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Autore: MelodramaticFool_    26/10/2012    4 recensioni
"Era lì la mattina prima dell'apertura dei negozi, e scompariva dopo il calar del sole, silenziosamente come era venuto."
Un uomo, la sua storia. Una One-Shot introspettiva, particolare.
Spero che apprezziate.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Seduto per terra, nell'angolo tra le due vie, c'era sempre lui. Stonava talmente tanto con le facciate bianche e ordinate dei palazzi che era impossibile non notarlo. Aveva dei lunghi capelli grigi, stopposi, il viso macchiato di terra e la barba di parecchie settimane. Stava sempre lì, seduto su un pezzo di cartone marcio, con la pioggia e con la neve. Si alzava solo due o tre volte al giorno per andare a pisciare al bar dall'altra parte della strada, tutto il resto del suo tempo lo passava a osservare i passanti che lo circondavano. 
Madri che spingevano piano i passeggini colorati, coppie che si tenevano teneramente per mano, uomini d'affari dall'aspetto impeccabile e impeccabilmente deprimenti, adolescenti che fumavano e urlavano oscenità, senza vergogna, come solo loro sanno fare. 
Accanto a lui, solo un sacchetto per la spesa e un bicchiere di plastica per l'elemosina. Il barbone indossava un maglione grigio e sfilacciato, un vecchio cappotto logoro, dei sudici scarponcini da montagna e dei lunghi pantaloni marroni pieni di buchi. Nessuno sapeva il suo nome, dove dormiva, la sua storia. Non parlava mai, non implorava per gli spiccioli. Se ne stava semplicemente seduto, la schiena appoggiata alla parete di pietra, lo sguardo perso nel mare di gambe in continuo movimento. 
Era lì la mattina prima dell'apertura dei negozi, e scompariva dopo il calar del sole, silenziosamente come era venuto. 
 
Quel giorno la via era gremita di gente. Mancava una settimana a Natale, tutta la città si era riversata sulle strade per gli ultimi acquisti. Come sempre, incurante del freddo, il barbone era lì, nel suo silenzio, come un monumento semovente. Nonostante tutta quella gente, tutte quelle persone con le tasche piene di soldi per i regali, in pochi facevano caso all'uomo dell'angolo. Alcuni si fermavano davanti a lui, gettavano qualche monetina. 
Un vecchio sorridente dagli occhi limpidi e azzurri, una ragazzina in compagnia del fidanzato, un giovane tutto piercing con la maglietta di un gruppo rock, una vecchia che camminava ricurva su stessa. 
Cinque bambini con i loro sguardi pieni di innocenza ed empatia. 
Un prete in abiti scuri che rimase qualche minuto ad osservarlo, dopo aver infilato una banconota da cinque euro nel bicchiere. 
Il barbone ogni volta sorrideva ai suoi rari benefattori, per ringraziarli. Alcuni rispondevano sorridendo a loro volta, altri, la maggior parte, se ne andavano via senza voltarsi indietro. 
Scese la notte, i marciapiedi si svuotarono, i negozi chiusero le serrande, si accesero le luci dei lampioni. 
Alle undici e mezza le campane di una chiesa poco distante si misero a suonare. Il barbone si alzò, si stiracchiò, raccolse il pezzo di cartone e il sacchetto di plastica, fece scivolare il contenuto del bicchiere in una tasca, e s'incamminò verso il centro. 
Camminò per mezz'ora per le strade buie della città, trascinando i piedi per terra. A mezzanotte in punto giunse davanti al portone di un palazzo dall'aria ben più che benestante. Infilò la chiave nella serratura e, dopo sei rampe di scale, aprì una bella porta di legno scuro ed entrò nell'appartamento. 
Accese la luce. 
Le pareti erano di un delicato color crema, il pavimento un mosaico di legni scuri e chiari. I mobili bianchi e le stoffe blu di divani e tende diedero al barbone un gran senso di pace. Alle pareti erano appesi grandi quadri colorati, e le lampade diffondevano una tenue luce che creava curiosi giochi di ombre, che facevano sembrare l'appartamento ancora più grande. Dalle ampie finestre si aveva un panorama meraviglioso della città, in tutto il suo cemento e i suoi cartelloni pubblicitari.
L'uomo attraversò il salotto e giunse in una bella camera da letto con un grande letto matrimoniale al centro. Con gesti lenti e abituali si tolse la parrucca che portava in testa. Si levò tutti i vestiti, fino a rimanere completamente nudo. Aveva la pelle pallida e tesa, i capelli corti e castani, due spalle larghe e ben piazzate. Non doveva avere più di trent'anni. Con la stessa lentezza, uscì dalla camera e raggiunse un bel bagno ampio, ricoperto di piastrelle bianche e verdi, e si strofinò via tutte le finte macchie di sporco che aveva sul corpo. Dopo la doccia, indossò una calda e morbida vestaglia di cotone e si insinuò in un piccolo studio. 
Appoggiati sulla scrivania antica, un foglio e una penna. L'uomo si sedette e guardò il foglio davanti a lui: c'erano due colonne; su una c'era scritto "Uomini che sanno vedere". Allora segnò cinque X e cinque Y, le Y erano i bambini. C'erano molte più Y che X. Quindi l'uomo si alzò e andò a dormire nel grande letto dalle lenzuola profumate e blu, in attesa di un nuovo giorno uguale a tutti gli altri. 

L'altra colonna del foglio era intitolata "Uomini che non vedono". 
Non c'erano nè X nè Y. 
C'era solo un simbolo, segnato in piccolo in fondo alla pagina. 
Il simbolo dell'infinito.





Nota dell'autrice:
Questa One-Shot mi è venuta in mente dopo aver letto per la ventesima volta "Gli effetti secondari dei sogni" di Delphine De Vigan.
Vi prego di recensire, così se ho fatto qualche errore starò più attenta nelle prossime storie.
Grazie per aver letto, sul serio!

MelodramaticFool_
  
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