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Autore: Aitch    27/10/2012    8 recensioni
“Shhh…” mi sussurrò vicino all’orecchio e cominciò a baciarmi il collo. Con le braccia mi aggrappai alla sua schiena, mentre il suo viso si era spostato, le mie labbra danzavano con le sue, la sua lingua, ormai padrona, abbracciava la mia. Sentivo una leggera e piacevole pressione del suo bacino sul mio. In quel preciso istante non ero più Cora, non ero più un essere umano, ero semplicemente un’anima in balia di quell’angelo riccio. Non mi importava della gente che avevamo attorno a noi, forse avrebbero potuto perfino denunciarci. Sicuramente un luogo con così tanti bambini non era adatto per scambiarsi certe effusioni, ma tra le sue braccia nulla aveva più importanza. Il vocio della gente presente era scomparso, così come la musica di sottofondo. Eravamo solo io, lui e i nostri respiri leggermente affannosi. Restammo legati così per molto tempo, anche se sapevo che mai sarebbe stato abbastanza.
Genere: Commedia, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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Aiuto! Aiutateci, siamo qui!” urlai con il tutto il fiato che mi era rimasto perchè successivamente mi piegai in due scossa dalla tosse. Poi la vista mi si appannò ancora di più e l'ultima cosa che vidi prima di chiudere gli occhi furono due sagome nere.

Aprii lentamente gli occhi. Dopo aver sbattuto le palpebre più volte avevo ancora la vista appannata. Intorno a me vedevo solo un ambiente bianco. Cominciai a riprendere del tutto conoscenza quando mi accorsi di essere stesa a letto. Pregai perchè quello fosse stato un terribile incubo ma non lo era. Avevo una maschera di plastica sul volto attaccata ad una strana macchina che probabilmente mi stava aiutando a respirare. La mia breve convalescenza terminò poco dopo perchè la testa cominciò a girarmi follemente, così, quasi come non riuscissi a controllare il mio corpo, richiusi gli occhi per non so quanto tempo.
Quando li riaprii mi accorsi subito di non avere più alcuna maschera respiratoria e mi sentii già più sollevata. Mi guardai intorno ma non appena mi mossi, mi scoppiò un enorme mal di testa. Cercai di portarmi la mano sinistra all'altezza della fronte per massaggiarmi le tempie ma qualcosa impedì al mio braccio di sollevarsi. Feci più attenzione e vidi alla mia sinistra un ragazzo addormentato sul bordo del letto che mi stringeva la mano. Il mio movimento, seppur leggero, lo svegliò e lentamente il suo volto si alzò. Quando realizzò che mi ero veramente svegliata mi chiamò per nome,
“Cora!” quella voce mi riempii di gioia e vedere quegli occhi color caramello guardarmi con fare così affettuoso, mi fecero scendere una lacrima a rigarmi la guancia,
“Cos'hai, stai male?” mi chiese Zayn preoccupato e avvicinandosi mi asciugò la lacrima con il pollice della mano, con il quale continuò successivamente ad accarezzarmi il volto. Scossi la testa e sorrisi.
“Da quanto non vedevo questo bel sorriso” mi disse. Giurai di aver visto gli occhi di quel ragazzo diventare lucidi, ma non dissi niente.
“Ti voglio bene Zayn...” mi limitai a sussurrare,
“Anche io” rispose lui continuando a sorridermi sincero. Ogni minuto che passava cominciavo a riprendere conoscenza e a ricordare cosa fosse successo ma senza capire a fondo la situazione in cui mi trovavo. Il moro mi aiutò a sedermi sul letto, mi portò un bicchiere d'acqua e dopo averlo bevuto cominciò a spiegarmi, leggendo nei miei occhi disorientamento.
“Hai dormito per tre giorni...tutto quel fumo che hai inspirato ti ha fatto molto male, hanno dovuto attaccarti una macchina per farti respirare meglio. Te l'hanno tolta questa mattina perchè dicono che sei molto migliorata in poco tempo e tra qualche giorno potrai tornare in piedi come prima” il mal di testa non accennava ad andarsene e le tempie mi pulsavano quasi come se due diavoletti all'interno del cervello si divertissero a colpirle senza sosta.
“La tua gamba?”
“Sono una roccia io, ho una fasciatura, ma niente di particolare” disse sorridendo,
“Harry?” chiesi debolmente. Zayn sostenne a malapena il mio sguardo perdendo il suo bel sorriso. Poi mi spiegò,
“Io e gli altri ci siamo dati il cambio per farvi compagnia. Con lui ora c'è Louis, è a qualche stanza di distanza dalla tua” non era questo che volevo sapere e Zayn l'aveva capito ma fingeva il contrario, così fui costretta a chiederglielo direttamente,
“Sta bene?”
“Ancora non si è svegliato. I dottori dicono che potrebbe essere questione di giorni, ma non lo sanno con precisione...ha respirato molto fumo Cora, molto più di te...hanno paura che possa nuocergli anche ad alcune facoltà cognitive, ma finchè non si sveglia, dicono che non possono saperlo con certezza” il moro esitava qua e là nella sua spiegazione, ma era arrivato fino in fondo, e gliene fui grata. Il mio pensiero in quel momento si rivolse a lui, a quel magnifico ragazzo, al mio occhi di smeraldo, al mio Harry. Ed era colpa mia se ora era in quelle condizioni, tutta colpa mia. Avrei dovuto cercarlo prima di uscire dall'edificio in fiamme, assicurarmi che stesse bene come aveva fatto Louis con Eleanor, e invece avevo pensato solo a correre. Il volto ritornò a coprirsi di lacrime che questa volta furono accompagnate da numerosi singhiozzi e lamenti. Zayn si precipitò ad abbracciarmi come poteva, asciugandomi con la manica della felpa qualche lacrima qua e la.
“Si riprenderà Cora, non succederà nulla, vedrai...” cercava di tranquillizzarmi,
“E' colpa mia! E' per causa mia che lui è in quello stato! Io...Avrei dovuto cercarlo!” singhiozzai,
“Tappati la bocca, e non dire stupidate. Hai dimostrato molto coraggio invece. Non appena ti sei messa a correre verso l'edificio in fiamme Louis ti stava seguendo a ruota ma Paul, arrivato proprio in quel momento, l'ha fermato. Non è stata colpa, ma
merito tuo se lui è ancora vivo. I medici hanno detto che qualche minuto in più lì dentro e non ce l'avrebbe fatta...” a quelle parole le mie lacrime di paura aumentarono.
“La signorina ha bisogno di riposo, lei non dovrebbe essere qui!” sentii improvvisamente una voce squillante,
“Ma infermiera, è sconvolta, ha bisogno di qualcuno che...” cercò di spiegare Zayn,
“Appunto, deve riposare e dormire! Coraggio, mi segua” proseguì quella voce odiosa interrompendo quella dolce e delicata del ragazzo che mi stava portando via.
“No, la prego, sono calma. Lo lasci qui altri 10 minuti, la prego” dissi respingendo con tutta la mia forza i singhiozzi e tirando sul col naso,
“Visto? Ha bisogno di Zayn Malik!” insistette lui, facendomi ridere.
“Vede? Sta sorridendo, la mia presenza le fa bene!” continuò parlando con la povera infermiera dall'odiosa voce squillante che stava solo cercando di fare il suo lavoro. In quel momento però, non avrei sopportato la solitudine, proprio no. Il moro inoltre, sfoggiò uno dei suoi sorrisi più convincenti diretto all'infermiera, la quale notai chiaramente, cedette.
“E va bene, ma solo dieci minuti!” acconsentì lei, e dopo averla ringraziata tornò a lasciarci soli.
“Il mio fascino colpisce ancora...” disse dipingendosi sul volto un'aria soddisfatta,
“Zayn, me lo fai un favore?” gli domandai,
“Tutto quello che vuoi”
“Non lasciatemi qui da sola, vi prego...” lo supplicai,
“Questo era fuori discussione da tempo, ogni giorno verrà qualcuno per farti un po' di compagnia, continueremo ad alternarci fra te e Harry” mi rispose lui tranquillo,
“Grazie, non so come farei senza di voi”
“Nè noi senza di te!” e mi regalò un altro splendido sorriso. Osservandolo nella sua bellezza però, mi saltò all'occhio un particolare e analizzandolo, cominciai a ridere.
“Cosa? Cosa c'è?” mi chiese lui perplesso,
“Il tuo...il tuo ciuffo!” gli dissi continuando a ridere,
“Cos'ha il mio ciuffo che non va?!” esclamò il moro precipitandosi a guardarsi sullo specchio appeso ad una parete,
“Cora! Non potevi dirmelo prima? Guarda come mi sono ridotto dormendo appoggiato a quel letto! Che disastro! Ho bisogno della mia lacca!” ripeteva in continuazione cercando di aggiustarsi quella specie di cespuglio informe che si ritrovava in testa. Alla fine però, nonostante i suoi sforzi, decise di infilarsi il cappello che aveva nella tasca del giubbotto, facendomi ridere ulteriormente.

Ha reagito molto bene signorina, questa è l'ultima notte che passa qua, domani mattina potrà già lasciare l'edificio” aveva detto il medico il giorno prima quando aveva accompagnato Liam a farmi visita. Il ragazzo mi aveva portato dei biscotti con delle gocce di cioccolata,
“Niall li ha fatti per te” mi disse consegnandomeli dopo che il medico si era deciso ad uscire da quella stanza,
“Ne aveva fatti molti di più, ma...sai di chi stiamo parlando!” continuò ridendo,
“Ringrazialo del pensiero, sono deliziosi” dissi sedendomi sul letto, assaggiandone uno e offrendoli anche a Liam che ne frattempo aveva recuperato una sedia posizionandosi al mio finaco.
“Ci sono novità?” gli domandai,
“Non ancora...dicono che è questione di giorni prima che si svegli”
“Ho capito...” sussurrai e dopo di che, il ragazzo mi aiutò a distrarmi raccontandomi fra le tante cose, anche di come Lou era riuscito ad inciampare mentre stava salendo le scale il giorni prima. Grazie alla compagnia che mi stavano facendo, quei giorni tutti uguali potevano tornare a riacquistare colore durante l'orario di visita che era concesso. Detestavo quando quel medico tornava a bussare e ad entrare nella camera, costringendo il mio ospite a salutarmi. Chissà perchè però, a quel medico non avevo mai chiesto di Harry. Di quella ultima notte passata in ospedale avrei ricordato solo la finestra che dava sul cortile. Il sonno non si era fatto né vedere né sentire. Avrei voluto urlare quella notte, esplodere in lacrime e piangere convulsamente o buttare all'aria tutti i farmaci ordinatamente poggiati sul mio comodino. Quei pensieri mi avevano perseguitata per giorni, ma mai erano stati così pungenti come quella notte.
Tutto mi ritornò alla mente il giorno seguente, proprio entrando in quella stanza, così fredda e priva di vita. Così triste, spenta, vuota. Mi raggiunse nuovamente la voglia di spaccare tutto. Sentivo il cuore battere e appesantirsi come un macigno chiuso nel petto mentre l'aria che respiravo non sembrava arrivarmi ai polmoni talmente tanto bruciava, nonostante il medico mi avesse dichiarata in completa salute. Esitai prima di avvicinarmi e poi, un passo dopo l'altro arrivai ad osservarlo. Harry giaceva inerme su quel letto respirando grazie a quella famosa macchina che anche a me avevano attaccato. I suoi occhi chiusi, i suoi ricci scomposti sulla fronte, il suo viso pallido mi fecero rabbrividire. Avevo già visto Harry dormire, lui era magnifico quando lo faceva, ma mai avrei voluto vederlo “dormire” in quello stato. Il dottore mi aveva dato il permesso di vederlo nonostante quello non fosse l'orario delle visite, probabilmente aveva capito dai miei occhi quanto fosse importante per me rivederlo anche in quelle condizioni. Non saprei dire quanto tempo trascorsi lì dentro, cinque minuti, cinque ore, cinque giorni? Chi avrebbe potuto saperlo, io no di certo. Uscii a malavoglia quando lo stesso dottore che mi aveva permesso di entrare mi richiamò. Dopo averlo salutato e ringraziato mi appoggiai con la schiena alla porta dalla quale ero appena uscita, noncurante dei presenti mi accasciai a terra strisciando sul legno bianco della porta e abbracciandomi le ginocchia ed esplodendo in un pianto liberatorio. Mi riportarono poco dopo alla realtà, delle urla alquanto insolite e direi, inappropriate. La porta della camera del ragazzo affacciava ad un corridoio e proprio davanti a me si apriva una finestra che dava sulla strada principale che conduceva all'ospedale. Mi affacciai e notai un gruppetto di ragazze, forse una ventina, che ai piedi dell'edificio urlavano il nome di Harry e portavano cartelloni con diverse scritte. Non si rendevano conto della situazione? Erano veramente così indelicate da presentarsi difronte ad un ospedale per urlare infischiandosene sia della salute del loro idolo, sia della salute degli altri pazienti? Notai con piacere che una volante della polizia aveva appena accostato dietro di loro e queste spaventate avevano cominciato ad andarsene.
Uscii dall'ospedale prendendo una boccata d'aria, ma nemmeno quella arrivò completamente a soddisfare la mia necessità di ossigeno. Era una sensazione fastidiosa e insolita, tanto da farmi persino dubitare della mia effettiva salute. Mandai un messaggio a Louis che si era offerto di venire a prendermi ma al contrario gli avevo detto che avrei preferito camminare, prendere aria. La famosa aria che si rifiutava di entrarmi nei polmoni.
Sono uscita, sto bene. Ci vediamo a casa. Saluta tutti. xoxo
Mi incamminai verso casa. Quella mattina Londra aveva una luce strana, opaca, più spenta del solito e nella mia testa mi risultava terribilmente silenziosa nonostante attorno a me regnasse la confusione di sempre. Mi sembrava quasi di essere inciampata in una vecchia pellicola cinematografica di un film muto e in bianco e nero. Ma in realtà, quella mattina, qualsiasi cosa mi sembrava diversa. Diversa nel senso di peggiore. Immersa nei miei pensieri non feci di certo caso alle due ragazze che avevano cominciato a seguirmi dall'uscita dall'ospedale.
Qualche minuto dopo, in testa cominciai a visualizzare quanta strada mancava prima di arrivare alla casa dei ragazzi “
ecco ormai ci siamo, 5 o 10 minuti...finito il vialetto ora prendo questa via e laggiù giro a...” ma i miei pensieri furono costretti ad interrompersi bruscamente. Qualcuno mi aveva afferrata per le spalle e sbattuta contro la parete di mattoni che probabilmente faceva da recinzione a un qualche condominio. La botta fu abbastanza secca, soprattutto perchè inaspettata. Alzai lo sguardo verso il mio aggressore e vidi difronte a me due occhi color del ghiaccio, due labbra rosse e carnose e una cascata di capelli castani ad incorniciare il volto di una ragazza a me sconosciuta. Tirai un sospiro di sollievo, la ragazza aveva probabilmente più o meno la mia età e grazie al cielo non era un uomo armato o chessò io...
“Ma brava, sei contenta?” sbraitò quella a mezzo centimetro dal mio volto,
“Credo che tu abbia sbagliato persona” le risposi facendola scoppiare in una grassa risata,
“Oh no che non ho sbagliato. Tu sei Cora, giusto?” sgranai gli occhi sorpresa e leggermente spaventata nel sentire che quella ragazza conosceva il mio nome. Mi limitai ad annuire.
“Ascoltami bene, io non so cosa tu gli abbia fatto e non lo voglio sapere, ma faresti meglio a sparire, mi sono spiegata?” continuava imperterrita, bloccandomi al muro con una mano saldamente poggiata ad una mia spalla,
“Non so di cosa tu stia parlando” risposi io abbastanza confusa,
“Ah no? Vediamo se così ti è più chiaro...Clare, dammi il giornale” disse la castana voltandosi verso un'altra ragazza che fino ad allora non avevo notato. In poco tempo tornò a fulminarmi con i suoi occhi sbattendomi in faccia una rivista di gossip. Deglutii rimanendo sconvolta. In copertina c'eravamo io e Harry, lui con il braccio intorno alle mie spalle mentre camminavamo per il centro di Londra.
“Te lo ripeto, sparisci, stagli lontana! E' sicuramente per colpa tua che è in ospedale! E poi vogliamo parlare di quel periodo in cui non faceva nemmeno più interviste? Che cosa gli stai facendo? Che poi, ma perchè una come te? Guardati! Voglio dire, con tutte le belle ragazze che può avere, sceglie proprio
te?” ero sorpresa, allibita e sconcertata da un tale comportamento. A quel punto però cominciai ad innervosirmi. Sostenni il suo sguardo, accendendo i miei occhi verdi. Mi scrollai di dosso quella mano che stringeva la mia spalla che ormai cominciava a darmi fastidio e avanzai di qualche passo spostandomi dal muro. La ragazza indietreggiò, sorpresa dalla mia reazione.
“Ora tu mi dici che cosa vuoi...” cercai di mantenere la calma,
“Te l'ho già detto cosa voglio, devi sparire dalla vitta di Harry!” urlò lei più isterica di prima,
“Allora qui c'è qualcosa che non va...tu hai la benchè minima idea del perchè Harry sia steso privo di conoscenza su quel dannato letto di ospedale? Chi ti ha dato il permesso di accusarmi senza nemmeno conoscermi, né tanto meno conoscere i fatti? Tu sei solo una
stupida ragazzina che non fa altro che leggere stupidi giornali di gossip. Chi sei per venire a tormentarmi come se non stessi già abbastanza male di mio?” ringhiai,
“Una sua fan! Questa mattina ero a sostenerlo fuori dall'ospedale” continuò lei convinta di aver ragione,
“Una fan? Ah, tu saresti una fan? Ma fammi il piacere! Urlare il suo nome fuori dall'ospedale non è sostenerlo, è semplicemente segno di immaturità e menefreghismo nei confronti della sua e della salute degli altri pazienti. Tu e la tua amichetta siete brave solo ad accusare la gente vero? Ma ora ti conviene sparire prima che io vi prenda entrambe a calci perchè ti giuro che lo faccio” sputai fuori dai denti avanzando ancora verso la giovane che aveva cominciato ad abbassare lo sguardo. Senza pensarci due volte infatti, quest'ultima si girò e trascinò via con se l'altra ragazza. Le guardai allontanarsi fino a quando scomparvero dietro l'angolo della strada. A quel punto la collera che avevo in corpo mi abbandonò, il mio sguardo tornò ad abbassarsi e mi invase un enorme senso di colpa. No, non mi dispiaceva per come avevo parlato alla ragazza, ma quello stesso senso di colpa che aveva cominciato a tormentarmi da quando Zayn mi aveva fatto visita, tornò a penetrarmi sotto la pelle, in profondità. In fin dei conti, perchè quando ero a Milano, Harry non aveva più rilasciato interviste, trascurando se stesso e i suoi amici? Per colpa mia. E perchè ora, sempre Harry si trovava in ospedale? Per colpa mia. Mi sedetti sul marciapiede, coprendomi il volto con i palmi delle mani. E se la castana avesse avuto ragione? Se veramente stessi rovinando quel ragazzo? Una serie di domande cominciò a pungermi l'anima senza lasciarmi tregua e aumentando in me una terribile sensazione di nausea.
“Cora non stai bene?” arrivò una voce a salvarmi. Alzai gli occhi. Il mio dolce irlandese mi guardava dall'alto, tenendo con una mano un sacchetto della spesa e con l'altro una ciambella al cioccolato mordicchiata.
“No Niall, non sto bene” gli dissi sprofondando nelle sue iridi azzurre,
“Avviso Loius e ti riporto in ospedale...” cominciò lui tenendo la ciambella in bocca e tirando fuori dalla tasca il cellulare. Al che mi alzai e lo fermai.
“No Niall, ma cosa hai capito? Sto benissimo, io...” cercai di spiegargli non riuscendo a terminare la frase,
“Ah. Tutto chiaro. Ma ti vedo scossa, stai tremando. Cosa è successo?” in effetti era vero, tremavo sotto lo sguardo preoccupato del biondo. Le parole che mi erano state buttate in faccia con tanta riluttanza e cattiveria pochi secondi prima mi avevano fatto male.

Il biondo mi accompagnò a casa e in poco tempo mi preparò una cioccolata calda con un bel ciuffo di panna, alla quale, nemmeno dirlo, non seppe resistere e se ne versò una tazza anche per lui. Seduti in cucina gli raccontai tutto descrivendogli il comportamento della ragazza, l'immagine sulla copertina e tutte le mie sensazioni.
“Cora, non farci caso, la gente parla senza pensare” cercò di rassicurarmi lui,
“Ma la cosa più brutta è che ha ragione, è colpa mia...” abbassai lo sguardo concentrandomi sulla cioccolata rimasta,
“Non ci pensare nemmeno, ti prego non voglio sentirtelo dire!”
“Ma...”
“Niente ma!” mi interruppe Niall,
“Tu sei stata fin troppo coraggiosa quella sera, quindi ti scongiuro, non fare certi pensieri!” insistette,
“Mi manca Niall...mi manca tanto” gli confessai disarmata,
“Anche a noi” e mi strinse in un caldo abbraccio al sapore di cioccolata.
Quella sera ognuno di noi si ritirò nella propria stanza molto presto. Nessuno aveva voglia di guardare la tv, nessuno aveva voglia di parlare, nessuno aveva voglia di uscire. In camera mia fissai il soffitto per molto tempo, non pensando a niente in particolare e allo stesso tempo pensando a tutto. Un minuto prima, la mia mente era pervasa da infiniti pensieri accavallati tra di loro che si spingevano a vicenda per mostrarsi nella loro interezza, un minuto dopo invece, niente. Buio totale e nessuna immagine a tormentarmi. Il sonno come al solito tardava ad arrivare, così, senza nemmeno accorgermene, mi alzai e mi diressi verso l'unica camera da letto che quella sera era rimasta vuota, la sua, quella di Harry. Mi chiusi la porta alle spalle cercando di fare il minimo rumore possibile. Nella penombra mi ambientai in pochi secondi e mi sedetti sul letto a due piazze al centro della stanza. Non sapevo bene perchè fossi lì. O forse si. Ero alla ricerca di qualcosa che non avrei trovato ma il mio cuore, testardo e cocciuto non aveva voluto sentire ragioni. Lui, mi aveva spinta incosciente fino a lì. Lui, ora, si contorceva dal dolore realizzando che forse avrebbe dovuto dare retta al suo peggior nemico ma forse anche miglior compagno, il cervello. Oh sì, lui sapeva benissimo che in quella stanza non avrei trovato conforto, eppure, ero lì comunque. Poggiai le braccia sul copriletto e mi accorsi di essermi seduta sopra un maglione. Lo presi con delicatezza avvicinandolo al viso e riconoscendone il profumo, senza chiedermi il perchè me lo infilai sopra il pigiama. Mi stava un po' grande e le maniche erano lunghe ma almeno avrei sentito l'odore di Harry addosso a me, mi sarei sentita al sicuro, protetta, a casa. Mi coprii il volto con le mani appoggiando i gomiti sulle ginocchia mentre sentivo che i singhiozzi cominciavano a riaffiorare, ma rimandai quel mio pianto di sfogo perchè la porta della camera si aprì. Nuovamente il mio cuore ebbe la meglio sul mio cervello: “Harry!” sussultò sperando o addirittura credendo veramente che ad affacciarsi dietro la porta fossero le sue meravigliose fossette. “Louis...” realizzò riconoscendolo fermamente il cervello, quasi a voler rimproverare la stupidità del cuore.
“Non hai sonno, eh?” mi chiese dopo essersi seduto al mio fianco poggiandomi una mano sulla gamba. Mi limitai a scuotere la testa.
“Nemmeno io...” continuò accarezzandomi la coscia all'altezza del ginocchio. Fu allora che gli strinsi quella mano che sentivo tremare sulla stoffa del mio pigiama. Forse quel Louis sempre allegro e divertente, sempre pronto a scherzare su tutto e con tutti, aveva paura di farsi vedere debole, stanco, triste. Ci scambiammo uno sguardo nella penombra prima di abbracciarci,
“Sai di buono, sai di lui...” mi sussurrò riconoscendo il profumo sul maglione che poco prima mi ero messa. Lasciai che le lacrime pochi minuti prima represse, sgorgassero silenziosamente sul mio volto mentre Louis mi accarezzava i capelli e io giocavo con i suoi. Quella notte parlammo di tante cose seduti sul letto di Harry. Sul letto della ragione di vita di entrambi. Perchè, in fin dei conti, tutti sapevano che rapporto splendido esistesse tra Lou e il riccio. I due si erano capiti fin dall'inizio. Da subito migliori amici, compagni di giochi interminabili e sfide continue e colleghi di lavoro. Si leggeva nello sguardo di entrambi che l'uno non avrebbe potuto fare a meno dell'altro, mai. La loro era una promessa tacita ma condivisa, che niente avrebbe potuto spezzare.
Fu proprio quella sera, prima di addormentarmi con Louis in camera di Harry finalmente rapita dal sonno, che compresi quella mia disarmante e terribile sensazione di qualche ora prima. Mentre ricordavo a come, più respiravo e più avevo bisogno di farlo perchè nessuna dannata molecola di ossigeno sembrava essersi degnata di entrare nei polmoni per aiutarmi a sopravvivere, capii. Non era quello l'ossigeno di cui avevo bisogno per andare avanti. Il mio vero ossigeno, la mia boccata d'aria fresca, la mia brezza mattutina, il mio soffio di vita, erano rinchiusi in un ospedale. Lontani da me. Era lui il mio ossigeno quotidiano. Era Harry. E senza di lui, avrei potuto soffocare.

 

Eccomi qua,
Allora, sì...cioè, è triste, lo so. Ma abbiate la pazienza di aspettare il prossimo capitolo al quale mi sto dedicando con tutta me stessa. Però, nonostante la malinconia del capitolo, tutto sommato mi piace come sia riuscito, soprattutto perchè Cora riesce a condividere questo suo dolore con tutti e quattro i ragazzi.
Come al solito, lasciatemi una recensioncina per mettermi al corrente dei vostri pensieri :)
Un bacione grande,
Fe
.

Twitter? @CallmeAitch seguitemi, chiedete il follow e arriverà prima che Liam possa eseguire il “1, 2, 3 Flick!”  

  
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