Anime & Manga > Vocaloid
Segui la storia  |       
Autore: B Rabbit    29/10/2012    3 recensioni
Chissà per quale capriccio divino, guardare quella creatura rendeva felice l’animo del ragazzo che sospirava continuamente, mentre i suoi occhi erano posati su quel fiore di ciliegio caduto per lui, attirati come un ape. ~
Tratto dal Capitolo 1. ~ «Beginning» ~
Genere: Drammatico, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Len Kagamine, Miku Hatsune, Rin Kagamine, Un po' tutti | Coppie: Len/Rin
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

- Fatal Mistake

~ «Kagamine Twins Cest» ~
«Alignment»





Stringendo la maglietta all’altezza del petto tra le dita, il ragazzo scese le scale con difficoltà, il viso pallido e le gambe tormentate dai tremori. Per colpa di quel porro umano dai codini verde acqua, supportata da Rin, il povero Len era stato costretto a salire su quelle maledette montagne russe dai colori sfavillanti tre volte. Tre.
“Sceglieremo le giostre a turno” un corno.

Cosa stava tramando quella pazza dai capelli chilometrici? Voleva ucciderlo a suon di ottovolanti? Non le bastava più il porro?
«Ne, Len»
Il biondo si riscosse dai suoi pensieri per un futuro piano omicida verso Miku e rivolse l’attenzione verso la compagna vicina a lui.
«Grazie tanto per questo!»
E con grande tenerezza, Rin strinse al petto un coniglio bianco di peluche stranamente vinto dal quindicenne al tiro a segno, realizzando che, da qualche parte in quel cielo infinito, una divinità aveva avuto pietà di lui.
«Ah, tranquilla. E’ un piccolo ringraziamento per aver fatto cambiare idea a Miku per le tazze pazze»
A differenza della tradizionale giostra, questa aveva la peculiarità di aumentare la velocità, imitando quella delle montagne russe.
Len era sicuro che, se si fosse seduto in quella tazza, sarebbe morto, non solo per la forza centrifuga, il cuore in gola e la morsa allo stomaco, ma per Miku, che lo avrebbe tormentato.
«Secondo me sarebbe stato divertente…»
«Per te, Miku»
Gonfiando la guancia stizzita, la ragazza acquamarina fissò Len, portando le mani ai fianchi.
Rin spezzò quell’atmosfera ostile e quel continuo scambiarsi di occhiatacce indicando il grande orologio posto in cima al palo.
«Sono le 15 passate…»
Posando lo sguardo sulle lancette del quadrante, Len strabuzzò gli occhi, meravigliandosi della velocità del tempo.
«Non abbiamo neanche pranzato…»
«Oh oh! Io voglio il gelato!»
Voltando lo sguardo di scatto, il quindicenne guardò l’amica, socchiudendo gli occhi.
Miku piegò la testa di lato.
«Che c’è?»
«Il gelato?»
«Si»
«Adesso?»
«Hm»
«Alle tre e mezza passate?»
«No problem»
«…Dopo le montagne russe?»
La ragazza annuì con aria innocente, un sorriso raggiante che le illuminava il volto.
Brutto segno.
Esclusivamente quando voleva ottenere qualcosa, Miku tirava fuori il suo sorriso migliore e la sua dolcezza, a volte accompagnate anche da qualche faccina tenera.
«Len-chan, per favore»
E anche la vocina.
Il ragazzo rimase a fissarla, esterrefatto da quella messinscena da quattro soldi che, ormai, non funzionava da anni con nessuno.
«Len, per me va bene»
Tranne che con Rin.
Costretto a malincuore dalle due ragazze, Len sospirò, posando lo zaino sul tavolino lì vicino e prese il portafogli.
«Offro io»
«Waaah, grazie Len-kun!»
Miku gli saltò alle spalle, cingendogli il collo e incominciando a sfrusciare la guancia contro il collo del ragazzo, mandandogli brividi lungo la schiena.
«Va bene, va bene, ma staccati!!»
La quindicenne si accucciò tranquilla sul legno, poggiando il mento sul tavolino da picnic vicino a loro.
«Vediamo… dove possiamo prendere i gelati?»
«Penso che di là ci sia un chiosco!»
E, alzando il braccio, Rin indicò una via che si dirigeva verso sinistra.
Prendendo lo zaino e Miku, Len si diresse verso la strada, la ghiaia bianca che scricchiolava sotto i loro passi.
Dopo una decina di metri, la via si aprì in una piccola piazzetta, circondata da cipressi smeraldi e fiori variopinti che addolcivano l’aria con il loro profumo.
A destra, vicino a dei distributori, vi era una piccola costruzione dalla pianta esagonale e dal tetto beige a punta. Vicino alla parete vi era appesa un’insegna a forma di cono gelato dai colori monocromatici.
I ragazzi si avvicinarono al bancone dove, dall’altra parte, vi trovarono un ventenne ad attenderli, delle ciocche blu marina che ricadevano dolcemente ai lati del viso allungato e dalla pelle chiara, illuminato da due occhi profondi di un meraviglioso color oltremare.
«Buon pomeriggio. Cosa volete?»
Il ragazzo osservò titubante i vari gusti, soffermandosi sulle etichette dei nomi, originali o privi di senso, e sui colori, tradizionali o appariscenti.
«Vediamo… tre coni di media grandezza»
Miku si avvicinò al bancone e, dopo aver salutato il gelataio agitando la mano, soffermò lo sguardo sul quindicenne. «Oh, Len-kun, lo vuoi anche tu?»
«Problemi?»
Il gestore sorrise al gruppo, e prendendo tre coni dalla cialda retinata dal lieve colo marrone, guardò il biondo con un inestinguibile sorriso sulle labbra.
«Che gusti volete?»
Il ragazzo posò lo sguardo su Rin e, facendo un passo all’indietro, le fece cenno di avvicinarsi, per poterle far vedere quel mare di colori dietro la vetrina.
Accettando l’invito, la quindicenne osservò i gusti, lo sguardo che scorreva da destra verso sinistra, per poi tornare indietro e ricominciare.
Con indiscrezione, Len scrutò la ragazza, il suo volto dai lineamenti dolci e gentili, gli occhi, grandi e azzurri come il cielo, e le labbra lievemente socchiuse, sottili e rosee dal sapore sicuramente dolce.
Voltando subito lo sguardo dall’altra parte, il ragazzo cercò di riprendersi da quelle riflessioni, di allontanare quei pensieri che si sarebbero presto trasformati in desiderio.
Desiderio di impossessarsi di quelle labbra con le proprie.
«Eto… arancia, grazie!»
Il ventenne annuì, e armeggiandosi di cucchiaio, incominciò a formare un’incerta palla color arancio, per poi adagiarla in cima alla cialda.
«Ecco a te… il prossimo?»
Il biondo alzò la mano sinistra e indicò con l’altra una vaschetta precisa.
«Banana, grazie»
«Ok»
Con il consueto sorriso, il gestore incominciò a preparare il gelato del ragazzo, affondando il metallo nel giallo pallido.
Mentre aspettava il gelato, Len posò lo sguardo su Rin, che intanto assaggiava il suo, posando la punta della lingua sul cremolato, accarezzandolo con movimenti verticali.
«Ecco a te ragazzo!»
E con un occhiolino, il gestore offrì il freddo dolce al biondo che, con titubanza, lo prese.
Poggiando i gomiti sul legno del bancone, il ventenne posò il mento tra i palmi delle mani e, sorridendo, guardò Miku.
«Invece cosa posso offrire a lei, signorinella?»
La ragazza piegò la testa all’indietro e, poggiando l’indice con delicatezza sulle labbra sottili, sollevò gli occhi in alto.
«Vediamo… ha il porro?»
Len tossì, e coprendosi la bocca con il dorso della destra, guardò incredulo la compagna.
«Ma che dici!? Ovvio che non ce l’ha!»
«Eh!? Chi te lo dice?»
«Scema, nessuno farebbe un gusto con-»
«Ecco a lei!»
E tra lo sbigottimento di Len e l’estasi di Miku, il ventenne consegnò il gelato alla ragazza.
«Grazie mille, ehm…»
La quindicenne abbassò lievemente lo sguardo un po’ imbarazzata, le punte delle scarpe che si toccavano ripetitivamente.
«Kaito»
«Kaito…senpai»
Con il solito sorriso, il ragazzo invitò Miku ad alzare lo sguardo, e posò di nuovo il mento sulle mani chiuse a pugni.
«Faccio il terzo anno delle superiori»
«Eh? Davvero? Dimostra più anni, sa?»
Kaito si grattò la guancia con l’indice, chiudendo gli occhi.
«Non è la prima a dirmelo»
Con l’indice ritto della mano destra ad un palmo dal viso del ragazzo, Miku fece di no con la testa, oscillando contemporaneamente il dito.
«Dammi del tu»
Kaito, stupefatto, sbatté più volte le palpebre, ed alzandosi dal bancone, posò una mano fra i capelli, scompigliandoli.
«Ehm, va bene… Mi-miku-chan…?»
«Hm!»
La quindicenne annuì con la testa, sorridendo felice.
In quel momento, il diciassettenne si innamorò di quella incurvatura delle labbra.




«Speriamo di trovare un posto al parco!»
«Se non lo troveremo sarà colpa tua Miku!»
«Eeeh!? Perché!?»
«Perché ci hai messo troppo a mangiarti il bento, inoltre volevi andare ancora sulle attrazioni, come se fossi una bambina delle elementari. Ed ora corri!!»
Erano circa le sette di sera e i ragazzi correvano per il marciapiede, gli zaini in spalla che sobbalzavano per l’andatura e il vento che sferzava loro il viso con prepotenza, graffiandolo con quella lieve frescura serale.
I petali rosei accolsero i ragazzi all’entrata del parco, cadendo con leggiadra sul terreno, strappati via con facilità dalle fronde degli alberi da parte del vento.
Len si avventurò tra gli alberi alla ricerca di un posticino tranquillo, lontano dalle altre persone e dai rumori delle ultime auto che giravano per le strade.
Avvicinandosi a delle panchine in legno dalle gambe e gli stretti braccioli in metallo nero, il ragazzo si sfilò le scarpe grigie, e prendendole con sé, entrò dentro fra l’erba smeraldo, il freddo che gli solleticava i piedi.
Degli alberi di ciliegio dai rami lunghi e via via più sottili affiancavano un piccolo laghetto, specchio del cielo, dove i fiori, abbandonando gli arbusti, cadevano placidamente, costellando quel colore variabile.
Il ragazzo sorrise e, posando lo zaino sui fili d’erba, tirò fuori una tovaglia bianca a righe rosse e la sistemò sul tappeto smeraldo.
«Len-kun, hai trovato un posticino tranquillo?»
Il biondo si voltò e, notando le ragazze, si portò la mano sinistra al petto e aprì il braccio destro verso l’esterno, facendo un piccolo inchino.
«Spero che a vostre signorie piaccia questo umile angolo tranquillo»
Miku si avvicinò al quindicenne e gli posò una mano sulla spalla, sorridendo.
«Ma come siamo teatrali»
«Il meglio per le dolci fanciulle che illuminano i miei occhi»
Ed alzando lievemente lo sguardo, Len sorrise a Rin, facendola arrossire.
Miku sospirò e, allontanando la mano dalla spalla del biondo, incrociò le braccia.
«Ok, per me va bene, mio caro Principino. E a te, Rin-chan?»
La ragazza annuì, abbassando lievemente lo sguardo, il viso colorato di porpora.
Len alzò lo sguardo al cielo ed osservò il mutamento nella cupola, il rosso e il blu che si confondevano tra loro, separati dalle ultime sfumature di azzurro.
Il quindicenne si sentì tirare la stoffa dei pantaloni e, volgendo lo sguardo in basso, notò Rin seduta sul candido della tovaglia, le gambe bianche e snelle distese di lato.
Accogliendo l’invito della compagna, il biondo si sedette affianco a lei, una gamba distesa e la destra piegata.
Posando la mano sinistra al lato del fianco, il ragazzo sfiorò le dita affusolate di Rin, facendola sussultare.
La bionda spostò la mano dalla stoffa, posandosela sul ventre mentre le guance si colorarono di rosso.
Len, leggermente imbarazzato, volse lo sguardo verso gli alberi, illudendosi che quei tronchi fossero più interessanti dell’amica.
Sospirando nel vedere quella scena, Miku si avvicinò gattonando a Rin, e prendendole le guance arrossate, le tirò leggermente, giocherellandoci con movimenti vari.
Di risposta, la fanciulla si lamentò e, prendendo la compagna per i polsi, si ribellò, allontanandola.
Poi risero insieme.

I minuti passarono veloci, tra chiacchiere e scherzi, risate e sorrisi, mentre la sera avanzava sempre di più, divenendo notte.
Le prime stelle del firmamento comparvero nella volta celeste, schiarendo il nero del cielo con la loro candida luce, alcune bianche, altre azzurre o gialle.
La luna, alta e grande, illuminava l’amante del giorno, sua compagna ed amica.
I fiori di ciliegio abbandonavano la casa e la propria madre, convinte dal dolce vento che le trasportava, per poi lasciarle al terreno.
Alcuni petali, cullati dai movimenti della brezza, si posarono sul bianco della tovaglia, sul grembo della fanciulla dai capelli dorati mentre altri accarezzavano il viso del suo cavaliere. L’amica dai capelli azzurrini si era allontanata, forse di proposito, chissà, dicendo di andare a prendere qualcosa da bere.
I due ragazzi guardavano il cielo notturno, le stelle e i colori che si specchiavano nei loro occhi, quasi volessero calar il buio in quei frammenti di cielo, lontani dall’infinito.
Un fiore di ciliegio si posò timido vicino alla mano del biondo, sfiorandoli appena la pelle con i suoi petali.
Con delicatezza, il ragazzo prese il fiore e, cogliendo Rin di sorpresa, lo sistemò tra le ciocche dorate, vicino l’orecchio.
La fanciulla, stupita, abbassò lo sguardo, l’imbarazzo che le colorava il viso.
Rimasero in silenzio per qualche secondo, interrotto per primo dal biondo, troppo curioso di lei.
«Rin, perché… sei venuta qui? Hai lasciato la tua famiglia, ed ora vivi con Miku… perché?»
Aveva mille domande da chiederle, mille curiosità da saziare.
La fanciulla alzò lo sguardo al cielo e sorrise con una punta d’amaro.
«Volevo… volevo allontanarmi da mia madre»
La ragazza si cinse le gambe.
«Volevo scappare da lei e dalle sue oppressioni»
Il biondo la guardò interrogativo, desideroso di risposte. Rin sospirò.
«Mio padre è morto due giorni prima della mia nascita e mia madre si trasferì dai suoi genitori per dimenticarsi di lui e di questo posto, dove avrebbero vissuto insieme. Con me»
Il quindicenne alzò lo sguardo al cielo ed osservò le stelle.
«Scusami per questa domanda»
L’amica scosse il capo e sorrise.
«Non devi scusarti, non mi hai ferito»
Len posò lo sguardo sulla fanciulla, sorridendole.
«Per pareggiare i conti, dovrei raccontarti qualcosa anch’io»
Si sdraiò sulla tovaglia portando le braccia dietro il capo.
«Mia madre è morta una settimana dopo la mia nascita, lasciando me e mio padre da soli. Si è spenta mentre mi teneva in braccio»
Rin si coricò su un fianco, vicino a Len, e lo guardò, in silenzio.
Il biondo si girò, soffermandosi sugli occhi della compagna, così simili ai suoi.
Voleva accarezzarla, ma temeva la sua reazione.
La loro attenzione fu attirata da alcuni scoppi improvvisi, mentre delle luci bagnavano i loro volti.
Delle scie luminose segnavano il cielo, esplodendo in splendidi fiori, schiarendo la notte, per poi scomparire, ingoiati dal buio.
Numerosi fuochi pirotecnici si alzarono in volo, trasformandosi in mille luci dagli sfavillanti colori.
I ragazzi continuarono ad osservare la fioritura di quei boccioli artificiali senza proferir parola, i loro volti colorati da mille sfumature.
Solo le loro mani si mossero, si avvicinarono, attratte l’una dall’altra, ma non si sfiorarono, rimasero vicine, separate da qualcosa di invisibile.
Rimasero immobili, catturati da quelle piccole bellezze, desiderosi di potersi specchiare in quegli occhi così simili.
Così uguali che li univa, rendendoli felici.
Una felicità ancora ignara del futuro.













Scusate per il ritardo...
Non so perché, ma questo capitolo non mi è piaciuto molto, ad esclusione della parte finare dello Yozakura...
Cos'ho sbagliato? *incomincia a sbattere la testa contro il muro*
Ho tagliato un po' la parte in cui compariva Kaito e quella del parco.
Avevo paura che il capitolo uscisse lungo come il precedente...
*sbatte un'altra volta la testa contro il muro*
Siccome non mi ricordo se nello scorso capitolo ho messo i ringraziamenti ( e non mi va di andare a vedere), li ricapitolerò tutti.
*sangue che zampilla dalla testa*
Allora... *si schiarisce la gola* Ringrazio Vocal_Dreamer, Maka Chop, karikeehl, Claud10107 e Nuirene per aver recensito i tre precedenti capitoli, di nuovo Maka Chop e Nuirene, insieme a SabryKagamine, per aver aggiunto la ff tra le preferite ed ancora karikeehl, Maka Chop e Vocal_Dreamer, con FedyTsubasa e Fire_eyes per aver aggiunto la ff tra le seguite.
*inchino*
Grazie per il vostro sostegno.
E con questo capitolo, la "saga dello Yozakura" è finita, alla prossima!
  
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Vocaloid / Vai alla pagina dell'autore: B Rabbit