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Autore: soffsnix    30/10/2012    1 recensioni
Eve Tanner, 17 anni, legge tutto ciò che le capita tra le mani, dal Daily News al più stupido romanzo.
Dakota Blackburn, 17 anni, amante dei capi scuri e mimetici originaria di Memphis e del South Bronx.
Vivian Richmond, 17 anni, ragazza seria ma incredibilmente romantica.
Queste tre migliori amiche sembrano diverse, ma in realtà sono più simili di quanto possano immaginare.
(Dal Capitolo 2)
Dakota sentì l’impulso di allontanarsi subito dalla preside. L’istinto le urlava di alzarsi da quella dannata poltrona, fuggire dallo studio e tornare a casa. La ragione, invece, le consigliava di rimanere ferma e tentare di capire cosa intendeva la Keller per "è tutto vero".
Ma quando mai aveva seguito la ragione?
Genere: Commedia, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Annabeth Chase, Chirone, Nico di Angelo, Nuovo personaggio, Percy Jackson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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2. The Madness of… Holy S—t!!!

 

Era venerdì, e Dakota Blackburn era seduta in modo scomposto sulla sedia del suo banco nell’aula di Tedesco, mentre il professore tentava, invano, di far capire qualcosa ai suoi studenti.

Dakota non prestava ascolto alla spiegazione. Nessun altro lo stava facendo, d’altronde: c’era chi scarabocchiava gli angoli dei quaderni, chi si lanciava pezzi di gomma, chi pianificava il week-end, chi giocava a tris con il vicino di banco.

Sbadigliò, guadagnandosi un’occhiataccia dal professore. Stava per reprimere un secondo sbadiglio, quando sentì la voce della preside chiamarla dagli altoparlanti.

« La signorina Dakota Blackburn è pregata di venire nel mio ufficio » disse la voce composta della preside Keller.

Fantastico, e ora che ho fatto? Pensò Dakota. Era l’ultimo giorno della seconda settimana di scuola, e lei non aveva ancora combinato niente, stranamente. Di solito si lanciava subito in litigi e risse, o rispondeva male ai professori.

Uscì dalla classe con passo sicuro e scese le scale deserte – tutti erano ancora a lezione -  che portavano dall’ala di lingue a quella di arte.  Proseguì lungo il corridoio e bussò alla familiare porta della direzione.

La preside l’autorizzò ad entrare. Ed eccolo lì, quello studio che aveva visto tante volte. Conosceva bene la morbidezza delle poltrone, il profumo Chanel della preside, la scrivania di mogano e le alte pile di fogli e documenti accatastati su di essa.

« Si sieda, Dakota. » la preside le sorrise. Era uno dei suoi soliti sorrisi, uno di quelli finti.

Dakota eseguì.

« Lei ha dei problemi di dislessia e iperattività, e molte volte si è trovata nel bel mezzo di risse, o è stata addirittura lei a provocarle, non è vero?. » La Keller si sedette, le mani incrociate sulla scrivania e una strana luce negli occhi.

Dakota annuì. Ovviamente, la preside conosceva i suoi problemi.

« Allora è tutto vero. » la preside sorrise di nuovo, questa volta in modo crudele.

Dakota sentì l’impulso di allontanarsi subito dalla preside. L’istinto le urlava di alzarsi da quella dannata poltrona, fuggire dallo studio e tornare a casa. La ragione, invece, le consigliava di rimanere ferma e tentare di capire cosa intendeva la Keller per "è tutto vero".

Ma quando mai aveva seguito la ragione?

Scattò in piedi, la borsa già sulle spalle, e indietreggiò verso la porta.

Stava per abbassare la maniglia, quando i denti bianchi e perfetti della Keller divennero appuntiti, i suoi capelli raccolti in un ordinato chignon si trasformarono in una criniera, il volto fine divenne un muso da leone. Il tailleur blu che fasciava il corpo si strappò, rivelando il corpo di una capra. Dakota scorse anche una coda di serpente ondeggiante alle spalle della preside.

Come può essere possibile?, si ripeteva Dakota. Eppure, ci credeva. Sapeva, nel profondo, di non star immaginando niente.

All’improvviso la porta si aprì violentemente e ne emerse Percy con una spada in mano. Il ragazzo ne lanciò una anche a Dakota, che l’afferrò e buttò la borsa a terra.

Intanto, la preside-mostro ringhiava, scuotendo la criniera. Percy si buttò su di lei e cercò di ferirla molte volte, senza successo. La Keller, allora, fece scattare la coda vicino a Percy, che per difendersi fu sbalzato all’indietro e cadde sulla schiena. Era il momento di Dakota. La ragazza impugnò meglio la spada, che sembrava essere perfetta per lei, e si avanzò verso la preside. Saltava, tentava di colpire il mostro, lo distraeva. Manteneva il controllo del corpo e della mente, sapeva perfettamente cosa fare. Le sembrava che la fine del mondo dipendesse dall’esito dello scontro. Percy andò in aiuto a Dakota e tagliò la criniera del mostro per distrarlo. Quello ringhiò forte e si avvicinò a Percy; Dakota ne approfittò per saltare e infilzare la spada nella schiena del mostro. Questo si dissolse, lasciando una polvere bianca, che ricoprì i ragazzi e la stanza intera.

« Merda » mormorò Dakota, guardando la spada e poi il suo corpo impolverato.

« Già. Terrificante, eh?» convenne Percy, sorridendo lievemente.

« Terrificante? E’ stato una figata! » urlò Dakota, alzando al soffitto la spada.

Percy scoppiò a ridere, evidentemente sollevato, e Dakota si unì a lui subito dopo.

Avevano stretto amicizia molto presto, in quanto avevano molte lezioni insieme. Si sedevano sempre vicini, o insieme ad Aaron, e insieme giocavano a tris di nascosto o scherzavano sulla loro dislessia.

La  campanella suonò, e immediatamente la scuola si riempì delle voci degli studenti che, felici per la fine della settimana, si riversavano in corridoio.

Anche Percy e Dakota uscirono, scrollandosi di dosso la polvere, e vennero travolti da Aaron, che sembrava preoccupato.

«Percy, che cosa… » iniziò, ma l’amico gli mise una mano sulla spalla, come per calmarlo.

« Sta’ tranquillo. Non è successo niente a Dakota. »

Aaron si tranquillizzò. Subito sopraggiunsero Eve e Vivian, che erano appena uscite  dall’aula di Francese.

« Ota, da quanto tempo non ti lavi i capelli? » chiese Eve storcendo  il naso, dopo aver notato la polvere bianca tra i ricci biondi dell’amica.

« Già, cosa ti è successo? » chiese Vivian, preoccupata.

Dakota si scambiò un’occhiata con Percy. «Non è successo niente, tranquilla » disse, cercando di sembrare disinvolta.

« Ehi! » urlò Eve. « Percy, credevo che almeno a te importasse della tua igiene » scherzò, ma poi si fece seria.  « Davvero, ragazzi, voglio sapere cosa è successo, e voglio saperlo ora. »

Aaron guardò Dakota e Percy, poi Vivian e Eve. « Ma se loro dicono che non è successo niente, allora è la ver… »

« ZITTO! » lo interruppe Eve, poi prese per una braccio Percy e Dakota e li trascinò nella palestra vuota. Aaron e Vivian li seguivano, il primo mortificato e l’altra confusa ed esasperata per il comportamento di Eve. 

Questa si fermò al centro della palestra e si girò verso i suoi amici, lasciando la presa sulle loro braccia e battendo un piede a terra con fare impaziente.

Alzò un sopracciglio. « Allora? Io sto aspettando » sbottò, rivolgendosi specialmente alla migliore amica.

«Beh, non chiederlo a me, perché io non so davvero cosa sia successo » rispose acida l’altra, contagiata dal malumore di Eve. Le ragazze guardarono Percy.

« Eve, Vivian, potreste… lasciarci soli per un momento?»

Vivian annuì, comprensiva come sempre, e iniziò a camminare verso la porta della palestra. Eve la seguì, sbuffando e dichiarando di voler sapere tutto in un secondo momento. Quando le due chiusero la porta, Percy iniziò a parlare.

« Dakota, sei dislessica e iperattiva »

« Ma dai, non me n’ero accorta »

« Potresti evitare di interrompermi? E’ già abbastanza difficile doverti dire tutto. Allora, dovevo chiederti se ti è mai capitato di vedere niente di… strano »

Dakota esitò. « Io… sì, ho visto delle cose strane. Per esempio, quando ero nel Bronx, mi ero persa e per tornare a casa ho preso una stradina minuscola. Ho visto un… coso, con un occhio solo, e puzzava da morire, ma credevo di essermi immaginata tutto… »

Percy continuò. «… fino ad ora »

Dakota annuì.

« Questo ti succede perché hai un genitore divino » le spiegò Percy.

Dakota rise e inarcò le sopracciglia. « Vuoi dire che Dio si mette a fare figli, ora? »

« Uno dei tuoi genitori è una divinità greca. » disse serio Percy.

« Ma dai, è una cavolata. Vivo con entrambi i miei genitori, quindi perché dovrei crederci? » lo sfidò Dakota.

« Posso giurarti su qualsiasi cosa che è tutto vero. Io, per esempio, sono figlio di Poseidone. »

Dakota sembrò ancora un po’ scettica, perciò Aaron attirò la sua attenzione e si strappò di dosso i pantaloni.

Dakota si lasciò sfuggire un urlo: non era decisamente pronta a vedere quello. Al posto delle gambe, Aaron aveva delle zampe da capra.

« Quelle… quelle sono… » la voce di Dakota tremava.

« Sì. » disse Aaron. « Io sono un satiro. E’ abbastanza come spiegazione? »

« Accidenti, sì! » sorrise Dakota, ma poi si rabbuiò. « Aspetta, e… chi sarebbe il mio genitore divino? »

Percy sospirò. « Non lo sappiamo. Dovrai aspettare di essere al Campo Mezzosangue. »

« Il Campo Che?! »         

« Un campo per semidei. Ti ci porterò più tardi, ma ora spieghiamo tutto a Eve e Vivian, ok? Non vorrei ritrovarmi senza qualcosa » scherzò Percy, riferendosi alle famose minacce di Eve.

Aaron e Dakota risero e uscirono dalla palestra.

Due ore dopo, i cinque amici erano seduti attorno al tavolo della cucina di Eve – casa sua era vuota, come sempre – con del caffè davanti. Dakota, Aaron e Percy stavano spiegando tutto a Eve e Vivian, impazienti di sapere tutto.

« Quindi, se non sbaglio, dovresti essere figlia di un dio. Se è vero quello che dici, se davvero non assomigli per niente all’uomo che fino ad ora è stato tuo padre ma sei identica a tua madre, allora è così. » concluse Aaron.

« In ogni caso, davvero hai visto un ciclope? » chiese Vivian curiosa: le era sempre piaciuta la mitologia greca, anche se preferiva i classici romantici.

Dakota annuì. Eve sussultò, e subito prese una lunga sorsata di caffè. Nessuno sembrava essersi accorto della sua reazione; almeno, nessuno tranne Percy, che le lanciò un’occhiata preoccupata. Percy le chiese di parlarle in privato (« Ma cosa avete, oggi, con queste conversazioni private? » scherzò Vivian).

I due si spostarono in corridoio. Eve si appoggiò al muro, guardando la perfetta riproduzione de “La libertà guida il popolo” appesa di fronte a lei. Percy sospirò: sembrava determinata a guardare qualunque cosa che non fosse lui.

« Eve? Che ti è successo, prima? » le chiese subito, senza girarci intorno. Le era sembrata molto strana, prima, quando Vivian aveva pronunciato la parola ciclope.

« Niente, davvero. E’ solo che mi sembra un po’ strano, sai, che la mia migliore amica sia coinvolta in qualcosa del genere. » cercò di sembrare più convincente possibile, ma la voce le venne a mancare sull’ultima sillaba.

Percy tentò di consolarla. Sicuramente, Eve era preoccupata per la sua amica, ma quella non era l’unica cosa che la turbava.

« Non le succederà niente. Sul serio, al Campo ci alleniamo per non essere impreparati durante eventuali attacchi »

Eve sorrise lievemente. « Sei davvero bravo a consolare » disse sarcasticamente.

Anche Percy sorrise. Non si dissero più niente per qualche secondo. Percy aspettava che Eve prendesse l’iniziativa e si confessasse con lui, mentre Eve desiderava che fosse Percy a chiederle cosa la turbasse.

Ad un certo punto, Eve non ce la fece più.

« Dannazione! Non riesco a capire perché riesco anch’io a vedere quelle cose, ma non sono come voi. »

« Intendi dire che… anche tu vedi i mostri? Le Furie, e quelle cose? » sussurrò Percy.

Eve annuì.

« Non c’è niente di anormale. Insomma, ok, forse è un po’ strano, però ci sono tantissime persone come te. Come mia madre, o la madre di Dakota, che vedono attraverso la foschia. »

Eve lo guardò interrogativa. « La foschia? »

« E’ qualcosa che impedisce alla gente di vedere i mostri, o le creature mitologiche. Quello che hai è un dono. Significa che sei capace di riconoscere la realtà.Anche una mia amica di nome Rachel ne è capace. »

« E ora che fine ha fatto questa Rachel? »

« Beh… ora ospita lo spirito di Delfi. Sai, quello delle profezie. »

Gli occhi di Eve si riempirono di lacrime.

Oook. Forse non avrebbe dovuto dirglielo. Percy l’abbracciò un po’ goffamente e Eve ricambiò, stringendolo forte.

« Non tutti finiscono come Rachel, sai? Anzi, la sua era un’eccezione. » tentò di rassicurarla Percy.

« Non importa. I non voglio averci niente a che fare. Questa storia sta minando la mia sanità mentale. Come farò ad entrare alla Columbia se tutto ciò a cui riesco a pensare sono mostri con mezzo corpo da leone? »

Percy sorrise, sollevato: eccola, la solita Eve che tentava di sdrammatizzare.

La porta della cucina si aprì. Percy e Eve si separarono e quest’ultima si asciugò bene gli occhi con la manica della maglia. Dakota si appoggiò allo stipite con un sopracciglio alzato.

« Avete finito, voi due?»

Eve le fece la linguaccia e tornò in cucina, seguita dal sorridente Percy e da Dakota.

 

**********

Secondo capitolo! Innanzitutto, vorrei ringraziare Eris_99 per aver recensito e messo tra le seguite la mia ff e tutti coloro che hanno letto il primo capitolo (ben 38 visite! Non me lo sarei mai aspettato!).

Sto anche iniziando a scrivere una ff su Hunger Games, anche se è incentrata su dei personaggi inventati da moi. In ogni caso, non credo che la caricherò subito, visto che sto ancora definendo per bene la trama.  

Il prossimo capitolo di "Madness" arriverà... beh, quando sarà pronto!

Au revoir,

Sofi

  
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