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Autore: Cassandra caligaria    26/10/2012    5 recensioni
“Io non so come definire quello che provo per te, non riesco a dargli un nome. Forse perché non ho termini di paragone. E’ tutto così nuovo per me … ma questo non vuol dire che sia dispiaciuta o pentita. Anzi … anche tu mi piaci molto Edward.”
“Ti va di scoprirlo insieme, allora? Hai voglia di cercare con me un nome da dare a queste sensazioni?”
“Sì”, affermò decisa, prima di ricominciare a giocare con le mie labbra.
“Ci sono solo quattro domande che contano nella vita. Cosa è sacro? Di cosa è fatto lo spirito? Per cosa vale la pena vivere? E per cosa vale la pena morire? La risposta a ognuna è la stessa: solo l'amore.” Mi chiamo Isabella Swan e questa è la mia storia.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alice Cullen, Edward Cullen, Isabella Swan
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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CAPITOLO 46 - GRADUATIONS AND GIFTS (LAUREA E REGALI)

 




 


« Non esiste scelta che non comporti una perdita.»
[Jeanette Winterson, Non ci sono solo le arance]

 






 

POV BELLA

 


“Alice, ti prego… non ce la faccio più!”, sbuffai osservando la mia immagine sconsolata, riflessa nello specchio di fronte a me.
La mia cara amica nonché cognata vampira aveva deciso di prepararmi per la cerimonia di consegna della laurea ed erano ormai due ore che armeggiava con vari prodotti per il corpo e per i capelli, sottoponendomi a terribili torture quali ferro arricciacapelli e piegaciglia. La povera Rosalie aveva tentato di salvarmi dalle sue grinfie offrendosi per acconciarmi i capelli, ma Alice non aveva voluto sentire ragioni e le aveva affidato l’unico compito di farmi la manicure e aiutarmi a indossare l’abito che avevamo acquistato qualche giorno prima. Ormai la mia pancia iniziava timidamente ad essere evidente: eravamo in aprile ed io ero incinta di tre mesi. Essendo di costituzione non proprio esile, non tutti si accorgevano che fossi in dolce attesa. E questo mi sollevava e non poco: non avrei dovuto dare spiegazioni ai miei genitori. Non potevo dirgli di essere incinta e poi sparire nel nulla. La gravidanza procedeva molto bene, non accusavo particolari fastidi, mi sentivo solo un po’ debole, per questo Carlisle mi costringeva a prendere degli integratori di ferro in fiale, il cui sapore era a dir poco rivoltante. Ma era per il bene dei miei bambini e avrei fatto qualunque cosa per loro. Era incredibile come mi venisse automatico essere più attenta in quello che facevo e mettere la loro salute come priorità assoluta. Certo, le mie paure non erano scomparse, anzi, se possibile erano aumentate. Ma riguardavano unicamente i piccoli e la loro salute: io stavo bene ed ero felice come non mai. Non temevo più di avere qualcosa che non andasse, perché sentivo di aver trovato ormai il mio posto nel mondo.


“Alice, hai finito? Arriveremo tardi!”, sentii Edward al di là della porta. Alice non gli aveva permesso di entrare. Voleva che mi vedesse a lavoro terminato e da una parte lo volevo anch’io. Volevo sorprenderlo ed essere bella per lui.
“Edward arriveremo in perfetto orario, l’ho visto! E poi con la tua guida sportiva, figuriamoci se rischiamo di fare tardi!”, ridacchiò Alice.
“Ti ricordo che Bella è incinta e non posso correre troppo!”, grugnì il mio povero Edward.
“Bella starà benissimo, sta’ tranquillo e va’ a cambiarti: ti ho lasciato i vestiti sul letto!”, urlò allegra Alice.


Un’ora dopo, indossavo un meraviglioso kaftano con una cinta in vita e delle ballerine: Edward e Carlisle avevano tassativamente vietato a Alice di farmi indossare delle scarpe alte. Con mio sommo sollievo. Immaginavo già qualche disastrosa caduta. Scesi le scale e arrivata in cima alla seconda rampa, vidi Edward in un meraviglioso completo blu che mi attendeva sorridente.
Aveva le pupille dilatate e il suo sguardo, che percorreva ogni singolo centimetro del mio corpo, bruciava.
Arrivata alla base, si inchinò ed io gli porsi la mano, che lui, in un gesto di antica cavalleria, prese sul dorso della sua e la baciò delicatamente.
“Sei un incanto.”, mi disse adorante.
“Grazie, anche tu stai molto bene.”, sicuramente arrossii perché lui mi accarezzò una guancia con il dorso della mano libera e mi sorrise.
Stava per avvicinarsi al mio viso, quando il tornado Alice lo allontanò da me. La guardai interrogativa e lei rispose alla mia muta domanda:
“No, niente baci! Non rovinerai il mio capolavoro! La bacerai dopo che avrà ricevuto il diploma di laurea, mio caro!”, ordinò.
Edward alzò gli occhi al cielo e mi prese per mano. Io ridacchiai e gli accarezzai una guancia.
“Dai, manca poco.”, bisbigliai nel suo orecchio.
Lui, in tutta risposta, mi abbracciò e la sua mano andò a posarsi, come di consueto sulla mia piccola pancia, nascosta dal morbido vestito.
Lo avevamo scelto di proposito, altrimenti avrei potuto destare qualche sospetto. Mia madre, che appariva piuttosto svampita, aveva in realtà un certo fiuto per queste cose. Già sospettava che ci fosse un ragazzo dietro la mia fuga in Scozia e la mia permanenza prolungata a Seattle. Di solito, non resistevo più di tre settimane da sola a Seattle. E sicuramente quando mi avrebbero vista con Edward… beh, avrei dovuto spiegargli un po’ di cose.
Rabbrividii e a Edward non sfuggì.
“Hai freddo, amore?”, mi domandò preoccupato.
“No, no.”, risposi scuotendo il capo.
“C’è qualcosa che ti turba?”, continuò.
Sospirai e annuii.
“Dovrò presentarti ai miei.”, ammisi.
“Mi conoscono già.”, rispose lui fingendo di essere disinvolto. In realtà, sapevo che la cosa lo mettesse un po’ in soggezione. Ne avevamo parlato spesso, negli ultimi tempi. Probabilmente, sarebbe stata l’ultima volta che avrei visto i miei genitori e lui era piuttosto triste per questo.
“Non come il mio ragazzo, però!”, ribattei.
“Temi che non saranno felici della tua scelta?”, mi chiese all’improvviso timido.
“No, no… Edward, non fraintendermi. Sono sicura che gli piacerai molto, ma non è questo che mi preoccupa. È che mi imbarazza un po’… sai, non ho molta esperienza in questo genere di cose… con i miei non abbiamo mai affrontato l’argomento ragazzi… era uno degli argomenti off-limits, perché mi rattristavo ogni qual volta mio fratello portava a casa qualche ragazza e inevitabilmente mia madre e mio padre mi guardavano interrogativi, come per dire: “E tu? Quando arriverà il tuo momento?”. Ma più il tempo passava, più non ne parlavamo. Da quando mi ero trasferita a Seattle per il college, l’argomento era caduto quasi nel dimenticatoio, anche se di tanto in tanto mia madre tentava di sfiorare l’argomento. Perdonami, mi sono sentita fuori posto per tutta la vita e ogni tanto il fantasma della mia insicurezza torna prepotente ad affacciarsi…”
In tutta risposta, Edward mi strinse più forte a sé e mi baciò il capo.
“Non sono io che devo perdonarti, ma sei tu devi perdonare te stessa. Il tuo momento a quanto pare è arrivato e vedrai che i tuoi genitori saranno felici, vedendo te felice.”, mi rispose tranquillo, continuando ad accarezzarmi la schiena.
“Dio, che stupida! Sto per diventare madre e vampira e mi preoccupo di queste cose! Probabilmente non mi vedranno più, dopo oggi e io mi preoccupo solo dell’imbarazzo che proverò nel presentargli il mio ragazzo! Scusami! Divento paranoica quando si tratta dei miei e del mio passato!”, esclamai scuotendo il capo.
“Bella, non devi scusarti con me. Il nostro rapporto funziona proprio perché ci diciamo qualunque cosa ci passi per la mente. E beh, insomma… anch’io sono un po’ preoccupato dall’impressione che potrei fare ai genitori della mia ragazza…”
Lo fissai imbambolata e sicuramente arrossii.
“Che c’è?”, mi chiese.
“Nulla… è che mi fa sempre un certo effetto sentire l’aggettivo possessivo ‘mia’ pronunciato da te accanto al sostantivo ‘ragazza’…”, gli risposi con dolcezza.
Edward mi sorrise e mi baciò la fronte. Lo sentii fremere.
“Ho una voglia matta di baciarti e quella tiranna di mia sorella minaccia di farmi a pezzi se solo ci provo!”, mi baciò ancora la fronte e poi mi mise due dita sotto il mento per trovarci occhi negli occhi.
“Ti amo, Edward. E per la cronaca: da quando sto con te, non mi sento più fuori posto.”, gli sorrisi e gli circondai il collo con le braccia.
“Ti amo tanto…”, mi rispose stringendo di più la presa sulla mia vita.
“Ora però andiamo, altrimenti non rispondo più delle mie azioni e la scenetta che mi ha appena mostrato Alice, se non ci sbrighiamo, non ti renderebbe molto felice!”, mi prese per mano e ci dirigemmo in garage.





“Isabella Marie Swan. Congratulazioni!”, il preside mi strinse la mano e io mi voltai verso il pubblico che applaudiva.
Un flash mi colpì, facendomi chiudere le palpebre per un istante: Alice.
“Tesoro congratulazioni!”, la mamma mi strinse ancora una volta, bagnandomi la spalla con le sue lacrime.
“Sei bellissima, oggi.”, mi sussurrò poi nell’orecchio.
“Grazie mamma.”, risposi un po’ imbarazzata, come accadeva ogni qual volta ricevevo un complimento.
“Congratulazioni piccola.”, anche papà mi abbracciò e notai che anche lui si era commosso.
“Grazie papà!”, gli risposi stringendolo forte a me.
“Ehi sorellina!”, Jake mi sollevò senza fatica e mi abbracciò.
“Bravissima!”, mi sussurrò.
“Grazie Jake!”, poggiai la testa nell’incavo del suo collo: mi era mancato mio fratello e mi sarebbe mancato molto, forse più dei miei genitori.
Mi fece ritornare finalmente con i piedi per terra e io vagai con lo sguardo in cerca dell’altra parte della mia famiglia. I Cullen al completo erano seduti in prima fila durante la cerimonia di consegna dei diplomi di laurea, ma evidentemente avevano voluto lasciarmi qualche momento da sola con la mia famiglia.
Sentii un tocco freddo alla base della mia schiena.
Un tocco che avrei riconosciuto tra mille.
Mi voltai e probabilmente persi un battito.
Edward in completo blu con il tramonto alle spalle era uno spettacolo da infarto.
Mi abbracciò e finalmente mi sentii di nuovo completa.
“Congratulazioni amore.”, mi sussurrò nell’orecchio facendomi tremare. Poi mi allontanò di poco da sé e mi fece voltare. Poggiai le spalle al suo petto e lui mi circondò la vita con un braccio, tenendo la mano ferma sulla mia pancia.
I miei genitori sgranarono gli occhi.
Gli avevamo appena detto, senza parlare, che stavamo insieme.
Mi schiarii la voce e poi mi rivolsi a loro:
“Mamma, papà, Jake, lui è Edward. Il mio ragazzo.”
Mia madre stava quasi per piangere, mio padre mi sorrise e Jake mi fece l’occhiolino. Lui aveva capito prima di tutti.
Si avvicinò subito per stringere la mano a Edward e lo stesso fecero, dopo essersi ripresi, i miei genitori.




“Ma è lo specializzando dell’ospedale in cui sei stata ricoverata, vero Bella?”, mi domandò mia madre che appena aveva potuto, mi aveva preso in disparte sottobraccio.
Alzai gli occhi al cielo. Era arrivato il momento che più temevo: l’interrogatorio e le raccomandazioni di mia madre.
“Sì, mamma. Edward è lo specializzando che ha assistito al mio intervento.”
“E da quanto tempo state insieme?”, mi domandò assottigliando lo sguardo.
“Beh, ormai direi che sono… è un anno quasi.”, risposi, mentendo. Perché erano esattamente 13 mesi che Edward e io stavamo insieme. Era già trascorso più di un anno da quando avevo incontrato Edward per la prima volta.
Quante cose erano cambiate, quanto ero cambiata io.
“E perché non ce l’hai mai detto? E in Scozia sei andata da lui? E ora vivete insieme a Seattle? E cosa farai adesso che ti sei laureata? Bella… siete attenti, non è vero?”, la mamma chioccia era partita in quarta e nessuno, se non il mio adorato salvatore, avrebbe potuto fermare quel fiume in piena che era mia madre.
“Bella, è ora di scartare i regali.”, Edward mi sorrise felice.
Lo presi per mano e strinsi forte. Non ero abituata a stargli lontano, neanche per poche ore.
I miei genitori mi regalarono una meravigliosa edizione della Recherche di Proust del 1934 contenuta in un cofanetto di legno e finemente rilegata: avevo sempre detto che una volta laureata, avendo più tempo a disposizione, avrei dedicato tutta la mia attenzione alla lettura di uno dei capolavori più grandi – in tutti i sensi- della letteratura di tutti i tempi.
Li abbracciai forte. Era un regalo meraviglioso.
E poi, sarei presto diventata una vampira: avrei avuto l’eternità per leggere ‘Alla ricerca del tempo perduto’. Sorrisi al mio buffo pensiero. Edward, che non perdeva di vista neanche un mio battito di ciglia, mi guardò interrogativo, ma io gli sorrisi rassicurandolo e facendo segno con le mani che gli avrei spiegato tutto più tardi.
I Cullen mi regalarono una collana: era un regalo molto importante, perché sanciva il mio ingresso nel clan. Sul ciondolo d’oro bianco c’era inciso lo stemma di famiglia.
Alice e Rose un buono da 500 dollari per fare acquisti da Victoria’s Secret. Ovviamente, arrossii al solo pensiero di me e quelle due arpie in mezzo ai completini intimi.
Jasper ed Emmet la discografia completa dei Beatles in vinile.
Era un regalo meraviglioso e mi tuffai tra le braccia dei miei fratelli. Perché ormai, lo erano a tutti gli effetti.
Infine, quando credetti di aver ringraziato tutti, Edward infilò una mano nella sua giacca e con un gesto elegante e sensuale, ne tirò fuori una busta rettangolare.
Me la sventolò davanti agli occhi e poi me la porse.
Lo guardai curiosa e poi aprii la busta.
All’interno c’erano due biglietti aerei intestati a me e a lui, destinazione San Francisco.
Mi aveva regalato una vacanza, solo io e lui!
Lo abbracciai di slancio e incurante dei presenti, incollai le mie labbra alle sue.
Finalmente, quel contatto tanto e da tanto anelato, era arrivato.
Sentii papà tossicchiare e ridacchiando mi staccai da lui, che mi guardava felice e innamorato.
“Grazie”, sussurrai sul suo petto.
“È un piacere, amore.”, sfiorò le mie labbra con le sue e poi ci dirigemmo verso le automobili.
Abbracciai i miei genitori e mio fratello e non mi sfuggirono delle lacrime: con buone probabilità, non mi avrebbero più rivista.
Spiegai loro che dopo la vacanza a San Francisco, probabilmente mi sarei trasferita in Europa per perfezionare gli studi e per cercare lavoro. Edward sarebbe venuto con me, in fondo, non mentii del tutto: saremmo andati via presto da Seattle per far nascere i bambini e per la mia trasformazione.



In macchina, mi accoccolai sul petto di Edward e continuai a piangere.
Era stata una giornata lunga e piena di emozioni: mi ero laureata e avevo salutato, probabilmente per sempre, i miei genitori.
Edward, che aveva lasciato la guida della sua auto a Jasper, non smise un attimo di sussurrarmi parole dolcissime e di accarezzarmi per consolarmi.
Non mi accorsi neanche che Alice e Jasper erano entrati in casa, mentre noi eravamo rimasti in macchina.
Edward mi baciò la punta del naso e mi asciugò le lacrime con i pollici.
“Va meglio, amore?”, notai che c’era preoccupazione nel suo sguardo.
“Sì, ora sì.”, tentai di sorridergli.
“Scusami, è che è stata una giornata impegnativa e poi gli ormoni mi fanno piangere più del solito…”, mi zittì con un bacio. Ormai era diventata un’abitudine.
“Non hai nulla di cui scusarti. Ti ammiro e sono orgoglioso di te, per come hai affrontato il carico emozionale della giornata. Credo che nessuno avrebbe retto al posto tuo e nelle tue condizioni a un’emozione del genere. Sei meravigliosa e forte, Bella. E devi essere fiera di te stessa.”, mi disse dolcemente.
Sapevo che dentro di lui ardeva un fuoco in quell’istante: se io ero triste perché avevo salutato per sempre i miei genitori, lui si sentiva in colpa perché credeva che fosse a causa sua. Si sentiva responsabile e colpevole di avermi messo nella condizione di dover rinunciare a loro.
Ma non era così, e anche se avevamo affrontato milioni di volte il discorso, sapevo che lui non si era ancora perdonato del tutto.
Così, decisi di cambiare discorso. Io avevo scelto lu ed ero felice e sicura della mia scelta. Avrei continuato a vegliare sulla mia famiglia, anche da vampira, anche a distanza. Ma la mia vita era con Edward, il mio posto nel mondo era accanto a lui.
“Quando partiamo?”, gli domandai accarezzando la sua mascella con le labbra.
“Se te la senti, era mia intenzione partire stasera stessa.”, mi sorrise sollevato.
“Bene, allora andiamo. Immagino che non ci sia bisogno di preparare i bagagli?”, gli domandai retorica.
“Li ho già fatti con Alice, questa mattina. Ci teneva particolarmente a preparare la tua valigia!”, rispose e notai che il suo tono era molto più allegro e leggero.
“Bene, allora dovrò preoccuparmi seriamente di quello che potrò trovare in quella valigia!”, esclamai e scoppiammo entrambi a ridere.












NOTE.

Ammetto che nel descrivere i regali di Bella, l'ho invidiata un sacco! Perché se mi regalassero un'edizione del 1934 della Recherche, la discografia dei Beatles in vinile e pure un viaggio a San Francisco penso che sarei la persona più felice del mondo. :)
Mi basterebbe anche solo la meravigliosa edizione dell'opera di Proust! XD

Qui vi metto i link dei regali e dell'abito che indossava Bella, vi basterà cliccare sulla parola:


- il kaftano
- il regalo di Emmet e Jasper
- il regalo dei suoi genitori



Bene, io vi saluto e non vedo l'ora di leggere cosa ne pensate del capitolo! I piccioncini se ne vanno a San Francisco ;)
Vi lascio un piccolo spoiler del prossimo capitolo http://www.youtube.com/watch?feature=endscreen&NR=1&v=Kee9xdQbQ4s

Alla prossima!

  
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