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Autore: Lelaiah    20/10/2012    1 recensioni
Ethelyn è figlia del Vento, ma ha i capelli di fiamma.
Drew vive in un villaggio di minatori, in compagnia del suo fidato amico Blaking.
Simar e Kiron sono gli eredi al trono di un Regno celato da una misteriosa e potente foresta.
Nive è stata abbandonata e si guadagna da vivere facendo la danzatrice.
Zahira è a capo del proprio villaggio, ma è rimasta sola.
Gizah ha la capacità di trasformarsi in un centauro grazie all'eredità paterna.
Infine Roving è l'ultimogenito dell'antica casata dei Kite, indomito come il simbolo della propria famiglia.
Tutti loro sono attesi al varco e si ritroveranno a viaggiare per lunghi chilometri nel disperato tentativo di impedire la morte di uno dei Veglianti, i grandi lupi elementali. Non dovranno temere le ombre perchè è in esse che si cela il loro nemico.
Nessuno di loro è nato per diventare un eroe, ma voi siete disposti ad accompagnarli in questo viaggio?
Qualsiasi sia la vostra risposta, vi do comunque il benvenuto a Suran!
Buona lettura!
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Cap. 24 La Locanda dei Fiori
Mi scuso enormemente per il ritardo, soprattuto con FherEyala, che è la mia fan numero uno! Non trovavo mai il tempo per scrivere e oggi, all'ennesimo rinvio, stavo per mettermi ad urlare come una pazza isterica.
Spero vivamente che il capitolo valga l'attesa. Ho anche scritto un pezzo che doveva arrivare molto più avanti, ma pazienza xD
Buona lettura! :)



Cap. 24 La Locanda dei Fiori


  La conversazione col Cair fu lunga e piena di domande.
Il lupo li interruppe spesso, cercando di farsi raccontare ogni singolo dettaglio. Erano le minuzie le cose più importanti, diceva.
Quando finalmente Ethelyn smise di parlare, tra loro calò il silenzio. Erano tutti stanchi, nonostante avessero parlato a turno.
Manannan era stato pressante.
-Una volta riuniti, dovremo recarci ad Ovest…- esordì il Vegliante.
Blaking lo fissò. –Non sarà facile entrare. Sicuramente quella forza, quell’essere, cercherà di tenervi fuori.- commentò.
La creatura sorrise. –Dipenderà da quanto potere avrà ottenuto. Ci sono cose in atto. Antichi poteri.- rispose, inchiodandolo col suo sguardo mutevole ed ipnotico.
L’Ippogrifo sentì una parte di sé agitarsi: il Cair stava stuzzicando il Balhia, il suo potere. Aveva capito che era uno dei leggendari cavalli e voleva capire quante forze avesse recuperato.
  Arretrò leggermente, in difficoltà.
Era come essere sommersi da litri d’acqua, si sentiva soffocare. Manannan sbatté le palpebre e rilassò i muscoli della schiena. –Perdonami.
-Cos’è successo?- domandò Drew, avvicinandosi all’amico. –Stai bene?- gli chiese poi.
Lui annuì, dandogli un leggero colpetto con la testa.
Il Nun non era molto convinto, ma preferì non insistere. Gli fece un mezzo sorriso e si allontanò, ritornando al fianco di Ethelyn.
Era facile capire che tra loro era cambiato qualcosa: bastava osservare il modo in cui il ragazzo le stava vicino, la tensione verso il corpo di lei, ora molto più presente.
  La Ferift, dal canto suo, era ancora a disagio. Non perché non lo volesse accanto, ma perché non le era ben chiaro come avrebbe dovuto comportarsi. “Imparerò.”, si disse, seguendo il filo dei propri pensieri.
-Vedo che siete stanchi e avete altro per la testa.- disse il Cair.
-Aspetti. Prima ci dica se ha capito qualcosa riguardo al nemico.- lo fermò Simar.
Il lupo si voltò a fissarlo. –Dritto al sodo, eh? Sei proprio il nipote di Fenris.- scoprì i denti in quello che doveva essere un sorriso.
Il principe arrossì leggermente, ma non si scompose. –Voglio solo sapere a cosa stiamo andando incontro.- replicò.
-Per adesso alle terre del Sud. Non appena avremo capito qualcosa ve lo diremo.- promise.
-Siete sicuri di poter contattare il Primo?- domandò ancora, per nulla rassicurato dalla risposta. La creatura dilatò le narici, reprimendo uno sbuffo. –Non c’è mai certezza. Tenteremo, almeno fino a quando le nostre volontà reggeranno.- rispose.
-Sì, ma…
-Simar. È tutto quello che possono prometterci, per ora.- gli fece notare Blaking. Il giovane si voltò a guardarlo, deciso a ribattere, ma poi ci ripensò.
-D’accordo. Grazie per averci ricevuti.- mormorò.
Manannan chinò la testa. –Non vi saremo mai grati abbastanza per quello che state facendo.- sentenziò. –Ora andate, per voi è tempo di dormire.
Non se lo fecero ripetere due volte e, in men che non si dica, si ritrovarono a percorrere a ritroso il sentiero di pietre che portava alla dimora del Custode.

-Qualcuno di voi conosce la città?- la domanda sorse spontanea.
E con essa anche le espressioni smarrite e i gesti di diniego.
Drew sospirò. –Fantastico. Passeremo la notte cercando di trovare un posto per dormire. Perché non ci accampiamo?- disse.
-Non è bene rifiutare l’ospitalità di un Cair.- gli fece presente Simar. “Soprattutto se è un tuo parente.”, aggiunse tra sé.
Non aveva mai badato ai suoi legami familiari, ma ora era costretto a farci i conti. Che gli piacesse o meno, lui era nipote di tutti i Cairansis, in primis di Fenris.
Fortunatamente non era una cosa risaputa, in caso contrario la sua vita sarebbe stata un inferno.
“Non pensarci.”, gli disse Nehir. Sollevò la testa e cercò i suoi occhi. Annuì impercettibilmente e gli diede un buffetto sul naso.
-Vediamo di scendere in città, intanto.- suggerì Ethelyn. Si voltarono tutti a fissarla. –Che c’è?
-E come pensi di fare?- domandò il Nun.
Lei abbassò lo sguardo verso il fondo del canyon e poi indicò una delle tante braccia del lago, che si gettavano nel vuoto.
Simar sgranò gli occhi. -Ma sei pazza?!
-Ehi, non voglio farci uccidere! Ma qui c’è un passaggio.- sbottò, appoggiando le mani sui fianchi.
Blaking le si avvicinò, stupito. –Davvero?
Anche gli altri lo imitarono, affiancandosi lungo il bordo di roccia. Fecero vagare lo sguardo sui tetti della città e poi lungo la cascata d’acqua. Ben nascosto dagli spruzzi, c’era quello che, a prima vista, sembrava uno scivolo di pietra.
-Credo lo usino gli Spiriti… per scendere.- ammise la rossa. –Noi ci bagneremo, ma è sempre meglio di niente.
-In effetti non hai tutti i torti. Per loro è come una corsia preferenziale che li porta dritti a casa.- concordò l’Ippogrifo. –Vi proporrei di planare, ma siamo troppi. Non riuscirei a trasportare Nehir, mi dispiace.
“Non ti preoccupare.”, disse il lupo, comprensivo. Non ci teneva a cadere da centinaia di metri d’altezza. D’accordo, non avrebbe nemmeno voluto bagnarsi da capo a piedi, ma quello era il minore dei mali.
-Ok… ehm… andiamo?- domandò Ethelyn, esitante.
Drew le si affiancò. –Sono dietro di te.- le sorrise, incoraggiante. Lei annuì, lanciò un’occhiata agli altri e poi si buttò nello scivolo, sparendo come una fiamma estinta dall’acqua.
Il ragazzo esitò un attimo, ma poi la seguì.
-Vi aspetto giù.- disse Blaking, spalancando le ali e indietreggiando un po’ per avere sufficiente spazio.
Simar annuì e si spostò, osservandolo correre verso il bordo e spiccare il volo.
“Odio l’acqua.”, brontolò Nehir.
-Lo so, amico mio, lo so.- fece il principe, comprensivo. –Ci vediamo di sotto. Ricordati: se venisse a saperlo tuo fratello sarebbe peggio.
“Ehi, cosa c’entra Dunehin!?”, chiese, stupito. Ma l’amico gli sorrise sornione e sparì tra gli spruzzi. Il Fisàan scosse la testa e chiuse gli occhi, cercando di concentrarsi. Se ci fosse stato il suo gemello, l’avrebbe sicuramente canzonato dandogli del fifone. Un po’ come avrebbe fatto il principe Kiron se Simar avesse esitato.
“Non sono un fifone.”, digrignò leggermente i denti e si tuffò.

  Scivolava rapida, quasi fosse parte del veloce fluire dell’acqua.
Era una sensazione strana: le sembrava di fondersi con le gocce, di toccare le pareti dello scivolo pur essendo esattamente al centro.
Si guardò attorno, tentando di capire a che punto della discesa fosse. Dietro di sé vedeva il debole bagliore della luce emanata da Drew.
Un improvviso salto le mandò dell’acqua in gola, facendola tossire.
Imprecò sottovoce, togliendosi i capelli dal viso. “Forse non è stata una buona idea.”, realizzò, seguendo il percorso, che piegava vistosamente a destra.
Finì sotto la superficie a causa di un tratto più profondo. “Decisamente no.”, pensò, riemergendo.
Un’altra curva ed ecco la fine dello scivolo.
-Finalmente!- esultò. Esattamente prima di finire in un grande bacino, collegato ai principali canali della città.
Fendette l’acqua come una freccia, affondando verso il basso in una miriade di bolle. Annaspò un attimo, agitata, ma poi si mise a nuotare verso l’aria.
Le mancavano pochi metri quando vide altre sagome attorno a sé: dovevano essere gli altri.
Tornò a concentrarsi sulla risalita, ma ad un certo punto l’acqua divenne molto meno impenetrabile rispetto a prima. Non la schiacciava più verso il basso con la sua pressione, anzi.
  Si bloccò, fissandosi le mani.
Le sembrò di potervi vedere attraverso, quasi fossero trasparenti.
Si spaventò e diede un colpo di gambe, puntando verso il cielo. I capelli vennero spinti indietro dalla velocità del movimento e poco dopo infranse la superficie con un singulto.
Sbatté le palpebre qualche volta e poi si affrettò verso il bordo, stordita.
Attorno a lei vedeva le facce stupite di molti Spiriti Blu, tutti esageratamente perfetti.
Li ignorò e si issò sulla pietra, tossendo e sputando acqua. Si fissò le mani, preoccupata, ma le vide solamente bagnate. Semplice pelle bagnata.
  Tirò un respiro di sollievo e si accasciò a terra, riprendendo fiato.
Poco dopo riemersero anche Simar e Drew. Nehir fu l’ultimo, palesemente provato dal bagno fuori programma. Alla sua vista, i presenti si fecero indietro, mormorando.
-Tutto ok?- Blaking planò verso di loro, percorrendo qualche metro al passo per poter avere il tempo di rallentare.
-Sì, sì… tutto ok.- lo rassicurò il principe, andando ad aiutare il suo fido compagno.
Si rivolse agli altri due. -Ragazzi?
Drew annuì, ma non si poté dire lo stesso di Ethelyn. Lui allora le si avvicinò e la guardò dall’alto, interrogativo. –Sto bene.- disse infine.
Il pennuto si accigliò, per nulla convinto. Per avvalorare la propria tesi, la giovane si mise a sedere, strizzandosi i capelli.
-Mentre voi vi riprendete, io vado a chiedere indicazioni.- disse, volgendo il capo verso la folla di curiosi.
-Ehi, sicura che sia tutto ok?- il Nun le gattonò vicino. Si fissarono per qualche istante, poi lei sorrise, timidamente. –Bene. Vieni, andiamo. Ci stanno guardando tutti.
L’aiutò a rimettersi in piedi e poi andarono da Simar, impegnato a calmare Nehir. Non sembrava esattamente soddisfatto del mezzo di locomozione.
“Mai più! Piuttosto fatemi attraversare un deserto!”, brontolò per l’ennesima volta, stizzito. Divaricò le zampe e poi si diede una scrollata poderosa, inzuppando l’Elfo.
-Ehi! Scrollati da un’altra parte!
In risposta ricevette un’altra doccia e lo vide ridacchiare, divertito.
-Speriamo di non dover attraversare il mare, se no sarebbero guai.- commentò la Ferift, avvicinandosi.
Il lupo si voltò a fissarla e si limitò a starnutire.
Drew lanciò un’occhiata nei dintorni. -Ci stanno guardando tutti…
“Perché non hanno mai visto una compagnia così strana entrare in città da uno di quei dannati cosi di pietra.”, rispose il Fisàan.
Simar rise. –Hai ragione. Siamo una compagnia molto strana, ma tu e Blaking lo siete già di vostro.
Si beccò un’occhiata di sbieco dall’amico.
-Ragazzi, venite!- li richiamò proprio l’Ippogrifo. Si girarono nella sua direzione e lo videro accanto ad uno Spirito Blu abbastanza anziano, considerata la lunghezza dei capelli.
Si scambiarono un’occhiata perplessa e poi lo raggiunsero.
-Ho trovato una locanda. È nel quartiere dei viaggiatori.- disse, contento.
“Quartiere dei viaggiatori?”, Ethelyn guardò l’amico, perplessa. Era forse una forma di discriminazione?
-Non ti preoccupare, piccola fiammella, vi piacerà.- assicurò l’uomo.
Lei si riscosse. –Come?
-Il quartiere. È stato creato per far sentire a proprio agio i viaggiatori. Sappiamo che la nostra città può essere… disarmante, i primi tempi.- spiegò con un sorriso divertito.
-Oh… grazie per la premura.- riuscì a dirlo senza sembrare troppo stupida. Era stata colta in fallo da uno sconosciuto. “Da quando in qua sono un libro aperto?”, si chiese.
-Noi andremo, ora. Grazie per le indicazioni.- Blaking si congedò a nome di tutti. Lo Spirito li salutò con un cenno del capo e rimase a fissarli per qualche istante, mentre si allontanavano in silenzio.
-Cosa sta succedendo? Quegli stranieri avevano addosso la benedizione dell’Acqua.- si chiese, stupito. Alzò la testa al cielo, in cerca di risposte.
Ma queste non vennero.

-Hanno addirittura un quartiere dei viaggiatori… credono di poter essere derubati?- domandò Ethelyn.
Non riusciva a spiegarsi il perché, ma le dava fastidio l’esistenza di un luogo riservato a persone diverse dagli Spiriti Blu. Forse perché lei stessa era stata fatta oggetto di discriminazioni.
-Oh, non è come te lo immagini.- assicurò Blaking.
Rialzò la testa. –Ah no?
Lo vide scuotere il capo. –No… mi ha spiegato che ci sono negozi che vendono prodotti di tutto Suran e molti degli abitanti del quartiere appartengono ad altri popoli. Sono venuti nella capitale per commerciare e poi se ne sono innamorati.- le spiegò.
-Davvero? Wow!- esclamò Drew, colpito. –Allora potremo trovare anche dei Nun!
-Probabile.- concesse l’amico.
“Sicuramente non dei Fisàans.”, pensò Nehir, divertito dall’entusiasmo del compagno di viaggio.
-Chi può dirlo?- sussurrò Simar, lanciandogli un’occhiata.
Continuarono a camminare, chiacchierando e guardandosi intorno, curiosi.
Neith era veramente una grande città, caratterizzata da mattoni squadrati a regola d’arte e giardini nascosti.
Ne intravidero qualcuno attraverso i cancelli di quelle che, a prima vista, erano grandi ville.
La cosa più straordinaria, a parte gli abitanti e il particolare sistema viario, erano i suoni e i profumi. Ovunque ci si girasse si veniva catturati dall’odore di cannella, zafferano o garofano; i vicoli erano popolati da suonatori itineranti e gli usci delle case da piccole fontane zampillanti.
Sembrava che la voce della città fosse mutevole come l’acqua.
E probabilmente era proprio così dato che, dopo un po’, smarrirono la via.
-Uhm… dove siamo?- domandò Simar, girando su se stesso. Troppe strade tra cui scegliere, avrebbero sicuramente sbagliato.
Blaking alzò lo sguardo agli edifici, scrutando il cielo e poi la strada davanti a sé. –Non dovremo essere lontani.- disse, anche se non ne era convinto nemmeno lui.
-Cosa state cercando?- un bambino, accompagnato da un gatto, si avvicinò loro. Ethelyn gli sorrise e si inocchiò davanti a lui.
-La Locanda dei Fiori.- gli riferì, sperando potesse aiutarli. Quello annuì.
Li scrutò tutti, uno per uno, poi tornò sulla rossa. -Vi ci posso accompagnare. Avete un pezzo di pane?
Lei si frugò nella bisaccia e gli allungò un’intera forma. Gli occhi del piccolo s’illuminarono. -Grazie! Venite… seguitemi!
E così si ritrovarono a seguire il piccolo Spirito tra le vie più tortuose di Neith, quelle usate dai lavoratori per arrivare a casa prima o dai ladri per non farsi acchiappare.
-Eccoci.- annunciò ad un certo punto.
Si ritrovarono davanti ad un muro di cinta, chiuso da un cancello.
Fecero per chiedergli se fosse veramente sicuro del posto, ma era già sparito.
-Be’, vediamo se qualcuno ci apre.- disse Blaking, avvicinandosi alle sbarre di ferro col muso.
-Non è molto invitante.- ammise Drew, stringendosi nelle spalle.
Nonostante la recinzione non fosse più alta di due metri, incuteva comunque un certo timore. Strano, considerato che una locanda doveva accogliere le persone.
La porta si aprì e ne uscì una donna imponente.
-Buonasera. Stiamo cercando un alloggio.- esordì l’Ippogrifo. Era sempre lui a prendere in mano la situazione, dato che gli riusciva naturale interagire con le persone.
Lo Spirito Blu venne avanti, per poterli vedere più da vicino. –Vedo… ma non posso ospitare animali.- replicò.
Nehir digrignò i denti, captando i pensieri della matrona. Simar, però, gli fece cenno di stare calmo.
-Ci basterà un giardino… questa locanda ci è stata raccomandata, speravamo di poter essere accolti.- continuò il pennuto, gentile.
Quella si voltò a fissarlo, pensierosa. –Da chi?
-Oh, uno Spirito Blu. Il Cair ci aveva detto che potevamo scegliere liberamente, in ogni caso.- giocò il suo asso nella manica.
All’udire quelle parole gli occhi della donna si dilatarono e si affrettò ad aprire il cancello. –Venite, entrate.
Il pensiero comune fu come Manannan sapeva farsi rispettare e che quella locandiera ne aveva paura.
-Grazie.
Li passò in rassegna uno per uno, gli occhi socchiusi. Quando il suo sguardo indagatore si posò sul grosso lupo indietreggiò leggermente, intimorita.
Il Beta scoprì di poco i denti, giusto per farle balzare il cuore in gola. Con la coda dell’occhio vide l’occhiataccia del principe, ma finse di non averla vista.

  Il gruppo si ritrovò all’interno di una sala particolarmente areata, che dava su alcuni portici. Probabilmente l’ingresso della locanda fungeva da spazio funzionale e di distribuzione.
Lo Spirito Blu li precedette dietro un bancone.
-Mi servono le vostre credenziali.- disse, posando sul piano d’appoggio un grosso libro. Sporgendosi in avanti, Ethelyn poté notare file e file di nomi.
“Strano… a quanto pare questo posto sembra parecchio frequentato.”, pensò, stupita.
Uno alla volta diedero i loro nomi, o qualcosa che vagamente assomigliava ad essi, soddisfacendo la richiesta della donna.
-Benissimo. Il pagamento avverrà alla fine della vostra permanenza. Ora, se volete seguirmi, vi mostrerò il salone principale, la corte maggiore e le vostre stanze.- disse, indicando loro uno dei grandi archi che portava all’esterno.
  Mentre camminava, la Ferift notò che aveva i polsi pieni di bracciali, che tintinnavano ad ogni suo minimo movimento. Nonostante fosse fuori forma, si muoveva con un’insolita grazia.
La seguirono in silenzio attraverso il portico, respirando a pieni polmoni gli aromi dei fiori che facevano bella mostra di sé nel giardino che stavano fiancheggiando.
-Avete fame?- domandò la matrona, rompendo il silenzio.
I compagni si guardarono, colti di sorpresa. Poi, dopo qualche brontolio da parte di stomaci vuoti, si trovarono d’accordo sulla necessità di mettere qualcosa sotto i denti.
Lo comunicarono alla loro guida e lei annuì, portandoli in una grande sala gremita di persone.
Davanti a tutta quella confusione i ragazzi si bloccarono. Nehir abbassò le orecchie, infastidito e così fece anche Blaking.
  Quando gli astanti li notarono si zittirono immediatamente, non si sentiva nemmeno il rumore dei boccali spostati sui tavoli.
-Continuate pure.- disse la locandiera con un gesto rapido della mano. Lentamente i commensali tornarono alle loro occupazioni, riservandosi comunque qualche occhiata.
-Ecco, sedete pure. Vi farò portare subito qualcosa.- Simar notò che il tono della donna si ammorbidiva quando parlava con loro. Evidentemente era terrorizzata dalle ire del Vegliante.
-Mi sento fuori posto.- ammise l’Ippogrifo.
Drew lo guardò, pensieroso. –Be’, in effetti lo sei.- confermò, ridacchiando. In risposta ebbe una spallata, che lo fece zittire.
“Ci sono troppe persone… e sono tutte iperattive.”, il Fisàan spostò il peso sulle zampe, nervoso. Il suo cavaliere lo fissò, perplesso. “Sì, tu non puoi sentirlo. Ma è come se fossimo… nella stagione degli amori. Ci sono molti ormoni, qui.”, si spiegò.
L’Elfo, allora, fece spaziare lo sguardo lungo la sala, cercando di capire da cosa derivasse la supposizione del suo compagno.
  Finalmente individuò la soluzione: in fondo alla stanza, su un palco leggermente rialzato, tre ragazze si stavano esibendo in una danza conturbante e flessuosa.
Indossavano sete e gioielli, non molto per coprirsi da sguardi indiscreti. E probabilmente non era nemmeno quella, la funzione dei loro abiti.
-Abbiamo anche l’intrattenimento.- commentò, attirando l’attenzione degli altri, che si voltarono ad osservare.
-Danzatrici?- fece il Nun, stupito. La rossa gli lanciò un’occhiata, tentando di capire se gli facesse piacere guardare quelle ragazze, e poi spostò lo sguardo sul palchetto.
  Erano molto brave, soprattutto quella al centro.
Avevano un non so che di particolare, probabilmente il colore dei capelli. Erano lunghi e corvini, a differenza di quelli di tutti gli altri Spiriti Blu presenti. Per quanto riguardava la sua razza, non c’erano dubbi: le squame erano ben visibili su braccia e gambe.
Mentre la fissava, la giovane si accorse di lei e le scoccò un’occhiata. Dapprima incuriosita, poi stupita ed infine infastidita.
Ethelyn se ne domandò il perché, ma smise di farlo quando arrivò la cena. Tornarono a voltarsi e si dedicarono alla carne e alle verdure che erano state portate loro.
Chiacchierarono di cose futili, mantenendo sempre alta l’attenzione. Qualsiasi segnale di ostilità e se ne sarebbero andati.

  Quando fu il momento di andare a letto, scoprirono di essere stati alloggiati in modo assai strano: Drew ed Ethelyn erano in camera insieme, Simar e Nehir pure (dato che la locandiera aveva espressamente ordinato di tenerlo a bada) e Blaking era finito nella terrazza comunicante.
  Si trovavano ad una distanza molto piccola, avrebbero potuto parlarsi senza problemi e senza dover alzare troppo la voce. Nonostante non sembrasse apprezzare particolarmente la loro presenza, lo Spirito Blu sapeva fare il suo mestiere.
Inutile dire che, tra tutti, il più contento della sistemazione fu il Nun.
-Per quanto ci fermeremo?- domandò la Ferift.
-Il tempo necessario per stabilire un nuovo percorso e comprare l’equipaggiamento necessario.- stabilì Blaking, cercando con gli occhi conferma da Simar.
-Sì, sono d’accordo.- disse il principe.
Drew si passò una mano tra i capelli, nervoso. -Siamo sicuri che andrà bene?
-Speriamo.- si augurò l’Ippogrifo.
“Non so voi, ma io avrei sonno.”, intervenne Nehir. L’Elfo alzò la testa e gli diede una pacca leggera sulla spalla.
-Be’, buonanotte allora.- disse, facendo entrare il grosso lupo nella stanza che era stata loro assegnata.
-Buonanotte.- fu la risposta.
Il pennuto seguì i due ragazzi, proseguendo poi verso la porta finestra. Si fermò un attimo, giusto per lanciare un’occhiata d’avvertimento all’amico. Per tutta risposta, il giovane gli sorrise, apparentemente rilassato.
Allora scosse il capo ed uscì nella fresca notte estiva.
-Ok… scegli pure il letto. Io vado a cambiarmi.- disse la ragazza, sbrigativa. Drew rimase con un palmo di naso mentre lei spariva dietro un paravento.
“D’accordo…”, si disse, sedendosi sul materasso alla sua sinistra. La scelta non era molta, comunque: il letto era matrimoniale.
Quando Ethelyn lo raggiunse notò che si era tolta gli stivali e il corsetto e aveva sciolto la treccia, per dare un po’ di respiro ai capelli. Nel complesso, non aveva fatto nulla per indurlo in tentazione.
Sospirò dentro di sé, grato di non doversi rimproverare tutta la notte per pensieri poco consoni.
“Odio gli ormoni. Sanno essere veramente molesti.”, scosse la testa.
-Tutto ok?- gli domandò lei, sedendogli accanto. Alzò la testa di scatto e poi annuì. –Non ti cambi…?
Abbassò lo sguardo e si fissò. Sì, in effetti avrebbe dovuto darsi una lavata al viso e togliere la casacca.
Si alzò, quasi in un gesto automatico. -Sì…
La giovane rimase a fissarlo, poi si sdraiò.
Quando sentì il materasso affossarsi capì che Drew l’aveva imitata. Si girò verso di lui, esitò un attimo e poi mormorò:-Buonanotte.
Stava per dargli le spalle quando lui si sporse verso di lei e le posò un tenero bacio all’angolo della bocca.
Senza una parola, gli si avvicinò e glielo restituì. Fu un contatto breve, a fior di labbra, ma il Nun sentì un brivido.
  Sorrise senza nemmeno rendersene conto e si sistemò sul fianco, voltato verso la sua compagna. Ethelyn, allora, gettò i capelli dietro la spalla e rimase a fissarlo, affondando la testa nel cuscino.
Rimasero a fissarsi in silenzio per qualche istante, poi lei abbassò le palpebre. Drew, però, le passò un braccio attorno alla vita e l’attirò a sé, giusto per sentire la sua vicinanza.
Faceva abbastanza caldo per volere tutto il letto per sé, ma non avrebbe rinunciato a quell’opportunità.
Dapprima lei s’irrigidì, trattenendo il respiro, poi si lasciò andare e si accoccolò più vicina a lui.


***

   Si era alzato all’alba, come tutte i giorni da quando aveva compiuto dieci anni.
Quando suo nonno gli aveva concesso di battersi coi fratelli ne era stato così contento che aveva costretto Kayen, il maggiore dei due gemelli, ad allenarsi con lui. Gli esercizi si erano protratti fino a notte fonda, quando il ragazzo aveva detto di essere distrutto e non poterne più.
Roving era rimasto a menar fendenti all’aria, sudato e con le mani piene di vesciche, fino a quando la figura di suo nonno non era comparsa e l’aveva trascinato nel palazzo, rimproverandolo per l’ora tarda.
  Sorrise al ricordo e terminò di vestirsi.
Sir Vaughn, suo padre, era nuovamente assente. Sapeva che era dovere del marchese incontrare i nobili dei regni vicini e ascoltare i bisogni e le lamentele dei sudditi, ma avrebbe tanto voluto poter passare del tempo con lui.
“Invece posso solo vederlo nella galleria dei quadri.”, pensò, infastidito. Non gliene faceva una colpa, si rendeva conto che non poteva essere altrimenti, ma a volte si sentiva trascurato.
Scosse la testa, sciacquandosi il viso per darsi una svegliata.
Recuperò i foderi dei propri pugnali, la cui impugnatura aveva la forma dell’ala del nibbio, e li assicurò alla cintura.
  Indugiò un attimo nella stanza poi uscì a grandi passi, diretto verso il cortile interno.
A quell’ora non c’erano molte persone in giro, salvo le guardie del turno notturno e i servitori. La sua famiglia dormiva ancora, anche se non si capacitava della pigrizia dei suoi fratelli.
Per carità, erano tutti ottimi guerrieri, ma non capiva perché si accontentassero del loro attuale livello di combattenti. Avrebbero potuto ottenere molto di più, se solo si fossero allenati tutti i giorni.
A dir la verità, lui stesso non aveva bisogno di un allenamento così intensivo, ma aveva bisogno di tenersi impegnato. A volte aveva l’impressione di dover dimostrare qualcosa, di doversi far perdonare qualcosa.
Voleva essere apprezzato per le sue capacità, voleva che suo padre fosse orgoglioso di lui. E non avrebbe mai voluto sapere la verità sulla morte di sua madre.
Non l’aveva mai ammesso, ma si sentiva in colpa. Se non fosse nato, probabilmente lei sarebbe stata ancora viva.
“Che idiozia.”, si rimproverò. Lo faceva ogni volta, dandosi mentalmente dello stupido.
-Buongiorno.
Si bloccò e si voltò verso il proprietario della voce che l’aveva appena salutato.
-Cosa fai già alzato?- domandò, stupito.
Dalen si alzò e posò il libro che aveva in mano sulla balaustra di pietra, sulla quale era stato comodamente seduto fino a pochi istanti prima. –Non avevo sonno e sono uscito per leggere un po’.- ammise, facendo spallucce.
Roving alzò un sopracciglio. –Sul serio?
L’altro annuì. –Io non mento, fratello.- rispose, fingendosi piccato.
-Come vuoi, ma sappiamo tutti e due che c’entra una certa persona.- fece spallucce, fingendosi disinteressato.
Dalen era l’intellettuale di famiglia, molto più di Roving stesso. Passava ore e ore sui libri, preferendoli di gran lunga alle armi e al sudore. Era un pozzo di sapienza e spesso di chiudeva nella torre col nonno, per discutere con lui dei massimi sistemi dell’universo.
  Da che ricordava, non l’aveva mai visto perdere la pazienza.
Gli aveva chiesto d’insegnargli, ma lui non era in possesso di quel tipo di pazienza. Poteva aspettare per ore una preda oppure che la pioggia smettesse di cadere, ma non riusciva ad esser paziente con le persone.
-Mi spieghi perché continui ad allenarti come un forsennato? Non c’è nessuno che riesca a tenerti testa, a palazzo.- domandò l’Elfo, aggiustandosi i capelli dietro le spalle.
Il fratello gli lanciò un’occhiata. –Abbiamo sempre margine di miglioramento.- replicò.
-Se è per questo esiste sempre qualcuno più forte di noi.- lo canzonò l’altro.
Sbuffando, Roving si avviò verso il centro del cortile.
-Aspetta. Ho voglia di fare un po’ di movimento.- sentì i passi di Dalen dietro di sé, anche se erano leggeri come le ali di una colomba.
Aveva sviluppato tutti i propri sensi, dal gusto all’udito. Era iniziato tutto quando Cyril, padre di un marchese e nonno di futuri marchesi, aveva detto ai propri nipoti che dovevano essere pronti a tutto: dal combattere allo scivolare silenziosi tra le ombre.
  Senza che se ne rendessero conto li aveva addestrati per sopravvivere in qualsiasi situazione, facendo di loro delle potenziali armi umane.
Così i quattro fratelli Kite erano diventati più ricettivi di qualsiasi animale o Elfo dell’isola di Cretos.
Roving abbandonò quelle elucubrazioni ed estrasse i pugnali, mettendosi di tre quarti. Il suo avversario, invece, impugnò un lungo bastone. Sapeva essere letale, nonostante non fosse un’arma facile da maneggiare.
-Sono pronto.- annunciò Dalen. Apparentemente rilassato, in verità era pronto a schivare ogni colpo. Tra tutti era il più veloce, mentre il suo gemello, Kayen, aveva dalla sua la precisione.
Roving era quello che più si avvicinava ad essere un combattente completo: era per quello che non era facile sconfiggerlo.
Si scrutarono negli occhi per qualche istante, poi partirono all’attacco.

  Stavano combattendo già da un po’ quando, dal cancello principale, provennero delle grida.
I due si bloccarono, le armi ancora in pugno.
-Che succede? Nostro padre dovrebbe tornare tra due giorni.- Dalen abbassò il bastone e si mise in ascolto.
Il fratello, invece, rinfoderò i pugnali. –Vado a controllare.- annunciò.
-No, aspetta, avvertiamo…!
Inutile, era già sparito. L’Elfo scosse la testa e poi si affrettò a seguirlo: non voleva che si mettesse nei guai.
Sapeva essere davvero impertinente, quando ci si metteva. O se lo si disturbava mentre era intento a fare qualcosa.
Roving raggiunse la corte principale passando per i tetti dell’armeria e quelli delle stalle. Atterrò con un balzo al fianco di alcuni soldati.
-Che succede?- chiese.
Un Elfo abbastanza giovane si voltò verso di lui. –Roving! Stanno cercando di buttare giù il cancello!- esclamò, spaventato.
Il giovane si accigliò e poi spostò lo sguardo sui grandi battenti di legno borchiato. Quelli tremarono, scossi da un colpo d’ariete.
Dalen gli fu affianco poco dopo. –Ci stanno attaccando? Pensi che siano quelli del Dragone?- domandò.
  I Dragoni erano un gruppo di ribelli anarchici che voleva rovesciare il potere politico nelle isole del Sud, per poter poi spadroneggiare indisturbati. I Kite si battevano per impedire ciò da diversi secoli.
-Apriteci e non vi sarà fatto alcun male.- urlò una voce.
I due si fissarono. –Va’ a chiamare Kayen e il nonno.- ordinò Dalen. Roving fece per protestare, ma lui lo costrinse a fare dietro front.
Sorpassò le guardie che correvano a dar man forte ai colleghi e si diresse, di corsa, verso l’ala del palazzo riservata alla sua famiglia.
Incontrò suo fratello nel corridoio. –Ma che diavolo succede?- Kayen era molto meno posato rispetto al gemello e Roving lo amava per quello.
-Ci stanno attaccando. Dov’è il nonno?
-Nella torre. Sta preparando degli incantesimi difensivi, credo.- rispose.
Annuì. –D’accordo, torniamo al cancello.
L’altro fece per protestare, ma non ci riuscì e fu costretto a seguirlo in silenzio.
Quando tornarono indietro trovarono la battaglia già nel vivo. Gli assedianti erano riusciti ad entrare e, come avevano sospettato, appartenevano ai Dragoni.
La cosa che li sconvolse maggiormente, al di là dell’attacco, fu l’identità di uno dei cavalieri che guidava l’assalto: era Ghilen, il loro fratello maggiore.
-Oh, ecco la famiglia al completo!- esclamò, notando la loro presenza.
Roving estrasse i pugnali, pronto a difendersi. Che fosse un suo consanguineo o meno, doveva essere fermato. Non potevano permettergli di uccidere tutte le persone che vivevano dentro le mura del palazzo.
-Gli ha dato di volta il cervello?- sentì chiedere Kayen.
Non gli rispose e si preparò allo scontro. –Fatti avanti!- urlò, rivolto al fratello.
-Roving, no!- lo ammonì Dalen, in piedi su un carro pieno di fieno. Lo ignorò e si avvicinò di qualche passo alla cavalcatura del suo avversario.
-Oh, fratellino… sempre in prima linea, eh? Nostro padre sarebbe orgoglioso di te, non trovi?- lo provocò Ghilen.
A sentir nominare il progenitore, l’Elfo si bloccò e lo fulminò coi suoi occhi azzurro ghiaccio.
-Che sguardo cattivo. Vediamo cosa farai, dopo aver visto questo.- si voltò e lanciò un fischio. Subito un destriero si fece avanti.
“Il cavallo di nostro padre.”, realizzò Roving. Sentì un brivido freddo corrergli lungo la schiena.
Il maggiore dei Kite afferrò le briglie dell’animale, obbligandolo a fermarsi, e poi sollevò di peso il sacco che portava sulla schiena. Fece forza e lo gettò a terra.
Quello si schiantò al suolo con un tonfo sordo.
I tre arricciarono immediatamente il naso all’odore del sangue.
-Cos’è?- azzardò a chiedere Dalen.
Ghilen non rispose, limitandosi a sorridere, maligno. Era sempre stato quello sicuro e spavaldo, ma nessuno di loro avrebbe mai sospettato che potesse arrivare a scagliarsi contro la propria famiglia. E per cosa, poi? Il potere?
Kayen si fece avanti, s’inginocchiò e scostò il sacco. Distolse immediatamente lo sguardo, serrando gli occhi. Roving ebbe il tempo di sbirciare e sentì qualcosa rompersi dentro di sé.
Davanti a loro se ne stava riverso il corpo del marchese Vaughn Kite.
-Hai ucciso nostro padre, brutto bastardo!- Kayen partì all’attacco, deciso a far fuori il fratello.
E fu così che iniziò la lotta fratricida.

  Non ricordava molto dello scontro, era tutto troppo confuso nella sua mente.
Sapeva solo che, ad un certo punto, qualcuno lo aveva ferito ad un fianco, piantandogli una spada in corpo e lui era crollato bocconi.
-Addio, fratellino.- la voce di Ghilen lo raggiunse, chiara e definitiva come la morte che lo attendeva.
Erano in troppi, se anche fosse sopravvissuto a suo fratello sarebbe morto per mano di qualcun altro. Non era così presuntuoso da credersi invincibile.
-Non toccarlo!
Un dardo di roccia grossa quanto la testa di un bue si schiantò al suolo a pochi centimetri dai piedi del voltagabbana. I due alzarono lo sguardo, cercando d’individuare il proprietario della voce.
L’espressione di Ghilen s’indurì. –Vecchio… avrei dovuto farti eliminare subito. Ci stai dando parecchi grattacapi.- lo accusò.
Kayen e Dalen giacevano morti, caduti nel tentativo di proteggere il più piccolo della famiglia. Roving non aveva potuto impedirlo e non se ne capacitava ancora.
-Fermati, Ghilen. Sei ancora in tempo.- la voce di Cyril era forte, decisa e autoritaria. Li aveva sempre tenuti a bada con facilità, senza dover urlare come un forsennato.
Rise, sprezzante. -Fermarmi? Guarda dove sono arrivato.
Due braccia forti lo tirarono in piedi e si ritrovò a fissare il volto severo di suo nonno. Si sentiva vuoto, percepiva un enorme buco al posto del cuore.
Avrebbe voluto piangere, ne aveva bisogno, ma era bloccato.
-Vattene, figliolo.- si sentì ordinare.
Sgranò gli occhi. –Ma sei impazzito…?- chiese di rimando. L’uomo scosse la testa e lo afferrò saldamente per una spalla.
-Vattene. Ora.
Rifiutò nuovamente, rinsaldando la presa sull’impugnatura delle sue armi. –Non posso.
Suo nonno fece per replicare, ma un attacco di Ghilen glielo impedì. Mutò la propria conformazione molecolare e parò il colpo con un’arma elementale, mentre Roving colpiva il fratello al fianco.
-Bastardo!- sibilò quello.
-Roving, obbediscimi!- questa volta il capostipite della famiglia alzò la voce, imperioso e lo allontanò bruscamente da sé.
L’Elfo scosse la testa, testardo e tornò indietro. Cyril, allora, spazzò il terreno attorno a sé con una pioggia di pietre, allontanando entrambi i nipoti e mettendo in fuga alcuni cavalli.
-Roving, vattene!
-Perché? Non sono un codardo!- replicò.
Mentre parlavano il resto degli assedianti si avvicinò. Erano notevolmente diminuiti di numero, ma erano comunque in superiorità rispetto alle poche guardie rimaste. Non poteva assolutamente abbandonarli così.
-Non vuoi capirlo con le buone, lo capirai con le cattive.- Cyril chiuse gli occhi, richiamando a sé il potere. Quando li aprì scatenò l’inferno: dal cielo iniziarono a piovere dardi di solida pietra e dal terreno spuntavano enormi stalagmiti pronte a trafiggere i nemici.
Roving si sentì allontanare da una forza più forte della sua volontà. Venne costretto a camminare, spinto da quella mano invisibile.
Tentò di opporsi in tutti i modi, ma alla fine venne condotto al passaggio segreto che conduceva fuori dal palazzo, direttamente su un percorso a picco sul mare.
“Non voglio andarmene!”, pensò digrignando i denti.
Dopo un ultimo, inutile sforzo, fu costretto ad entrare nell’ombra del tunnel. L’ultima cosa che vide fu suo nonno circondato da tanti, troppi avversari.


  Si riscosse all’improvviso, spalancando gli occhi.
Voltò la testa verso l’esterno, illuminato dal sole nascente, e strinse i pugni.
“Giuro che mi vendicherò. Vendicherò nostro padre, nostro nonno e i nostri fratelli. Te lo giuro, Ghilen.”, pensò con rabbia.
Restò immobile, lasciando che una muta e solitaria lacrima gli solcasse il viso.
  
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