Storie originali > Drammatico
Segui la storia  |       
Autore: Ema_puffetta    26/10/2012    3 recensioni
Casey è una ragazza di 20 anni, lavoro in un bar insieme alla sua migliore amica Stefany. Lei è sola a lavorare nel bar e non ce la fa più così chiede a Stefany se assume qualcuno che può dargli una mano. Lei accetta la proposta, e assume un ragazzo di nome Eric. I due ragazzi iniziano a lavorare assieme. Eric è ossessionato da Casey e così gli renderà la vita un vero e proprio inverno.
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
I raggi del sole penetrarono dalla porta finestra della camera di Caesy, illuminando ogni angolo della stanza. Il calore dei raggi le scaldò il viso, costringendola ad aprire gli occhi. Aveva ancora sonno, era ancora stanca, e aveva tanto sonno arretrato. Guardò la sveglia sul comodino che segnava esattamente le undici del mattino. Si strofinò gli occhi e si mise seduta sul letto. Non aveva nessuna voglia di alzarsi dal letto, ma doveva farlo, aveva il pranzo da preparare e una serata di lavoro da affrontare. Per fortuna che il bar la Domenica mattina era chiuso, così poteva pulire casa e fare tutto con calma, e non con la solita fretta di tutti i gironi. Guardò fuori dalla porta finestra e si rese conto che la città era sveglia da un po’. Le strade erano trafficate, e c’era un po’ di fila ai semafori. I ristoranti iniziavano già a preparare i tavoli, d’altronde era quasi ora di pranzo. Le ragazzine uscivano dai negozi con una marea di buste, soddisfatte dello shopping appena fatto. Sorrise, e pensò che lei non aveva tempo di godersi la domenica, perché aveva mille cose fare. Scese dal letto, e si diresse verso il bagno con la stessa velocità di un bradipo quando deve spostarsi da un ramo all’altro.  Si guardò allo specchio con la speranza che quel grigio sotto gli occhi un po’ era andato via, ma nulla da fare, quel grigio era ancora li, pronto a ricordargli che aveva bisogno di dormire, e soprattutto di staccare un po’ la spina. Non poteva più andare avanti così. L’unica cosa di cui aveva bisogno adesso, era una bella doccia rigenerante. L’acqua calda che le scivolava addosso la fece rilassare quasi immediatamente. I suoi lunghi capelli neri gli cadevano lungo la schiena, anche se le iniziavano a pesare. Erano anni che non andava dal parrucchiere, e non aveva intenzione di andarci anche se ne aveva bisogno. Non si fidava di loro, l’ultima volta che era andata da un parrucchiere chiedendogli di toglierle solo le doppie punte, si ritrovò con dieci centimetri di capelli in meno. Ci aveva messo quasi tre anni per fargli crescere così tanto, e non avrebbe permesso a nessun parrucchiere di metterci le mani. Forse lo avrebbe chiesto a Lexie di toglierle le doppie punte. Prese il suo accappatoio rosso in microfibra e uscì dalla doccia. Ora si che si sentiva meglio. Avvolse i suoi capelli in un asciugamano, e poi fece un turbate. Apri l’armadio, posizionato di fronte al letto, e prese un jeans a vita alta e una semplice canotta grigia da metterci sopra. Anche la camera non era molto grande, aveva il letto da una piazza e mezza, un piccolo comodino affianco, dove sopra ci teneva la sveglia, una piccola bajour rossa e una bottiglietta d’acqua. Poco dopo l’armadio c’era una piccola scrivania e una sedia, dove di solito fungeva da attaccapanni. Scese di corsa le scale e andò in cucina per riordinare un po’ e preparare il pranzo. Non aveva voglia di lavare i piatti, così li mise nella lavastoviglie e l’azionò. Ma lo squillo del telefono di casa la fece sobbalzare.
“Chi sarà mai a quest’ora? Eppure non aspettavo nessuna telefonata” disse a se stessa.
«Pronto?» rispose gentilmente. Ma dall’altra parte c’era il silenzio più assoluto. Aspetto qualche secondo per vedere se qualcuno rispondeva, ma nulla non ricevette risposta.
«Pronto?» disse questa volta a voce più alta, forse non l’avevano sentita. Ma nulla, ancora nessuna risposta, solo il silenzio assoluto. Mise giù la cornetta pensando che avessero sbagliato numero. Tornò in cucina e finì di sistemare la casa. Ma il telefono squillò di nuovo. Alzo di nuovo la cornetta del telefono e rispose. Ma anche questa volta dall’altra parte non rispose nessuno. Iniziò ad essere nervosa, che senso aveva chiamare se poi non sparire nel nulla? Prese il suo Iphone e chiamò Lexie, pensando che magari era lei che l’aveva chiamata.
«Buongiorno. Era ora che ti svegliavi» percepì un lieve sorriso nella voce.
«Veramente sono sveglia già da un po’, stavo dando una sistemata in casa, sembra un campo di battaglia»
« Vuoi venire a mettere a posto anche la mia?» rise di gusto Lexie, che odiava fare le faccende di casa, forse perché le faceva già tutti i giorni al bar.
«No grazie, mi basta già la mia» rispose sorridendo.
«Ma non ti ho chiamata per questo, volevo chiederti se per caso mi hai provato tu a chiamare a casa. Mi ha squillato il telefono ben due volte ma non ha risposto nessuno» il suo tono di voce tornò serio.
«No, non ero io, e poi lo sai che se ti devo chiamare ti chiamo sempre sul cellulare. Chissà forse hanno sbagliato numero» la rassicurò la sua migliore amica.
«Beh ci ho pensato anche io, però mi sembra strano per ben due volte di seguito?» alzò leggermente il sopracciglio, c’era qualcosa che non gli tornava.
«Può succedere, sai quanto è strana la gente, lo dovresti sapere, dato che hai a che fare con tipi abbastanza strani a lavoro»
«Questo è vero hai ragione» disse più a se stessa che all’amica. Erano anni che lavorava al bar, e di gente strana ne aveva conosciuta davvero tanta. Forse aveva ragione lei, probabilmente avranno sbagliato numero. Era la solita paranoica, e forse si era allarmata per nulla.
«Vado a finire di preparare il pranzo, ci vediamo più tardi al bar»
«Stessa ora solito posto come sempre, se hai bisogno di qualcosa chiamami, sai dove trovarmi» percepì una leggera minaccia nel suo tono di voce. La conosceva fin troppo bene, e sapeva che era ostica a chiedere aiuto.
«Va bene stai tranquilla. Un bacio ci vediamo dopo.» Sorrise mentre chiuse la chiamata. Non c’era nessuno che la conosceva meglio di lei e di Alex. Con loro poteva concedersi il lusso di non parlare, perché molte volte sapevano già a cosa stava pensando. Si preparò un bel piatto di spaghetti con il pomodoro, si solito mangiava sempre panini o piadine, la domenica mattina che aveva la mattinata libera amava cucinarsi qualcosa di sano e gustoso allo stesso tempo. Dopo pranzo decise di rilassarsi un po’ sul divano e rilassarsi un po’ prima di andare di nuovo a lavoro. Prese un libro, e si mise sul divano. Amava leggere, ma da quando lavorava non aveva molto tempo per farlo. Amava l’odore che emanavano le pagine ogni volta che le girava. Il rumore della carta che faceva ogni vota che girava pagina, la rilassava parecchio. Nulla a che fare con i libri digitali di oggi. Lei preferiva di gran lunga i libri fisici. La suoneria della sveglia attirò la sua attenzione. Aveva messo la sveglia per andare a lavoro, perché altrimenti sapeva che rischiava di fare tardi.
“Forza è ora di andare a lavoro Ellis. Alza il tuo sedere dal divano e mettiti in moto” incalzò la sua parte razionale. La domenica doveva essere illegale lavorare. Le strade erano abbastanza libere, era domenica pomeriggio e le persone si godevano la serata in casa con la famiglia. Arrivò al bar in un quarto d’ora.
«Sai che dovrebbe essere illegale lavorare la domenica vero?»  disse mentre si diresse subito verso il bancone. Era il che teneva il suo grembiule, in una mensola vicino il frigo delle bevande analcoliche.
«Si lo so, ma purtroppo non siamo nate ricche, altrimenti non eravamo qui nessuno delle due» lanciò un’occhiata a Lexie che era intenta a fare il nodo al grembiule. Ellis la guardò e ridacchio sotto i baffi che non aveva. Infondo l’amica aveva ragione, se fossero nate ricche non avrebbero avuto bisogno di lavorare.
«Ma anche se fossimo ricche, so già che avresti trovato qualcosa da are, dopo un po’ ti saresti annoiata»  le scappò una leggera risata.
«Brava, tu si che mi conos..» Ellis venne interrotta da una voce maschile.
«Beh a dire il vero mi sarei annoiato anche io»  si trovò Eric davanti il bancone. Non lo aveva visto entrare, ne tanto meno lo aveva sentito. Fece un leggero cenno di approvazione, non aveva la forza per rispondere.  Sentiva lo sguardo di Eric addosso, ma cercava di non darci peso, doveva lavorare e non poteva permettersi distrazione, anche se era parecchio difficile concentrarsi in quelle condizioni.
« Per favore, è possibile avere un caffè alla vaniglia? Ho bisogno di un po’ di dolcezza» una voce maschile, ma famigliare interruppe i suoi pensieri. Si girò, e dall’altra parte del bancone vide Alex, che le sorrideva dolcemente. Senza dire nulla, uscì dal bancone e abbracciò forte Alex, quasi da saltargli addosso. Erano mesi che non lo vedeva, era stato occupato con il lavoro, e non aveva avuto modo di scendere.
«Ma quanto sei arrivato? Lexie non mi ha detto nulla. Sono felice di vederti, mi sei mancato» gli rispose mentre continuava ad abbracciarlo. Amava gli abbracci, ma quelli di Alex in particolare.
«Non ti ho detto nulla perché neanche io sapevo nulla, quando Alex imparerà ad avvisare ti farò sapere» rispose ironicamente Lexie. Anche lei era felice di vederlo, era mancato un po’ a tutti.
«Mi sono dimenticato, mi conosci, l’importante e che sono qui» disse stampando un bacio sonoro sulla guancia di Ellis. Nonostante la presenza di Alex, adesso si sentiva ancora più osservata. Con la coda dell’occhio vide lo sguardo gelido di Eric da dietro al bancone che guardava attentamente Alex.
«Lui deve essere il ragazzo nuovo, io sono Alex piacere» gli teste la mano gentilmente.
«Il piacere è mio, mi chiamo Eric, sto dando una mano alle ragazze questi giorni» rispose dandogli la mano, ma la sua espressione restò impassibile e il suo sguardo era freddo e distaccato.
«Ero passato solo per un saluto, vi lascio lavorare, ci vediamo stasera a cena ti aspetto» gli fece l’occhiolino.
«Se si può chiamare cena alle dieci di sera, va bene ci sarò tranquillo» lo abbracciò di nuovo, e gli stampò dei baci sulla guancia. Fece la stessa cosa Lexie, prima di tornare a lavoro.
«Si può sapere chi era quel tipo? E soprattutto cosa vuole da te» gli chiese Eric mentre gli strinse forte il braccio. Ellis cercò di liberarsi dalla presa, ma non ci riuscì, la stretta era davvero forte.
«E’ il mio migliore amico, e cosa vuole da me saranno anche affari miei» rispose cercando di non far trapelare la paura nella sua voce.
«Questi sono affari miei, come chiunque ti si avvicina» la guardò fissa negli occhi, con sguardo freddo e serio. Strinse ancora di più la morsa e una smorfia di dolore comparve sul viso di Ellis. Guardò Lexie per cercare aiuto. Lexie, sentendosi osservata si girò, ma non vide nulla, perché ad Alex non gli era sfuggito il dettaglio e l’aveva lasciata già lasciata andare.
  
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Drammatico / Vai alla pagina dell'autore: Ema_puffetta