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Autore: ste87    29/10/2012    15 recensioni
"Sposto ancora lo sguardo e per poco non mi affogo con quello che sto bevendo quando mi accorgo chi è seduto due tavoli più in la. Non posso evitare di agitarmi ogni volta che lo vedo, se poi lo scopro in compagnia di altre donne è anche peggio. Con lui faccio sempre finta che non mi importi con chi si frequenta e che può fare quello che vuole della propria vita, ma non posso negare di sentire una fitta dilaniante alla base del cuore quando ci comportiamo come due estranei. Ma ormai è questo che siamo diventati, due estranei che si fanno costantemente la guerra per non rischiare di far riaffiorare dei sentimenti che ci farebbero solo soffrire. Lo so io, lo sa lui e lo sanno le persone che ci stanno intorno, almeno quelle a cui teniamo di più." Bella e Edward sono divorziati e genitori di una bambina di nome Sophie. Cosa li ha portati alla separazione? E soprattutto riusciranno a ricucire un rapporto lesionato da tempo? Non vi resta che leggere!
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan | Coppie: Bella/Edward
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
Capitoli:
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CAPITOLO 3

Buongiorno, e buon lunedì!

Ecco il nuovo capitolo. È il capitolo della rivelazione, capirete infatti quello che è successo tre anni prima e come mai Edward e Bella si sono lasciati. Ci saranno i punti di vista di entrambi, evidenziati con il colore della scrittura, rosa per lei e blu per lui. Non stupitevi di trovare molto più blu, il capitolo è raccontato quasi interamente da Edward. Il mio primo pov. Edward in assoluto, non avevo mai scritto qualcosa dalla sua parte, perciò spero che apprezzerete.

Un ultima cosa prima di andare… volevo sapere se vi piace la copertina che ho fatto per la storia, è molto semplice ma efficace, non trovate?

Bene adesso vi lascio, buona lettura! Ci vediamo giù.

 

 

 “Alcune cose non posso essere evitate ed altre invece vengono provocate da noi stessi.

Non è la fatalità a scegliere chi colpire, ne tanto meno una vita di castità ad allontanare il male.

Tutte le soluzioni sono nel mondo e nei propri modi di fare.

 Il destino sono le scelte messe in relazione al tempo,

quelle decisioni che danno certezza al passato,

 forma al presente, e rendono

indefinito il futuro”.

 

 

Scappo via dal locale di James neanche avessi un cecchino alle calcagna. Com’è possibile che non riesca a stare per più di mezzora nello stesso posto insieme ad Edward?  È così complicato quello che c’è tra noi. Sento una forza che ci spinge l’uno verso l’altra in modo quasi magnetico e l’unico modo per fermarla è correre via a gambe levate. Perché ne sono sicura... mi sarei fermata quando me l’ha chiesto. E poi? Cosa ne sarebbe stato di me poi? Non posso più permettergli di farmi del male, non posso. Solo io so quello che ho provato quella maledetta sera di quel maledetto giorno. Io so di avere le mie colpe, lo so. Ma lui non avrebbe dovuto fare quello che ha fatto. Avrebbe potuto parlarmi e starmi vicino, anche se in quel periodo ero intrattabile e invece…

Tante volte mi sento l’unica responsabile per quello che è successo sapete? Il mio non è un tentativo di discolpare mio marito, non avrebbe dovuto tradirmi, punto. Ma posso dire tranquillamente che non ero una persona facilmente tollerabile, anche se non capirò mai perché ha fatto quello che ha fatto.

 

Quando entro in ufficio dopo aver salutato Mike, l’unica cosa che vorrei è riuscire  a togliermi dalla testa l’incontro che ho appena avuto con Bella.

Mi siedo sulla poltrona girevole che ho accanto alla scrivania e mi perdo a contemplare il fiume Hudson attraverso le vetrate, cominciando a mangiucchiare l’unghia del pollice destro. È inspiegabile il modo in cui mi devasta non riuscire a togliermela dalla testa. Lei è presente nei miei pensieri molto più di quanto vorrei. Ogni giorno mi sveglio e penso a lei, penso a cosa sta facendo, penso che sarei potuto essere con lei e Sophie, a casa, a preparare la colazione insieme. Penso che sarei potuto rimanere una giornata a letto con lei a sentirla respirare al mio fianco, a sentirla godere e gemere dei miei tocchi. Avrei potuto stringerla tra le braccia e dirle “ti amo” un milione di volte nell’orecchio e dopo essermi reso conto che non bastavano a quantificare il mio amore, riprendere da dove mi ero interrotto e continuare all’infinito. Quante volte ho pensato che un ti amo non è niente paragonato alla possibilità di stare insieme ad una persona. A dimostrarglielo quanto tieni a lei. Bene, se potessi tornare indietro le direi ti amo dalla mattina alla sera. Glielo avrei fatto trovare con un bigliettino sul cruscotto della macchina; glielo avrei spedito con un messaggio durante le ore di lavoro e lei mi avrebbe rimproverato perché la disturbavo. Glielo avrei scritto con il cibo nel piatto della cena e glielo avrei ripetuto fino allo sfinimento mentre facevamo l’amore. Questo è tutto quello che avrei fatto se solo mi fossi accorto prima della direzione che stava prendendo la nostra storia. E questo è quello che farei adesso, nonostante siano passati tre anni dal divorzio.

È inutile, ho provato a cancellarla dalla mente ma non ci riesco. Ho provato davvero ad avere relazioni con altre donne, ho provato davvero ad odiarla più di quanto odio me stesso, ma è stato impossibile. Non può esistere nessuno sulla faccia della terra che io possa odiare più di me stesso, figuriamoci se questa persona è l’amore della mia vita.

La verità è questa… mi odio dal profondo del cuore da quella dannata sera in cui non stato capace di fermarmi, mi odio come si odia qualcuno che ha ucciso la persona più importante per te e sai che non puoi fare niente per andare avanti se non cercare di vendicarti. Ho provato tante volte a punire me stesso per essere stato tanto stupido da non capire che avrei buttato all’aria l’unica cosa in grado di dare un senso alla mia vita. Ho provato a pensare che il mondo senza di me sarebbe stato un posto migliore, almeno migliore per Bella, ma poi due occhi verdi come i miei mi si presentavano davanti ogni dannatissima volta in cui ubriaco non volevo fare altro che bere fino a collassare. Sono un uomo debole è questa la verità. Sono stato debole quando invece di restare sarei dovuto scappare dalle lusinghe di Tania, e nonostante fossi ubriaco anche quella sera, non dovevo lasciarmi andare. No… non avrei dovuto.

 

Tre anni prima

Sophie non aveva fatto altro che piangere tutta la notte, la sentivo lo stesso nonostante non dormissimo nella stessa stanza. Toccai la parte del letto in cui avrei dovuto trovare mia moglie ma lo scoprii vuoto e soprattutto freddo. Bella come al solito si era trasferita nella sua stanzetta e mi aveva lasciato solo durante la notte. Era una situazione che non potevo più tollerare, ormai non dormivamo più insieme dal giorno della nascita della bambina, e se solo provavo a farglielo notare lei andava su tutte le furie. Le avevo proposto di far venire una bambinaia, qualcuno che l’aiutasse con Sophie almeno fino a che non fosse scresciuta abbastanza da dormire tutta la notte, ma lei non ne voleva sapere. Ricordo che quando glielo dissi per poco non finii all’ospedale. Sulla mia cartella clinica avrebbero scritto: preso a padellate dalla moglie mentre cucinava delle uova strapazzate; per fortuna sono riuscito a spostarmi. Bella è fatta così, pensa che sia in grado di fare tutto da sola, che sia indistruttibile ma quella volta almeno si sbagliava. Sophie è un amore di bambina, ma penso che qualche specie di demone si sia impossessato di lei. Non fa che piangere e cercare le braccia della madre, se solo mi azzardo a prenderla in braccio comincia a strillare a più non posso e Bella me la porta via. Ormai non abbiamo più un dialogo, io impegnato come sono nel nuovo progetto aziendale con Mike torno a casa molto tardi e lei quando rincaso dorme profondamente buttata chissà dove negli angoli più disparati della casa. È orribile ammetterlo lo so, ma è diventato più piacevole stare fuori che tornare da lei. Non mi guarda più come una volta, non mi cerca più come una volta, non mi ama più come una volta. Quando ci penso mi dico che non è vero che non mi ama, è solo che adesso non se lo ricorda più. È troppo presa da Sophie e da suo padre… e dalla casa e dal lavoro… ed io non esisto. Vorrei fare qualcosa in più per lei ma mi rifiuta sempre. Intanto che posso fare? Non posso mancare dal lavoro, è tutto ancora sottosopra e non posso lasciare Mike da solo. Mike è il mio migliore amico dal liceo, abbiamo frequentato anche la stessa università insieme e quando mi ha chiesto di aiutarlo nel progetto che stava per realizzare non ho potuto dirgli di no. Così ho venduto le azioni della Cullen’s Enterprises, ho detto ciao ciao al mio caro paparino (che da quando ha scoperto quello che ho intenzione di fare con tutti i soldi ricavati dalla vendita mi ha quasi rinnegato) e ho fondato insieme a Mike la M&E Corporation. Ci occupiamo di energia rinnovabile, nello specifico di Energia Solare. Abbiamo cominciato ad ingranare da poco e non posso assentarmi dal lavoro, e poi è diventato una specie di rifugio da quando la situazione in casa si è fatta irrespirabile. Non faccio l’amore con mia moglie da… boh, e chi se lo ricorda più? Una cosa è certa, è passato troppo tempo. Ormai mi è quasi difficile ricordare il suo odore, la delicatezza dei suoi baci, il sapore della sua pelle. Io provo a cercarla ma lei mi allontana sempre in malo modo, mi caccia via e il fatto che dorma tutte le notti da solo è un altro segnale del suo allontanamento. Non ce la faccio più, il bisogno fisico di stare con una donna mi sta facendo impazzire e le mattonelle della doccia gridano pietà da diversi mesi ormai.

Sbuffo alzandomi dal letto e mi dirigo in cucina per bere una tazza di caffè e inaspettatamente trovo anche Bella. Quando si accorge di me vedo la sua espressione del viso cambiare in un lampo e, come se fosse un gesto normalissimo, inserire nella manica del maglione un tovagliolino bianco tutto stropicciato. Capisco che ha appena pianto e che sta facendo di tutto per nascondermelo.

Una fitta allo stomaco mi fa capire quanto mi faccia male vederla in questo stato.

-buongiorno- questo è quello che le dico ogni mattina e lei in genere non mi risponde mai, invece oggi dalla sua bocca esce un – buongiorno- striminzito e quasi inudibile. Questo mi stupisce molto di più del fatto che guardando bene verso la sua direzione trovi delle valige accanto al divano della cucina; ieri si è messa in testa che deve ripulire lo sgabuzzino e sono 24 ore che quelle valige stanno in giro per casa.

-hai deciso di partire?- le chiedo scherzosamente ma il –si- che esce dalla sua bocca non ha niente di divertente.

Penso di aver sentito male o di non aver capito affatto quello che mi ha detto perciò esordisco all’improvviso con un –cosa?- che ha tanto l’aria di un “mi stai prendendo in giro per caso?”

 -vado a stare da mio padre per un po’- butta li con nonchalance.

-Bella non è divertente- dico andandole vicino; sto cominciando ad agitarmi.

-Edward… non riesco a stare in questa casa. Sento che sto per soffocare-  è il discorso più lungo che le sento fare da tantissimo tempo e lei cosa mi dice? Che vuole andarsene? Che si sente soffocare? Ma se non l’ho più stressata con le mie parole da quando ho capito che non vuole che mi intrometta!

-tu non vai da nessuna parte. Sei mia moglie e la madre di mia figlia. Chi baderà a..-

-lei viene con me-dice interrompendomi.

Cosa?

-Sophie non va da nessuna parte e nemmeno tu. Che diavolo ti è preso si può sapere?- urlo quasi e mi sembra di stare per esplodere tanto il mio cuore batte all’impazzata. Non dice niente però, non mi risponde nemmeno. Forse le ho fatto cambiare idea. Ma perché ha preso questa decisone, perché? Perché non parla con me, perché non mi dice quello che prova? Non sono forse (o probabilmente dovrei dire ero) una delle persone più importanti della sua vita? So però che non mi interessano le sue motivazioni al momento. Potrei stare qui per ore a farle domande su domande, fino a che non si deciderà a dirmi quello che le passa per la testa e come mai sia arrivata alla conclusione di doversene  andare. Ma non lo faccio, e lo sapete perché? Perché sono un codardo ecco perché. Perché ho paura che mi dica qualcosa che non voglio sentire uscire dalla sua bocca e allora mi difendo con l’unica arma a mia disposizione. La prepotenza.

-discorso chiuso. Quando torno stasera voglio trovati a casa- poggio la tazza del caffè nel lavandino con più forza del previsto e il rumore un po’ troppo forte la fa quasi sobbalzare. Forse ho esagerato penso preoccupato, vorrei fermarmi e tranquillizzarla ma l’unica cosa che riesco a fare è rifugiarmi in camera da letto e cambiarmi per andare al lavoro. Penso a tutto quello che sta succedendo e prego veramente Dio affinché non trovi un brutta sorpresa al mio ritorno. Prima di uscire passo a salutare Sophie che dorme finalmente tranquilla nella sua culla. Percorro il corridoio che dalla sua stanzetta mi collega alle altre camere con passo svelto, quando arrivo davanti alla cucina tiro dritto senza neanche girarmi. In un batter d’occhio sono fuori e mi sbatto forte la porta di casa alle spalle. Stai sbagliando tutto mi ripeto incessantemente come un mantra. Torna dentro e vai da lei, abbracciala e dille che è tutto a posto, che tutto si risolverà presto. La voglia di cedere è tanta ma non ci riesco. Non riesco proprio a farlo. Così scappo il più lontano possibile. D'altronde ho capito di saper fare solo questo, scappare. Duh, sono diventato davvero un codardo.

Quando arrivo in ufficio non ho per niente una bella cera, sento come se stessi per esalare il mio ultimo respiro. È troppa la rabbia che trattengo dentro di me e come una litania mi ripeto mentalmente che non è giusto, non è giusto che lei mi tratti così. Non ho fatto niente! Mi inalbero così tanto contro me stesso che per poco non do un pugno alla scrivania. Mi alzo a riempire il bicchiere di whiskey che trovo nel carrello dei liquori e subito lo butto giù in un solo sorso. Sento la gola bruciarmi così tanto che per poco non scoppio a tossire come un poppante. Così, giusto per dimostrare a me stesso il contrario, riempio un altro bicchiere e lo mando giù come il primo. Adesso quello che provo è solo sollievo e automaticamente sembra che anche la rabbia che sento dentro si stia per diradare.   

 

È andato via da nemmeno mezz’ora ed io sono ancora qui seduta nello stesso posto in cui mi ha lasciata. Non so dove ho trovato la forza di dirgli che ho intenzione di andarmene. Non lo so davvero. Forse è stata la consapevolezza che così non possiamo più andare avanti. Io lo cerco continuamente, cerco ogni secondo il suo aiuto, ma lui non mi capisce più. È frustrante ammetterlo ma ormai si comporta come se non esistessi. Alcune volte quando prova a parlarmi mi dice totalmente il contrario di quello che vorrei sentirmi dire e a quel punto scoppio. Scoppio perché non capisco come mai non viaggiamo più sulla stessa lunghezza d’onda. Una volta bastava guardarci negli occhi e capire quello che provava l’altro, adesso sembra che tutto il resto sia diventato più importante di noi. Ed è questo quello che mi fa più male. Non basta che mi dica “tu non vai da nessuna parte” ormai ho preso la mia decisione e non torno indietro.

 

Nonostante i bicchierini di liquore però non ho fatto altro che pensare a quello che è successo per tutta la giornata e quando non riuscivo a scacciare via dalla mia testa le parole di Bella ci hanno pensato altri bicchieri ricolmi di whiskey (8 o 9 adesso non ricordo) a farmi dimenticare. Tania, la mia segretaria, sembra averci preso gusto a colmare di liquido ambrato le mie pene. Entra sempre di soppiatto mettendo in bella mostra davanti ai miei occhi le sue bellissime misure, che da questa mattina sembra scoprire sempre di più ad ogni visita; se continua di questo passo rimarrà solo in mutande a fine giornata. Ho già detto a Mike che voglio licenziarla, nonostante sia bellissima è la classica ragazza tutte curve e niente cervello e io ho bisogno di qualcuno che lavori seriamente e che soprattutto non cerchi di irretire il capo ad ogni occasione, soprattutto se sa che sono sposato.

Intorno alle 18.30, quando manca quasi mezzora prima di lasciare l’ufficio, decido di chiamare a casa. Non ce la faccio più a violentare il mio cervello con la solita domanda che da questa mattina non fa altro che ripetersi ad oltranza nella mia testa. Devo sapere se Bella è rimasta o se invece ha deciso di andarsene. Avrei potuto chiamare anche prima lo so, ma ho preferito lasciarle del tempo per riflettere e visti i precedenti scatti di ira di fronte alle mie premure, mi è sembrata la scelta più logica. Spero.

Al quinto squillo sento la segreteria telefonica rispondermi al posto di Bella e comincio ad andare nel panico. Decido di riprovare.

E di nuovo, al quinto squillo sento la segreteria telefonica rispondermi al posto di Bella e giuro che potrei mettermi ad urlare. Decido di riprovare.

E ancora, al quinto squillo sento la segreteria telefonica rispondermi al posto di Bella e quasi come se fosse telecomandato a distanza, il mio braccio afferra il bicchiere di vetro che oggi mi ha tenuto tanta compagnia e lo lancio contro la parete vicino alla porta. La forza con la quale l’ho scagliato contro il muro duro è così brutale che le schegge di vetro schizzano da tutte le parti e alcune atterrano addirittura sulla mia scrivania. Sento subito qualcuno bussare alla porta ma decido di riprovare.

Anche stavolta al quinto squillo sento la segreteria telefonica rispondermi al posto di Bella e allora lascio cadere il telefono, in un gesto disperato mi porto le mani nei capelli inclinandomi con la schiena in avanti tanto da portare i gomiti a contatto con le ginocchia. La testa comincia a girarmi. Qualcuno mi si avvicina e prende ad accarezzarmi le spalle. 

Alzo lo sguardo non capendo assolutamente nulla, è come se nel mio cervello si fosse diffusa una nebbia così fitta da ottenebrarmi i sensi. Sento solo che ad intermittenza la frase “mi ha lasciato” scava un solco sempre più profondo nella mia anima e dentro al mio cuore; penso che potrei mettermi a piangere da un momento all’altro. Ci metto un attimo in più a capire chi mi trovo davanti, ma quando metto a fuoco mi scontro con gli occhi azzurri e i capelli biondi della mia segretaria.

-Edward, che succede? Mmh?- il suo tono di voce è così languido e stucchevole che mi fa quasi vomitare. Vorrei avere lo stesso bicchiere che ho lanciato contro la parate del mio ufficio qui e pieno, invece che sfracellato per terra. Anche nella rabbia sono stato tanto stupido da non prevedere che ne avrei avuto bisogno. Come se capisse i miei pensieri Tania si alza e corre a riempirne un altro. Adesso si che cominciamo a ragionare.

-Tania… che vuoi?- le chiedo brusco non capendo perché non si decide ad andare via.

-sono qui per aiutarti. Stai male Edward ed il compito di ogni buona segretaria e prendersi cura del proprio capo- eccolo lì, lo stesso tono stucchevole di prima.

-Tania…- mi interrompo un attimo per bere e trovare un po’ di consolazione – se avessi davvero a cuore la sorte del tuo capo mi lasceresti solo invece di rimpinzarmi di alcol. Che poi è quello che hai fatto per tutto il giorno- e come se fosse diventato acqua butto giù quello che ho nel bicchiere in un solo sorso.

-questo è perché io so quello di cui hai bisogno- replica lei con la stessa vocetta fastidiosa di prima mentre si sposta a riempirne un altro, forse dovrei chiederle di smettere. Ad una analisi più attenta mi rendo conto di quello che ha addosso o meglio… di quello che le è rimasto addosso. Ha una semplice gonna nera che le arriva sopra al ginocchio e delle scarpe dello stesso colore con il tacco. Dove dovrebbe esserci una qualche camicetta vedo solo una sottoveste nera con dei ricami in pizzo scomparire all’interno della sua gonna. Mi trovo a deglutire senza capirne il motivo.

Intanto nella mia mente, dopo l’ultimo bicchierino, sembra essersi stanziato il nulla. Non capisco più niente e cosa ancora ben più grave non riesco a ragionare. Con quel poco di lucidità che mi rimane decido che forse è meglio chiamare un taxi e farmi accompagnare a casa, ma il nuovo bicchiere di whiskey che Tania mette davanti alla mia faccia mi fa desistere dal farlo. È solo l’ultimo, mi ripeto mentalmente, poi giuro che chiamo un taxi. Nel frattempo lei mi torna vicino e inspiegabilmente si inginocchia di fronte a me. E adesso che vuole?

-andiamo Edward, ti voglio da impazzire dalla prima volta che ti ho visto, sai quello che voglio- dice improvvisamente e solo in quel momento capisco di aver parlato ad alta voce – e a giudicare da quello che vedo lo vuoi anche tu-

La guardo stupito non capendo un accidente di nulla di quello che mi sta dicendo e infatti le rivolgo uno sguardo interrogativo. Tania non mi risponde, si limita a guardare in mezzo alle mie gambe ed è a quel punto che capisco. Abbasso anche io la testa e vedo con quanta abbondanza i miei pantaloni riempiono la stoffa dal cavallo fino alla vita. Cazz* impreco mentalmente è possibile che mi riduca così solo perché non vedo una donna nuda da parecchi mesi ormai? Che poi nuda! È solo un po’ svestita, tutto qui. Ahhh ma che diavolo sto blaterando, io non dovrei trovami qui, non dovrei nemmeno starla a sentire, dovrei mandarla direttamente a cagare.

Ma quello che fa neanche due secondi dopo aver formulato quel pensiero mi manda completamente in pappa il cervello, sommandosi alla già devastante opera di autodistruzione portata avanti dall’alcol. Come se fosse un pasticcino invitante da addentare con i denti, le mani di Tania volano proprio li, in mezzo alle mie gambe e cominciano ad accarezzarmi. Stento a trattenermi dal mandare gli occhi in gloria. Non so perché la lascio fare, forse è la sensazione di essere desiderato veramente da qualcuno a mandare tutto il resto a puttane. Ed infatti è quello che succede. Ho mandato tutto a puttane a causa sua, la mia vita, il mio matrimonio, tutto.

Ma la cosa che non riesco a spiegarmi però è come diavolo sia stato in grado di fermarmi ad un certo punto. Ero li li per raggiungere la pace dei sensi dopo 15 minuti di strusciamenti, palpatine e sesso selvaggio, che tutto mi è apparso chiaro nella mente. Che cazzo sto facendo? Urlo bruscamente nella mia testa.

La allontano duramente facendola rovinare dall’altre parte del divano sul quale ci eravamo stesi sentendo subito la sensazione di vuoto attorno al mio membro ancora duro. Mi alzo in piedi per rivestirmi ma me la trovo di nuovo di fronte e per qualche secondo riesce anche a darmi piacere con la sua bocca, ma evidentemente non ha capito proprio un cazzo.

-basta Tania smettila!- le urlo per farla allontanare, non vorrei trattarla male è pur sempre una donna, ma una donna che non merita alcun rispetto da parte mia dopo quello che ha fatto. Velocemente mi rimetto le mutande e indosso di nuovo i pantaloni.

-Edward ma che fai?- mi guarda come se fossi un alieno.

-me ne vado Tania. Sarei dovuto andarmene già prima. Io sono sposato. Io amo da impazzire mia moglie. Tu, tu non sei la mia donna, non hai il suo sapore, non è la stessa cosa concedermi a te. Io.. io non ho capito un cazzo. Non ho capito niente, niente! Lei non ha fatto altro che chiedermi aiuto, non ha fatto altro che aspettare che la salvassi e invece l’ho lasciata affogare e dopo quello che è successo stasera... l’ho persa per sempre lo so- adesso l’ho capito. Nel momento stesso in cui dico quelle parole a Tania, che mi guarda ancora sconvolta sicuramente non capendo un tubo di quello che ha appena sentito, percepisco quanto ogni singola parola sia vera, sia giusta. Io dentro di me lo sapevo, sapevo quanto Bella avesse bisogno di me. Ma da egoista del cazzo quale sono non sono stato in grado di starle vicino. Adesso sento addosso una strana sensazione di disgusto verso me stesso e verso quello che ho fatto pari forse allo sbaglio che ho appena commesso.

-Edward non puoi lasciarmi così, non puoi!- mi urla dietro mentre infilo la giacca e lego i lacci delle scarpe.

-certo che posso e lo faccio, rivestiti- le butto addosso i vestiti che lei non prova nemmeno ad afferrare, lascia che ricadano a terra.

-sei uno stronzo!-

-si Tania, lo sono si- mi inalbero a quel punto- Lo sono perché non ho capito prima lo sbaglio che stavo commettendo. Lo sono perché ho lasciato che mi facessi ubriacare senza neanche cercare di fermarti. Lo sono perché ti dico che sei licenziata e che non voglio più rivederti!- è tanta la frustrazione che sento addosso che urlo quelle parole senza nemmeno fermarmi per un secondo a riprendere fiato. Corro via dal mio ufficio ancora un po’ intontito per via dell’alcol e salgo nella mia macchina parcheggiata proprio davanti all’entrata dell’edifico. So che non dovrei guidare nelle mie condizioni ma devo tornare  a casa, devo tornare da Bella. Nel frattempo penserò a quale dei miliardi di improperi esistenti sulla faccia della terra sia il più adatto a descrivere quello che provo nei confronti di me stesso da qui per…  altri 10 minuti buoni, si.

****

Non so perché mi stia dirigendo verso casa nostra. Ho avuto la prova neanche mezz’ora fa che non ci fosse nessuno ad aspettarmi al mio ritorno, ma sento che è li che devo andare, anche per cercare un biglietto, un qualcosa che mi ha lasciato prima di andare via. Parcheggio nel solito posto riservato e una volta dentro al palazzo mi dirigo subito verso gli ascensori. La salita fino al decimo piano non è mai stata tanto lunga come adesso. Nel frattempo continuo a ripetermi quanto mi faccia schifo da solo per quello che è successo. Dio, se solo potessi tornare indietro! Ma non solo a mezz’ora fa... vorrei poter tornare indietro e sistemare tutto con Bella, cercare di aiutarla e starle vicino.

Quando la porta dell’ascensore si apre sento come se il mio cuore potesse smettere di battere da un momento all’altro, è troppa l’ansia che mi divora, per cui sono sorpreso di trovare la porta di casa aperta e degli scatoloni ad ostruirne il passaggio.

Che diavolo sta succedendo?

Varco l’ingresso con qualche difficoltà e una volta dentro trovo Bella ad aspettarmi seduta sul divano. Subito lascio andare un sospiro di sollievo quando mi rendo conto che non è andata via. Ma allora perché nessuno ha risposto al telefono?

-Bella?- la chiamo sottovoce e mi stupisco io stesso del tono glaciale che ho usato. Sussulta un attimo prima di girarsi nella mia direzione e per la prima volta da mesi vedo spuntare sul suo viso un ombra di sorriso. È in quel preciso momento che il mio cuore ricomincia la sua folle corsa arrivandomi quasi in gola.

-Edward, sei arrivato- mi raggiunge con passo lento come se mi temesse. No amore mio, no. Non dovrai più temermi. Dopo quello che ho fatto non mi vorrai più vedere.

-ho provato a… a chiamare prima, ma non mi ha risposto nessuno. Cosa ci fanno questi scatoloni davanti alla porta?- la mia voce è così gracchiante che quasi non la riconosco più. È come se aspettassi da un momento all’altro l’attimo in cui mi urlerà addosso tutto il suo disprezzo.

-vieni, devo parlarti- mi fa cenno di seguirla sul divano ed io obbedisco.

-dov’è Sophie?-

-è nella sua stanzetta, sta dormendo beata- bene, almeno c’è qualcuno che è tranquillo in questa casa penso tra me e me.

-devo dirti una cosa Edward-

-anche io… anche io devo dirti una cosa- e lo devo fare davvero. Se c’è una cosa che devo fare stasera è raccontare ogni cosa a mia moglie. Devo dirle quanto sono stato debole e quanto non meriti di avere il suo amore. Lei è così fragile, così indifesa in questo momento della sua vita, come ho potuto farle questo, come?

-allora comincia tu- mi incita a continuare ma so che se parlassi adesso finirebbe tutto davvero troppo in fretta e invece io voglio bearmi ancora di questi ultimi momenti insieme.

-no, comincia tu. Io posso aspettare-

Prende un bel respiro la mia Bella prima di cominciare a parlare, come se le servisse tanto coraggio. Ma non sa che di coraggio ne ha da vendere? Che servirebbe a me un po’ di quel coraggio per guardarla negli occhi e ferirla in modo irreparabile?

-me ne ero andata di casa Edward, per questo non rispondeva nessuno al telefono – strabuzzo gli occhi nel momento stesso in cui finisce di parlare. Allora era andata via davvero – ma non ce l’ho fatta ad andare fino in fondo. Eravamo quasi arrivati a casa di mio padre che ho chiesto all’autista di riportarmi indietro. Io… non so cosa ho sentito, ma ho capito che non potevo lasciarti. Stiamo attraversando un periodo difficile è vero, ma non voglio rinunciare a noi, alla nostra famiglia. Io ti amo da morire e non posso pensare di lasciarti, non posso- sento gli occhi inumidirsi e le lacrime scorrere copiose lungo le mie guance. Non posso credere di star piangendo ma è tutto quello che riesco a fare dopo aver sentito le sue parole. 

- ti prometto che sarò forte d’ora in avanti- dice prendendomi le mani nelle sue- Ho capito che non posso più continuare a piangermi addosso o sentirmi come mi sento ultimamente. Nel momento stesso in cui ho detto BASTA, l’ho urlato con tutte le mie forze dentro alla mia testa credimi, ho capito che stavo sbagliando tutto, che non potevo rifugiarmi da mio padre. E allora sono tornata indietro- finisce con un sorriso mentre io vorrei avere a disposizione un cilicio da conficcarmi nelle gambe. Mi rendo conto che mentre lei lottava con tutte le sue forze per non lasciarmi io stavo facendo sesso con la mia segretaria sul divano del mio ufficio, e poco importa se mi sono fermato, c’è una bella differenza tra quello che stavo facendo io e quello che stava facendo lei. Lei ha preferito tornare indietro, io invece cos’ho fatto? Niente. Assolutamente niente. Sarei potuto andare via dall’ufficio nel momento stesso in cui avevo capito che era andata via e andarle dietro fino al Queens e riportarla a casa. Invece mi stavo trastullando con un'altra donna.  È così difficile in questo momento pensare o cercare anche solo di trovare qualcosa di positivo in me. Sono solo uno stupido, uno stronzo e… lascerò che continui lei ad insultarmi dopo che le avrò confessato ogni cosa.

-Edward, smettila di piangere, sono tornata a casa adesso- o almeno dopo che avrò smesso di frignare.

-Bella io… io non so cosa dire…-

- dì solo che sei felice- mi poggia una mano sulla guancia per scacciare via le lacrime – ti ho visto ultimamente Edward, so quanto anche tu avresti voluto che tornassimo a essere quelli di prima. Eccomi qui, sono qui. Voglio tornare ad essere la Bella di prima, perciò dimmi solo quanto sei felice Edward, il resto non conta-

O si che conta. Non sai quanto conta.

La vedo avvicinarsi e compiere un gesto che non le vedevo fare da mesi ormai: a rallentatore, quasi volesse darmi il tempo di scappare via, poggia le sue labbra sulle mie ed è come se tornassi a respirare liberamente l’aria pulita.  Sentire di nuovo il suo profumo così vicino al naso e saggiare con bramante lentezza quei petali di rosa che ha al posto delle labbra mi sembra troppo bello per essere vero. Ma non è giusto quello che sto facendo, no, non lo è per niente. Allora la allontano cautamente e subito la vedo fissarmi quasi impaurita. Pensi che non ti voglia più Bella? Lo so che è questo quello che stai pensando e non sai quanto ti stai sbagliando amore mio.

-Bella… no- le poggio le mani all’altezza delle spalle e mi rendo conto di quanto stiano tremando.

-che hai Edward? Che ti succede?- il suo tono di voce è così preoccupato che subito vedo i suoi occhi diventare lucidi. Ecco, sono finito. Vederla piangere mi ha sempre mandato KO.

-non… non posso Bella- mi obbligo a dire quando in realtà è tutto il contrario di quello che vorrei fare. Sento il sudore imperlarmi la fronte.

-come… cosa? Perché?- si agita sul posto e il fatto di avere ancora le mani poggiate sopra le sue spalle mi aiuta a farla stare ferma.

-io devo dirti una cosa Bella. E credimi, è la cosa più difficile che ho fatto in vita mia- strabuzza gli occhi probabilmente impaurita da quello che le ho appena detto ed io con lei. Una gocciolina di sudore gelido scende lungo la mia schiena facendomi rabbrividire.

-parla- mi dice risoluta come se capisse che sto per ferirla irrimediabilmente.

Comincio a balbettare -io… io ti ho… io ti ho- deglutisco con forza prima di continuare mentre sento il mio cuore battere così forte che penso che potrebbe uscirmi dal petto- sono stato con un'altra donna- dico di getto, non so nemmeno dove ho trovato la forza per parlare.

Sul suo viso vedo una miriade di sensazioni sovrapporsi una sull’altra: stupore, incredulità, rabbia, spavento, panico, confusione, collera per poi lasciare definitivamente il posto al dolore. Il suo ovale perfetto diventa improvvisamente bianco ed è come se avvertissi anche io le scintille di sofferenza trafiggere ogni singolo poro della sua pelle. Si accascia quasi sotto al peso delle mie braccia e credo di dover allungare una mano per sorreggerla quando con forza mi allontana cogliendomi impreparato. Mi guarda con occhi carichi d’odio e talmente addolorati che bastano già quelli a punirmi. Senza che me ne renda conto comincia a colpirmi al petto come per allontanarmi. Uno, due, tre, quattro, cinque colpi bastano a farla scoppiare in un pianto disperato e ad alzarsi dal divano per trovare rifugio in camera da letto.

La seguo come un automa preda del disgusto che sento dentro.

La trovo a guardare fuori dalla finestra con le braccia a cingerle la vita, come se si stesse trattenendo dal cadere a pezzi -Bella ascoltami ti prego- dico richiudendomi la porta della camera alle spalle.

-no! Non voglio sentirti, vattene!- mi urla contro mentre si accascia a terra. Dentro di me sento la strana sensazione di aver appena commesso un delitto. È questo quello che si prova ad uccidere una persona? Perché io l’ho appena provato. Sono.. devastato, ecco come mi sento. Le lacrime tornano a pungermi gli occhi ma non mi impediscono di raggiungerla sul pavimento della stanza.

-perché…- sussurra debole- perché?!- urla questa volta ancora scossa dai singhiozzi – non ti bastava avermi fatto del male lasciandomi sola nel periodo in cui avevo più bisogno di te? Ma tu non te ne sei nemmeno accorto, eh Edward? Di la verità!-

-no! No, certo che me ne sono accorto-

-e allora perché? Dimmi solo… perché?- mi chiede disperata e nei suoi occhi leggo tutto il bisogno di sapere la verità.

-io, non lo so- anche il mio tono di voce è disperato quasi quanto il suo – sono… sono stato debole. Avevo bevuto e non ho capito niente di quello che stavo facendo. Credevo di averti perso, ho chiamato qui a casa tante volte… ma tu non hai mai risposto. Allora ho capito che mi avevi lasciato e… e poi è successo- le lacrime che prima rigavano il suo volto adesso sembra che si siano congelate. Mi guarda seria, troppo seria.

-è successo questo pomeriggio?- mi chiede incredula ed io non posso fare altro che annuire.

- e così eh? Mentre io mi struggevo d’amore per te tu… tu mi stavi tradendo?- urla sconvolta – tu te la spassavi con un'altra?- e così 3-2-1- bam! In pieno viso, uno schiaffo così forte da risuonare in tutta la stanza. Provo immediatamente dolore ma non fisico, è dentro che sto urlando.

- mi fai schifo!- mi sputa addosso tutto il suo disprezzo con quella parola diventata ormai così famigliare per me.

Si pulisce le labbra come per scacciare via un sapore decisamente sgradevole ma in verità capisco che si sta pulendo dal piccolo contatto che abbiamo avuto poco fa.

-mi fai schifo! Ed io ti ho pure baciato, ho toccato le tue mani. Mani con cui hai accarezzato un’altra donna. Un’altra donna Edward! Come hai potuto farmi questo? Come?- urla così tanto da rimanere senza fiato.

-io, mi dispiace. Mi dispiace così tanto- cerco di difendermi da altri colpi che adesso ha cominciato a sferzare con più violenza ma l’unica cosa che posso fare è arrendermi davanti alla sua collera sapendo di meritarla tutta.

-ti dispiace? No, non farlo. Non dirmi che ti dispiace perché non ti credo! Sapevi quanto stessi male, lo sapevi. E invece di venirmi dietro e lottare per riportarmi a casa hai preferito tradirmi! È questo l’amore immenso che provi per me? Hai preferito uno squallido rapporto sessuale a me? Eri così frustrato dal fatto che non ti toccassi più che alla prima occasione ti sei dimenticato che esistessi? È dunque questo il mio valore? Io valgo meno di una scopata! Beh complimenti, hai rovinato tutto per il costo di una sveltina- non ho mai provato tanta vergogna in vita mia come in questo momento. Rimango inebetito a fissarla senza la forza di dire niente quando d’un tratto si alza da terra e corre ad aprire la porta.

-vattene- sputa dura guardandomi disgustata.

Mi alzo da terra per andarle incontro ma non certo per andarmene come mi ha appena chiesto di fare.

-Bella, no. Non vado da nessuna parte. Io… tu non sai quanto ti amo, è stato solo un momento di debolezza. Non ha contato nulla per me. Nulla. Sei tu quella che voglio, ti prego perdonami!- che ironia, le chiedo di perdonarmi quando io stesso non riuscirei mai a farlo.

-non essere ridicolo Edward, non posso perdonarti questo, non posso- dura e fredda è così che è diventata adesso –perciò ti chiedo di andartene. Vai!- mi urla in faccia facendomi trasalire.

Mi prostrerei ai suoi piedi se solo sapessi di avere qualche possibilità di farmi ascoltare o farle cambiare idea, ma so che non è così. L’ho ferita in modo irreparabile e non posso fare altro che prendere atto della sua volontà. Perciò incasso la testa nelle spalle e come se avessi il peso di centinaia di uomini a gravare su di me mi giro e me ne vado.  

 

Oggi

Fisso ancora il fiume scorrere lento davanti ai miei occhi mentre mi rendo conto che il ricordo di quella sera è così vivo nella mia testa che alcune volte vorrei potermela staccare a morsi, ma poi capisco che rivivere tutto, il dolore che ha provato Bella e quello che ho provato io, non sono altro che la penitenza che ho da scontare ancora oggi dopo tanti anni dal fattaccio. Ed è in momenti come questo che mi ritrovo a pensare a quanto le nostre vite siano inevitabilmente condizionate dalle scelte che facciamo. Quella sera avrei potuto scegliere di andarmene e invece non l’ho fatto, ed ecco quello che ho ottenuto: un bel niente. Una vita arida di sentimenti, da vivere solo e con la possibilità di vedere tua figlia solo tre giorni a settimana. Invece se quella sera mi fossi fermato al mio ritorno a casa avrei trovato Bella ad aspettarmi sul divano, pronta a dirmi quanto mi amava e soprattutto pronta a ricominciare da capo. E forse a quest’ora, non forse ma sicuramente, staremmo a contare le ore che ci separano prima di rivederci. Avrei la mia famiglia, starei con le persone che amo invece di rimpiangere i miei errori. Un minuto di tempo che ha condizionato per sempre la mia vita, eppure in un minuto è impossibile fare alcune delle cose più elementari, come fare un caffè per esempio o lavarsi i denti. Eppure a me sono bastati 60 secondi per decidere di fare sesso con Tania e gettare tutto alle ortiche. Ho commesso un errore tre anni fa, un errore di cui sento ancora forte e chiaro gli strascichi e che ancora oggi mi tiene attaccato a quel maledetto giorno. Ho provato ad andare avanti davvero, a voltare pagina ma non ci riesco. Bella crede che io mi veda con qualcuna o che comunque abbia avuto altre storie dopo la nostra separazione, ma non è così. Certo, non nego di essere uscito con altre donne ma il mio è più un diversivo per non passare troppe serate da solo che sincera voglia di stare con loro. Quando poi è il momento di riaccompagnarle a casa e mi invitano a salire dico sempre di no, a questo punto sono loro che non vogliono più avere niente a che fare con me.

È successo con tutte, tranne che con una.

Rosalie Hale è la donna più testarda, più simpatica e amorevole che abbia mai conosciuto, dopo Bella naturalmente. Dopo aver declinato il suo invito a salire non mi ha chiuso lo sportello della macchina in faccia come invece avevano fatto altre al posto suo, ma si è seduta di nuovo e guardandomi negli occhi mi ha detto “menomale perché l’ho fatto solo per gentilezza, in realtà non mi piaci per niente”, abbiamo passato quasi l’intera nottata a girovagare per la città e a parlare delle nostre patetiche vite. Con lei sin da subito si è istaurato un rapporto magnifico, e dopo aver messo in chiaro che non ci sarebbe mai potuto essere nessun coinvolgimento sentimentale tra noi due, siamo diventati ottimi amici. Una volta mi ha chiesto come mai io non riesca ad andare a letto con nessun’altra donna dopo il divorzio, la mia risposta è stata molto semplice: perché nessuna donna è la mia Bella. Mi è venuta di getto e in modo così spontaneo che si è anche commossa. Si gente, avete capito bene, io non riesco più ad andare a letto con nessuna donna. E non perché l’attrezzo che ho in mezzo alle gambe non funzioni più, anzi quello funziona fin troppo bene proprio perché non lo lascio sfogare come si deve, non so se mi spiego. Ma è come se fossi bloccato. Ho provato così tanto disprezzo e disgusto verso me stesso quella maledetta sera che non posso pensare di sentire di nuovo quello stesso tsunami di emozioni. E poi, la risposta più ovvia oltre a quella che vi ho appena dato è che amo ancora mia moglie, e non posso pensare di stare tra le braccia di un'altra se la amo così disperatamente.

I primi tempi dopo che mi ha cacciato di casa ho cercato di riconquistarla. Ho cercato di fare in modo che lei mi perdonasse ma non è servito a niente, e quando un giorno in mezzo alla posta ho trovato la lettera di convocazione per il divorzio allora mi sono arreso. Anche in questo caso Bella ha fatto la sua scelta e io non ho potuto fare altro se non rispettare la sua decisione.

Un leggero bussare alla porta mi fa voltare e perdermi nel mare cristallino degli occhi della mia amica. Come si dice, quando parli del diavolo…

-ehi?- la saluto e sul suo viso compare subito un sorriso radioso.

-come stai? Com’è andato l’incontro di questa mattina?- mi chiede entrando e richiudendosi la porta alle spalle. Mi sono dimenticato di dirvi che adesso lavora qui da noi e che Mike stravede per lei e che anche lei stravede per lui. Stanno insieme da quasi un anno ormai.

La invito a sedersi accanto a me – mmmh diciamo che è andata-

-perché? Cos’è successo Edward?- la straordinaria propensione di Rosalie a preoccuparsi per me non ha limiti. Perciò le racconto per sommi capi quello che è successo con Bella, quello che ci siamo detti durante l’incontro con la maestra di Sophie e del mio successivo invito ad andare nel locale di James.

-e..? dai Edward non dovrò tirati le parole con le pinze vero? Dimmi cos’è successo-

Sospiro prima di cominciare a parlare –niente, ci siamo seduti e abbiamo ordinato, poi lei si è messa a ridere perché non potevo sopportare il sapore della cannella e avresti dovuto vederla… era così serena e bellissima. Poi però all’improvviso tutto è cambiato. Si è irrigidita e ha cominciato a raccogliere la sua roba per andarsene, come se stesse scappando capisci? E così l’ho fermata-

-tu.hai.fatto.cosa? E lei che ha detto?- mi scappa una risata che non riesco a trattenere, sembriamo due ragazze intente a mangiare popcorn e a ingurgitare gelato direttamente dalla confezione quando ci comportiamo così. Ma parlare con Rosalie è davvero naturale per me. Lei mi da sempre (o quasi) consigli giusti e non si risparmia dal giudicarmi. Ricordo che quando le ho raccontato del tradimento invece di starmi vicino me ne ha dette di tutti i colori, ma l’importante è che sia ancora qui no?

Mi rivolge un occhiataccia troppo impaziente di sapere quello che è successo invece di starsene seduta a vedermi ridere.

-niente, mi ha detto che doveva andare via ed io l’ho lasciata andare-

-ah! E qui che hai sbagliato caro mio. Avresti dovuto insistere. Secondo me sarebbe rimasta se glielo avessi chiesto con più sicurezza- lei ha la strana e assurda convinzione che Bella sia ancora innamorata di me e che quindi debba fare di tutto per riprendermela.

-nahh Rosalie avrei solo forzato la mano e non voglio mostrarmi troppo invadente-

-ma, sei uno zuccone! Come faccio a fartelo entrare in testa? Quella donna ti ama ancora, credimi. Ha tirato in ballo quello che è successo ieri sera per caso?-

-ti riferisci al fatto che ci ha visti insieme nel ristorante dei miei genitori, dove lei lavora, dopo che mi hai obbligato a portartici solo per farci vedere?- le dico sarcasticamente giusto per farle capire ancora una volta che non è stata un ottima idea andare al Gourmet ieri sera.

-no tonto. Ma certo che mi riferisco a quello! Ha detto qualcosa?-

-no, di quello no. Però… ha accennato al fatto che non vuole che Sophie mi veda con altre donne o che comunque incontri la donna con cui mi frequento-

-ah!-

-la smetti di dire “ah!” È irritante-

-ah! Quindi lei suppone che io e te stiamo insieme, giusto? E quindi non vuole che vostra figlia venga a contatto con me, giusto? Ma perché viene a dirtelo solo ora? Durante i weekend che hai a disposizione per stare con Sophie sarei potuta esserci anche io, solo che prima non te l’ha mai fatto notare. Adesso invece si, come mai?-

-e già, come mai? Scommetto che stai per dirmelo-

-perché è gelosa! Ecco perché-

Sbuffo spazientito da quel ragionamento. Bella non mi ha mai fatto capire che prova ancora qualcosa per me e ne tantomeno vado a pensare che la sua richiesta di non farmi vedere da Sophie con altre donne sia una richiesta dettata dalla gelosia. È più che normale che voglia tutelare la nostra bambina.

-senti Rose, io non credo che tu abbia ragione-

-e invece ho ragione caro mio-

-credimi, non sai quanto vorrei che fosse vero- dico portandomi una mano tra i capelli. È un gesto che faccio sempre quando sono frustrato.

-senti non abbatterti, hai detto che dovrete passare più tempo insieme da adesso in poi per via della bambina no?- certo che l’ho detto ma questo cosa cambia? Mi odia per quello che le ho fatto non cambierà mai idea su di noi.

-si , allora?-

-bene, sarà solo un modo per avvicinarvi di nuovo. Tu vai li con il tuo fascino irresistibile, fai quelle quattro smorfie che piacciono tanto alle donne e soprattutto a Bella e il gioco è fatto-

Scoppio a riderle in faccia neanche avesse raccontato una barzelletta –Rose, io non faccio smorfie e soprattutto non è così che funziona, almeno non con Bella. Quando ci siamo visti per la prima volta neanche abbiamo parlato, è stato un processo così naturale innamorarsi l’una dell’altro che non ho dovuto usare nessun trucchetto. Con lei è sempre stato così. Ci capivamo senza nemmeno aprire bocca ed è stato forse questo a farmi capitolare all’istante. Lei è diversa dalle altre. È così spontanea e limpida-

-caspita amico, mi fai salire il diabete così. Sei proprio perso eh? Okay, se è così che vuoi far andare le cose allora facciamo a modo tuo. Non è detto che se è capitolata una volta non possa succedere anche una seconda no?-

-okay Rose, va bene come vuoi tu- dico di si ma in realtà non accetto il suo consiglio, voglio solo che la smetta di parlare di quest’argomento. Forse mi fa più male avere la certezza che non potrò mai più averla che il pensiero di agire per riconquistarla, tanto non servirebbe a niente.

Scappa via correndo quando le faccio notare l’orario e infatti si mette a urlare perché in ritardo ad una riunione. Vorrei farmi scivolare addosso la conversazione che abbiamo appena avuto ma è inevitabile ripensarci, così come ripenso a quello che mi ha detto Bella stamattina e al fatto che adesso potrò passare più tempo con Sophie. Forse le cose stanno girando per il verso giusto questa volta, già il fatto di poter trascorrere più ore con mia figlia è un traguardo che non credevo possibile raggiungere. Mi impegnerò almeno a dimostrarle che posso essere un buon padre per Sophie che è il mio gioiello più grande.

Ho sbagliato un volta con la donna più importante delle mia vita. Non commetterò lo stesso errore una seconda volta.

Questa è una promessa.

 

Emmh emmh, se siete arrivate sin qui vuol dire che non vi siete addormentate, è un capitolo un po’ lunghetto non trovate? Ma pieno zeppo di emozioni. Io per poco non mi sono commossa mentre lo scrivevo, e sto dicendo la verità credetemi. Comunque lascio il compito di giudicare a voi. A tal proposito non so come ringraziarvi per le bellissime recensioni che mi avete lasciato nello scorso capitolo, GRAZIE davvero, siete fantastiche. A breve risponderò a tutte non preoccupatevi! Ringrazio chi ha inserito la storia tra i vari gruppi e chi recensisce.

Ringrazio ancora una volta la mia Rò per essermi accanto. Se non sapete di chi sto parlando andate nella sua paginetta AnImoR_7 e leggete le sue storie meravigliose *__*

Alla prossima settimana! Baciiii

 

   
 
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