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Autore: SmartieMiz    26/10/2012    1 recensioni
Sebastian Smythe è un ragazzo francese che partecipa ad un progetto scolastico che gli permette di essere ospitato per un anno dall'altra parte del mondo, a Westerville, da un certo Thad Harwood.
Jeff Sterling, invece, è un ragazzo impegnato e ha un migliore amico, Nick Duval.
Cosa può succedere quando si abita molto lontano o quando si è già fidanzati?
Genere: Angst, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Jeff Sterling, Nick Duval, Sebastian Smythe, Thad Harwood | Coppie: Nick/Jeff, Sebastian/Thad
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà della Fox; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.
 



The French


L’aeroporto era affollato. Sebastian Smythe camminò avanti e indietro assorto nei suoi pensieri fin quando non si scontrò con una donna anziana.
«Stia attento!», lo ammonì severa la donna.
«Mi scusi», fece Sebastian allontanandosi.
C’era troppa gente e Sebastian non riusciva a trovare il ragazzo che lo avrebbe ospitato a casa sua per un mese.
«Salut! Tu es Sebastian Smythe?», gli domandò improvvisamente una voce.
Sebastian si voltò e vide un ragazzo decisamente basso con capelli e occhi scuri e tratti ispanici. A giudicare dall’accento, di sicuro non aveva mai aperto un libro di francese.
Sebastian si trattenne dal ridergli in faccia poiché al suo fianco c’era quella che doveva essere la madre.
«Ciao, sì, sono io Sebastian, tu devi essere Harwood? Non ricordo il nome», parlò Sebastian in inglese.
«Sì, Thad Harwood, piacere di conoscerti», si presentò il ragazzo con un enorme sorriso porgendogli la mano.
«Comunque non c’è problema, parlo l’inglese abbastanza fluentemente», rispose Sebastian accettando la stretta.
«Ah, meno male, perché io non so proprio niente di francese!», ammise Thad.
Me ne sono accorto, pensò Sebastian con un finto sorriso.
«Benvenuto, Sebastian!», lo salutò calorosamente la donna al fianco di Thad porgendogli la mano. Bassina, tondetta, con gli occhi vivaci castani e i capelli ondulati scuri. Era semplice ed era proprio la semplicità a renderla una bella donna.
«La ringrazio», disse Sebastian accettando la stretta.
«Oh, ma tu sei di Parigi! Io adoro Parigi! Parigi è stupenda, la Francia è stupenda!», esultò una ragazzina al fianco di Thad. Non poteva avere più di tredici anni ed era incredibilmente simile all’ispanico.
«Ti presento mia sorella Taylor», fece Thad leggermente imbarazzato, poi si avvicinò a Sebastian e gli disse gentilmente: «Dammi la valigia».
«Non preoccuparti », rispose Sebastian con un sorriso enigmatico.
«Ma…».
«Non pensarci nemmeno».

«Raccontami di Parigi!», esultò entusiasta Taylor non appena Sebastian entrò in casa e posò la valigia a terra.
«Oh, Taylor, ma lasciagli il tempo di respirare!», la rimproverò divertita la madre, poi si rivolse verso Thad e gli chiese dolcemente: «Tesoro, vuoi mostrare la casa all’ospite?».
Thad annuì e mostrò la casa al francese.
«Questa invece è la mia camera», fece Thad mostrandogli la propria stanza.
Sebastian osservò attentamente la stanza. Era semplice e ordinata e ciò la rendeva graziosa.
Il ragazzo si avvicinò lentamente alla scrivania dove vide varie foto.
«Loro sono i miei amici della Dalton Academy, se vuoi domani mattina te li faccio conoscere», disse Thad con un lieve sorriso.
Sebastian, intento ad osservare un’altra foto, annuì distrattamente. C’era una foto nella quale era presente quello che doveva essere Thad da piccolo con i suoi genitori e la sorellina tra le braccia del padre. Quest’ultimo era un bell’uomo ed era identico a Thad. Le uniche differenze erano i capelli leggermente brizzolati, la barba folta e i tratti più adulti. Nella foto sorridevano tutti e quattro. Insomma, era una famiglia felice, una famiglia normale, cosa che Sebastian non aveva mai avuto la fortuna di avere.
«Siete identici», commentò Sebastian impressionato dalla somiglianza tra quell’uomo e l’attuale Thad.
«Lo so, ce lo dicevano tutti», rispose Thad con un triste sorriso.
Sebastian si voltò leggermente.
«È venuto a mancare tre anni fa», continuò il ragazzo.
«Oh, beh, ecco… mi dispiace davvero tanto», ammise Sebastian comprensivo e sincero.
«Non preoccuparti, così doveva andare», rispose Thad con un sorriso debole.

«Comunque niente, alla fine mi ha mollato».
«Ti ha mollato?! E dov’è finito l’impavido Nick Duval?».
«Jeff, non fare lo stupido».
«No, veramente, come mai?».
«Boh».
«Come sarebbe a dire boh?».
«Non lo so!».
Jeff Sterling stava parlando al cellulare con il suo migliore amico Nick Duval. Ormai si sentivano tutti i giorni, anche in estate, e parlavano sempre del più e del meno.
«Domani non vedo l’ora di andare a scuola!», esultò Jeff.
«Non ti facevo così studioso!».
«Idiota, mica sono così entusiasta del fatto che incominciano di nuovo le lezioni?!», lo rimproverò Jeff, poi con un sorriso disse: «Non vedo l’ora di vedere te, Thad, Blaine, Trent e tutti i Warblers! Lo sai che mi sei mancato?».
«A me neanche un po’».
«Ma come sei perfido e cattivo!».
«Scherzo, sciocchino. Certo che mi sei mancato, e anche tanto».
«Ma che dolce!», scherzò Jeff: «Non è da te essere così mielosi».
«Smettila».
«Perché dovrei?».
Ad un certo puntò squillò il telefono di casa.
«Ehm, Nicky, sta squillando il telefono», fece Jeff.
«Rispondi».
«No, guarda», fece Jeff secco, poi disse: «Lascio un attimo il cell sulla scrivania».
«Okay».
Jeff lasciò il cellulare sulla scrivania e rispose al telefono.
«Pronto?».
«Perché hai sempre il cellulare occupato?».
Ah, quella voce, come non poteva non riconoscerla.
«Ehm, Justin, scusa, ero al cell con un amico», si scusò Jeff.
«Con Nick scommetto», rispose la voce gelida e tagliente del ragazzo dall’altra parte del telefono.
«Ehm… sì», ammise Jeff.
«Ho trovato il cellulare occupato per un’ora e trentasei minuti», continuò la voce fredda di Justin.
«Ho la promozione per le chiamate», si giustificò Jeff.
«E tu giustamente sfrutti la promozione parlando al cellulare con il tuo amichetto e non con il tuo fidanzato».
«Oh, Justin, non fare il geloso, è soltanto un amico!», provò a spiegargli inutilmente Jeff: «Siamo amici dai tempi dell’asil…».
«Questo non importa», lo interruppe Justin secco: «Nick è un amico, è un ragazzo, insomma, è un maschio ed è anche il tuo compagno di stanza. Tu sei gay e sei anche fidanzato. Come mi dovrei sentire?!».
Jeff alzò gli occhi al cielo. Justin si faceva sempre tantissime paranoie!
«Credimi, Justin, io ti amo e amo solo te. Nick è semplicemente il mio migliore amico, è come un fratello per me», spiegò Jeff.
«Vabbè», si arrese Justin, ma Jeff sapeva benissimo che la tregua sarebbe durata molto poco: «Allora ci possiamo vedere domani al Lima Bean quando hai un po’ di tempo libero».
«Sì, va bene», rispose Jeff, poi disse: «Posso portare anche Nick, Thad, Tr…».
«No».
«Come, scusa?», chiese Jeff sperando di aver sentito male.
«Solo noi due per una volta. Chiedo troppo?», domandò Justin quasi risentito.
«Va bene…», sussurrò Jeff imbarazzato: «Allora a doma…».
«Ma parliamo un po’ di come abbiamo passato le vacanze, dei progetti che abbiamo per quest’anno eccetera», lo interruppe Justin.
«Senti, in realtà ora devo staccare e…».
«Perché devi staccare? Forse non è bastato parlare un’ora e trentasei minuti con Nicky?», disse Justin offeso facendogli il verso.
«Justin, smettila, quando fai così sei irritante», affermò Jeff scocciato.
«Sono semplicemente razionale», disse Justin serio.
«Scusami, Jus, devo staccare ora, ti prometto che stasera ci sentiamo in webcam tutto il tempo che vuoi tu», fece Jeff.
«Va bene», sbuffò Justin, poi lo salutò: «Ciao, amore».
«Ciao, ti amo anch’io».
Jeff staccò la chiamata e prese subito il cellulare tra le sue mani.
«Nicky!».
«Jeffie, dimmi».
«Scusami se ci ho messo un po’, era Justin», spiegò Jeff.
«Ah, Justin», ripeté Nick inespressivo: «Forse dovrei staccare la chiamata… ti sentivo bisticciare».
«Ah, no, non preoccuparti, non è niente, è tutto okay».
Sì, certo, tutto okay. Jeff e Justin, per qualche strano motivo, litigavano sempre. Per lui.

   
 
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