Primavera
non bussa {lei entra sicura}
e
quel sole ce l'hai dentro il cuore,
sole di primavera
Neville
Paciock è una persona soddisfatta della sua vita: ha ottenuto tutto
quello che aveva desiderato mentre guardava da bambino il cielo blu
attraverso una piccola finestra e nelle sue orecchie ronzava la voce
di Augusta che gli raccontava storie di tempi andati.
È
stato un eroe di guerra, uno stimato professore di Erbologia, un
marito premuroso e un padre affettuoso.
Ed ora
è solo un vecchio che ha vissuto abbastanza.
Da
bambino aveva sognato una bella casa, tranquilla ma viva,
piena del vociare allegro di bambini e del sorriso di una donna,
immersa nel verde splendente della Scozia. Così con Hannah, quando
le cose si erano fatte serie, si era trasferito qualche miglio fuori
Edimburgo, e presto erano arrivati Alice ed Harry Jr a fargli
compagnia con una piacevole confusione infantile.
E
piano piano aveva trasformato quella casa, piccola ma accogliente,
proprio in un bel posto, soprattutto la sera, e pensava di toccare il
cielo blu con tutte e dieci le dita, mentre davanti al caminetto
ricordava i tempi di Hogwarts, e gli occhi grandi e sgranati dei suoi
marmocchi si illuminavano di curiosità.
Neville Paciock ha
adorato i suoi figli, soprattutto Harry Jr, e amato sua moglie
- anche se non aveva una spruzzata di efelidi e non si chiamava Ginny
Weasley...
Nel cammino che lo ha portato alla sua vecchiaia
Neville ha dimenticato molte cose, volente o nolente, quasi fossero
oggetti futili da lasciare sul ciglio della strada. Non si ricorda
quasi più, e ne soffre terribilmente, il viso di sua nonna e la voce
della McGranitt, ha lasciato scivolare via con gioia dalla sua mente
le torture dei Carrow e il naso adunco di Piton. Ma lei, lei non la
dimenticherà mai.
Non sa
bene che giorno sia - anche il tempo ormai è diventato qualcosa da
riporre come un maglione vecchio sul fondo di un armadio - ma forse è
maggio, perché l'aria si è fatta più dolce.
Anche
adesso che ha superato da molto i novanta, ed è malato, tanto
malato, tra i capelli radi e bianchi e le rughe che tracciano solchi
sul suo viso riesce a rivederla nitidamente, come se l'avesse
incontrata solamente qualche minuto prima.
Un colpo più
forte di tosse interrompe il flusso dei suoi ricordi. Apre gli occhi
per cercare un bicchiere d'acqua e la vede seduta sul ciglio del
letto che gli sorride raggiante, fasciata nel suo vestito color
pesca.
Ed è in pochi secondi, mentre il cuore fa una dolorosa
capriola nel petto, che Neville torna indietro a quel giorno di
maggio.
~
E
ti ricordi c'era il paese in festa
tutti ubriachi di canzoni e di
allegria
Il sole era implacabile. I raggi quasi bruciavano le sedie in plastica colorata che Hermione aveva Appellato dall'interno, disponendole in un ordinato cerchio variopinto intorno al tavolo imbandito a festa. Era un cinque maggio di uno dei tanti e freschi anni dopo il 1998, e c'era così tanta voglia di festeggiare, di riunirsi e ritrovare pezzi di sé che magari si erano persi nel buio caotico della guerra. Neville indossava una semplice camicia beige a righe, e fingeva sorrisi mentre aveva paura di bruciare davvero, con il suo cuore lasciato in sordina e gli occhi pieni di niente.
Poi
lei era arrivata, camminando piano sul prato, e ad ogni passo le
balze del vestito color pesca si erano alzate, gonfiate dal vento
primaverile, per poi ricadere mollemente verso il basso in
un'oscillazione quasi ipnotizzante – Neville aveva pensato che lei
era il mare, il suo vestito le onde spumose, i suoi capelli la
spiaggia bollente, e lui, lui era solamente un povero naufrago.
Si
erano trovati senza neanche doversi cercare dentro la casa, mentre
fuori Harry parlava a qualcuno, a Seamus o Dean forse, di come fosse
tosta l'accademia Auror e di quanto ci fosse da faticare.
Si
erano trovati senza neanche doversi cercare e avevano fatto l'amore
velocemente, in una stanza della nuova casa dei coniugi Potter, e le
pareti erano color giallo pastello perché forse sarebbe stata la
camera del primo figlio,
chissà se sarà maschio o femmina, meglio scegliere un colore
neutro.
Neville
ricorda perfettamente i seni di Ginny, rotondi e dolci come le
pesche, l'ombelico morbido e le cosce strette intorno alla sua
vita.
E ricorda anche che c'era ancora lo scotch colorato intorno
agli scatoloni, e la polvere copriva con un sottile strato i mobili
mai usati, e ci sarebbero voluti centinaia di incantesimi per pulire
quella camera, ma niente avrebbe potuto lavare le loro coscienze.
L'aveva baciata con un ardore quasi disperato, e le tende erano
chiuse al mondo - c'erano solo loro in quella stanza - eppure
riuscivano a vedersi bene, perché c'era così tanta luce – il sole
bollente nel cuore di lei, sotto le dita colpevoli di lui, dentro gli
occhi di entrambi.
Quando erano risaliti Neville aveva
brindato, congratulandosi con Harry della scelta del posto, davvero
molto carino, e aveva scambiato qualche chiacchiera vuota con gli
altri invitati. Sotto una bretella leggermente allentata Ginny
nascondeva un piccolo segno - le sue labbra erano rimaste lì per
troppo tempo - ed era il pensiero che una parte di lui, per quanto
minima ed effimera, sarebbe rimasta su di lei per sempre che non lo
faceva impazzire e urlare la sua colpa al mondo.
~
«Balla
con me, Neville » sussurra ora Ginny, ed è una visione crudele e
bellissima, lei al Ballo del Ceppo con i capelli raccolti, il collo
bianco, quasi eterea nei suoi quattordici anni.
«Balla con me,
Neville » ripete, e lui vorrebbe davvero alzarsi, ma è così
stanco, vecchio, malato, stanco di essere vecchio e malato, che non
ce la fa e si limita a sfiorarle la mano.
Lei
non dice più niente, ma sorride.
~
Harry
è in viaggio con Ron ed Hermione, e la sua assenza fa male, le
torture dei Carrow sono pesanti, il fantasma di Piton aleggia sulla
scuola, e ci sono solo loro due – annegano nel dolore
dell'altro, si consolano nei sorrisi accennati, si sostengono come
porti sicuri in cui riposare. Ginny riflette, pianifica, organizza, e
Neville rimane affascinato dal modo in cui il fuoco del caminetto
nella Sala Comune gioca fra i suoi capelli, e da come il suo profumo
arrivi forte alle sue narici – una dolce fragranza di fiori di
pesco che gli ricorda la fine crudele della primavera e l'inizio
appena accennato e dolce dell'estate, un aroma che sa
terribilmente di lei.
Quando si addormenta tra le sue braccia rimane a guardarla tutta la notte, respirando appena, per paura di svegliarla.
~
Ma
che bel sogno era maggio e c'era caldo
noi sulla spiaggia vuota ad
aspettare
e tu che mi dicevi
guarda su quel gabbiano
stammi vicino e tienimi la mano.
Neville
ricorda che alla fine dei festeggiamenti di quel giorno di inizio
maggio - il cinque, era il cinque – lei si era allontanata piano
verso la spiaggia, tenendo le scarpe in una mano e il suo cuore
nell'altra, e non si era mai voltata – sapeva che lui l'avrebbe
seguita comunque.
Aveva
iniziato a camminare piano sul bagnasciuga, poi nell'acqua, il mare
che le sfiorava le dita nude, il mare che mano a mano le avvolgeva le
caviglie bianche, il mare che le bagnava l'orlo del vestito.
Lo
aveva sentito dietro di lei quando l'aveva raggiunta – il suo
respiro, la sua presenza, il suo odore - ma neanche allora si era
voltata, gli occhi fissi su un punto lontano.
«Neville, io te lo prometto: un giorno saremo insieme.»
«Quando?»
Il suo labbro aveva tremato appena, e aveva continuato a tenere lo sguardo sull'orizzonte, ed era una visione spaventosa, ingiusta, che qualcosa dentro di lui era andato in mille pezzi nel vederla così fragile, perché lei era sempre luminosa, lei era il sole, e il sole avrebbe dovuto brillare, non essere pieno di ombre e vuoti, di dubbi e dolore. Poi, dopo istanti lunghi interi anni, finalmente aveva parlato: «Quando sarà troppo tardi.»
~
Il bicchiere d'acqua scivola dalle sue mani, bagna le lenzuola bianche e asettiche e i vetri si frantumano da qualche parte sul parquet – ci sarà un incantesimo asciugante per quello, c'è sempre un incantesimo – e come un flash Neville rivede i vetri rotti di una finestra d'ospedale per la rabbia e la frustrazione, l'impotenza nel vederla sfiorire e non poter piangere a sufficienza – non era suo quel dolore, era di Ron, di Molly e di Arthur, era di Harry - la mente che non riusciva a formulare un pensiero coerente perché lei non c'era più, se ne era andata, morta – e non c'era nessun incantesimo per sistemare quello.
Ricorda ancora la tomba bianca, le lacrime di James Sirius, di Albus e Lily, l'epitaffio limpido e doloroso che era inciso a minute lettere corsive anche nel suo cuore: “Amata nobis quantum amabitur nulla.”
Neville
passa lentamente le mani rugose e tremanti lungo un ricamo della
stoffa bagnata, seguendo il filo dell'intricata trama, la mente
assente. È sicuramente maggio: i raggi del sole filtrano forti anche
dentro la sua finestra, dentro di lui,
e dipingono lunghe ombre rosse e arancio sporco di tramonto sui muri,
e nell'aria c'è un delicato aroma di un fiore, di un fiore di pesco
che sa di una ragazza fragile e forte, di una donna dolce come la
primavera che ora lo sta aspettando.
Si è fatto davvero tardi: Neville sorride e chiude gli occhi.
Tu
che sei nata dove c'è sempre il sole
sopra uno scoglio che ci si
può tuffare
e quel sole ce l'hai dentro il cuore
sole di
primavera
su quello scoglio in maggio è nato un fiore
Note autrice:
Questa storia
si è classificata, con mio sommo stupore, prima al “Lumos Contest” indetto da FataFaby89. Il pacchetto ricevuto conteneva
il mese di maggio, il numero cinque, e il pairing Ginny/Neville, con
questa citazione facoltativa “E quel sole ce l'hai dentro il
cuore, sole di primavera”
Non
scrivo quasi mai su HP, semplicemente perché non credo di esserne
all'altezza, perciò sono soddisfattissima
della posizione, proprio perché non sono abituata a maneggiare
questi personaggi.
Qui potete trovare il giudizio, molto dettagliato e preciso della giudicia – che ha dato i risultati in pochissimo tempo. La ringrazio ancora per gli splendidi banner – aww ho vinto anche il premio Mensile per il miglior utilizzo del mese - e per aver indetto questo splendido contest.
Il titolo è una gentile concessione di De André, mentre la frase in latino è presa da un carme di Catullo; oltre alla citazione del pacchetto ho usato altre frasi della lyric Fiore di maggio di Concato.
Spero vi sia piaciuta ~