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Autore: Gageta    20/10/2012    1 recensioni
Anno 1960.
Nella poco conosciuta cittadina di Snape, Inghilterra, nasce Sophie Stones.
All’apparenza una strega come tante altre, Sophie cresce insieme alla madre, aspettando il momento in cui potrà finalmente riunirsi a suo padre e fare ciò per cui è stata preparata fin da bambina: conquistare il mondo magico.
Tra magia, amicizie, amore e battaglie Sophie continuerà ad andare avanti per la via più buia finché qualcuno non la cambierà per sempre, riuscendo a smascherare il suo oscuro segreto.
«Non vi saranno altri Smistamenti alla scuola di Hogwarts» annunciò Voldemort. «Non vi saranno più Case. Lo stemma e i colori del mio nobile antenato, Salazar Serpeverde, basteranno per tutti, non è vero, Neville Paciock?»
«Non credo che siano tutti d’ accordo con voi su questo punto». […]
Sophie avanzava verso di lui, la folla che si faceva da parte per lasciarla passare. Aveva gli occhi arrossati come di chi aveva appena pianto molto e il viso stanco di chi non dormiva da giorni. Ma era tranquilla e determinata. Alzò lo sguardo verso di lui e lo guardò, fiera.
«Forse, prima di prendere decisioni affrettate, dovreste considerare alcune cose. Non credete… padre?»
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Albus Silente, Nuovo personaggio, Severus Piton, Voldemort
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta | Contesto: Malandrini/I guerra magica, II guerra magica/Libri 5-7
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Figlia della Notte

Capitolo V

Il Grande Segreto

S

ophie si lasciò cadere sulla poltrona più vicina al caminetto e sprofondò la testa tra i cuscini.

Era aprile.

Se ci pensava, Sophie stentava a crederci. Quell’anno scolastico era volato.

Le sembrava solo il giorno prima, quando si trovava sul treno per Hogwarts. Ripensò alle sue paure, a quella stupidissima ansia che l’aveva attanagliata per tutto il viaggio di andata: aveva avuto paura di non finire a Serpeverde. Pensandoci ora, a più di sette mesi di distanza, le sembravano tutte preoccupazioni inutili. Possibile che proprio lei, Sophie Stones, fosse stata angosciata per una cosa così banale? Ogni volta che ci pensava si sentiva una stupida. Davvero aveva creduto di non finire a Serpeverde?

Lei di cervello ne aveva. Era brava in tutte le materie, nessuna esclusa, e ogni professore la lodava. Era orgogliosa di se stessa e ambiziosa. Insomma, tutte qualità adatte per una Serpeverde. Eppure c’era qualcosa che la innervosiva ogni volta che pensava allo smistamento, ma non riusciva proprio a capire quale. Le sembrava di ricordare qualcosa, un piccolissimo particolare che le aveva dato da pensare in quei mesi, ma per quanto si sforzasse di pensare non riusciva a riportare alla memoria proprio niente.

Pochi giorni prima aveva avuto un breve dialogo con Lumacorno al riguardo.

«Sono proprio orgoglioso di avere una studente così nella mia Casa» le aveva detto il professore durante l’ultimo appuntamento del Lumaclub.

Lei aveva sorriso e aveva ribattuto «E io sono orgogliosa di appartenere a questa Casa, professore. Ammetto che se fossi stata smistata a Grifondoro, probabilmente me ne sarei andata…»

«Oh oh! Addirittura? Dai, su, le altre non sono mica poi tanto male…» aveva sorriso. «Comunque fai bene ad esserne orgogliosa, in pochi possono dire di essere nella Casa giusta. In molti dicono che qui le persone sono tutte disoneste, inutili e presuntuose. Io invece non la penso così. Noi ne siamo l’esempio vivente, o no?». Il professore aveva scosso la testa, amareggiato. «Non tutti i maghi che escono da Serpeverde divengono maghi oscuri…».

Sophie era rimasta stupefatta all’affermazione del professore e qualcosa aveva cominciato ad agitarsi nel suo stomaco. Quando l’uomo l’aveva guardata con aria truce, poi, l’ansia era cominciata a crescerle nel petto.

«Bè… dovremmo impegnarci per cambiare l’opinione comune» aveva infine concluso Lumacorno e Sophie aveva tirato un sospiro di sollievo, annuendo.

Lumacorno era forse il professore a cui stava più simpatica. La McGranitt invece sembrava che la odiasse con tutto il cuore, benché lei non le avesse fatto niente di male. Tutte le volte che rispondeva correttamente a una sua domanda, o anche quando alzava solo la mano per provarci, la professoressa la fissava con astio ed era sempre restia a darle punti bonus. Durante i lavori in classe, poi, evitava sempre accuratamente di passarle di fianco e Sophie faticava a ricordare anche solo una volta in cui si fosse complimentata con lei per l’ottima trasfigurazione ottenuta. Cosa che tra l’altro avveniva quasi sempre.

L’unica che sembrava essere simpatica a tutti i professori era forse Lily Evans. Sophie non riusciva proprio a capire perché, ma la ragazza era brava almeno quanto lei, cosa che le sembrava abbastanza strana, data la sua provenienza totalmente Babbana.

Per un certo periodo si era ostinata a pensare che fosse tutto merito di Severus, con cui la rossa passava quasi tutti i pomeriggi a fare i compiti in biblioteca. Quando, però, (molto stranamente a dire il vero) il ragazzo si era preso un brutto voto in Erbologia e la ragazza aveva invece preso il massimo che si potesse prendere, Sophie aveva dovuto rassegnarsi al pensiero che fosse solo merito personale, e che nessuno l’avesse aiutata. La cosa la irritava non poco.

Le due ragazze erano in conflitto. Sembrava che ognuna delle due cercasse di superare e di dimostrare all’altra quanto fosse migliore. Severus, del canto suo, aveva tentato più volte a farle diventare amiche. Superfluo dire che la cosa si era dimostrata del tutto inutile.

Sophie si rifiutava categoricamente anche solo di pensarlo, mentre la Grifondoro, anche se leggermente più incline ad accettare l’idea, ci ripensava sempre quando vedeva i modi altezzosi e arroganti dell’altra. Insomma, le due non potevano sopportarsi.

Poi c’erano i Malandrini. Ormai tutti nella scuola li chiamavano così. Erano in quattro. C’era James Potter, con l’aria superba di chi si sente il migliore, che andava in giro per la scuola come se ne fosse il padrone. Non da meno era Sirius Black, che si faceva apparentemente beffe del suo nobile cognome e non perdeva occasione per dimostrarsi “un vero Grifondoro”, come andava in giro a dire. Al contrario dei primi due, c’era Peter Minus, un ragazzo minuto e fragile, che si limitava a ridere delle bravate dei suoi amici, rimanendo sempre dietro le quinte. L’ultimo arrivato, ma non per questo da considerarsi meno, era stato Remus Lupin, un ragazzo che sembrava essere capitato nel gruppo per caso. Tra gli amici rimaneva sempre in silenzio, senza mai dare loro troppo corda, tentando invece di sopprimere le loro idee insensate. Forse per la sua aria quasi sempre malaticcia, o forse per il fatto che fosse dall’animo molto più calmo, ma sembrava che fosse capitato tra i malandrini per caso. Alla fine, però, partecipava anche lui alle malefatte del gruppo.

Sophie, Rose e Severus cercavano sempre di evitarli. Alla fin fine, però, succedeva quasi sempre che i tre ci rimettessero qualcosa, o meglio, che Severus ci rimettesse qualcosa, come una figuraccia per esempio. I professori si lamentavano spesso dei Malandrini. Durante tutto l’anno, i ragazzi erano finiti in punizione almeno una ventina di volte. Questo però non sembrava fermarli.

Anche per questo Sophie era orgogliosa di appartenere a Serpeverde. In quella Casa, potevano anche essere tutti disonesti e arroganti, ma per lo meno erano di animo molto più quieto. Tranne forse per un piccolo gruppo di ragazzi del sesto e settimo anno.

Sophie gettò un’occhiata al centro della Sala Comune, dove Lucius Malfoy sedeva su un divanetto, accerchiato da Rabastan Lestrange e altri ragazzi dall’aria tutt’altro che pacifica.

Sophie aveva avuto modo di conoscerli, durante le vacanze di Natale. Benché non ci avesse proprio parlato, si era limitata ad osservarli da lontano.

Rose se ne era andata dai suoi, in vacanza in scozia, così lei era rimasta con Severus. Nessuno del primo anno era rimasto, a parte un ragazzo di nome Charon Avery e uno di nome Adam Mulciber, entrambi semplicemente chiamati con il loro cognome. Erano del dormitorio di Severus, e siccome passarono anche loro le vacanze ad Hogwarts Sophie ebbe modo di conoscerli.

Con i tre ragazzi aveva più volte origliato involontariamente i discorsi del gruppo di Malfoy. Il ragazzo, che a quanto pareva ne era il capo, parlava sempre al suo gruppo di qualcosa, che tutti denominavano il Grande Segreto. Sophie non era riuscita a capire di cosa si trattasse, e tutto sommato non voleva nemmeno saperlo. Avery e Mulciber, però, non la pensavano allo stesso modo, e avevano più volte provato a scoprirlo.

Dagli origliati discorsi, aveva però capito una cosa: Lucius Malfoy era profondamente innamorato di Narcissa Black. Lui cercava sempre di nasconderlo, ma i suoi amici glielo ripetevano continuamente, tanto che ormai lo sapevano pure i muri. Durante le vacanze natalizie, poi, data la mancanza della ragazza in questione, i ragazzi non avevano fatto altro che parlarne.

Narcissa era del sesto anno, uno in meno di Malfoy e dello stesso di Lestrange. Sophie aveva avuto modo di conoscere la sua sorprendente capacità di arrabbiarsi senza battere ciglio. Quando qualcuno la irritava rimaneva ferma e immobile come una statua di ghiaccio, fissando quel qualcuno con uno sguardo gelido e scostante, finché il povero malcapitato non si decideva ad allontanarsi.

Solo Malfoy sembrava saper resistere a quello sguardo. Anche perché quando c’era lui, la ragazza era abbastanza nervosa e l’effetto non era quello che si voleva ottenere: finiva sempre che il ragazzo avesse la meglio.

Finite le vacanze di Natale, spinto dai suoi compagni, Malfoy aveva cominciato a corteggiarla.

I primi tentativi erano andati a vuoto. Al primo il ragazzo era riuscito solo a fare una pessima figura (almeno a quanto le avevano riferito). Al secondo era andata un po’ meglio, ma la ragazza se ne era andata con una scusa, prima che Malfoy avesse il tempo di invitarla ad uscire con lui. Il terzo tentativo era andato sicuramente meglio: Malfoy era riuscito a darsi un controllo e aveva chiesto a Narcissa, con una stranissima lucidità, di uscire con lui. La scena era avvenuta in Sala Comune e quindi quasi tutti i Serpeverde ne erano al corrente. La giovane Black, imbarazzata, aveva accettato.

Stranamente nessuno era riuscito a sapere come fosse andato l’incontro, ma si presupponeva che il risultato fosse stato positivo. E infatti il risultato fu più che positivo: i due ragazzi si misero insieme a metà marzo. Fu un evento di cui molti parlarono per settimane. E se ne parlava ancora.

In quel momento Narcissa sedeva accanto a Lucius, abbastanza rigida, e ascoltava in silenzio i discorsi del gruppo.

Rose scese le scale del dormitorio e arrivò a passi pesanti vicino a Sophie, per poi sedersi sul bracciolo della poltrona. Sbatté con rabbia il libro di Difesa contro le Arti Oscure sulle ginocchia dell’amica e lo aprì a una pagina ben precisa.

«Che cav…?» fece in tempo a dire Sophie che Rose puntò un dito contro una pagina del libro, adirata.

«Si può sapere che cosa vuol dire?» sbuffò.

Sophie mise a fuoco le parole del libro con una certa difficoltà, per poi scoppiare a ridere dopo averle lette. «Ma stai scherzando?» disse tra una risata e un’altra.

«Si può sapere per quale motivo ridi?» sbottò Rose e incrociò le braccia al petto, contrariata.

La ragazza aveva talmente alzato la voce che in molti si girarono verso di loro, guardandole contrariati.

«Vuoi dirmi che non capisci le parole “l’incantesimo di protezione più efficace  e sicuramente Protego”?» ribatté Sophie, abbassando un po’ la voce.

Rose stava per ribattere quando qualcuno dietro di loro parlò. «Direi che questa affermazione non è del tutto vera…»

Sophie alzò lo sguardo e lo fissò su un ragazzo del gruppo che, seduto poco lontano da loro, le guardava con aria beffarda.

«Esistono alcuni incantesimi che riescono ad eludere la protezione del Protego… dico bene, Lucius?» sogghignò, girandosi verso l’amico biondo.

Malfoy alzò lo sguardo e sorrise al ragazzo. «Bè, sì. Ma non credo che al primo anno si studino gli incantesimi più difficili di magia oscura, Fred».

Rose rabbrividì e le sue guance si imporporarono leggermente. Sophie, invece, sogghignò e incrociò le braccia al petto, fissando Lucius con falsa curiosità. «E quali sarebbero questi incantesimi?» chiese con voce tagliente.

Rose spalancò gli occhi e guardò l’amica con stupore, quasi spaventata. Anche Rabastan alzò lo sguardo verso Sophie e la guardò stupito.

Il sorriso sulle labbra di Malfoy si fece ancora più largo, mentre alzava il mento e guardava la ragazza, fiero. «Temo di non poterti dire molto altro, stupida ragazzina… i professori potrebbero sospendermi per questo. Sei ancora troppo piccola».

Sophie scattò in piedi, riducendo gli occhi a due fessure e guardando Malfoy con astio per l’offesa appena ricevuta.

Qualcuno da qualche parte nella sala ridacchiò e Sophie si accorse che quasi tutti i presenti avevano appuntato la loro attenzione sulla discussione. «Forse, ci sono cose che nemmeno uno del settimo anno dovrebbe sapere…» sibilò.

Il sorriso di Malfoy si spense del tutto mentre il viso impallidiva e si induriva per la rabbia. Il ragazzo sciolse Narcissa dall’abbraccio e si alzò, avanzando lentamente verso Sophie. «Che cosa vorresti dire con questo?» ribatté, acido.

Sophie sogghignò nuovamente. «Ci sono cose che qualcuno non dovrebbe sapere. Per esempio quegli incantesimi che tu e il tuo gruppo usate spesso quando credete di non essere visti».

Ora tutti guardavano Sophie a bocca aperta. Rose trattenne il respiro mentre Malfoy impallidiva sempre di più. Anche Rabastan si alzò, avvicinandosi a Lucius. Molti del gruppo avevano cominciato a guardare prima Malfoy e poi Sophie, alternando con stupore lo sguardo tra i due.

Nessuno, a memoria di coloro che stavano nella Sala Comune in quel momento, ricordava che qualcuno avesse mai osato tenere testa a Malfoy. Senz’altro nessuno del primo anno.

La mano di Malfoy scattò  verso la bacchetta, mentre il volto si induriva sempre di più. «Come osi…?» disse, e la sua voce assomigliava sempre di più a un ringhio.

Sophie inarcò un sopracciglio, guardando il ragazzo con falso stupore. «Come oso fare cosa?»

Malfoy scattò in avanti verso Sophie, e stava per afferrarla quando Rabastan lo prese per un braccio e lo trattenne.

Sophie, del canto suo, non si scompose e continuò a guardare Malfoy con un sorriso impertinente sul volto. Rose rimase impietrita al suo posto.

In quel momento Severus fece il suo ingresso in sala, accompagnato dagli amici Mulciber e Avery. Tutti e tre si fermarono sull’uscio, guardando la scena che li si presentava davanti accigliati.

«Dovreste fare un po’ più di attenzione agli incantesimi che usate…» continuò Sophie imperterrita.

Fu al nuovo sguardo omicida di Malfoy che Rose si decise. Avanzò verso l’amica e le prese il polso con mano tremante, come a intimarle di fermarsi.

«Tu, stupida, ignorante ragazzina… chi ti credi di essere?» ringhiò Malfoy.

Questa volta Sophie ricambiò lo sguardo di Malfoy con altrettanto odio. Avanzò di un passo e puntò un dito contro il ragazzo «Pensi di…?»

Ma non fece in tempo a finire la frase. Rose la scosse e la tirò per la mano, cercando di allontanarla da Malfoy. «Che diamine ti salta in mente?» mormorò spaventata. «Scusate…» mormorò poi rivolta al gruppo.

Sophie gettò uno sguardo pieno di rancore verso Malfoy e i suoi amici per poi lasciarsi trascinare su per la scala del dormitorio dall’amica.

Rabastan, ancora fermo con una mano stretta intorno al braccio di Malfoy guardò la ragazza allontanarsi mentre uno strano brivido gli percorreva la schiena.

Lucius si ribellò dalla sua stretta e si guardò intorno disgustato. «Bè? Che avete da guardare?» sbottò.

Ognuno tornò alle proprie occupazioni, mentre Malfoy, rosso in viso per la figuraccia appena fatta, si risedeva al suo posto.

«Devi però ammettere che la ragazza ha del fegato…» mormorò Rabastan, continuando a fissare il punto dove Sophie era sparita.

 

«Si può sapere cosa ti salta in mente?» sbottò Rose, una volta che furono arrivate nella stanza.

«Mi salta in mente cosa?» mormorò Sophie sovrappensiero.

«Ti sei appena messa contro Malfoy e la sua banda!» ribatté Rose esasperata.

«E allora?»

«E allora quelli non te la faranno passare liscia, cosa credi? Non riusciresti a tenerli testa nemmeno con tutte le tue forze!». Ora Rose guardava l’amica con apprensione, spaventata dalle conseguenza che la discussione di poco prima avrebbe potuto portare.

Sophie spostò lo sguardo su Rose e sorrise amaramente. «Tu credi?»

Rose scosse la testa e la guardò quasi con timore.

«Quelli non sanno a che cosa vanno in contro, Rose. Un giorno Malfoy si rimangerà le sue parole, te lo assicuro» concluse Sophie, e nella sua voce c’era una punta di stizza.

 

***

La stanza era immersa nelle tenebre. L’oscurità avvolgeva i presenti con il suo manto scuro e quasi soffocava le ammantate figure che sedevano apparentemente immobili.

La fioca luce che filtrava a fatica da una piccola finestra da un lato della stanza illuminava i capi chini di una dozzina di persone. Il silenzio gravava pesante su di loro e nessuno sembrava voler violare quel muto accordo.

Una figura si elevò sulle altre e un brivido percorse silenziosamente la setta.

Gli occhi rosso sangue della creatura percorsero i volti degli uomini e delle donne, soffermandosi con cura su ognuno. Erano pochi, troppo pochi.

Aprì le labbra e un nuovo brivido percorse i presenti. Quando parlò, la sua voce risuonò cupa, gelida e sibilante. Rimbombò per le antiche pareti della stanza, spezzando definitivamente la quiete che l’aveva accompagnata fino a quel momento. «Vi ho creato perché mi aiutaste a conquistare il mondo magico» sibilò serpentino.

Nessuno si mosse. Nessuno sembrava respirare, sotto il suo sguardo distante.

«Ho riposto la mia fiducia in voi…» continuò. Un raggio di luce più violento degli altri riuscì a farsi strada nell’oscurità e colpì il pallido e freddo volto dell’uomo, illuminando il profilo magro del suo volto. Un lampo attraversò i suoi occhi, pieno di odio, rabbia e disprezzo. «…e voi ne avete approfittato!» continuò.

L’uomo strinse la mano a pugno e lo sbatté sul liscio piano di legno del tavolo, facendo risuonare la stanza di un basso e cupo rombo.

Il terrore percorse come un’onda i presenti, facendo pressione su ognuno di loro.

Mentre la rabbia defluiva attraverso quella mano e si disperdeva nell’aria pesante della sala, l’uomo rimase immobile, a capo chino, cercando di calmare la collera che lo opprimeva. Soppesò attentamente le parole, cercando di trovare quelle più adatte alla situazione.

Avevano agito come degli scellerati. Avevano approfittato della sua fiducia e avevano mandato a monte il piano. Inizialmente dovevano cercare l’appoggio della società, poi avrebbero potuto fare quello che volevano. Prima di arrivare alla soluzione finale dovevano aspettare pazientemente.

Alzò nuovamente lo sguardo verso i suoi seguaci. «L’assassinio dei Robert non è passato inosservato…». La calma era tornata nella sua voce. Non poté non notare la paura che trafiggeva gli uomini vicino a lui. Era su questo che si basava il suo regime, sul terrore. I suoi continui sbalzi di umore non facevano che terrorizzare ancora di più i suoi uomini, e lui lo sapeva bene.

«Gli Auror hanno gli occhi puntati su di me!» esclamò rabbioso. «La prossima volta potrebbe essere l’ultima!». Rimase, ansimante, stringendo con le mani i bordi del tavolo, il volto carico di rabbia repressa.

«Mio signore…» una voce di donna risuonò flebile, raggiungendo le orecchie del padrone a fatica. «Io ho cerc…»

«SILENZIO!» ruggì, l’uomo. «Non mi interessa niente delle vostre banali scuse!». Trasse un respiro profondo e cercò di placare la sua ira. «Non deve più succedere…» disse, e la sua voce era tornata calma e distesa.

La sedia grattò per terra e l’uomo cominciò a camminare per la stanza, seguito dagli sguardi bassi e pentiti dei suoi seguaci. I suoi passi rimbombarono cupamente nell’aria mentre compiva un paio di giri intorno alla lunga tavolata, lo sguardo basso e pensoso. Si fermò in un punto preciso e abbassò il busto, arrivando con il viso a pochi centimetri da quello di una donna, la quale continuò a tenere gli occhi fissi di fronte a sé, senza muovere un muscolo.

«Mi sembrava di essere stato chiaro…» sibilò dolcemente. «L’ordine era uno solo».

La donna deglutì a forza, senza spostare lo sguardo.

L’uomo strinse gli occhi a due fessure e continuò «Ti ho dato potere su di loro, ti ho chiesto di tenerli a bada».

«Mio signore…» mormorò la donna.

«Non voglio più tornare su questo discorso!» esclamò l’uomo, questa volta rivolto a nessuno in particolare. «Voglio che i miei ordini siano eseguiti alla perfezione, nessuno sbaglio, nessuna sbavatura nel mio piano perfetto…»

«Mi sono spiegato?» sibilò ancora, e la donna annuì lentamente.

L’uomo tornò eretto e continuò a camminare intorno al tavolo. «Ho bisogno…» il suo sguardo saettò tra le figure ammantate. «…di nuovi seguaci. Ho bisogno di nuovi, uomini e donne, che siano convinti della propria causa e che tentino il tutto e per tutto per ottenerla».

Tornò al suo posto e poggiò le mani sul tavolo, puntando lo sguardo davanti a sé, fissando la parete. «Voglio fare punta sulle famiglie Purosangue, loro sanno molto bene ciò che voglio ottenere e so per certo che lo vogliono anche loro».

Un uomo, verso metà tavolo si alzò e guardò il suo padrone, fiero. «Mio signore, mio figlio… Credo che possa essere pronto» mormorò speranzoso.

Lo sguardo dell’uomo a capotavola si fermò sugli occhi grigi del proprio seguace e un sorriso si fece strada tra le sue labbra. Un sorriso privo della benché minima gioia. «Non sono io a dover decidere. Voglio solo che sia convinto di ciò che sta facendo».

L’uomo annuì velocemente, felice della notizia.

«Voglio solo…» continuò il padrone con voce flebile, rivolto più a se stesso che a chicchessia. «…che sia all’altezza di Lord Voldemort».

 

 

Angolo autrice:

Et voila! Ecco il quinto capitolo.

Devo dire che scrivere questo capitolo è stato abbastanza interessante. La scena della discussione tra Malfoy e Sophie è forse una delle scena a cui ho pensato per prima, durante la stesura della trama. La nostra amica ha un bel caratterino, eh? ;)

Ci credete? Ho scritto ben mezza pagina di word sui Malfoy… Vi svelerò un segreto (perché naturalmente a voi interessa…*sguardo omicida*). All’inizio questo capitolo doveva intitolarsi Amore Purosangue, e doveva essere interamente centrato su di loro. Ma sapete una cosa? Non mi piaceva. Credo che vi dovrete accontentare della metà pagina. Non so perché, ma ho un certo rifiuto naturale per quei due…

Bene, dopo questo interessantissimo discorso posso anche ritirarmi nel mio angolino. Ah, a proposito degli angolini… ho eliminato l’angolino pubblicità. *i lettori esultano di gioia*

Ok, ok, la finisco qua.

E naturalmente (non sia mai che non lo facessi), un grazie per le vostre recensioni! Sono sempre ben accette.

Al prossimo capitolo…

Gageta98

 

P.S. (elimina l’angolino pubblicità ma pubblicizza la sua pagina ugualmente… che trovata, eh?): http://www.facebook.com/Gageta98

   
 
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