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Autore: Kiara Wolf    27/10/2012    4 recensioni
Salve :) questa è la mia nuova creazione che ho appena sfornato.
Hunith è una quarantaduenne che lavora come segretaria in un piccolo ufficio, dove la paga non è delle migliori. Ha carico a tre figli: Merlino, Emily e il piccolo Mordred.
La dolce Hunith durante un viaggio di lavoro incontra il proprietario dell’industria di moda più famosa d’Europa: Uther Pendragon.
Tra i due vi è subito un colpo di fulmine, pertanto decidono di fidanzarsi e successivamente di andare a vivere assieme.
Così Uther in compagnia dei suoi due figli: Artù e Morgana si reca nella casa di Hunith, che non è altri che una piccola villetta.
Riusciranno sette persone con caratteri e legami di sangue diversi a vivere sotto lo stesso tetto?
Tra amori, gelosie, preservativi, amici, fidanzati e fratelli invadenti si apre il sipario sulle famiglie: Emrys e Pendragon.
Genere: Comico, Erotico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
Capitoli:
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Ciao :) sono di nuovo io.
Ho notato che nessuno ha commento il capitolo precedente, così mi sono chiesta se valesse la pena continuare questo mio progetto. Poi però alla fine mi sono decisa e ho pubblicato anche la seconda parte del capitolo, così vedere se stavolta riuscivo suscitare qualche curiosità.
Se i risultati dovessero essere negativi eventualmente prenderò in considerazione l’idea di cancellare la fanfiction. Ma per ora l’unica cosa che faccio è augurarvi una buona e piacevole lettura.
Ci risentiamo a fine capitolo.
 
 
Disclaimer: purtroppo non sono la proprietaria né delle serie, né dei personaggi originali, e nel pubblicare degli scritti riguardanti loro da parte mia non vi è nessuna forma di lucro, ma solo di pura e semplice voglia di scrivere.
 
 
Disclaimer 2: questa storia s’ispira alla serie italiana intitolata “i cesaroni”. E, oltre a non appartenermi, nell’utilizzare uno sceneggiato simile da parte mia non vi è nessuna forma di lucro.
 
 
Nota: questo scritto contiene riferimenti slash e un linguaggio di natura sessuale.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
                                                                          Rasoi e carrelli ----> ovvero Gay vs Etero parte 2
 
 
 
 
 
Una volta “pronti”, i fratelli Emrys, di cui due erano abbigliati in maniera molto poco presentabile, uscirono dalla porta di casa e andarono a occupare i sedili della macchina di Merlino.
La disposizione fu la solita: i maggiori davanti, per evidenziare la loro “supremazia”, e il piccolo dietro.
«Quanto dobbiamo spendere?», domandò il moro, mettendo in moto la macchina.
«Tutto quello che basta per riempire due carrelli», rispose la sorella, allacciandosi la cintura. «Ti ricordo che nei giorni a venire ci saranno altre tre persone a occupare casa, ciò significa tre bocche in più da sfamare».
«La mia povera stanza» piagnucolò Merlino.
«Le nostre povere stanze», lo corresse Emily, iniziando a smanettare con la radio. «Anch’io dovrò dividere con qualcuno la mia camera da letto».
«Eh già», annuì Merlino, «non avrai più l’esclusiva».
«Ma io mi chiedo», Emily congiunse le mani, come se stesse per pregare, e iniziò a agitarle dall’alto verso il basso, «se questi sono così ricchi da far schifo, perché devono venire loro da noi, che c’entriamo a stento in quei pochi metri quadri?».
«Per romperci le palle», dedusse Mordred, fiero della sua affermazione.
«Marmocchio vacci piano», lo richiamò Emily senza voltarsi. «Se ti sente mamma poi se la prende con noi».
«Più che altro se la prenderebbe con Galvano», rise Merlino pensando al suo migliore amico. «Soprattutto quando guarda le partite».
«Arbitro cornuto».
«Ecco appunto». Tutti e tre scoppiarono a ridere fragorosamente.
«Anche su di te Galvano ha una brutta influenza», annotò Emily, rivolgendosi al fratello maggiore.
«Quale?».
«Ad esempio…», ci rifletté su, «ti ha “insegnato” a mettere i piedi sul tavolino del soggiorno».
«Ha parlato quella che lo macchia giornalmente con i suoi smalti».
«E’ successo solo una volta», precisò la sorella, alzando l’indice della mano sinistra. «Ed era trasparente», sottolineò con accortezza.
«Tsk».
«Voi siete contenti di avere dei nuovi fratelli?», domandò Mordred di punto in bianco, incrociando le gambe sul sedile posteriore.
«Oh», Emily si sentì colta alla sprovvista e pertanto si voltò verso Merlino in cerca di aiuto. «Ma certo…», rispose con incertezza, guardando negli occhi il fratello, che però aveva assunto un’espressione ancora più spaesata della sua. «Avremo», fece una pausa, cercando di farsi venire in mente qualche aspetto positivo, «tanta compagnia in più».
Il moro scosse la testa, lanciandole un’occhiata esacerbata e mimandole con le labbra: «non potevi inventartene una migliore?».
«Quindi», ragionò Mordred, alzando gli occhi al cielo, «mamma si è fidanzata con Uther solo per stare in compagnia?».
«Più o meno», rispose il fratello maggiore, annuendo. «Tutte le donne hanno bisogno di un marito».
«Ma la mia maestra non è sposata», fece subito presente Mordred.
«Ed è per questo che è una zitella stressata», considerò Emily, ticchettando con le dita sulla sua coscia. «Anche la mamma lo sarebbe diventata se non si fosse trovata un fidanzato».
Dopo quest’affermazione regnò un minuto di silenzio, durante il quale tutti pensarono a qualcosa.
Merlino ripensò a quanto avesse sofferto sua madre dopo la morte del padre di Mordred e a quanti sforzi avesse dovuto fare per tirare su la famiglia.
Ricordava ancora quando lui e la sorella, non appena scoperto che la madre avesse perso il lavoro, andarono alla ricerca di piccoli lavoretti. Lui faceva il doposcuola a dei bambini e lei, nonostante fosse poco più che una bambina, si recava nelle case di donne anziane per aiutarle nei lavori domestici.
Emily, invece, rifletté su quanto fosse stata dura per il fratello maggiore fare da padre sia a lei che al suo fratellino.
La ragazza era sicura che Merlino, nonostante avesse tre anni in più di lei, non l’avesse mai vista come una sorella, bensì come la sua bambina. Dopotutto, quando la madre non era presente per ragioni di lavoro, era sempre stato lui ad avere cura di lei.
Era stato lui a cambiarle il pannolino, trattandola come una bambola costosa di cui occuparsi, a farle la doccia durante i suoi primi anni di vita, ad accompagnarla a scuola mano nella mano, a prepararle il pranzo nei giorni in cui erano soli a casa, ad aiutarla a fare i compiti quando andava alle elementari, a spiegarle cosa fossero le mestruazioni, ad accudirla nei giorni in cui stava male, a consolarla nelle notti in cui aveva degli incubi, a dormire abbracciato a lei quando il cielo era tempestato da lampi e tuoni, a insegnarle a portare il motore e poi la macchina, a darle passaggio alle prime feste adolescenziali, a pedinarla con i suoi amici al suo primo appuntamento, a rimproverarla il giorno in cui l’aveva beccata nel bagno a fumare, a metterla in punizione quando era tornata a casa con un tatuaggio, a darle uno schiaffo, di cui però si era subito pentito e difatti le aveva promesso tenendola stretta a sé, mentre lei piangeva, che non l’avrebbe più sfiorata nemmeno con un dito, non appena aveva scoperto che fosse andata a letto con un ragazzo.
In poche parole Merlino era stato per lei il padre che non aveva mai avuto.
Crescendo il loro rapporto si era trasformato in un qualcosa di speciale, che aveva portato i due fratelli a diventare migliori amici e a far creare tra loro un legame ancora più forte di quello che solitamente vi era tra un fratello o una sorella, o tra un padre e una figlia.
La loro “amicizia” gli concedeva di essere tutto l’una per l’altro. Dietro a dei patti e dei compromessi naturalmente.
E si poteva affermare a gran voce che il loro legame si fosse stretto maggiormente con la perdita della verginità di Emily, che non era più la bambina di un tempo, ma era diventata una ragazza piuttosto bella.
Possedeva un corpo sinuoso e snello, ma una statura non tanto alta. Portava i capelli, che erano castani ramati, rigorosamente a caschetto, che contribuivano a dar intensità al volto insieme ai suoi grandi occhi color cioccolato. 
Merlino con il tempo aveva imparato ad accettare che Emily non fosse uno stinco di santa ma, pur non condividendo ciò, l’aveva sempre spalleggiava nelle sue “avventure”. E la sorella, in cambio, gli raccontava tutto quello che le accadeva, facendolo così stare più tranquillo.
Mordred, a differenza degli altri due, pensava ai due nuovi fratelli e al futuro padre.
Gli sembrava assurdo che sua madre avesse bisogno di un’ulteriore compagnia, quando a casa erano già in quattro.
La confusione e l’allegria non mancavano mai, quindi il bambino non si riusciva a spiegare il perché di quell’aggiunta di persone alla loro famiglia.
Non gli piaceva l’idea di dividere la stanza con un altro ragazzo e non gli andava di vedere sua madre coccolare degli estranei. Ma soprattutto non sopportava il fatto che avrebbe dovuto chiamare un signore che non conosceva: “papà”.  Infatti, gli venne spontaneo chiedere ai fratelli: «ma ora che Uther è il fidanzato di mamma, non lo devo chiamare papà, vero?».
«Certo che no», intervenne immediatamente la sorella, sconvolta delle parole del fratellino. «Uther è un estr…», si bloccò nel ricevere un’occhiataccia da Merlino. «Cioè, non sarà il tuo papà», tentò di modificare in meglio il discorso, «potrà essere solo un…».
«Tuo amico», la salvò in extremis l’altro.
«Ma è vecchio».
«Ha solo cinquant’anni», considerò Merlino, cercando in tutti i modi di addolcire la pillola. «Non è poi così vecchio».
«Potresti andare allo stadio con lui», propose Emily, appoggiando i piedi sul cruscotto. «A quanto ne so, è un tifoso di calcio».
«Bah», protestò Mordred, incrociando le braccia al petto. «Già mi sta antipatico».
«Iniziamo bene», sospirò il maggiore.
«Non ho dubbi su questo», dichiarò acida la sorella.
Dopo pochi minuti giunsero a destinazione. Così tutti e tre scesero dalla macchina ed entrarono nel supermarket.
La prima cosa che fecero fu quella di prendere due carrelli e, dopo una breve riunione in cui si divisero i compiti, si separarono per andare alla ricerca di differenti prodotti.
Merlino si recò nel reparto alcolici per prendere delle birre, qualche bottiglia di champagne e una di vodka alla pesca, che piaceva tanto alla sua sorellina. Gli altri due invece, girovagando per il locale, presero tutti gli alimenti che a casa mancavano o stavano per terminare: pasta, latte, farina, uova, nutella, ecc.
Emily, che guidava il carello, mentre camminava lungo il reparto detersivi si accorse che dietro ad uno scaffale vi era il fratello, che trainava l’altro carrello.
La giovane ghignò e prese la rincorsa per poi lanciarsi contro il carrello di Merlino, così da far scontrare i due piccoli mezzi di trasporto.
Il moro nell’urto cadde quasi per terra e non appena vide la sorella ridere a crepapelle si alzò e le ricambiò lo spintone, dando così inizio a una guerra, che terminò dopo i vari richiami da parte dei commessi.
Dopo essersi ricomposti, Emily, passando dal reparto prodotti per il corpo, prese gli assorbenti e le strisce depilatorie. Ma nel momento in cui si avviò verso il carrello per deporvi la merce, un particolare articolo attirò la sua attenzione. «Merlo», urlò senza pensarci due volte.
«Che c’è?», rispose il fratello, che stava facendo scorta di rotoli di carta igienica.
«Li prendo i sacchettini per surgelare?», domandò, lanciandogli un’occhiata complice.
«Sì, sì», annuì luì, capendo al volo. «Sono quasi finiti».
«No», li fermò Mordred, rovistando nel carrello. «Li abbiamo già presi», mostrò loro una scatola di sacchetti per congelare.
«No tesoro», Merlino si trattenne a stento dalle risate, «alla mamma servono anche quelli più piccoli».
«Eh già», concordò Emily, «le serviranno d’ora in poi. A meno che non voglia far accrescere la prole», utilizzò appositamente un vocabolo difficile cosicché il fratellino non ne comprendesse il significato.
«Sister», le uscì la lingua il fratello schifato, «non farmi pensare a cose così terrificanti».
«Quanti ne prendo?», cambiò velocemente discorso, comprendendo quanto fosse difficile anche per lui accettare la nuova situazione.
«Almeno due».
«Io direi quattro. C’è lo sconto!».
«Devi per caso “congelare” tutta Londra?».
«No» scosse la testa la giovane, «ma ti ricordo quanto sia immensa la sbadataggine di Eric», aggrottò la fronte, alludendo al ragazzo con cui si frequentava nelle ultime due settimane.
«Ma dai», scosse la testa Merlino. «Non ci credo che non ne avrà neanche uno con sé».
«Scommessa?».
«E scommessa sia».
«Non ti conviene, perderesti!».
«D’accordo», il fratello appoggiò il gomito destro sul manico del carello, «pensi davvero che sia così idiota da non infilarselo nella tasca dei jeans prima di uscire?».
Emily roteò gli occhi, e, pensierosa, osservò per cinque secondi i mattoni del pavimento, per poi girarsi verso il fratello e annuire.
«Ah», fu la risposta del moro. «Allora sai che ti dico? Abbondiamo! Prendine almeno cinque. Non ci tengo a diventare zio prima del tempo».
«Oooookay», fissò con attenzione i pacchi, «che gu…», s’interruppe ricordandosi che ci fosse anche Mordred con loro. «A quale essenza?».
«Che essenze ci sono?».
«Cocco, fragola, cioccolato, vaniglia e menta», li elencò velocemente.
«Uno cocco, due cioccolato e due fragola. Se per te vanno bene…».
«Sì», annuì Emily, prendendoli. «Mi piace il cocco».
«Emily!».
«Okay scusa».
Mordred non si azzardò nemmeno a chiedere ulteriori spiegazioni, poiché sapeva già che gli sarebbero state negate a causa della sua età.
Dopo un’ora e mezza uscirono super carichi dal supermercato e scaricarono tutto in macchina, per poi risalire a bordo e dirigersi verso casa.
Una volta tornati alla maison, sistemarono la spesa e, dato l’orario, iniziarono a preparare sia il pranzo che la cena, così da potere dedicare tutto il santo giorno a riordinare casa, in modo da far contenta Hunith.
Fu una giornata talmente faticosa che alla fine decisero di andare a letto senza cenare. Pertanto, dopo aver conservato nel frigorifero la cena, si diedero la buonanotte e poi ognuno si diresse in camera propria.
Emily s’infilò velocemente il pigiama e si stese sotto le coperte, pensando che non sarebbe a scuola nemmeno il giorno seguente, dato che non aveva toccato libro per tutto il dì e l’indomani sarebbe stata impreparata.
Ne avrebbe approfittato per fare il ponte del weekend, giacché di sabato non aveva scuola.
Poggiò la testa sul cuscino e socchiuse gli occhi, però prima che riuscisse ad addormentarsi, qualcuno bussò alla porta, distraendola dal sonno.
«Mamma?», chiamò, inarcando un sopracciglio, stranita.
«Sono io», annunciò Merlino, aprendo la porta della cameretta.
«Entra», lo autorizzò. «Come mai qui?».
«Beh», iniziò lui, sbattendo le palpebre, «avevo voglia di parlare un po’», le confessò, sedendosi sul suo letto. «Ehi!», esclamò dando una veloce occhiata alla stanza, «non credo di averla mai vista così pulita e ordinata».
«Già», gracchiò Emily, sbadigliando.
Il fratello la fissò con apprensione, per poi chiederle: «come stai?».
«Bene», rispose lei con ovvietà, «come vuoi che stia?».
«Sai», emise un piccolo sospiro, «quando eri bambina e stavi male…».
«Non capisco cosa c’entri questo», ribatté lei prontamente.
«Lasciami finire», la pregò il fratello, essendo a conoscenza di quanto fosse orgogliosa la sorella. «Dicevo, quando stavi male», riprese il filo del discorso, «venivi nella mia stanza e mi chiedevi sempre come stavo».
«Sì», annuì Emily, coprendosi il capo con la coperta, «lo ricordo bene».
«Io ti rispondevo: bene», poggiò la mano sul capo coperto di lei, «e, dopo averti posto la stessa domanda, tu imitavi la mia risposta, ma dopo tre secondi scoppiavi a piangere e t’immergevi sotto le coperte per abbracciarmi», scostò le coltri e s’infilò nel letto accanto a lei. «Ora», fece apparire un sorrisetto sul volto, «sono io a imitarti».
La sorella riemerse subito dalle coperte, palesemente delusa. «Pensavo fossi qui per me», affermò senza pensarci. Ma quando si rese conto delle sue parole, aprì leggermente la bocca e fissò il fratello, dispiaciuta. «Scusa», mormorò ritornando sotto le lenzuola.
«Emily». La chiamò lui, scostandole le coperte di dosso. «Ti conosco meglio di te stessa», le fece presente, scompigliandole i capelli.
«Provi anche tu paura?».
«Eccome», annuì Merlino. «Anch’io ho paura di affezionarmi di nuovo a qualcuno, che potrebbe andare via da un momento all’altro».
«Ma se mamma è felice…».
«Hai detto bene», sospirò il fratello, «per ora conta solo la felicità di mamma».
«Noi ci accontenteremo», sussurrò Emily. «O almeno…», si morse il labbro inferiore, «ci proveremo».
«Andrà tutto bene», le sussurrò Merlino, abbracciandola. «Finché saremo insieme, andrà tutto bene».
«Già», annuì Emily, socchiudendo le palpebre. «A proposito», un pensiero le attraversò la mente. «Perché non hai portato Mordred con te?».
«Perché dice che io russo», rispose leggermente offeso, «e tu scalci».
«Poverino», soffiò Emily, utilizzando il petto del fratello come cuscino. Lo aveva fatto fin dal primo giorno in cui avevano dormito insieme e lo faceva ancora ora. Stare abbracciata a lui la faceva sentire protetta e al sicuro. «Non sa che si perde», sussurrò, ricevendo come risposta un bacio tra i capelli. «Però è vero che russi!».
 
 
 
 
 
Fine seconda parte.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Ed eccoci qui! Allora, che dire? Non saprei a dire la verità xD
Spero tanto che questo capitolo vi sia piaciuto e v’invito, solo se volete e se trovate una piccola parte del vostro tempo a disposizione, a farmi sapere cosa ne pensate.
Ricordo che qualsiasi tipo di critica costruttiva è immancabilmente gradita, poiché mi aiuterebbe a migliorare, che è il mio più grande scopo, dopo quello di trasmettere tramite la scrittura emozioni ai lettori.
Dopo ciò, vi auguro una buona giornata.
Bacini, bacetti.
 
                

  
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