Tutto ciò che serviva era la giusta provocazione.

Questo è il mio territorio, pensò mentre riprendeva a camminare. Sono avvantaggiata, e sembra il tipo di persona che combatte a distanza. Armi come quella, non importa quanto siano grandi, sono inutili contro il vento. Lo ucciderò. Lo ucciderò. Lo…

 

- Cavolo, hai intenzione di fare un buco nel pavimento?-

Temari alzò di scatto lo sguardo, trovandosi un barcollante ed assonnato Kankuro appoggiato allo stipite della porta.

- Oh.- disse lei, colta sul fatto.- Ehi.-

- Ehi.- rispose lui, grattandosi la testa.- tutto ok?-

Temari finse un sorriso e annuì, e questo dovette sembrare allarmante perché Kankuro sgranò gli occhi e fece una strana smorfia.

- Ti comporti in modo strano, Temari.- silenzio.- Per caso sei nel periodo sbagliato del mese?-

Il viso della ragazza avvampò.

- No, idiota! Semplicemente non riesco a dormire.-

Lui annuì.

- Va tutto bene al confine?-

Temari si limitò a fissarlo.

-Temari?- la chiamò, inarcando un sopracciglio.

- Sì.- rispose lei.- Sì, tutto bene.-

- Non sei capace di dire palle.- sbuffò, sollevando gli occhi al cielo e scuotendo la testa.- Che c’è, gli altri ti importunano? Quei bastardi…-

- Sì.- mentì, con un tono di voce più calmo.- E il freddo inizia a darmi un po’ di fastidio, perciò…-

- Posso parlare con Gaara per farti cambiare di turno…-

- No!!- gridò, ed arrossì quasi immediatamente, imbarazzata davanti allo sguardo scioccato del fratello.- Cioè…lascia stare Gaara. È già abbastanza impegnato per conto suo. Mi ci abituerò, non preoccuparti.-

-………ok.- disse infine, sospettoso, lanciandole un’occhiata in tralice.- Non esagerare però.-

- D’accordo.- rispose debolmente, lasciandosi scappare un sorriso quando lui chiuse la porta alle sue spalle.

Sorriso che svanì un minuto dopo, quando si vestì e si dedicò al lavoro per far passare la giornata il più velocemente possibile.

 

Quella notte, un paio d’ore prima dell’inizio del turno, dopo cena Temari salì in camera e si lasciò cadere sul letto, leggendo un romanzo d’amore.

Verso la fine, quando un fraintendimento con la legge finì col riservare una freccia nel cuore dell’amante della protagonista, Temari non riuscì a trattenersi dal ridere.

 

 

- Dove sei, amore mio?- mormorò Temari, ricordando qualche patetico e smielato dialogo del romanzo.- Non è da te farmi aspettare.-

 

Seduta nella sabbia accanto alla torcia, Temari attendeva il suo arrivo, rifiutandosi di distogliere lo sguardo dalle fiamme rosse che aveva lanciato ai margini dell’oasi.

L’ironia della situazione dopo aver letto quel romanzo divenne così intensa che Temari scoppiò a ridere, comparando cinicamente la sua situazione a quella della protagonista del libro.

L’amante dell’eroina era di un altro villaggio, e dopo un incontro occasionale al confine (e qui Temari aveva iniziato a ridere) si erano perdutamente innamorati e avevano fatto cazzate come incontrarsi in pieno giorno, così i suoi parenti l’avevano scoperta. Questo aveva portato il protagonista a un atto disperato e alla fine lei aveva perso il suo unico grande amore.

Tragedia allo stato puro.

 

- Oh, sono stata ferita così tante volte.- aveva dichiarato l’eroina al loro terzo incontro.

Temari pensò ai suoi fratelli, uno rapito dall’Akatsuki e uno mortalmente avvelenato, e ricordò il dolore provato.

- Per favore, promettimi che tornerai!- aveva supplicato la protagonista.

Torna, così posso ucciderti.

- Non mi importa di quello che dicono i miei genitori…-

Non me ne frega un cazzo del protocollo.

- Non mi importa di ciò che mi succederà…-

Fammi male, bastardo, fammene, così che io possa farne a te.

- Perché ti amo.-

Ti odio.

 

Quando lui arrivò pochi minuti dopo, Temari ebbe la tentazione di sgridarlo per essere in ritardo.

- Ti sono mancato, biondina?-

Era di nuovo di buonumore.

- Come un mal di denti.- replicò seccamente.- cosa ti ha trattenuto?-

- La puttana alla quale appartiene questo.-  disse, indicando il sangue sulla sua pelle.- Ti giuro, questa qui mi ha davvero dato un fottutissimi daffare.-

Temari lo fissava senza capire, in qualche modo infastidita dalla sua tranquillità.

 

All’improvviso, tutta la questione del di chi perse importanza. Ora quello che contava era perché.

Lo chiese senza nemmeno rendersene conto.

- Sono sacrifici.- rispose lui, come se fosse ovvio.- Per il mio dio.-

- Questo è l’ultimo?- chiese atona.

- Per questo mese sì.- dichiarò orgogliosamente.- Come tributo per l’avvento di Jashin.-

Sbattendo le palpebre, Temari guardò il display dell’orologio.

Il 30 di giugno.

Il respiro le si mozzò in gola.

 

Era rimasta di guardia al confine per ben tre settimane, dall’inizio di giugno. Lui veniva lì fin da allora? Un brivido le attraversò la schiena pensando a quante opportunità aveva avuto di passare il confine.

E questo, realizzò fissando le tracce di sangue. Questo è l’ultimo. Non c’è da chiedersi perché sia felice.

Un senso di sollievo e delusione la assalirono insieme.

Non avrebbe più avuto bisogno di tornare e il confine sarebbe stato salvo.

Non avrebbe avuto più bisogno di tornare e lei avrebbe perso la sua opportunità di vendetta.

Serrando la mascella, Temari non disse nulla, formandosi a stare in silenzio.

 

Mentre lui si bagnava il collo e le spalle con la solita acqua ghiacciata, Temari parlò cercando di mantenere un tono di voce distaccato.

- Perché vieni qui?-

- Secondo te?-

- Rispondi e basta.-

- Per la sabbia, ovviamente.-

Quando lei non disse nulla, lui fece un esagerato sospiro prima di sedersi di nuovo nella sabbia, la sua pelle bagnata di un color cremisi lucido sotto la luce delle fiamme.

- Fa venire via il sangue.- spiegò.- L’acqua non fa un cazzo da sola.-

- E perché resti qui ogni volta dopo esserti lavato?-

- Perché è l’unico posto dove posso trovare un po’ di fottuta quiete.- disse borbottando.- Non c’è nessun luogo in questo paese di merda- e indicò il paese dell’Acqua.- dove un figlio di dio può venire a pregare, giuro.-

 

Temari aprì la bocca per parlare, ma si zittì immediatamente quando si accorse della lunga e sinuosa figura di un serpente nerocce strisciava silenziosamente verso di lui, attratto dal calore delle fiamme.

Un morso poteva uccidere in meno di dieci minuti.

- Mh.- si limitò a dire Temari, inspirando in tensione quando il serpente si fermò accanto a lui, sollevando la testa. Un solo movimento improvviso avrebbe fatto scattare l’attacco. E lui ne era completamente inconsapevole.

Un sorriso si allargò sul volto di Temari sotto la copertura dello scialle.

- Ma c’è un problema con questo posto…- sbuffò improvvisamente.

Silenzio.

- Ovvero tutti sti cazzo di serpenti.-

E, con grande shock della jounin, afferrò tranquillamente la coda del rettile, la cui reazione fu inevitabile. In una frazione di secondo, girò la testa e affondò le zanne della carne dell’avambraccio.

Temari quasi scoppiò a ridere trionfante.

- Ahia, porca puttana.- esclamò, tastando il terreno alla ricerca della sua falce.- Odio questi cazzo di cosi.-

Un attimo dopo tagliò la testa del serpente dal corpo, strappandola dal suo braccio ed esaminando i buchi.

- Dieci minuti.- disse Temari, appena capace di contenere un sorriso.- Il veleno ti scioglierà le interiora.-

- Ne sembri quasi felice.- replicò, sembrando stranamente calmo, mentre esaminava il morso.- Ne sono addolorato, davvero.-

 

Temari sbattè le palpebre, il suo sorriso si attenuò sotto la stoffa quando lui si limitò a immergere il braccio nello specchio d’acqua, completamente indifferente a ciò che gli aveva appena detto.

- Stai per morire.- ripetè in tono piatto, mentre lui si rimetteva a sedere.

- Vorrei davvero che fosse così semplice.- disse lui con una risata sardonica.- Questa è la seconda volta che vengo morso da uno di questi stronzi.-

A Temari si gelò il sangue nelle vene.

La seconda volta?

Solo i ninja di Suna erano immuni al veleno di quei serpenti. Anzi, avrebbe dovuto iniziare il suo effetto già da un po’.

Stupita e mortificata, rimase a fissarlo per un po’, aspettando e stringendo i pugni così forte che le facevano male le nocche.

- Sembri delusa.- constatò divertito.- mi dispiace che le mie viscere non si stiano squagliando.-

- Perché non muori?- chiese Temari, la voce atona per lo shock.- Il veleno…-

- Ecco brava, siediti lì e fatti qualche domanda.- disse con fare sbrigativo, mettendosi a gambe incrociate.- Ora devo pregare.-

 

Temari non disse nulla, fissandolo incredula mentre estraeva il rosario.

Passarono dieci minuti. Quindici. Venti.

E non successe nulla.

Dire che era delusa sarebbe stato un eufemismo. Era esterrefatta, confusa e innervosita, la sua mente una caotica pletora di pensieri.

Perché? Perché? Perché? Dovrebbe essere morto. Dovrebbe urlare e contorcersi e morire soffocato dal suo stesso sangue. Dovrebbe, ma non lo è. Perché?

 

Non aveva senso, pensò Temari mentre lo fissava ad occhi sbarrati.

I corvi non sono immortali.

 

Improvvisamente ebbe paura.

Tutti i pensieri di vendetta vennero sepolti da quell’improvvisa e fastidiosa ondata di panico. Tutto ciò che voleva ora era che se ne andasse e che non tornasse mai più.

Non c’erano pro e contro. Non avrebbe mai vinto contro di lui.

Una voce calma da qualche parte nella sua testa le sussurrò parole di conforto.

Rilassati. Ti ha solo innervosita. L’intimidazione funziona solo sui deboli.

Tu non sei debole.

Temari della Sabbia. Lei era Temari della Sabbia, sorella del Kazekage. Non era spaventata, specialmente da uno come lui.

Gradatamente, la paralizzante sensazione di paura venne sostituita dalla rabbia, i brividi svanivano a poco a poco lasciando il posto all’odio e alla furia di vendetta.

Bruciava peggio del solito, mozzandole il fiato e accelerandole i battiti, facendola rizzare i capelli sulla nuca.

 

Quando dopo due ore lui alzò lo sguardo e guardò il cielo lievemente illuminato con un ghigno, Temari capì che sarebbe tornato.

Aveva trovato un giocattolo divertente in lei, e non avrebbe smesso di giocarci finchè non l’avesse rotto.

Non c’è problema, pensò Temari, leccandosi le labbra mentre lui indossava il cappotto. Gioca il più duramente che puoi, pezzo di merda. Giocherò anch’io.

Non sentì nessun moto di paura quando si voltò verso di lei per guardarla prima di andarsene…sentì invece una fitta di adrenalina e impazienza.

- Giusto per avvisarti.- gli disse, la sua voce sicura non tradiva nulla della precedente paura.- Qui ci sono altre cose che mordono, oltre ai serpenti.-

Mentre lui restava lì immobile a fissarla, un ghigno di divertimento gli curvò le labbra.

Il cuore di Temari perse un battito e una goccia di sudore le attraversò le labbra che non si era accorta di avere lievemente dischiuso mentre lo guardava.

Leccando la goccia di acqua salina, Temari alzò un braccio e lo salutò con la mano.

 

 

 

Next: Dancing on a thin line

 

 

 

 

  
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Naruto / Vai alla pagina dell'autore: Infinitefirefly