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Autore: Rue89    22/10/2012    1 recensioni
Il nero era l'unica cosa che ricordavo con chiarezza. Ormai da troppo tempo ero rinchiuso in quella cella, così tanto tempo che cominciavo persino a dimenticare chi fossi. Finchè sentii quella voce.
-Stai soffrendo?- alzai lo sguardo e vidi una bambina sulla soglia della mia gabbia. Avrei potuto ucciderla in un istante, ma lei era lì, in piedi senza timore. I suoi occhi risvegliarono in me un fuoco che credevo svanito da tempo. Quegli occhi privi di qualsivoglia paura o timore..continuo tutt'ora a rivederli nella mente.
Genere: Commedia, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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CAPITOLO 10
Londra 1130. Erano passati poco più di cento anni da quando incontrai Joseph. Un incontro che cambiò per sempre la mia vita. Lo vidi per la prima volta una sera, mentre facevo da guardia alla residenza estiva di un potente signore feudale appena fuori Londra. Notai subito che quell’uomo era carismatico, pieno di sè. Nella sua statura alta e slanciata, muscolosa, non dava spazio ad incertezze o debolezze. A testa alta, nei suoi abiti signorili, Il Duca Joseph Iacomi aveva il portamento di una divinità. Era l’ospite che attendevo con più ansia quando c’erano feste, e quello che mi mancava di più nelle sue assenze. Nonostante fossi solo un soldato semplice, lui mi vedeva. Non sapevo che di li a qualche mese, in una gelida notte d’inverno, gli avrei dovuto la mia vita. Nevicava e la temperatura era di gran lunga sotto lo zero. Il padrone feudale che servivo era si molto ricco, ma anche molto taccagno. Vestiva i suoi uomini con la stessa identica divisa tutto l’anno, sia con trenta gradi d’estate che con temperature rigide d’inverno. I pochi di noi che si potevano permettere una coperta o dei vestiti pesanti cercavano di indossarli sotto la divisa per scaldarsi. Quella sera non potei farlo. Mia madre era a casa malata così decisi di lasciare i miei indumenti pesanti a lei, coprendola il più possibile. Il gelo pungente cominciò ad atrofizzarmi i piedi, coperti solo da miseri stivali leggeri, e le dita delle mani scoperte. La pelle delle mani era tutta tagliata e arrossita dal gelo. La gola mi doleva e le orecchie, al tatto, non le sentivo più. Cominciai a perdere la sensibilità alle dita e, di li a poco, non riuscii più a tenere in mano la lancia che cadde nella neve. Caddi sulle ginocchia per poi accasciarmi a terra. Il soldato che faceva da guardia con me corse subito all’interno della villa chiamando aiuto ma ciò non era da fare. Non a discapito di una festa per gente altolocata e non se la persona che stava male..era una semplice guardia. Sentii le urla del padrone mentre usciva e, poco dopo, anche il mio compagno cadde a terra vicino a me, rotolando giù per la scalinata.
-E non disturbarci più per sciocchezze del genere!-sbraitò l’uomo. Si girò e tornò dentro. Solo il Duca Joseph rimase in cima alla scalinata ad osservarci. L’altro soldato si alzò e cercò di scaldarmi strofinandomi braccia e gambe ma era inutile, sentivo che la forza mi stava abbandonando. Dopo un pò smise di scaldarmi e si allontanò in direzione delle stalle. Stava andando a prendere un mulo per portarmi via da davanti le scale, per non turbare gli ospiti. Una profonda amarezza mi investì ma cercai, in un ultimo e straziante sforzo, di tirarmi seduto, appoggiando la schiena al pilastro da cui si diramava il cornicione delle scale. Almeno non sarei morto sdraiato a terra come un qualsiasi poveraccio. Penso sia stato quel gesto a colpire Joseph. Me lo ritrovai davanti in un lampo, ero sbalordito. Ero in punto di morte assiderato quindi i miei sensi non rispondevano bene, ma avrei giurato di non averlo sentito arrivare. Mi guardò fisso negli occhi, e poi lo fece. Scoprì i due canini così aguzzi da assomigliare a quelli di un cane e mi addentò il collo. Cominciai a perdere i sensi e da lì in poi divenne tutto molto sfuocato. Mi ricordo solo qualcosa di caldo che scendeva lungo la mia gola e riscaldarmi lo stomaco, poi più niente.
Quando mi svegliai, l’indomani mattina, ero sul mio letto di morte. Mia madre piangeva ai piedi del letto e come vide che mi ero ripreso si alzò di colpo urlando e corse fuori di casa. Mi avvicinai alla finestra un pò spaesato ma il sole, seppur tenue, mi bruciò un lembo di pelle. D’un tratto mi tornò in mente tutto ciò che era accaduto. Raccolsi la coperta che copriva il letto e me la avvolsi tutt’intorno al corpo. Corsi fuori di casa e mi sbalordii dalla velocità con cui riuscivo a correre. Le persone intorno a me sembravano andare a rallentatore. Sentii una strana attrazione verso ciascuna di esse ed i miei occhi puntavano automaticamente a ciascuna parte del loro corpo che era scoperta, rivelandone la carne rosea. Mi nascosi nel folto della foresta ed aspettai, ma di Joseph nessuna traccia.
Provai a cercarlo ovunque. Ogni sera uscivo e controllavo ogni singola festa in cui partecipava gente altolocata, ma di lui nessuna traccia.
Passarono così dieci lunghissimi anni. Nel tempo conobbi altri esseri come me e condividemmo le reciproche esperienze. Imparai alcuni trucchi su come sviluppare le mie capacità. Passarono i mesi, gli anni..ma il conte Iacomi sembrava essersi volatilizzato nel nulla. Col passare degli anni, legai con alcuni vampiri, primo tra tutti Friedrick. Era un uomo alto e atletico, con un forte accento dell’est. I suoi capelli biondo platino contrastavano con gli occhi azzurri chiarissimi. Sembrava uno spirito. Fu proprio Friedrick che, un giorno, mi diede una soffiata. Quella sera, alla reggia di un regnante della Gran Bretagna, al confine con la Scozia, il duca Iacomi si sarebbe presentato. Non potevo mancare. Il bisogno di parlargli, di chiedergli informazioni era troppo opprimente.
Quando arrivai, quella sera, il cielo era di un nero pece particolare, con tantissimi minuscoli puntini argentati. Arrivai in tempo per vedere una parata. Col passare degli anni imparai un minimo di autocontrollo, seppur non del tutto sviluppato. Bastava a non saltare al collo della prima persona che mi si avvicinava. Ad un tratto la vidi. In sella al suo cavallo morello, una bellissima fanciulla dai lunghi capelli bruni come quel cielo. I suoi occhi, sorridenti e sereni, erano di un colore particolarissimo..sembrava il grigio candido di una perla. Tutti i rumori intorno a me svanirono e la mia mente si focalizzò su di lei. Si girò verso di me, mi sorrise e diede ordine al cavallo di avvicinarsi alla folla.
-Sono Eleanor, qual’è il vostro nome?- la sua voce era melodia pura. Candida e dolce ma al contempo decisa. Rimasi senza parole tale era la sua bellezza. Quando ero un umano non avevo avuto tempo per stare dietro alle donne, anche perchè non ci sapevo proprio fare con loro. –Il vostro nome?- mi richiese con sguardo curioso ed ingenuo da cerbiatta. Come mi chiamavo? Da umano solo mia madre mi chiamava per nome, come guardia avevo un numero, come vampiro non avevo niente. Non sapevo cosa risponderle quindi stetti in silenzio, osservandola con stupore. Era come luce nell’oscurità che mi attanagliava da anni. Prendendo il mio silenzio come un gesto poco gradito mi sorrise, girò il cavallo e si allontanò. Avevo forse ferito quell’essere così angelico?
-Io non ho un nome, per questo non le ho risposto- urlai attraverso la folla, sperando mi avesse sentito. Non si fermò ne si girò. Proseguì il suo cammino verso il castello. Cercai di non pensarci, anche se mi risultò molto difficile. Non vidi Joseph nel corteo quindi decisi di usare le mie nuove doti da vampiro ed entrai di soppiatto nella tenuta saltando la possente muraglia. Rimasi nascosto tra gli alberi e guardai dentro la casa dalle immense vetrate. Molta gente era vestita in maschera, altre semplicemente da servitù. Scrutai alla ricerca di Joseph ma non lo vidi. Che Friedrick mi avesse dato un’informazione sbagliata? Un fruscio dietro di me fece scattare i miei sensi da vampiro. Accentuai il potere nelle orecchie e sentii un respiro calmo e delicato, un battito leggermente accelerato e dei passi aggraziati. Non percepivo minaccia ma la fame cominciò a farsi sentire.. quindi, decisi che quell’umano sarebbe stato la mia cena. Aspettai facendo finta di non aver sentito alcunchè. Aspettai finchè non fosse stato a portata..
-La chiamerò imbucato, visto ciò che è- disse una voce scherzosa alle mie spalle. Mi girai di scatto, incredulo, e la vidi. Eleanor, la ragazza da capelli color del cielo stellato. Rimasi senza fiato. Non mi sarei potuto certo cibare di una ragazza come lei..che finalmente dopo secoli riusciva a farmi provare tali sentimenti.
-Non mi sono imbucato..sono con il Duca Iacomi- dissi cercando di far suonare bene la menzogna. La ragazza si avvicinò. Il suo lunghissimo abito color porpora con nastri che pendevano ovunque era.. Mi lasciava senza fiato. I suoi occhi mi sorrisero mentre il suo corpo si diresse verso un campo di rose. Voleva che la seguissi? Non lo sapevo ma così feci.
-Il Duca Iacomi? Che buffo..pensavo che il Duca non potesse venire per via di un’influenza..- disse la ragazza con scherno. Ora avevo la conferma dei miei sospetti. Decisi, però, di rimanere ancora un poco in compagnia della ragazza.
-Ebbene mi hai scoperto. Chiamami pure imbucato se è ciò che desideri- scherzai e continuammo a parlare per ore. Dopo quella sera, ogni volta che c’era una festa nella sua reggia, Eleanor mi aspettava tra i fiori in cortile. Passarono, così, svariati mesi. Mi invitò più volte da lei durante giorno ma, ovviamente, non potevo accettare. Inventai così tante scuse che finii per sentirmi in colpa, come un marito che tradiva la propria donna. Così, dopo un anno indimenticabile, decisi di rivelarle ciò che ero. Scelsi la stessa sera in cui ci incontrammo la prima volta. Solo dopo scoprii che quella era la festa per il compleanno di Eleanor. Mi attese al solito posto ed io non la feci aspettare. Camminammo tra le rose e parlammo del più e del meno. Nessuno, ormai, mi conosceva quanto lei e questo rendeva ancora più difficile svelare il mio segreto. E se avessi rovinato tutto? Se non mi avesse accettato per ciò che ero? Mentre combattevo con me stesso per capire se dirglielo o meno lei interruppe il silenzio.
-Imbucato, vorrei tanto donarti questa rosa. E’ una qualità che abbiamo scoperto da poco, si chiama rosa Burgundy. Il suo colore rosso, così scuro da sembrare quasi nero, la rende particolare ed unica nel suo genere- la osservai mentre allungò una mano per tagliare la rosa quando, improvvisamente, accadde l’inaspettato. –Mi stò per sposare- disse. A quelle parole mi crollò il mondo. Sapevo che aspettarsi di passare una vita insieme era da sciocchi, ma l’idea che Eleanor, la mia dolce Eleanor, si potesse aprire così tanto con qualcun altro che non fossi io mi mandò in frantumi. Sentii la terra mancarmi sotto i piedi e ciò mi rese molto instabile. Stando con lei mi obbligavo a rimanere impassibile, a non dar ascolto al richiamo della fame. A quella notizia la mia determinazione non bastò. Vedendomi sconvolto, si avvicinò e mi prese le mani nelle sue e poi, con una delicatezza angelica mi accarezzò la guancia. Mi guardava con tale amore da fermarmi il cuore.
-Non farlo Eleanor..- la supplicai ma il suo sguardo amorevole mi zittì. Mi passò una mano tra i miei corti capelli neri per poi scendere sul viso, sul collo.. fermandosi, infine, sul mio petto.
-Sai, per me sei stato un’ancora di salvezza in questi mesi. Non mi ero mai trovata così bene con nessun altro prima. Quindi vorrei ringraziarti in qualche modo..Nathan.- sussurrò quel nome con una tale gentilezza che rimasi estasiato. Volevo portarla via, tenerla per sempre con me ma capii che non era possibile. I nostri mondi erano troppo diversi. Un nome, ognuno dovrebbe averne e lei me l’aveva appena donato. Continuò a parlarmi, i suoi occhi persi nei miei. –Nathan. Questo nome per la mia gente significa “regalo donato da Dio” ed io penso che sia stato lui a farci incontrare. Sarei davvero felice se d’ora in avanti tu portassi questo nome come segno della nostra amicizia- finì. Era così bella e cara che non potei fare altro che sorriderle anche se tutto il mio corpo non voleva che distruggere ogni cosa. Per un vampiro dare ascolto al proprio istinto era vitale ma in quel momento dovetti combattere con tutte le mie forze per reprimerlo. Sentii dei passi il lontananza, veloci e possenti. Si stavano avvicinando. Volevo più tempo, avevo bisogno di più tempo da stare con lei.
-Eleanor, mia cara? Dove sei?- era la voce di un uomo. L’istinto da vampiro stava vincendo, i nervi mi salirono a fior di pelle. La mano della dolce Eleanor sul mio petto era l’unica cosa che mi impediva di essere preda degli istinti, l’unica ancora di salvezza che avevo e che stavo per perdere per sempre.. L’esile figura della donna si avvicinò a me e mi abbracciò, appoggiando la sua tenera testolina sul mio petto. L’istinto di distruggere scomparve e la calma tornò nel mio corpo. La strinsi anche io e sprofondai il viso tra quei capelli neri che tanto adoravo. Il suo viso era nascosto dal mio abbraccio ma sentivo la sua tristezza e le lacrime che si facevano largo timidamente lungo le sue guance. L’avrei persa comunque, tanto valeva che le svelassi chi fossi, almeno mi avrebbe odiato. Se mi avesse odiato avrei almeno avuto il coraggio di non tornare più a cercarla.
-Eleanor prima che vai vorrei dirti una cosa..- mentre cercavo di prender su coraggio sentii il suo abbraccio stringersi come se voleva aggrapparsi al mio corpo per sorreggersi.
-Nathan, non ce n’è bisogno..ne sono già a conoscenza- disse singhiozzando. Rimasi allibito. In tutti quei mesi non commisi mai l’errore di rivelarle chi ero e cosa facevo..che si riferisse ad altro?
-Eleanor non penso che tu lo sappia..-
-Il Duca mi ha avvertita..ma Nathan..qualsiasi cosa tu sia..sei veramente stato un angelo mandato da Dio per me..mi hai salvata tante di quelle volte solo standomi accanto..- disse mentre i singhiozzi si fecero più forti. I passi si stavano avvicinando sempre più. Non avevo più tempo.
-E tu, dolce Eleanor, sei stata la luce che ha illuminato la mia oscurità- le baciai i capelli ed un istante dopo, si ritrovò ad abbracciare l’aria. Sparii dalla sua vita così come ero apparso.

Non passò giorno che non pensai a lei. Era felice? Triste? Mangiava a sufficienza? Quell’uomo la trattava con riguardo? Troppe domande mi frullavano in testa. Decisi di partire, così la tentazione di andare a trovarla sarebbe diminuita. Provai ad andare in Francia per un breve periodo ma non servì granchè. Riuscii a starle lontano solo un anno. Tornato in Gran Bretagna, decisi che una visita l’avrei anche potuta fare..se lei non mi avesse visto. Una notte di luna piena entrai nella villa in cui abitava con l’uomo..mi era difficle pensare la parola marito associata ad un altro. Ero un’ombra e nessuno riusciva a vedermi. Arrivai, infine, nella loro stanza da letto. Eleanor, la mia meravigliosa Eleanor, stava dormendo candidamente nel letto, illuminata dai tenui raggi della luna piena. Accanto a lei l’altro uomo..cercai di guardarlo il meno possibile perchè mi risvegliava un istinto omicida inimmaginabile. Mi avvicinai al letto dalla parte di lei. I miei sensi mi dicevano di non farlo ma la mia testa ordinava altro. Allungai la mano verso il suo viso e la sfiorai quel tanto che bastava per avere un contatto fisico con lei. Sentivo che era serena. Mi misi il cuore in pace, pronto ad allontanarmi da lei una volta per tutte.
Diedi le spalle al letto, sospirai e mi incamminai per uscire.
-Nathan?- un sussurro quasi impercettibile uscì dalla sua bocca. Mi paralizzai all’istante. Era troppo tempo che non sentivo la sua voce e udirla ora, per di più invocando il mio nome mi risvegliò tutti i sentimenti repressi che provavo per lei. Rimasi immobile sperando fosse un’invocazione del sonno, sperando di risentire ancora la sua voce chiamare il mio nome. –Nathan! Cosa ci fai quì!?- non era decisamente qualcosa che si poteva dire nel sonno. Sentii dei fruscii di lenzuola e poi un tocco leggero sul mio braccio. Mi girai piano verso di lei e quello che vidi mi paralizzò. Era incinta. La sua bellissima figura minuta ora era sovrastata da un enorme pancione. Ciò che mi paralizzò, però, era l’idea che era figlio di quell’uomo e non il mio. Che la mia dolce Eleanor era stata posseduta da un altro uomo. Più volte ci pensai in passato ma ogni volta scacciai quel pensiero dalla testa come fosse la peste. Un prurito dalla testa si fece strada fino agli occhi, bagnandomeli di un liquido caldo. Una goccia di sangue scaturì dal mio occhio come lacrime umane, facendosi strada lungo le guance. Era la prima volta che piangevo come vampiro..come Nathan. Eleanor, a quella vista, allungò le mani sul mio viso ed il terrore la impadronì.
-Mio dio Nathan! Sei malato?! Che ti succede?!- parlò a voce alta. Sentii il marito che si svegliò nel letto. Neanche il contatto delle sue mani, quella volta, riuscì a fermare la bestia risvegliatasi in me. Saltai con un balzo nel punto dove stava l’uomo e cominciai a colpirlo. Non volevo combattere come vampiro ma come uomo che amava la stessa donna. Non usai le zanne, anche se erano scoperte, mi feci avanti a suon di pugni. L’uomo cercò di rispondere ma la mia forza lo dominava. Eleanor urlò di terrore ma non importava più. Volevo solo porre fine alla vita di quell’essere che ci aveva divisi. Qualcuno cercò di afferrare il mio braccio ma non era il momento più adatto per fare l’eroe. Lo scacciai dal mio braccio, lanciandolo dall’altro lato della stanza. Un forte rumore mi fece capire che era andato a sbattere contro la parete. Nello stesso istante, le urla di Eleanor si interruppero ed un profondo senso di puro terrore mi pervase. Mi girai di scatto e la vidi agonizzante ai piedi del muro. Il cervello mi divenne completamente bianco, lo stomaco mi si rigirò sottosopra e l’istinto andò a farsi benedire. Corsi subito da lei e sentii che respirava a fatica. L’uomo era ancora vivo ma non era in grado di chiamare aiuto. Mi alzai per andare a cercare qualcuno ma Eleanor mi afferrò con la sua solita delicatezza il bordo dei pantaloni. Mi abbassai e la sollevai per farla respirare meglio. Le lacrime ora mi scendevano come cascate sporcando di bianco quella sua pura e candida camicia da notte.
-Cos’ho fatto Eleanor..cosa ti ho fatto..-singhiozzai. Avevo ferito la persona che amavo più di ogni altra cosa. Dovevo rimediare e avevo solo un modo per farlo. Mi morsi un polso e cercai di avvicinarlo alla sua bocca. –Bevi Eleanor! Bevi il mio sangue ti prego! Il sangue di vampiro ha poteri curativi..ti salverai! Ti prego Eleanor- la stavo supplicando ma lei serrò la bocca per non far passare neanche una goccia.
-Il mio bambino..salva prima lui ti prego..- disse in un sussurro. Non avrei mai salvato il figlio di quell’uomo e lei lo sapeva. Per questo mi rivolse uno dei suoi sguardi pieni d’amore e mi sfiorò il viso come era suo solito fare. –Nathan..tu sei buono..ti prego, prenditi cura della mia progenie..E’ figlio mio. Non lasciarlo morire ti prego..- al suo sguardo amorevole si aggiunsero lacrime di paura per il bambino, lacrime di gratitudine per me.. Mi sentii un mostro. Dopo tutto quello che avevo causato volevo ancora negarle un ultimo desiderio? Piangendo le feci cenno di assenso con la testa. Morì con uno sguardo sereno in volto, sicura che avrei mantenuto la promessa. Non ero un medico ma sapevo di aver poco tempo. Il bambino era senza ossigeno e rischiava di morire. Ero distrutto dal dolore e dalla collera contro me stesso, ma dovevo farlo. Dovevo salvare suo figlio. Poi, la mattina seguente, sarei apparso davanti al sole mettendo fine alla mia miserabile esistenza. Le praticai un parto cesareo e feci nascere sua figlia. Una bellissima bambina che aveva i suoi stessi capelli bruni. Non piangeva e respirava a malapena. Ripensai alla promessa fatta ad Eleanor in punto di morte. Dovevo salvarla ad ogni costo. Mi morsi la punta di un dito e glielo appoggiai sulle labbra. La bambina cominciò a ciucciare istintivamente e, man mano, sentivo che le sue forze si stavano rigenerando. Quando le tirai via il dito, la bambina cominciò a piangere in tono molto fragoroso. Era in ottima salute ora. Guardai per un’ultima volta Eleanor, con quel viso così sereno. Mi conosceva troppo bene in fondo.. Appoggiai la bambina sul letto vicino al padre svenuto e mi avviai verso il balcone. Era quasi l’alba. Eleanor..non potrò mai venire in paradiso con te..ma spero che andando all’inferno, dove merito di stare per ciò che ti ho fatto, possa sdebitarmi con tua figlia. I primi raggi del sole comparvero all’orizzonte e, nello stesso istante, mi sentii trascinare dentro la stanza e venni scaraventato a terra con una forza mostruosa. Il sole mi aveva accecato momentaneamente gli occhi e non riuscivo a vedere altro se non una figura alta e slanciata.
-Che macello che hai combinato..Nathan- disse una voce familiare.
  
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