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Autore: Stella cadente    23/10/2012    11 recensioni
Dal primo capitolo:
"E' strano da dire, ma anche se non ti conosco, ti voglio bene Liam; mi sento legata a te, inspiegabilmente, e ti sento vicino, vicino come una persona che conosco da una vita. Scrivere questa lettera mi ha aiutata, mi ha aiutata a sfogarmi.
La tua più grande fan,
Daveigh"
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Una ragazza, un ragazzo, una delusione, delle lettere.
Ma se tutto ciò avesse una svolta improvvisa?
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Liam Payne, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Capitolo secondo
30 agosto 2012



 

30 agosto 2012

 
Caro Liam,
Oggi ho parlato di questa faccenda ad Emma, la mia migliore amica. Ti piacerebbe conoscerla, sai? È una persona davvero intelligente e comprensiva. 
Non capisco perché sto scrivendo a te, mi sento stupida a scrivere lettere a qualcuno che non sa nemmeno della mia esistenza. Ma forse è proprio per questo che indirizzare la mia anima a te mi fa sentire meglio. 
Daniel oggi è partito per Bristol. Non mi ha neanche inviato un messaggio, ma forse è meglio così, perché se lo avesse fatto probabilmente non gli avrei risposto. Lo odio, lo odio con tutto il cuore, ma odio anche me stessa.
Si, mi odio. Mi odio perché sono stupida e ingenua, mi odio perché mi fido di tutti e subito. Non devo provare questo verso me stessa, mi dice Emma, ma non posso farne a meno. 
E, proprio perché mi odio, mi faccio male. Lo so, lui non merita questo, e non è neanche la soluzione al problema in sé, ma non vedo altra via d’uscita, non vedo altro modo per non pensarci.
È buffo, ma mi sto chiedendo ... E se queste lettere che ti scrivo, un giorno, ti arrivassero tra le mani? Sarebbe un sogno, ma non so se mi fiderei di nuovo, anche se  sei tu. Ma cosa sto dicendo? 
Sto impazzendo, sì, tutto questo mi sta dando alla testa. Non voglio pensare, questa storia è una cavolata e lo so bene, eppure ci sto male, perché credevo che Daniel fosse diverso; sì, diverso da come l’ho visto in questi giorni. Credevo che gli interessassi come persona in generale, invece no. Non è così.
Non te ne accorgi,ovvio, ma in realtà io trovo molto conforto nel scriverti le lettere, Liam. Mi piacerebbe che tu fossi qui accanto a me, ma  basta anche questo,  basta anche solo immaginare che tu  sia vicino a me, come vorrei che mi fosse vicino lui. 
Mi è impossibile capire perché io lo tiri sempre in ballo, come se di lui mi dovesse importare ancora. Ma, nonostante tutto, riesco ad infilarmi le mie grandi cuffie bianche, e a seguire soltanto la tua voce, insieme a quelle degli altri ragazzi.
La musica sembra essere l’unica mia ancora di salvezza, ora come ora. E per questo ti sono riconoscente, vi sono riconoscente.
Perché fate musica.
E mi salvate. Grazie.
Con affetto,

Daveigh

 
 

 

Daveigh interruppe lo scorrere della sua stilografica sul foglio, bianco e liscio, allo squillare del telefono. Si alzò da terra e trotterellò velocemente verso la porta a cui era agganciata la sua borsa, rispondendo senza guardare il display.
– Pronto?

– Ciao Daveigh – quella era una voce familiare. 
Terribilmente familiare. 
Le arrivò alle orecchie con una fitta allo stomaco, come se le avessero dato un pugno, forte.

– D..Daniel?! Che vuoi da me? – disse, subito sulla difensiva. Cercò di essere cattiva, ma era inevitabile, non ci riusciva, e quella frase era stata detta con un certo tremolio nella voce.
– Niente, volevo soltanto ... – iniziò lui.
Ma lei non lo lasciò finire, non voleva sentire quello che aveva da dirle. Lo sapeva già, e non voleva ascoltare.
– Perché mi hai chiamata? – disse solo.
– Volevo sapere perché eri stata così fredda con me.
Sussultò nel sentire quella richiesta.
Lei? Fredda, con lui?
Non se ne capacitava.
– Daniel ... credo che non potremo più essere amici, io e te – tagliò corto.
– Perché? – fece lui. Sembrava spaesato, eppure il suo tono di voce era gelido come al solito.
Non l’aveva neanche fatto apposta. L’aveva ferita, involontariamente.
Ma Daveigh era troppo fragile in quel momento, non era abbastanza forte per passarci sopra.
Si era chiusa.
Non si ricordava come si faceva a stare bene veramente, e la cosa le dava ai nervi.
Ora non poteva più tornare indietro, doveva tagliare i ponti.
– Scusa – mormorò.
 E, senza lasciargli possibilità di risposta, riattaccò bruscamente  spegnendo il telefono.
Sperava di aver dimenticato tutto in un batter d’occhio, ma solo aver sentito la sua voce l’aveva fatta stare male, e le aveva fatto rivivere quel momento in cui, fidandosi ciecamente di lui, si era tolta il polsino viola e gli aveva mostrato le cicatrici del suo dolore ancora visibili sul  braccio pallido.
Cosa aveva fatto lui, quando aveva visto?
Niente.
Assolutamente niente.
Si era limitato a guardarla, freddo, e poi l’aveva giudicata, dicendo “Beh, quando non si sa cosa fare ...”
L’eco di quella frase le risuonò dolorosamente nelle orecchie. La frase che l’aveva fatta sentire presa in giro,che aveva fatto crollare tutte le sue aspettative nei confronti di Daniel.
– Ah, certo! Perché io quando non so cosa fare prendo le forbici e mi taglio! – avrebbe voluto urlare in modo sarcastico. Ma non l’aveva fatto, ed era rimasta a guardarlo interrogativa, mentre si infilava velocemente il guanto viola, continuando a confidarsi, ad aprirsi, a lasciare che lui sapesse tutto della sua vita.
 Si era fidata, ma cosa aveva avuto in cambio?
Niente. Di nuovo.
Solo in quel momento realizzò che lui sapeva tutto di lei, ma che lei non sapeva niente di lui. Ecco, era stata delusa.
Era stata delusa da una persona che credeva tenesse ad un legame, qualunque esso fosse stato, con lei. Daniel, invece, era solo un cretino, come diceva Emma, eppure non riusciva a scordare l’istante in cui si era confidata con lui e alla delusione che non la faceva respirare.
“Forse la realtà non è mai come sembra” pensò, mentre fissava un punto a vuoto.
Le sarebbe piaciuto che Daniel non fosse stato così com’era. Le sarebbe piaciuto che fosse stato una persona diversa.
 Si chiese come mai spesso le cose non andassero come lei avrebbe voluto, trattenendosi dal lanciare il telefono a terra. Poi si sdraiò, esausta.
 
 
 
– Io penso che questa piazza sia bellissima – disse Daniel con il naso all’aria.
Daveigh ridacchiò.
– Questa è Londra, Daniel.
– E’ veramente bella. Mi piace. Bristol è troppo rumorosa a volte.
– Davvero? – fece lei.
Lui serrò le labbra annuendo.
– Senti Dan, devo dirti una cosa.
I suoi occhi azzurri si assottigliarono.
– Che cosa?
Per una frazione di secondo, Daveigh non seppe se avergli accennato quello che stava per dirgli fosse stata la cosa giusta da fare o una cavolata colossale.
– Beh, è una cosa mia in realtà. Però dato che sei mio amico, ci tenevo a parlartene – disse timidamente.
– Okay, ti ascolto.
– Ecco ... – tentennò.
– Sì?
– Ho un problema, io. Spero che mi aiuterai a risolverlo.
– Ci provo, ma dimmelo.
Era strano, il suo tono di voce. O era solo una sua impressione?
– Guarda – disse solamente lei, sfilandosi i suoi soliti guanti a rete viola.
Si ricordava che Daniel aveva sorriso radioso quando glieli aveva visti; le aveva detto che la facevano sembrare gotica e che le stavano bene, anche se non le si addicevano.
Lasciò la pelle diafana scoperta.
E quello che fece il ragazzo la lasciò di sasso.
– Wow – fece, atono.
Lei gli rivolse uno sguardo  preoccupato.
– Non sapevi cosa fare eh ...
E in quel momento Daveigh trovò buffo come, solo cinque parole, l’avessero fatta crollare.
 
 
Nel ricordare le sfuggì un sospiro pesante.
Per un momento non voleva pensare a niente, voleva solo dormire, staccare dal mondo intero.
Chiuse gli occhi.
 

****

 
 
Lo aveva conosciuto appena durante la gita in Irlanda. Era un ragazzo alto, biondo e affascinante, in un certo senso. L’aveva colpita il suo essere sempre così estroverso, così scherzoso e spontaneo. Forse, quell’indole avrebbe potuto farla aprire, farla sbloccare.
Daveigh, per dir la verità, era una persona molto timida. Non era facile che si aprisse con le persone.
Daniel però, in qualche modo, c’era riuscito. Era riuscito a conoscerla, a capire che tipo di persona era. E le era stato vicino, più o meno.
Quello che però la ragazza non aveva capito, era che lui aveva in mente altro piuttosto che una semplice amicizia. Daveigh era dolce, sincera, ma anche terribilmente ingenua. E non aveva capito, non aveva capito ancora quali erano le intenzioni di Daniel.
Non aveva capito che sotto quella facciata da ragazzo gentile si nascondevano dei secondi fini. Lei era una di quelle che pensano che il mondo sia buono e che ci si possa sempre fidare di tutti.
Daniel le aveva dato la prova che spesso le persone non capivano.
E che lui non era quello che lei si aspettava.
La delusione la stava uccidendo, senza che potesse fare niente.
 
 
– Mi dispiace Dan, ma non so se provo per te le stesse cose che provi tu per me.
Il ragazzo la guardò, con un’espressione che non seppe come decifrare.
Sembrava che in quegli occhi di ghiaccio ci fosse una punta di risentimento che cercava di essere mascherata con l’indifferenza.
Di’ qualcosa, ti prego, pensò la ragazza, mentre lo guardava con  le labbra serrate.
– Ehm, io ... – aggiunse timidamente – mi ... mi dispiace, Dan.
Lui era impassibile.
Sembrava fatto come di roccia. Daveigh non riusciva a distruggerlo, a capire che cosa pensava, anche solo da uno sguardo, un’espressione, un modo di fare.
Sembrava che quella frase lo avesse congelato temporaneamente.
– Non c’è problema – disse improvvisamente.
Ma la sua voce era gelida.
E per un momento, Daveigh rabbrividì nel sentire quelle parole.
– Menomale – sussurrò – non c’è problema.
– No – fece lui. Ancora quella voce che le dava brividi di terrore, fredda come il ghiaccio.
– No – ripeté Daveigh.
Probabilmente, in cuor suo, non voleva ammettere che lo aveva detto come per convincersene davvero.
Anche se non era affatto così.
 
 
 
Daniel non le era sembrato un ragazzo come tutti gli altri sin da subito. Era estroverso, sì, e simpatico, ma le dava anche l’idea di uno che era meglio non far arrabbiare. Aveva un non so che di minaccioso, di cupo, che inizialmente non le piaceva. Ma poi si era convinta che non potesse essere cattivo e che anche lui fosse sensibile, almeno un po’.
Aveva iniziato ad avvicinarsi piano, come se temesse di farsi del male. Ma lui si era dimostrato, almeno in apparenza, molto dolce e disponibile con lei.
Era un rapporto strano, il loro.
Ma nonostante tutto, le piaceva. Le piaceva quell’amicizia che sembrava voler essere di più, che veniva però fermata da lei stessa.
Le piaceva.
E ci credeva. Almeno un po’.
 
 
– Ci sentiremo? – chiese Daveigh guardandolo negli occhi.
– Spero di sì – fece lui.
Lei gli sorrise debolmente.
Poi lo lasciò andare.
 
 
C’era qualcosa di totalmente singolare tra loro. Sembrava che fossero vicini, ma al tempo stesso distanti.
Come quella volta, in cui non sapevano se si sarebbero rivisti.
Poi era venuto a Londra.
E le cose erano cambiate radicalmente.
 
 
 
Lo osservò, dopo essersi gettata tra le sue braccia.
Aveva gli occhi spenti, acquosi. E rossi, come se avesse appena pianto.
Non erano più di quel blu intenso di prima.
– Che stai facendo? – le chiese, scansandola in modo rude.
– Ehm ... niente – si affrettò a dire, allontanandosi subito da lui.
Era appena arrivato.
E l’ aveva già respinta.
Daveigh pensò che magari, nei giorni seguenti, avrebbero avuto occasioni per stare insieme in allegria. Forse era una cosa passeggera, forse gli sarebbe passato.
Sì, sicuramente era così.
Doveva essere così.
Ma, ancora una volta, Daveigh Miller si sbagliava.
 
 
Non riusciva proprio a capire.
Non riusciva a capire come Daniel avesse fatto quel cambiamento repentino, com’era che adesso lo vedeva con occhi così diversi rispetto a prima.
E come si era brutalmente scontrata con quel cambiamento.

Come avesse visto il vero Daniel. Il Daniel che aveva temuto e che aveva cercato di non vedere.

Da una parte era un bene, aveva capito finalmente che tipo di persona fosse.
Dall’altra, la parte che odiava più di ogni altra cosa, era che ci stava di schifo.
E che aveva capito troppo tardi di aver sbagliato di nuovo.
Di aver commesso un altro errore che si era inevitabilmente ripercosso su di lei.
Le sfuggì una risatina amara, mentre guardava distrattamente il cielo fuori dalla finestra.
Si faceva un po’ pena, a volte.

 

 
 
 Eccomi qui, e sono ancora qui (?)

Eccomi di nuovo, a rompervi le scatole :D
Complessivamente non mi sembra il massimo, ma spero comunque che sia di vostro gradimento.
Questo capitolo è decisamente molto introspettivo; non succede nulla di particolare, ma almeno i ricordi di Daveigh vi hanno fatto capire com'è andata esattamente tra lei e questo Daniel, di cui sapevate ancora relativamente poco.
Recensite in tanti, sapete quanto ci tengo alla vostra opinione.
Ok, abbiamo capito che per lo spazio autore non avevo molta ispirazione, quindi è meglio per la vostra salute mentale se mi dileguo :3
Baci a tutti <3

Stella cadente
  
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