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Autore: Giulia_G    25/10/2012    1 recensioni
«Giuro che è l‘ultima» sussurrò al mio orecchio nel primo momento di respiro che si concesse.
«Lo dici tutte le volte» risposi con il fiato corto, passandogli una mano tra i capelli e cercando ancora le sue labbra.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo dieci.

 
 

«Non ho capito» farfugliai a mezza voce. I pensieri si erano stoppati, bloccati in un angolo remoto del cervello senza che nessuna mia capacità fosse in grado di andarli a riprendere, a esaminare o anche solo a fare qualsiasi altra cosa, giusto per capire che avevo ancora della materia nella testa. Harry si voltò lentamente, non prima di aver finito di digitare l’intera frase che stava componendo. Sollevò le sopracciglia, appoggiandosi stancamente allo schienale della sedia girevole. Fissai i suoi occhi verdi per un’infinità, aspettando per anni interi che scoppiasse a ridere e ingoiasse ciò che aveva appena detto, ma non fece nulla.
«Non ho capito» ripetei, portando avanti il mento per incoraggiarlo a rispondere, con aria stupefatta. Fece fare qualche rumore sordo alla schiena, inarcandola e chiudendo gli occhi per qualche secondo, come se davvero la cosa non fosse importante.
«Louis te l’avrà raccontato» sbadigliò, dimenticandosi di mettere una mano davanti alla bocca. Scossi con forza la testa come risposta, ma non ottenni nessun risultato. Allungai una mano verso la mia sedia, buttata in un angolo vicino all’armadio, e la portai vicino a lui.
«Non mi ha raccontato niente» insistetti. Le sue parole continuavano a ronzarmi nella testa come mille mosche. Avrei voluto scacciarle con un rapido gesto della mano, ma sapevo che non sarebbe stato possibile.
Harry fece spallucce, facendo rimbalzare i ricci sulle orecchie e piazzandosi sulla faccia un sorriso beffardo e stupito allo stesso tempo. Lui conosceva il segreto, sapevo che stava giudicando se fosse giusto dirmelo o no, ma ormai aveva buttato il seme sulla terra, era ora che lo annaffiasse.
«Harry!» lo richiamai con un tono di voce più alto, tirandogli uno schiaffo leggero sul ginocchio perché si risvegliasse da quel suo stato di trance.
«Scusa, pensavo lo sapessi – esplose finalmente, trattenendo a stento una risata sommessa e cupa, la risata di chi sa di essere essenziale per qualcosa. Incrociò le braccia al petto e divaricò leggermente le gambe per stare più comodo su quella sedia che di comodo non aveva proprio niente – tutto cominciò un giorno di fine settembre..» iniziò, puntando lo sguardo verso un angolo del soffitto. L’unica cosa che avrebbe potuto attirarlo di quel punto sarebbe potuta essere la ragnatela che lo occupava, segno del fatto che ormai da tempo entrambi ci rifiutassimo di passare la scopa anche sui muri.
«E il principe salva la bella con un bacio, sappiamo anche questo» scherzai io, con il tono però di chi vuole proseguire seriamente il discorso. Sbuffò rumorosamente, spostandosi dalla sedia al suo letto, e probabilmente riordinando i pensieri in modo da riuscire a formulare un discorso coerente.
«Mi sono ritrovato in mezzo a una bellissima quanto diabetica coppietta di innamorati – prese a parlare fissando quel poster vecchio e stropicciato appeso alla parete, quello di un gruppo degli anni ottanta ormai sconosciuto, ma che lui si ostinava a idolatrare – facevano venire le carie ai denti, davvero. Bacetti, carezze e toccatine tutto il giorno, dopo qualche mese quasi diventarono insopportabili» raccontò, vagando con la mente per ritrovare tutti i ricordi ormai sparsi chissà dove. Rideva e sorrideva a recuperare tutte quelle immagini di anni prima, talvolta scuotendo leggermente la testa o arricciando il naso per qualcosa che gli aggradava un po’ meno. Si portò le mani dietro la nuca con un gesto rapido, affondando poi di nuovo nel cuscino.
«Quindi sono stati fidanzati, lo sono stati davvero» sussurrai io, più sconvolta che altro. Gli occhi si spalancarono da soli, nonostante la cosa fosse stata praticamente fin dalla prima frase di Harry, pochi minuti prima. Louis. Liam. Liam e Louis. Insieme? La mia testa rideva, persino la mia bocca ora rideva, di una risata che raschiava la gola per l’amarezza e la paura travolgente. Ma di cosa, poi?
«Perché ridi?» domandò sforzando leggermente gli addominali per tirarsi su a sedere. Incrociò le gambe e si lasciò andare contro il muro pallido e sbiadito della camera, puntando i suoi occhi su di me, che ormai ero piegata in due a tenermi la pancia. Non lo vedevo, ma sentivo il suo sguardo pesante sulle mie spalle, come un macigno. Quando mi tirai su con il busto, avevo le lacrime agli occhi. Una parte di me ancora si aspettava che lui scoppiasse a ridere insieme a me e sghignazzasse con me sull’impossibilità di quella relazione, ma – ovviamente – continuava solamente a scrutarmi, quasi preoccupato.
«Io ho baciato Louis – richiamai alla memoria tutte quelle sensazioni accatastate, mischiate e annodate, il suo corpo vicino, forse troppo, al mio, e le sue mani che mi accarezzavano – dopo che ha baciato Liam» con le mani indicai prima me e poi un Liam immaginario alla mia sinistra, con lo sguardo perso nel vuoto a immaginare involontariamente la scena. Le sue labbra si erano mosse su quelle di Liam – di Liam! – nello stesso modo in cui si erano mosse sulle mie. Io non.. Le parole mi morirono in gola, forse ancora nello stomaco, prima di avere anche solo la lontana possibilità di arrivare alla gola per essere buttate e sputate fuori.
«Oh, sono tanti anni che non bacia Liam – obiettò Harry, dal suo cantuccio caldo e lontano dai miei problemi, con le gambe strette fra le braccia e i ricci a disegnargli strani intrecci sulla fronte – nel frattempo avrà anche baciato un sacco di altre femmine» tentò, calcando particolarmente l’ultima parola, come se la cosa quasi lo stupisse. Ah, quello lo stupiva!
«Così non mi aiuti» sospirai, lasciando che tutto il peso della mia spina dorsale si appoggiasse sulle ossa del bacino, insaccandomi su me stessa. Immaginare quelle stesse labbra che dopo essersi abbandonate a quelle di Liam avevano sfiorato o aggredito quelle di altre ragazze, di sicuro non mi stava servendo a rinvenire da quello stato comatoso in cui ero finita.
«Bene – conclusi sconvolta, puntando i miei occhi verdi in quelli riflessi nello specchio alle spalle di Harry. Erano leggermente segnati da delle occhiaie più scure del resto della pelle, ma un sorriso finto e veloce servì a distogliere l’attenzione da esse e a portarla sull’orribile combinazione di denti bianchi e labbra pallide che mi si aprì sulla parte inferiore del viso – credo di dover parlare con qualcuno» decretai, alzandomi stancamente dalla mia comoda posizione e stirandomi ogni osso che fosse possibile stirarmi, prima di essere travolta dalla voce urlante di mio fratello.
«No! – strillò, ponendo le mani in avanti come se stesse fermando un pullman in corsa; una specie di superman dei poveri in versione vestito-da-casa – non puoi dire a Louis che ti ho raccontato questo» disse piano, inclinando la testa con la fronte più avanti e uno sguardo di avvertimento incastrato tra le sfumature di verde dei suoi occhi. Lo osservai senza capire, avrei dovuto rimanere zitta e buona? Avrei potuto capire Louis, che magari non mi avesse informata del suo passato per paura o che so io, ma l’idea di essere cresciuta vicino a Liam senza aver mai saputo di una cosa di tale importanza quasi mi infastidiva. Lui sapeva tutto di me, sapeva cose che neanche mai gli avevo detto, e io non immaginavo neanche lontanamente che il grande amore della sua vita fosse stato un ragazzo. E poi Harry.. ma dico, fornirmi qualche dato in più sul ragazzo che mi aveva presentato? Che ne so, per esempio che fosse uscito con il mio migliore amico? Solo io sembravo non reputarla una cosa da poco.
«Almeno a Liam» lo supplicai, accettando inconsapevolmente e implicitamente a tacere per quanto avrebbe riguardato Louis, ma sapevo che neanche su quel punto sarebbe sceso a compromessi.
«Non se ne parla – decretò, tornando seduto e massaggiandosi la testa come nel cercare un modo verosimile per tornare indietro nel tempo di qualche minuto e cambiare le cose – forse avrei fatto meglio a non dirtelo». Evviva, neanche più la fiducia. Fantastico. Gli voltai le spalle di scatto e mi chiusi dietro con un tonfo la porta del bagno. Seduta sul gabinetto come se fosse il mio trono, il mio pensatoio personale, con la testa buttata tra le mani neanche fossi una vedova disperata e in cerca di un nuovo amore da condividere con il mondo.
«Forza – dissi a me stessa, sollevando il viso e passandomi svogliatamente una mano sugli occhi – questa è la migliore delle cose. Hai conosciuto ragazzi che scappano, ragazzi che fingono e ragazzi che non fanno altro che fare sesso, che sarà mai un ragazzo che..» mi incoraggiai da sola, rimanendo a metà della frase. Che niente, che in realtà non aveva nulla di sbagliato, se non una fiamma un po’ diversa dalle altre alle spalle. E chi non ne aveva? La mia era sparita nel nulla, quasi come se un soffio l’avesse spenta in un attimo. In pochi secondi era sgusciata via lasciandosi dietro quella scia profumata che si lasciano alle spalle i vestiti appena lavati; quel profumo che ti riempie le narici e di cui non vorresti più liberarti.
Tutti abbiamo degli errori sulla schiena, e non tutti riusciamo a portarceli dietro senza farci venire la gobba. Louis evidentemente ci era riuscito, la gobba dietro il collo non ce l’aveva, di sicuro. Battei entrambe le mani sulle ginocchia e mi alzai di colpo, facendo scattare la serratura della porta e camminando velocemente fino alla camera da letto, raggiungendola in pochi passi. Afferrai la prima giacca che trovai con lo sguardo e uscii di nuovo, lasciando probabilmente Harry con uno sguardo stupefatto in volto. Oh, avrebbe avuto poco da lamentarsi, se qualcuno quel giorno doveva essere stupefatto, di certo non avrebbe vinto lui il titolo.
La porta d’entrata arrivò troppo in fretta e per poco non ci sbattei contro il naso. La spalancai con un tiro secco e la feci sbattere alle mie spalle. Infilai il giubbotto solo una volta che ebbi oltrepassato la strada davanti a me, in seguito a una soffiata di un venticello leggero, che mi fece però salire un brivido lungo un braccio, fino al collo. Casa di Liam non era lontana, ma i pochi chilometri che ci separavano sembrarono milioni, i mille pensieri che avevo nel cervello non facevano che appesantire la mia camminata ormai strascicata. Che diavolo gli avrei detto una volta che fossi arrivata lì? E lui poi cosa..?
«Beth». Alzai lo sguardo in un unico, veloce movimento, ritrovandomi dieci centimetri più in basso di quello marrone e profondo del mio amico. Aveva tenuto quel tono roco per un paio di nanosecondi, giusto il tempo che mi rendessi conto che fosse lui e che effettivamente non l’avessi visto arrivare. Feci mezzo passo indietro.
«Stavi venendo da me?» domandai con aria innocente, scordandomi per un istante del motivo per cui stessi strisciando i piedi fino a casa sua. Feci appena in tempo a vedere le sue braccia alzarsi, prima di ritrovarmele strette intorno alle spalle, rendendomi conto di essere coinvolta in un abbraccio di cui non sapevo neanche il motivo.
«A quanto pare anche tu stavi venendo da me – constatò, separandosi da me e infilandosi le mani nelle tasche anteriori dei jeans. Fissò lo sguardo sopra la massa informe dei miei capelli – e credo anche di sapere perchè» si rassegnò alla fine, girando su se stesso e affrettando il passo verso una panchina di legno che aveva visto lì vicino. Lo seguii senza neanche pensarci, accomodandomi vicino a lui. Aveva i lineamenti tirati, come se stesse per confessarmi di essere stato lui a dare origine alla prima guerra mondiale, o ad aver commesso l’omicidio di chissà quale personaggio famoso. Gli sfiorai un ginocchio con la punta delle dita, riuscendo appena a percepire il brivido che lo percorse. Posò delicatamente la sua mano sulla mia, senza scollare gli occhi dall’erba che pareva morire di sete e di freddo in quel prato.
«Hai saputo dell’incidente?» chiese con un filo di voce, alzando finalmente gli occhi dal terreno e tentando di mantenere un contatto visivo con me che durasse più di mezzo secondo. L’impresa fallì quando tornò con uno sbuffo a osservare le pietruzze sparse qua e là sotto i nostri piedi.

 

Sì, avete ragione, sono di nuovo in ritardo T_T
Sto passando - DI NUOVO - uno di quei periodi alla 'non ho voglia di scrivere', che è una cosa davvero orrenda per una come me che ci passerebbe le ore. E' una sensazione strana, la mancanza di idee, di ispirazione - che infatti fa uscire questi capitoli ._. - e sinceramente ci convivo a fatica, ma tento comunque di continuare a tirare fuori qualcosa anche se non è niente di buono, perchè trovo sia meglio che rimanere impassibili a guardare tutto che se ne va senza la forza di fare niente.
Passato questo mio momento di sfogo e depressione, una cosa IMPORTANTISSIMA:

Una mia amica mi ha fatto notare che da questo capitolo potrebbe sembrare che io sia contro i gay, ma vi assicuro che non è così, anzi, è tutto il contrario. Ho semplicemente provato a mettermi nei panni di una ragazza che scopre che quello con cui esce una volta è stato con un ragazzo xD CIoè, io sarei davvero sconvolta, e credo sia una cosa normale, che non c'entra assolutamente niente con l'omofobia nè niente di simile.

Niente, detto e chiarito questo, vi chiedo ancora di perdonarmi per la cacchetta che è uscita fuori e ringrazio infinitamente chi con amore e pazienza  - grazie, davvero T_T - continua a recensire i miei capitoli (anche quando ormai quasi quasi neanche le mie amiche lo fanno più xD)

Nada, vi saluto ancora una volta e al prossimo capitolo,
#hoping in a better one

Bye, love you,
Giulia (:

 

  
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