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Autore: roxy_xyz    25/10/2012    1 recensioni
Il dolore ci prende, ci blocca, ci impedisce di continuare a vivere. Ed è quello che è successo a Marco, rimasto solo senza la sua Elisa. Un guscio vuoto che non fa altro che alzarsi la mattina senza alcun scopo.
A volte basta poco, una parola, una persona che ci aiuta al alzarci.
Un incontro per capire una cosa: Marco non è solo.
[Nona classificata al The Untold Stories - Multifandom & Originali – Inedite ed Edite]
Genere: Malinconico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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For ever

II




Era un mercoledì quando Marco si presentò al solito orario al cimitero e non trovò nessuno. La sua mano era ancora sollevata in aria quando si bloccò come se avesse ricevuto un rimprovero. I garofani rossi sembravano ammiccargli, chiedergli di non gettarli nella pattumiera. Non vedi quanto siamo freschi?
“Va bene.” Cercò di sistemare tutti i fiori insieme facendo attenzione a non guastarli, e il risultato, per fortuna, fu anche più bello rispetto ai giorni precedenti.
Elisa sembrò sorridergli dalla foto, o forse era lui ad avere aveva troppa immaginazione.
“Ciao.” Fu l’unica cosa che riuscì a dire. Era un imbranato al primo appuntamento, un adolescente che balbettava e sudava freddo di fronte alla ragazza più bella del liceo. “Non so, magari starai pensando che sono completamente pazzo, ma… ti ho scritto una lettera. E farò così tutti i giorni, perché, per colpa tua, ora do retta anche agli estranei! Insomma, non pensare male… oh mamma, che dico!”
“Be’, se devo essere sincera, eri strano anche prima di conoscermi.”
Una voce calda aveva interrotto quello strano monologo, salvando Marco dall’imbarazzo.
“Ehi.”
“Ehi” aveva risposto la giovane donna. Con la solita calma si era avvicinata e inginocchiata come faceva tutti i giorni.
“Mi stavo cominciando a preoccupare non vedendoti. Sei sempre stata precisa come un orologio svizzero.”
“Oh, beh, io a differenza tua ho una vita.” Solito cinismo e solita verità sbattuta in faccia.
“Ah sì? E quando potrò sapere il tuo nome?” Desiderava conoscerlo sin dal primo incontro, ma si era sempre controllato.
“Un giorno.” Aveva inclinato la testa come se stesse pensando a una data in particolare, con lo sguardo rivolto verso l’alto. “Forse.”
“Forse” ripeté Marco.
Alla vista della busta della lettera tra i garofani si era girata di scatto. “Le hai scritto!”
Nonostante Marco si vergognasse del gesto, gli bastò guardarla negli occhi per capire che era sincera e che non lo stava prendendo in giro. Sembrava quasi fiera di lui.
Con una mano si era grattato la testa, scompigliando i capelli. “Sì” aveva detto con un filo di voce.
“Bravo. Come premio ti meriti un mio fiammifero al prezzo speciale di un sorriso.” Si era alzata e gli aveva allungato il bastoncino.
“Solo un sorriso?”
“Sì.”
“E come farai con il mutuo della casa, il bollo e le rate della macchina, se mi darai tutti i fiammiferi gratis?” domandò, con un pizzico di ironia.
“Oh mamma, come fai a conoscere tutti i miei debiti?” Il tono della voce era allegro, consapevole dello scherzo del ragazzo.
“Sono uno stalker e so tutto su di te!” Marco sperò che non si spaventasse e stesse al gioco; non voleva farla scappare.
“Vorrà dire che dovrò chiedere l’elemosina per non morire di fame” buttò lì, come se non fosse nulla di grave.
“Sicura?” domandò ancora.
“È solo un fiammifero, non morirò mica!” aveva detto, sbuffando per fargli capire di non avere tutti quegli scrupoli.
“Sicura, sicura?” Non capiva perché, ma ogni volta che perdeva le staffe sembrava anche più bella.
Bella? Ma cosa stava dicendo?
Come per volerlo zittire, si era alzata e gli aveva tolto il bastoncino dalle mani per accendere il cero. “Ecco, detto e fatto. Ora, taci per almeno trenta minuti.”
Per tutto il tempo non aveva fatto altro che osservarla, cercando di seguire il movimento delle labbra per sapere se avrebbe pronunciato il suo nome, per sentirsi vivo attraverso i suoi racconti.


*

“Marco, smettila di fissarmi!” Elisa si era spalmata una maschera sul viso, convinta che quel giorno il suo fidanzato sarebbe tornato tardi, invece aveva suonato al campanello ed era scoppiato a ridere alla vista della sua faccia verde.
“Non ci riesco, giuro che mi sto impegnando, ma sei troppo buffa!”
Si era coperta con le mani. “Smettila, sono un mostro.”
“Sei bellissima.” Si era avvicinato e gli aveva afferrato le dita con gentilezza. “Apri gli occhi e guardami,” aveva continuato a dire.
“No.”
“Eli…”
Come una bambina aveva sbattuto i piedi per terra e aveva aperto un occhio per sbirciare Marco e controllare la sua espressione.
Vide le labbra del suo fidanzato avvicinarsi e posarsi sulle proprie, inebriandola e stordendola. Erano forti e sicure, ed Elisa si poggiò completamente su di lui, come se con un semplice bacio l’avesse privata di ogni forza.
“Non smettere mai di baciarmi” aveva detto con un sussurro.
“Contaci.”


*

“Ci vediamo domani?” aveva indagato Marco.
“Non lo so, domani sarà una giornata lunga.”
“Capisco.” Dal tono si poteva sentire quanto fosse rattristito da quell’idea, e la donna non poté evitare di sollevare una mano verso il suo viso in una carezza.
“Farò di tutto per esserci. Contaci.
Una volta arrivato in ufficio, dopo la pausa pranzo, non smise un attimo di pensare alle due donne. Completamente differenti eppure così simili. Una strana contraddizione che sembrava colpirlo, come se qualcuno dall’alto volesse spronarlo.
Una valanga di e-mail gli ricordarono che doveva smetterla con quei pensieri per concentrarsi su qualcosa di reale.
“Buongiorno, Marco.”
Quando si girò per rispondere, vide che non c’era più nessuno. Si appuntò mentalmente di ricambiare prima o poi al quel saluto; stava diventando un vero e proprio maleducato.
Facendo un gran sforzo sulla propria volontà, fece 'clic' sul primo messaggio. “Prima finiamo, meglio è.”



Salve gente! Capitolo molto più corto del precedente, ma non temete che il prossimo vi soddisferà... cioè credo!
Alla prossima settimana per l'ultimo appuntamento.
   
 
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