Fanfic su artisti musicali > One Direction
Segui la storia  |       
Autore: jas_    25/10/2012    17 recensioni
«Allora, mi vuoi dire o no come mai ci hai messo così tanto a prendere una baguette? Nessuna conoscenza?» mi domandò Carmela, appoggiando le mani sui fianchi.
Alzai gli occhi al cielo, «no» brontolai.
Rimanemmo in silenzio alcuni secondi, «anzi, adesso che ci penso sì» mi corressi. «Non è che sia una conoscenza - precisai - diciamo che ho scoperto che la ragazza che lavora lì è del South Carolina.»
Carmela batté le mani entusiasta, risi lievemente chiedendomi se avesse davvero cinquant’anni quella donna perché a volte ne mostrava venti per come si comportava.
Si sedette nel posto accanto al mio scrutandomi seria, «e dimmi, è carina?»
Scoppiai a ridere piegandomi leggermente in avanti, «ma che c’entra! Non la conosco e non sono interessato!» esclamai, «però sì.»
«E cos’aspetti ad approfondire la conoscenza?»
La guardai sottecchi aspettando che scoppiasse a ridere da un momento all’altro o che mi dicesse “Harry sto scherzando!”, invece era estremamente seria.
«Tra dieci giorni me ne vado» constatai.
«E quindi? Dieci giorni sono più che sufficienti per innamorarsi!»
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Harry e Lennon'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

 

 

Giorno 8

 

29 Dicembre

Lennon

 
Aprii lentamente gli occhi mettendoci un attimo a capire dove fossi. Mi guardai in giro, la stanza perfettamente ordinata, i mobili che profumavano di nuovo e un palazzo decisamente troppo “in” perché si potesse vedere dalla finestra di casa mia. Mi stiracchiai per bene e scesi dal letto in punta di piedi, aprendo lentamente la porta. Non avevo idea di che ore fossero ma stando al silenzio che sembrava regnare sovrano in quella casa, era ancora piuttosto presto, oppure Harry era un dormiglione.
Sorrisi osservando la porta di camera sua esattamente di fronte alla mia, incerta se bussare oppure tornare a letto in attesa che si svegliasse. Sospirai, decidendo poi di andare a svegliarlo esattamente come lui aveva fatto con me alcuni giorni prima.
Abbassai lentamente la maniglia della porta facendo attenzione a non fare rumore e poi, con estrema cautezza, entrai nella stanza avvolta nel buio. Alcuni spiragli di luce entravano dalle ante non chiuse perfettamente, il giusto per non farmi inciampare nei vestiti sparsi per terra e individuare il letto su cui Harry dormiva tranquillo. Mi avvicinai in punta di piedi e sorrisi nell’osservarlo, dormiva in mutande nonostante fosse inverno, le coperte quasi completamente per terra, il cuscino in bilico sul bordo del materasso e lui con i capelli che gli cadevano sul viso e la bocca socchiusa. Nonostante ciò, era semplicemente perfetto. Non l’avevo mai visto a dorso nudo, provai un brivido nell’ammirarlo in tutta la sua bellezza, sapevo che sotto a quei vestiti eleganti e che costavano un patrimonio si nascondeva un bel fisico ma non avrei mai pensato che potesse causarmi quella strana sensazione che provavo in quel momento alla bocca dello stomaco. Deglutii cercando di ricompormi, come potevo svegliare una così bella creatura? Mi sembrava quasi un’eresia.
Decisi di lasciare perdere tutti quegli inutili problemi che mi stavo facendo e feci il giro del letto così da potermi sdraiare sulla parte che Harry aveva lasciato libera, dato che dormiva su un lato del materasso. Le doghe scricchiolarono sotto il mio peso, mi irrigidii immediatamente con la paura di averlo svegliato ma Harry non mosse un muscolo. Mi sdraiai lentamente accanto a lui e tirai su le coperte, nonostante indossassi il pigiama avevo freddo, e mi accoccolai addosso a lui. Chiusi gli occhi lasciandomi cullare dal suo respiro regolare e rilassato, tipico di chi è in un sonno profondo, e rimasi così per un tempo che mi parve un’eternità. Dovevo ammetterlo, mi stavo annoiando a morte. Possibile che Harry fosse un ghiro? Mi tirai un po’ su e mi sporsi per vederlo in viso, dormiva come un sasso. Mi abbassai sul suo collo e gli diedi un bacio leggero, poi mi spostai un po’ più in giù e ripetei il gesto. Cominciai a riempirlo di baci, quando arrivai alla sua spalla Harry bofonchiò qualcosa ed aprì gli occhi.
«Buongiorno» dissi sorridente.
«Buongiorno anche a te», mugugnò, con la voce impastata e una smorfia sghemba che doveva essere un sorriso. «Che bel modo per iniziare la giornata» aggiunse poi, baciandomi la punta del naso.
«Non ti svegliavi più» lo ripresi, divertita.
Lui aggrottò le sopracciglia confuso prima di allungare un braccio sul comodino e prendere il cellulare, «ma se sono le otto e mezza di mattina!»
Mi strinsi nelle spalle, «non avevo guardato l’ora» mi difesi.
«Beh, direi che possiamo rimanere ancora un po’ a letto allora» mi sussurrò Harry, mettendosi a pancia in su e attirandomi a lui. Appoggiai la testa sul suo petto e sentii le sue dita giocare con i miei capelli lasciati sciolti e un po’ arruffati. Mi lasciai cullare da quella sensazione rilassante e chiusi gli occhi ma, a differenza di prima, in quel momento stavo bene e non avrei mai voluto muovermi di lì.
Incastrai le mie gambe con quelle di Harry, «hai i piedi gelati» si lamentò lui.
«Scusa» mormorai, togliendoglieli di dosso.
«No lascia» mi bloccò, «te li scaldo io.»
Obbedii, trovando tutta quella situazione assurda.
Insomma, io e Harry sembravamo una coppia a tutti gli effetti, un quadretto felice, ma con un’indelebile macchia a rovinarlo: ad ogni minuto che passava, si avvicinava sempre di più la sua partenza e nonostante non ne facessimo mai parola, era una costante sempre presente.
«Stasera dobbiamo andare a cena con mio padre» mi ricordò poi di punto in bianco, annuii alzando la testa per poterlo vedere, il suo sguardo era perso nel vuoto.
«Andrà tutto bene dai, sembra un tipo simpatico» lo rassicurai.
«Certo, fino a quando non arriverà una chiamata improrogabile di lavoro che lo costringerà ad andarsene» commentò lui duro.
«Vorrà dire che la cena si trasformerà in un romanticissimo appuntamento in uno dei ristoranti più chic della città.»
Harry sospirò a corto di parole, «perché riesci sempre a dire la cosa giusta al momento giusto?»
«Perché...» mi arrestai di colpo, sorprendendomi da sola per ciò che stavo per dire senza nemmeno rendermene conto.
«Perché…?» mi spronò Harry.
Scossi la testa sentendomi avvampare, «niente, nulla di importante» borbottai.
Lui mi guardò confuso ma decise di lasciare perdere e non insistere, «okay» disse, poco convinto.
«Sai già cosa metterti stasera?» mi domandò poi, dopo alcuni minuti di silenzio.
Ci pensai un po’ su prima di rispondere, «no, dovrei andare a casa a vedere se ho qualcosa di decente da mettermi dato che qua ho portato poco o niente.»
«Oppure potremmo andare a comprare qualcosa oggi pomeriggio» propose lui.
Alzai gli occhi al cielo, «se intendi che io mi pago quello che compero okay, se invece parli di andare per negozi con te che sponsorizzi allora direi di no. Dovrei anche stare attenta nel fare commenti che poi potrei trovarmi recapitata a casa tutta la roba che ho detto che mi piaceva» spiegai.
Harry mi osservò sorpreso ma allo stesso tempo divertito per un istante prima di scoppiare a ridere, «Touché.»
 

Harry

 
«Non ci credo che tu non abbia nulla da metterti» borbottò Lennon, mentre guardava poco convinta un capo del negozio in cui eravamo.
«Non è che non abbia nulla, è che niente di quello che ho mi convince» precisai.
In poche parole l’avevo costretta ad accompagnarmi a fare compere. Da quando in qua un ragazzo doveva convincere una ragazza a girare per negozi, mi chiedevo io?
Lennon era una tipa piuttosto strana, dovevo ammetterlo, e mi sorprendeva ogni giorno che passavamo insieme. Come la sera precedente, mai e poi mai avrei pensato che potesse fare una così buona impressione su mio padre da indurlo a proporre un’uscita a cena.
«Tanto ti sta bene tutto, potresti uscire anche in pigiama che saresti bellissimo» disse Lennon tranquilla, mettendosi più comoda sulla poltrona vicino ai camerini di quel costoso negozio di Rue de Saint Honoré.
Smisi di mettermi a posto il papillon che avevo al collo e mi voltai a guardarla sorpreso, «bellissimo?» ripetei divertito.
Lei avvampò, cominciando ad agitarsi sul posto, nonostante non fosse proprio vicino a me vidi chiaramente la sua pelle candida colorirsi graziosamente di rosso.
«Beh… Ecco… Io…» cominciò a bofonchiare in imbarazzo.
Le sorrisi allegro, «beh, grazie» dissi tranquillo, lei fece per ribattere ma poi sospirò soltanto e si appoggiò allo schienale della poltrona, probabilmente senza parole.
 
«Allora, hai finito?» domandai per l’ennesima volta, mentre cercavo di battere il mio record di Temple Run sull’iPhone. In quel momento le porte del bagno in cui Lennon era chiusa da un’eternità si aprirono, alzai lo sguardo di scatto e per poco il cellulare non mi cadde dalle mani.
«Come sto?» chiese lei, titubante, facendo una timida giravolta su sé stessa.
La guardai a bocca aperta, alzandomi lentamente dal divano sul quale ero sdraiato, «sei…» sospirai, non trovando parole più significative ma allo stesso tempo meno banali, «bellissima.»
La vidi arrossire, esattamente come quel pomeriggio, «lo pensi davvero?» domandò, mordendosi un labbro.
Annuii convinto, avvicinandomi a lei e prendendo le sue mani tra le mie, «certamente, se no non l’avrei mai detto. Sei stupenda, la ragazza più bella che io abbia mai visto» affermai, guardandola negli occhi.
«Visto che non serve per forza un abito firmato per essere presentabili?» mi prese in giro, rompendo rovinosamente l’atmosfera che si era venuta a creare.
«Te la sei cavata più che bene con trenta euro da H&M in effetti» risi.
«Contro i tuoi non so quanti soldi che hai speso per il, seppur meraviglioso, completo che indossi tu» mi riprese.
Annuii mio malgrado e mi abbassai lievemente verso di lei, il giusto per posarle un lungo e dolce bacio a fior di labbra, sentii una strana sensazione all’altezza dello stomaco, forse erano le cosiddette farfalle, non lo sapevo, ma in quel momento ero dannatamente felice.
«Forse è meglio che andiamo, tuo papà ci starà aspettando» mi ricordò lei.
Annuii impercettibilmente aiutandola a mettere il cappotto ed uscimmo dall’appartamento.
Arrivammo alla “Tour d’Argent” alle 20 in punto, lanciai una rapida occhiata a Lennon prima di prenderla per mano ed entrare nel rinomato ristorante parigino.
«Dovevo sospettare che saremmo andati nel posto più costoso della città» mi sussurrò Lennon, mentre porgevamo le giacche al portinaio.
«Styles» dissi poi, al cameriere che ci accolse, questo annuì con aria professionale prima di mostrarci la strada verso il tavolo che mio padre aveva prontamente prenotato. Stranamente quando arrivammo nella sala più tranquilla del ristorante, lui era già lì seduto, intento a leggere il menu e con un bicchiere di vino rosso davanti a lui.
«Ciao papà» dissi titubante, facendolo destare dalla sua lettura.
«Oh, buonasera figliolo!» esclamò lui, alzandosi immediatamente.
Mi strinse la mano con lo stesso calore con cui si stringe la mano di un socio in affari e fui costretto a lasciare quella calda e morbida di Lennon.
«Buonasera anche a te, Lennon» continuò poi, stringendo la mano anche a lei e baciandola educatamente su entrambe le guance.
L’unica cosa che non si potesse criticare a mio padre era che non fosse un gentiluomo coi fiocchi.
«Come sta?» domandò Lennon, cercando di mostrarsi gentile.
«Puoi darmi del tu, tranquilla. Comunque tutto bene, a parte il lavoro.»
Lei strabuzzò gli occhi, «che intende dire?» chiese istintivamente, «se ne può parlare, insomma…» si corresse.
In quel momento arrivò il cameriere, ordinammo tutti e tre dell’anatra – a detta di mio padre la specialità del posto – e del Chardonnay.
«Come credo tu ben sappia» riprese poi lui, non appena il cameriere se ne fu andato, «questo non è un bel momento per l’economia, e in una società di investimenti com’è quella per cui io lavoro, il denaro è la cosa primaria e se questo comincia a mancare iniziano i problemi.»
Guardai mio padre scioccato, aveva dei problemi al lavoro e io continuavo a sperperare soldi come se nulla fosse? Mi sentii in colpa.
«Oh, mi dispiace» disse Lennon, visibilmente sentita per aver posto quella domanda.
Des scosse la testa sorridendole gentile, «non è poi così grave, insomma, posso ancora permettermi questo ristorante quindi direi che la nave deve ancora affondare, speriamo di salvarla prima» cercò di sdrammatizzare.
Tirai istintivamente un sospiro di sollievo, e vidi anche Lennon fare lo stesso.
Le ordinazioni ci furono portate ed io mi abbuffai sull’anatra che aveva un sapore troppo invitante per resisterle.
«Tu invece che fai nella vita?» domandò mio padre, bevendo un sorso di vino.
Lennon si mise più composta sulla sedia, segno che era nervosa, sorrisi nel vederla cercare di comportarsi da donna di classe. Era passata dalle Vans ai tacchi, dai leggings e maglioni in cui ci stava dentro due volte ad abiti da sera, ma la cosa che mi rese più sorpreso fu che comunque ai miei occhi lei era sempre la stessa spontanea e semplice Lennon.
Rimasi incantato ad osservarla, con la forchetta a mezz’aria, mentre raccontava a mio padre, con la stessa luce negli occhi che io le avevo visto il giorno precedente al Louvre, che scuola faceva e le varie materie legate all’arte che studiava.
«La società per cui lavoro io ha finanziato diversi viaggi di varie opere da un museo all’altro per le mostre» spiegò mio padre, fiero.
Il volto di Lennon si aprì in un sorriso a trentadue denti, «davvero?» domandò incredula.
Des annuì, ma in quel momento il Blackberry che teneva in tasca cominciò a vibrare, si alzò di scatto leggendo il nome sul display.
«E’ questione di un attimo, scusate» disse poi, prima di allontanarsi dal tavolo.
Lennon si voltò verso di me ancora sorridente, «tuo padre è davvero simpatico» disse poi, perdendo tutta la sua compostezza e lasciandosi andare sulla sedia.
Risi nel vedere il repentino cambiamento di atteggiamento, «ho visto che avete un certo feeling» commentai poi.
Lennon aggrottò le sopracciglia, osservandomi confusa, prima di aprire la bocca per dire qualcosa ma troppo scioccata per parlare.
«Cosa stai insinuando, Styles?» mi fulminò, poi.
Mi strinsi nelle spalle, «niente, ma avete parlato per tutto il tempo come due amichette d’infanzia, non so.»
Lennon mi guardò prima un po’ arrabbiata ma poi dispiaciuta, allungò il braccio per prendermi la mano.
«So che tuo padre non ti va a genio, ma anche tu potresti fare uno sforzo e utilizzare il poco tempo che avete a disposizione per parlare. Insomma, nemmeno tu sapevi dei suoi problemi al lavoro!»
Sospirai cominciando a giocherellare con le sue dita ma lei fece finta di niente e continuò con la predica.
«Se tu ti rendessi più sopportabile, allora forse anche lui farebbe uno sforzo per ritagliare del tempo per te, non credo sia poi così impossibile se è riuscito a farlo anche stasera. Siamo qua da un’ora e si è alzato solo adesso per rispondere al telefono, a me sembrano dei grandi passi avanti.»
Rimasi in silenzio senza sapere cosa dire e in quel momento mio padre tornò a sedersi.
«Scusate, c’è stato un piccolo imprevisto…»
Quindi devo andarmene, continuate senza di me; finii la frase nella mia mente.
«… Ma ora è tutto risolto, stavamo dicendo?»
Strabuzzai gli occhi sorpreso dalle sue parole, Lennon aumentò la presa sulla mia mano e mi lanciò uno sguardo complice.

Forse aveva ragione, ero troppo duro con mio padre. Forse meritava un’altra possibilità.

-

Da quanto non aggiorno? AHAHA
Scusate per il ritardo ma non avevo il capitolo pronto, in realtà questo l'ho finito di scrivere ieri ma poi ho dovuto finire anche quello successivo perché mi serviva per lo spoiler e quindi eccomi qua ad aggiornare adesso uù
La storia sta volgendo alla fine, potete accorgervene benissimo anche voi visto che i giorni sono 10 e noi siamo all'ottavo. 
Questo capitolo mi piace particolarmente, anche perché ieri vagando su Tumblr ho trovato la gif perfetta di quando Lennon esce dal bagno e Harry l'ammira. Cioè, guardate la perfezione:

 


 

Cioè, è asdfghjytgvfdeswsdfres *-*
Ah, poi, vi ricordate quando voi pensavate dallo spoiler che Lennon e Harry si sarebbero baciati e invece lei gli toccava le fossette? Ho la gif anche per quella scena! Fate solo finta che Zayn sia Lennon HAHAHAHA:

 


(non fate caso a Liam che alza la maglietta ad Hazza, Lennon non è così purscela ahaha)

Ma tornando a noi, il prossimo capitolo credo che non vi piacerà molto, ma fa niente. Vi ricordate di Oliver e che vi avevo detto di non dimenticarlo? Ecco, ho detto abbastanza.
Vedrò di aggiornare prima dato che è già pronto ma ovviamente prima di postare devo scrivere anche il giorno 10 (che è l'ultimo çwç) così da darvi lo spoiler e... Non so se ne avrò la forza. Per quanto sia corta questa storia mi ci sono affezionata molto e mi scoccia finirla. Però vabbè, ci sarà anche l'epilogo dopo! haha
Tornando a noi... Niente, mi dimentico sempre che se volete essere avvisati su Twitter offro anche questo servizio ahah basta che me lo dite lì (
@xkeepclimbing) o nelle recensioni, vedete voi.
Ora vi lascio, ho anche postato una one-shot su Hazza se volete passare!
Grazie mille per le recensioni, fatemi sapere che ne pensate anche di questo capitolo!
Jas



 


«Lennon non prendermi per scemo» dissi, cercando di mantenere la calma, «so di Oliver» continuai serio.


 



 

   
 
Leggi le 17 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > One Direction / Vai alla pagina dell'autore: jas_