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Autore: elecam28    06/05/2007    3 recensioni
"Dove sono Bartemius, Regulus, Aberforth, Nicholas e Tom,
il rigido, il secondogenito, l’originale, il dotto e l’arrogante?
Tutti, tutti, dormono sulla collina."
Fanfic liberamente ispirata al capolavoro di Edgar Lee Masters “Antologia di Spoon River”, una rivisitazione personale in chiave HarryPotteriana. Da collocarsi anni dopo la sconfitta di Voldemort. E Harry? Vedrete alla fine.
Genere: Generale, Malinconico, Poesia | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harry Potter, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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Colin Canon

 

 

Molti di voi di certo non mi rammentano,

o se lo fanno associano il mio viso ad un insetto fastidioso.

Sì, beh, ammetto:

era petulante, da ragazzo.

Sempre parole spezzate dall’ansia,

sempre ansia, più che altro.

Voi certo ricordate la mia fissazione:

fotografie.

Ridete, ridete pure.

Ma io ho avuto qualcosa che nessun altro al mondo ha,

tanto meno voi che mi ascoltate.

Avevo i ricordi ancora vivi, ancora giovani.

Quanti di voi possono vantare di poter vedere,

ogni ora di ogni giorno,

immagini rubate di chi tutto il mondo adora?

Speranza, lo chiamavano e lo chiamano molti che mi giacciono vicini.

Harry, è il suo nome.

Un nome che ho pronunciato più di ogni altro, credo.

Sempre ad affannarmi per rincorrerlo,

sempre dietro di lui, speranzoso di cogliere uno scatto felice,

sempre con gli occhi brillanti di meraviglia per la sua fronte così celebre.

Ecco cosa fu Hogwarts per me, quando lui c’era.

E quando lui se ne andò,

quando tutto finì,

mi sembrò che la vita in quel castello si fosse spenta.

Tutti ridevano,

vivevano,

sognavano ormai sereni.

Lui aveva perso tutto.

Aveva vinto, sì,

ci aveva salvati,

ma quante vite, quanti cuori, quanti anni d’amore ha sepolto?

Harry, la Speranza.

Io continuai a guardare le sue foto,

anche dopo che sparì, nascondendosi al mondo ipocrita che aveva protetto;

chi avrebbe mai potuto biasimarlo?

Mentre tutti vivevano,

io guardavo ciò che di lui avevo colto.

Sfumature d’imbarazzo,

di rabbia, di gioia, di stanchezza, di angoscia.

Momenti di riposo,

di studio, di festa, di concentrazione, di divertimento.

Occhi splendenti,

offuscati, assonnati, vigili, maliziosi.

Occhi d’un verde mai visto, d’una lucentezza mai sognata.

Ricordo che mi sorrideva,

quando lo importunavo per quelle immagini.

Raramente mi gridava dietro o mi chiedeva di smettere,

ma non perché fosse troppo stanco della celebrità;

lo era, ma era meravigliosamente gentile, lo sapete.

No, mi rivolgeva parole di diniego solo quando aveva altri a cui pensare,

quando i suoi amici avevano bisogno di lui,

o quando,

più spesso,

ne aveva bisogno il mondo intero.

I lunghi anni della mia vita sono trascorsi col ricordo dei suoi cenni,

con nello sguardo le immagini materiali della sua vita,

dei suoi sogni,

delle sue speranze.

Io, che non ero nulla, avevo pezzi di ciò che lui sognava,

di ciò che lui aveva perso e bramava negli incubi

E così,

quando la morte mi annunciò di lontano la propria venuta,

gliele spedii.

Decine, centinaia di fotografie,

decine, centinaia di ricordi, di momenti strappati al passato e al dolore.

Non mi servivano, dove stavo andando.

E infatti ancora le ricordo, quelle immagini.

Forse qualche dettaglio mi sfuggì, col tempo;

Colin Canon è il mio nome, dopotutto.

Ma non dimenticherò mai i suoi occhi.

Credo che tutti noi,

qui, sulla Collina,

lo ripetiamo spesso.

E credo anche di aver detto troppo in questo giorno di vento.

Ora aspetto.

Perché,

silenzioso come sempre,

Harry verrà.

Guarderà il mio nome, sorriderà, e mi parlerà di una fotografia.

Una lacrima, e mi ringrazierà.

E io come vorrei gridargli di tacere,

di non ringraziarmi,

perché quelle immagini non sono altro che colore su carta.

e lui meritava di poter vivere quei  volti,

non di guardarli!

Come vorrei vedere i suoi smeraldi brillare ancora,

un’ultima volta!

Come vorrei, come vorrei

che egli non fosse mai stato la Speranza!


  
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