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Autore: ericapenelope    25/10/2012    3 recensioni
[GDR Trama inventata.]
La storia viene ripresa da un *gioco di ruolo* su Hunger Games. Parla di più personaggi inventati da altri player che si ritrovano nell'Arena, ma non solo. Sono legati da qualcosa o qualcuno. E' un proseguimento diverso da come è andata davvero. E' il *mio* proseguimento di una storia che parla di combattimenti e di sentimenti non detti. E' tutto un gioco, d'altronde, no? Buona lettura.
Genere: Avventura, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Epilogo

 

Le foglie d'autunno caddero silenziose sulle verdi distese d'erba che governavano quelle colline. La gamba d'acciaio cigolava ad ogni passo, ma ormai Thomas si era abituato a quel suono metallico che gli sfiorava l'udito. Ci aveva convissuto gli ultimi trent'anni della sua vita, non lo scalfiva nemmeno più. Ed erano passati trent'anni, quattro mesi e trenta giorni dalla morte di una vecchia conoscenza, in un contesto completamente diverso. Capitol City era capitolata – e scusate il gioco di parole – verso la fine. Due anni dopo quei fatidici Hunger Games, dopo essere vissuti dentro a gabbie, torturati e massacrati di botte, la Ribellione aveva preso possesso di sé e aveva creato uno schermo contro la Capitale, scuotendola e sfidandola. Katniss e Peeta erano stati i vincitori dei 74esimi giochi, ma avevano preso atto del pericolo che Capitol City suggeriva ad ogni Edizione. Alla fine, dopo morti e soprusi, ce l'avevano fatta. I ribelli avevano vinto ed era tornata la pace. Una pace che durava venticinque anni. Una pace che Thomas aveva vissuto in solitudine e distante da ogni forma intelligente – o quanto meno, umana.
Ma ogni anno, ogni mese e ogni settimana le sue visite a quella tomba continuavano ad essere un rituale troppo prezioso. Raccontava sempre a quell'epitaffio tutta la noia e l'oziosità che succedeva al Distretto Due. O meglio, alla loro vecchia casa, perché ormai i Distretti non esistevano più. Raccontava a Lilian dei suoi ultimi animali e di Oscar, il suo golden retriever che gli faceva compagnia.
Ogni volta che le faceva visita, raccoglieva o comperava un giglio e lo posizionava adiacente alla lapide. Ne accarezzava i petali e incominciava a parlare, sempre con lo stesso tono sommesso e un po' felice. Perché alla fine Thomas Watson non poteva essere meno felice. Non si era sposato e non aveva avuto figli, ma aveva vissuto una vita piena e senza tristezza. Vivere in solitudine era stata una sua scelta, ma la vita gli aveva portato cose belle e cose buone. Veri amici, come la gentile Allison Martins e incredibili sensazioni di amore. Perché Thomas si era innamorato di nuovo, più volte, ma nessuna era stata in grado di uguagliare la profondità che aveva condiviso con lei, il suo fiore più bello. Aveva amato donne e disperato assieme a loro, ma alla fine aveva deciso di lasciar perdere quel genere di sentimento, perché quel genere di sentimento lo si vive una sola volta e per sempre e mai come la prima. Questo era riuscito a capirlo e così si era messo il cuore in pace.
Durante quella guerra durata mesi, aveva partecipato ai combattimenti solo alla fine. Lui e Ambrosia erano stati rinchiusi all'interno di una struttura, torturati per due anni e massacrati visibilmente in modo psicologico. Di Ambrosia non aveva mai più avuto notizia, non fino a qualche anno fa. Aveva saputo da fonti anonime che era diventata una Agente dei Servizi Segreti e che frequentava spedizioni sempre accese e sempre segretissime. Non era mai più ritornata al vecchio Distretto e non aveva mai più conciliato con la sua famiglia. Non aveva mai più saputo nemmeno se la sua infermità mentale fosse continuata o se, davvero, lo scontro con la giovane e bella Ophelia Tanis Ryder l'aveva guarita.
Ora si ritrovava semplicemente a fissare la lapide, a pensare a se stesso e ad aggiornare alla sua vecchia fiamma le avventure ordinarie di un comune uomo invecchiato troppo velocemente.
«Sapevo d'incontrarti qui, Watson». La voce roca ed adulta di Ambrosia gli riscaldarono il cuore. Thomas si voltò da seduto, lasciando la gamba in acciaio ferma ed immobile. Il volto di Ambrosia gli sembrò invecchiato, più adulto e non più giovane come una volta. Una lunga cicatrice le incideva la carne, passandole sopra l'occhio sinistro, lasciando questo privo di visibilità. I capelli erano sempre lunghi, ma lo notava da uno chignon che tratteneva stretto, sopra la nuca. Era più alta e visibilmente più in forma di lui, ma l'unico occhio sano le mostrava la stanchezza degli anni passati. Non aveva ancora rispettose ciocche bianche, ma il volto dimostrava più anni di quelli che davvero aveva. Ambrosia Julia Adams aveva perso quella bellezza di cui andava tanto fiera, ma probabilmente aveva appreso qualcosa di migliore.
Si mosse in sue direzione, scostando lo sguardo miele dalla figura dell'uomo dalla gamba in acciaio alla lapide consunta dagli anni. Thomas le sembrò sfinito e stanco, ma felice. Non aveva messo su nemmeno un chilo, ma i muscoli si erano afflosciati. Ciocche grigie gli coloravano le tempie e la barba folta gli cimentava il volto. Tutto sommato, quelle due perle oceano rimanevano al loro posto. Due fessure azzurre che fissavano Ambrosia senza timore, ma solo con sollievo.
«Mi chiedevo che fine avessi fatto, Adams. Hai mancato l'allenamento del lunedì», scherzò Thomas.
Per la prima volta, entrambi risero allegri. E la cosa più bella è che non si stupirono affatto di questo. Ambrosia si sedette accanto a lui, posò il giglio che teneva tra le mani accanto a quello raccolto dall'uomo e tornò a fissarlo. Non gli sembrava sconvolto di vederla, né tantomeno felice. Era semplicemente consapevole del fatto che un giorno si sarebbero rivisti.
«Allora, cosa ci fai qui?»
Ambrosia gli spiegò che la sua carriera era giunta all'apice. Era indecisa se proseguire o tornarsene a casa, ad oziare come tante vecchiette presto avrebbero fatto.
«Tu non sei vecchia e sicuramente non sei in grado di oziare. Si sa come sei fatta».
«Ah, si sa?»
Un sorriso lieve le si dipinse sul volto. Era decisamente maturata. Non sapeva per certo se fosse guarita, ma il cambiamento era evidente, anche perché non lo aveva ancora minacciato di morte. Era cresciuta. Ormai era una donna più che adulta.
«Potremmo, che so, berci un bicchiere di whisky qualche volta», appurò lei.
«Sì, potremmo, qualche volta», affermò lui.
Rimasero in silenzio per un periodo che sembrava essere infinito, si distesero entrambi sul prato e guardarono il cielo autunnale, sfumato di tutti quei colori che dava il tramonto.
«Grazie», disse Thomas. «Mi ero ripromesso di dirtelo un giorno, quindi grazie».
Ambrosia non sapeva perché la stesse ringraziando: all'epoca Thomas era solo un ragazzino e non era riuscita a salvare la sua Lilian. Allora perché?
Si voltò in sua direzione, a fissarlo con quell'unico occhio sano che le era rimasto. La guerra le aveva portato via tante cose, ma non lo sguardo indagatore di un tempo. Riusciva a farlo comunque, anche con un occhio solo.
«Per cosa?»
«Per avermi dato un'occasione», rispose Thomas. «Tutti dovrebbero averne una e tu mi hai aiutato ad averla».
Ambrosia non replicò. Rimasero a contemplare il cielo che mano a mano si oscurava e diventava stellato. La gamba di Thomas cigolò ancora e la palpebra di Ambrosia rimase ferma e fissa in quella posizione, come lo era da troppi anni ormai.
Lei sorrise, lui fece lo stesso. I loro sguardi non s'incontrarono mai quella notte, ma le loro dita si sfiorarono di nuovo, come tanto tempo fa.
«Mi dispiace che tu non sia riuscito a dirle che l'amavi, Watson». Le labbra di Ambrosia sfidarono quelle parole come il vento in estate. Thomas non disse nulla, la lasciò parlare.
«Mi dispiace di non essere riuscita a salvarla per te».
«Non è mai stato compito tuo. Non volevi nemmeno entrarci in tutto quello».
«Ma ci sono entrata».
«Ma ci sei entrata e non so davvero ancora come ringraziarti. Mi hai dato Lilian. L'ho persa e non sono stato in grado di proteggerla, ma io so, davvero lo so, che le cose non sarebbero potuto andare diversamente». Il volto di Thomas si voltò verso quello di Ambrosia e i due si guardarono come se già sapessero da tempo.
«I nostri destini erano già segnati da tempo. Lei lo sapeva. Ed era così furiosa con me, Ambrosia, quel giorno. Dovevi vedere la sua faccia, mi avrebbe trafitto una lancia nel cuore per la mia incoscienza se ne avesse avuto l'occasione» e sorrise a quel ricordo vivido ancora e sempre.
«Non sarebbe la sola. Io per prima l'avrei fatto».
«Ma?»
«Ma arriva un momento nel quale ti ritrovi a scegliere cosa sia giusto per te. Il destino è solo relativo Thomas. Il destino non c'entra. Quello che è successo sarebbe potuto andare diversamente, per questo mi dispiace». Ambrosia parlava con fermezza e Thomas ascoltava con risolutezza. Rinvangare il passato stava permettendo a loro di chiudere una questione ferma da troppo tempo. Ma non avevano più lacrime da sfogare. Avevano solo tante, tantissime parole da raccontare.
Thomas la vedeva diversamente da Ambrosia, ma rimase silenzioso a guardare l'ombra scura che stava giungendo sopra le loro teste. Poteva già distinguere diverse stelle, ma senza davvero saperne le costellazioni.
«Una volta ho detto a Lilian che avevo baciato una ragazza, non mi ricordo nemmeno il suo nome», esordì poi Thomas, dopo una manciata di minuti.
«Quindi?»
«Beh, non era vero. Le avevo detto una bugia per farla ingelosire. Non ho mai pensato di baciare nessun'altra al di fuori di lei. Stupido, non è vero?»
Ambrosia catturò lo sguardo di Thomas e gli sorrise.
«E' incredibilmente stupido, vomitevole e romantico. Degno di te, devo ammettere». Ambrosia si mise a sedere, disfacendo lo chignon composto e mostrando ciocche lunghe e boccolose.
«In cuor suo lo sapeva. Sapeva anche di amarti alla follia, e blablabla». Ambrosia fece per alzarsi, ma Thomas la trattenne.
«E tu? Hai mai amato qualcuno e blablabla?»
Ambrosia lo fissò negli occhi, sorridendogli adulta. «Se c'è una cosa che non cambierà mai, Watson, è l'amore – o odio, vedilo come vuoi - verso me stessa». Dopodiché Thomas la lasciò andare e lei si alzò.
«Ora andiamo a berci quel whisky di cui ti parlavo prima. Ho bisogno di mettere qualcosa nello stomaco».
«E per “qualcosa” intendi alcolici?»
«E ubriacarmi fino a star male, sì».
«Non sei cambiata di una virgola, Adams».
«Nel profondo, non si cambia mai davvero, Watson».
Attese Thomas alzarsi con discrezione, ascoltando il cigolio della sua finta gamba. Non gli chiese se voleva aiuto né lui osò farlo. Entrambi diedero un ultimo sguardo alla lapide di Lilian e ai due gigli. Entrambi seppero che quella lapide sarebbe stata sempre lì, come il cuore di Thomas e la mente di Ambrosia.
Entrambi sapevano che il loro destino si era compiuto tempo addietro e le cose, come disse Ambrosia, non sarebbero mai cambiate davvero.

 

 

 

 

 

 

Grazie,

A Lilian alias Rossella che mi ha commosso tantissimo e mi ha fatto venire l'ispirazione per questa modesta e breve storia a cui sono stata particolarmente affezionata.

A Thomas alias Sara che mi ha fatto muovere il suo personaggio, perché senza Thomas tutto questo non sarebbe potuto accadere.

A tutti i player a cui ho “preso in prestito” e mosso i loro pg perché è stato davvero bello realizzare tutto questo.

A Susanne Collins che ha scritto questa saga che mi ha dato l'ispirazione per completare ciò che Sara e Rossella hanno iniziato.

Al forum di gdr che seguo, dove sono vivi – o meno – alcuni dei personaggi che ho descritto “http://hungergamesitalia.forumcommunity.net”.

A mio padre che per la prima volta è riuscito a leggere qualcosa di mio.

Al mio ragazzo e a quei pochi amici che mi seguono.
A Mirya perché il suo stile è bellissimo.

A quelle persone che mi seguono e a chi mi seguirà in futuro.

A chi ancora non mi segue.

E per ultimo ma non ultimo, grazie a me, perché finalmente sono riuscita a concludere qualcosa. E questo qualcosa lo porterò sempre nel mio cuore.

Quindi grazie, grazie davvero perché è stato semplicemente splendido poter realizzare qualcosa di concreto.

 

 

 

Capitolo 5: i verbi sono al passato per una scelta strettamente stilistica e personale.

Capitolo 6: “si vive insieme, si muore soli” è una frase presa dal telefilm Lost.

Tutto il resto è opera esclusivamente mia e dei player che hanno contribuito semplicemente realizzando i loro personaggi.

 

Grazie ancora.

 

 

   
 
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