27 febbraio 1960
- Vada a chiamare mio marito.- un semplice ordine fa rabbrividire
l’infermiera a cui è stato rivolto. Questa facendo
un cenno d’assenso col capo educatamente rivolge le spalle
alla paziente ed esce con grazia dalla stanza. Fuori da quella un uomo
alto, distinto, con un’espressione indecifrabile in volto
aspetta. È solo, ma non sembra in ansia, il suo viso non
è velato da alcuna preoccupazione, nessun sentimento
traspare dai suoi occhi, tranne l’indifferenza per tutte le
persone che incrociano la sua vista.
- Signor Black… - l’infermiera si avvicina
all’uomo, quasi intimorita e le sue parole appaiono tremanti.
– è andato tutto bene, può entrare.
L’uomo, sempre mantenendo l’espressione
indecifrabile non si degna neanche di rispondere ma entra nella stanza
dalla quale è appena uscita l’infermiera e
richiude la porta dietro di sé con forza, noncurante di
poter eventualmente svegliare il neonato in braccio alla madre.
Walburga Black rivolge un sorriso soddisfatto ed entusiasta al marito:
- Guardalo, - pronuncia porgendo la piccola creatura
all’uomo: - è un maschio.
Orion si avvicina e prende in braccio quel bambino, suo figlio,
l’erede dell’antica casata dei Black: - Eccolo qui
l’erede che aspettavo.
Non fa parte della sua educazione mostrare i suoi sentimenti a
qualunque altra persona, neanche alla famiglia, ma senz’altro
adesso è soddisfatto. È diventato padre, e mentre
suo fratello si è dovuto accontentare di due figlie, lui ha
avuto il maschio, l’erede. Mentre lo tiene sicuro pensa a
quante gioie la vita gli riserverà: vederlo crescere e
diventare un mago potente. L’orgoglio gli illumina quegli
enigmatici occhi grigi; le sue aspettative disegnano un futuro dettato
per il giovane bambino. Non si avvicina alla moglie, ci sarà
tempo per congratularsi con lei per la meravigliosa vita che gli ha
offerto. Adesso osserva il neonato e sinceramente soddisfatto dichiara:
- E non piange. È un Black.
Orion Black non è un uomo che si lascia condizionare dalle
superstizioni o dalle coincidenze; non c’è niente
che non riesca a controllare, tutto è sotto il suo
controllo, come lui decide, come è giusto che sia. Non si
scompone quando il piccolo aprendo gli occhi comincia a piangere.
Di certo non si sottrae alle sfide lanciategli da suo figlio.
Sarà come
è giusto che sia, Black.
Spazio autrice
Okay… non credo di essere riuscita ad arrivare al mio scopo:
Sirius è appena nato, quindi certamente non ha
già sfidato suo padre, è Orion Black che la
prende come una sfida ma nello stesso tempo il pianto del bambino
è una chiaro segno della differenze tra Sirius e tutti gli
altri Black.
La frase finale può essere intesa come un avvertimento del
padre per Sirius, facendo capire chi comanda ma anche
un’ammonizione del (chiamatelo come volete) destino per il
signor Black: Sirius non è roba sua e sceglierà
per conto suo! Personalmente preferisco che la frase assume entrambi le
sfumature.
Beh, comincia così il mio tentativo di mettere nero su
bianco tutta la vita del mio personaggio preferito!
Spero che vi interessi,
Babi