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Autore: VAleMPIRE    20/10/2012    2 recensioni
Ciao a tutti! Ho scritto spesso fan fiction sulla Twilight Saga, ma non sono quasi mai riuscita a completarle nè ho mai pensato di volerne pubblicare. Questa, dunque, è la prima che mi accingo a far leggere a qualcuno. Ho buttato giù la prima bozza circa due/tre mesi fa, ma l'ho ripresa da poco. Non posso assicurarvi che la finirò, ma finora le idee non mi mancano e spero di chiudere almeno questa storia!
Di seguito, la trama in breve.
Edward e Bella non sono riusciti ad avere il loro lieto fine. Il vampiro è così tornato più solitario e triste che mai. Medita il suicidio, ma per varie ragioni non arriva ad abbracciare questa estrema soluzione. Tra i motivi anche una inaspettata e piacevole novità di nome Lyla Cornell, che tornerà a “fargli battere il cuore”. Il problema è che anche lei è una mortale…
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Alice/Jasper, Carlisle/Esme, Emmett/Rosalie
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Successivo alla saga
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CAPITOLO SEDICESIMO: BRIVIDI E CAREZZE

 

- Ohi! - esclama Lyla rialzandosi, mentre le stavo ancora accarezzando la testa - Che male! - strofinandosi il palmo di una mano sulla guancia con cui era piombata sulla mia coscia.
- Scusami. - dico con un mezzo sorriso, portando le mani ai fianchi.
- Sei ancora qui? - gracchia confusa, poggiando la testa sulla mia spalla.
- Sei in uno stato pietoso. - rido.

Proprio lui doveva vedermi così?
- Mi spieghi cosa è successo?
- Mmm … non mi va di parlare. Restiamo qui abbracciati ad aspettare che sia l’alba. - sbadiglia, stringendosi al mio braccio.
- Non posso restare.
- Perché?
- Devo andare. E anche tu.
- No, ti prego. Ancora qualche minuto.
- Ma ti sei scordata dove siamo? … Lyla? Dovresti essere a casa. E’ la vigilia. Non dovresti passarla con i tuoi?
Non ricevendo risposte, mi riavvicino alla ferita per fasciarla. Ritrae la gamba quando sente il freddo delle mie dita e del pezzo di camicia bagnata.
- Cosa fai?
- Sei ferita. Se proprio non ti decidi a volertene subito tornare a casa, almeno lascia che la copra, o si infetterà ancora di più. - rispondo, mentre, in ginocchio davanti a lei, le passo attorno alla gamba il lembo della camicia.
Intanto Lyla sembra tornare un po’ più lucida e mi fissa con circospezione.
- Lo sapevo. Lo sapevo che non posso esagerare con l’alcool …
Io scoppio a ridere e scuoto il capo. In effetti mi era parso di sentirle un po’ d’odore di alcool addosso! Questo spiega tante cose. Crede di avere un’allucinazione per la sbronza.
- Ecco, infatti: il vero Edward non riderebbe mai così!
- Perché lo hai fatto? Bere tanto, voglio dire.
- Tanto?! Ho bevuto meno di tutti! E’ che proprio non lo reggo. Per una volta ho voluto passare una serata diversa  e questo è il risultato: mi ritrovo in un bosco con te che ridi mentre mi fasci una ferita …
- Da chi scappavi?
- Non lo so … Era buio. Non ci ho capito più niente. Stavo tornando a casa sola, a piedi e … non so come sono finita qui. Forse per scappare da qualcuno, appunto. Ma tu come lo sai che ero inseguita?
Si, è decisamente più vigile ora.
- Non eri tu … vero?
- Certo che no. Fortuna che sei salva comunque. Chiunque fosse non ti sta più seguendo.
- E come fai a dirlo?
- Fidati. Sarà stato solo qualcuno che voleva approfittare del tuo … annebbiamento, ma che poi ci ha rinunciato quando sei entrata nel bosco per depistarlo. 
E in ogni caso … io ora sono qui.
- Credo di non aver mai avuto tanta paura prima d’ora. - confessa, cercando rifugio tra le mie braccia.
- Ci sono qui io ora. - ribadisco, accarezzandole le spalle.
- Già. Finché non passerà la sbronza, suppongo. L’Edward Cullen che conosco non avrebbe mai fatto nemmeno questo. - dice con tono rassegnato, sbadigliando di nuovo.
I suoi pensieri però sono colmi di gioia e gratitudine. “L’Edward Cullen che conosco”! L’Edward che ha conosciuto a scuola , in quei pochi mesi, era fin troppo silenzioso, solitario e depresso per essere davvero lui. E quello di adesso com’è? Meno depresso, a giudicare dal senso di beatitudine che prova stando abbracciato a questa ragazza malconcia e mezza ubriaca, a terra, in mezzo a un bosco.
Mi piace stare così. Ma … forse è il caso di spostarsi all’ombra. Il sole, sorto da qualche minuto, potrebbe iniziare a rivelarmi. Mi alzo, tenendola in braccio, e mi allontano ai piedi di un albero più alto e più ampio. Mi risiedo per terra, con lei sulle gambe, e restiamo immobili per un po’. Finché … Lyla non inizia a tremare.
- Stai bene? - chiedo, portandole una ciocca di capelli dietro l’orecchio, per vederla meglio in viso.
- Ho un po’ freddo. - risponde, stringendosi ancora più forte a me.
- Sei all’aperto da parecchie ore. Non vorrei, ma dobbiamo alzarci e tornare a casa.
- Non vorresti? - ripete sbalordita, accarezzandomi il petto.
- No, Lyla. No. Però è la vigilia di Natale. Non è il massimo dover passare le feste a letto con la febbre, ti pare? Su, andiamo.
- Aspetta! - dice schiarendo la voce.
Oh no. Si è accorta che il mio petto … è muto. Oltre che freddo, come il resto del mio corpo, in modo innaturale.
- Edward … ? - sussurra, con l’orecchio poggiato dove si aspetta di sentire il battito.
- Lyla, andiamo via di qui. - dico nel modo più convincente possibile. - Ti prego, hai bisogno di tornare a casa. Non hai con te il cellulare?
- Credo di averlo perso … - risponde, tastandosi le tasche della gonna. - Insieme alla borsa. Insieme alla borsa! Cavolo! Cellulare, documenti e … e soldi e … - prosegue drizzando la schiena e passandosi una mano sulla faccia.
- Stai tranquilla. Facciamo così. Adesso ti riporto a casa, così ti riposi e fai stare tranquilli anche i tuoi. Io nel frattempo cerco la tua borsa.
- Ma che dirò ai miei? Non appena mi vedranno conciata così … E poi … tu, tu come la trovi la borsa? - chiede confusa, alzandosi e camminando nervosamente avanti e indietro.
- Tu non preoccuparti di questo. Non può essere troppo lontana.
Adesso che sono stato così tanto abbracciato a lei, sono in grado di memorizzare il suo odore. Mi basterà seguire il percorso che ha fatto prima di arrivare qui e molto probabilmente incrocerò quello che ha perso.
- Si, ma … - sbuffa guardandosi i vestiti. - Non posso dire la verità a casa. E nemmeno presentarmi con te. Mio dio, che disastro!
Così dicendo perde l’equilibrio, ma prima che cada la sorreggo.
-Tu poi devi ancora spiegarmi perché sei qui! - mi ricorda con un tono improvvisamente severo, puntandomi un dito contro.
Sta cominciando a mettere insieme tutte le cose strane che ha notato in me: la pelle freddissima, gli occhi più scuri, il battito in apparenza inesistente … 
Ma non è neppure lontanamente vicina a una spiegazione che possa portarla a scoprire la verità. Crede solo che io sia molto strano e, al momento, è comunque troppo piena d’altre preoccupazioni. Suppongo che se mai dovesse riuscire a capire cosa sono in realtà, come minimo, perderebbe conoscenza. Mi sembra piuttosto vulnerabile adesso. Non lo reggerebbe un colpo simile.
- Ah, comunque … grazie. - aggiunge Lyla, guardandosi la gamba.
- Di nulla. Avanti, ora andiamo. - dico, riprendendola in braccio.
- Credo di sapere camminare.

Ti prego, non mettermi giù! , la contraddicono subito i suoi pensieri.
Sorrido senza ascoltarla e lei ride con me. Sto attento a camminare sempre sotto l’ombra degli alberi e la Lyla lo nota.

Non mi dispiacerebbe stare un po’ sotto il sole …
So che sente freddo, anche per causa mia, ma non posso mostrarmi alla luce. Lo noterebbe e vorrebbe una spiegazione. E cosa dovrei dirle? 
Lei vorrebbe il sole e io vorrei correre: se tornassimo in fretta a casa sua, rischierei meno di avere addosso i raggi più alti e più caldi del sole, una volta usciti dal bosco, dove mi sarà più difficile ripararmi. Però non posso nemmeno mostrarle la mia soprannaturale velocità.
Spero solo che si addormenti. Poi mi viene un’idea …

 

 

   
 
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