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Autore: a cello song    21/10/2012    2 recensioni
"L’avrebbe portata in libreria, e magari le avrebbe preso quei “Racconti Musicali” che osservava con occhi luccicanti da tempo, ma che non aveva risparmi per compare, perché spendeva sempre tutto in spartiti. Avrebbero preso qualcosa al bar, assieme, lui un caffè e lei un succo alla pesca, perché il caffè non le piaceva. Poi l’avrebbe accompagnata al mare, e sarebbero rimasti seduti sugli scogli del porto, ad osservare le onde. Sarebbe stato perfetto. Un sogno. L’appuntamento che aveva premeditato per cinque lunghi anni, prima di avere il coraggio di invitarla finalmente fuori a uscire."
(...)
"Non era Shakespeare, Prèvert, Leopardi o chi altro. Non erano le parole di qualche scrittore come Jane Austen, Hemingway, Kerouac, Juliet Marillier, Dostoevskij. Erano le parole di due cuori sulla stessa lunghezza d’onda che finalmente non avevano paura di parlare.
Non era la dichiarazione d’amore di Darcy, o Red, o del Presidente, ma era Marco che la invitava a uscire.
Non era la voce di John Lennon, Paul McCartney, Freddie Mercury, Liam Gallagher, Anthony Kiedis, Leonard Cohen... era quella di Marco, che quando cantava era pure stonato, ma riusciva a emozionarla più dei suoi cantanti preferiti. "
Genere: Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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rapsodia
 Rapsodia 


By the way I tried to say
I'd be there... waiting for
- By the way, Red Hot Chili Peppers.

             


                17:10.
                Marco la aspettava da dieci minuti, e in tutto quel lasso di tempo non si era spostato di un millimetro. Era rimasto immobile con la schiena appoggiata al muro, gli occhi fissi sull’orologio di fronte a sé. Arriverà, si ripeteva. Avrà dimenticato il cellulare in casa. Assieme alla borsa e ai documenti. Se ne sarà accorta mentre era in motorino, magari già a metà strada. Lo fa sempre.
                17:12.
                Era una giornata splendida, con tanto di cielo senza nuvole.
                L’avrebbe portata in libreria, e magari le avrebbe preso quei “Racconti Musicali” che osservava con occhi luccicanti da tempo, ma che non aveva risparmi per compare, perché spendeva sempre tutto in spartiti. Avrebbero preso qualcosa al bar, assieme, lui un caffè e lei un succo alla pesca, perché il caffè non le piaceva. Poi l’avrebbe accompagnata al mare, e sarebbero rimasti seduti sugli scogli del porto, ad osservare le onde. Sarebbe stato perfetto. Un sogno. L’appuntamento che aveva premeditato per cinque lunghi anni, prima di avere il coraggio di invitarla finalmente fuori a uscire.
                17.17.
                Il primo anno erano capitati di banco insieme alla prima estrazione. Avevano legato parecchio, inaspettatamente; erano diversi come il giorno e la notte, ma il caso li aveva avvicinati. Parlavano sempre, di tutto. Si sorridevano. Silenziosamente, si cercavano.
                Poi si erano allontanati, così, all’improvviso; dai saluti frequenti, le occhiate, gli scherzi, erano passati alle settimane di silenzio. Una barriera si era eretta tra loro, inespugnabile. Per tre lunghi anni era stato così, e Marco non aveva potuto farci niente.  E non aveva fatto niente per abbatterla, si era limitato a risparmiare coraggio: quello che aveva impiegato l’ultimo giorno di scuola, esattamente sette giorni prima, per invitarla a trascorrere un pomeriggio insieme.
                Guardò l’orologio: 17.17. Era un po’ in ritardo, ma sarebbe venuta. Ne era sicuro. Doveva essere per forza così.
                17.45.
                Marco fece un passo in avanti e uno indietro.
                Gli aveva mentito, allora. Quel sorriso, quella luce negli occhi, quel “Sì, ne sarei veramente felice ... non c’era niente di vero.
                Era uno scemo, un idiota, un illuso. Credeva forse che dopo così tanti anni di silenzio Anna avrebbe veramente accettato di uscire con lui? Pensava sul serio che sarebbe arrivata?
                Controllò l’orologio, tanto per assicurarsi che fossero veramente le 17.45, e non le 16.45, magari.
                Con lo stomaco chiuso e una crescente rabbia verso se stesso, salì in macchina e se ne andò, senza una meta precisa, evitando qualsiasi luogo familiare per entrambi.
                17.46
                C’era una coda tremenda. Chi cazzo andava in giro a quell’ora, di sabato pomeriggio?
                Marco accese una Winston blu, visto che non c’era altro da fare. Quando guidava non pensava, non pensava a niente se non alla strada che percorreva, al sole che sbatteva sull’asfalto, alle macchine. Quando si fermava (allo stop, al semaforo, a un incrocio), invece, tutte le voci che l’avevano abbandonato in quel lasso di tempo gli si riversavano in testa con la forza di una corrente.
                E così ora.
                Anna non è venuta.
 
§§§
 
                17.03
                Era una giornata stupenda. Il sole splendente, il canto degli uccellini che le metteva allegria, i Beatles che cantavano She Loves You dalle casse dello stereo.
                17.04
                Oh merda, è tardissimo!
                Anna prese al volo il cardigan nero che aveva preparato, si controllò un’ultima volta il trucco che aveva impiegato circa mezzora a preparare, afferrò le chiavi del motorino e, con un saluto veloce, cominciò a scendere le scale.
                17.05
                Sarebbero andati in libreria, anche se a Marco leggere non piaceva. Erano mesi che lei risparmiava per compare un libro, mesi che fotocopiava gli spartiti per pianoforte dai libri della sua migliore amica con la fotocopiatrice della scuola, mesi che lavoricchiava dalla nonna con la speranza di ricevere qualche mancia.
                Sarebbero andati in libreria, perché voleva veramente vedere Marco là dentro. Osservare il suo volto, il suo sorriso sghembo incorniciato di libri.
                17.06
                Il primo anno erano capitati di banco insieme alla prima estrazione. Avevano legato parecchio, inaspettatamente; erano diversi come il giorno e la notte, ma il caso li aveva avvicinati. Parlavano sempre, di tutto. Si sorridevano. Silenziosamente, si cercavano.
                Poi si erano allontanati, così, all’improvviso; dai saluti frequenti, le occhiate, gli scherzi, erano passati alle settimane di silenzio. Una barriera si era eretta tra loro, inespugnabile. Orgogliosa, lei non gli rivolgeva la parole se non in rare occasioni; aspettava che fosse lui a fare la prima mossa.
                Ed era arrivata. Dopo anni, ma era arrivata.
                17.07
                Anna, io... devo parlarti. Lo so che ci siamo allontanati, che non abbiamo più il rapporto, l’amicizia che ci legava quando eravamo primini. Ma non abbiamo più quattordici anni, possiamo anche recuperarlo... no?
                Se mi stai invitando ad uscire, è un sì.* Sì, ne sarei veramente felice...
                Non era Shakespeare, Prèvert, Leopardi o chi altro. Non erano le parole di qualche scrittore come Jane Austen, Hemingway, Kerouac, Juliet Marillier, Dostoevskij. Erano le parole di due cuori sulla stessa lunghezza d’onda che finalmente non avevano paura di parlare.
                Non era la dichiarazione d’amore di Darcy, o Red, o del Presidente, ma era Marco che la invitava a uscire.
                Non era la voce di John Lennon, Paul McCartney, Freddie Mercury, Liam Gallagher, Anthony Kiedis, Leonard Cohen... era quella di Marco, che quando cantava era pure stonato, ma riusciva a emozionarla più dei suoi cantanti preferiti.
                Era un sogno. Non stava veramente per uscire con lui. Non poteva essere vero. Era troppo bello.
                17.08
                Mancava poco ormai. Era in ritardo, ma ne era sicura, Marco l’avrebbe perdonata. Almeno per questa volta – dalla prossima le cose sarebbero cambiate, sarebbe arrivata ancor prima di lui.
                Ma era troppo tesa. E se poi va male? Se non riesco a spiccicare parola? Se ci annoiamo? E se poi...
                Un camion che imbocca la rotatoria senza curarsi di lei.
                Uno schianto.
                Il mondo che si ferma, comincia a sbiadire.
                Non c’era più tanto sole. E nemmeno gli uccellini cantavano più.
               
... non gli piaccio?




*Questa storia partecipa alla  Maratona di prompt indetta da  Aras per il gruppo "Il Salotto delle parole volanti", con il prompt: "Se mi stai invitando ad uscire, è un sì."
E niente, era un po' che la pensavo :')
   
 
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