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Autore: Selis    31/10/2012    7 recensioni
« L-la ragazza è stata di vostro gradimento p-padrone? » Sussurrò l'esserino una volta finito di ripulire ogni singola macchia dal gelido pavimento.
« Era abbastanza buona, al contrario delle sue prestazioni. La prossima volta portami un ragazzo. » Ordinò ghignando.
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Genere: Angst, Drammatico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti
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Premessa:

Questa storia è stata scritta per il contest di Halloween del sito: http://oc-yaoi.forumcommunity.net/?t=52647572

E' una storia un po' strana, parla di un demone, un servitore ed un ragazzino.

Ci sono contenuto delicati, parlo in modo poco carino della chiesa e di ciò che essa rappresenta, ma con questa FF non voglio offendere nessuno.

È a tematica omosessuale, ed è sovrannaturale.

Spero vi piaccia!

 

 

 

 

– Pioggia rosso sangue –

 

 

 

Pioveva a dirotto quella notte; pesanti nuvole di pioggia ricoprivano il cielo, nascondendo la pallida luce lunare che era solita rischiarare quelle notti tutte uguali. L'acqua si abbatteva violenta contro il debole tetto della chiesa, e il vento soffiava impetuoso contro le finestre facendole scricchiolare ad ogni folata; numerose gocce di pioggia superarono le poche superstiti mattonelle, bagnando il pavimento sudicio. In ogni angolo si potevano scorgere pezzi di intonaco che si staccavano dalle pareti ammuffite, finendo sulla poca mobilia presente; affreschi antichi di secoli rovinati dall'usura e dalla povertà del posto, guardavano la loro fine giorno dopo giorno, impotenti davanti a quella desolazione. La piccola chiesa in cima alla collina stava cadendo letteralmente a pezzi, ma a nessuno pareva importare; qualcosa che non riusciva a contenere da sola la furia degli elementi non era degna di considerazione. Solo chi sopravviveva con le proprie forze era degno dell'attenzione altrui, che fosse una persona o un oggetto non aveva importanza.

Ma c'era qualcos'altro oltre alla pioggia che scorreva quella notte; era altrettanto liquido, ma questo aveva una consistenza diversa, più vischiosa e densa rispetto alla semplice acqua. Liquido all'apparenza scuro ma di un rosso vivo, usciva da una ferita inferta con precisione da una figura in ombra, che non si lasciava sfuggire nemmeno una goccia di quella prelibatezza scarlatta. La creatura si lecco le labbra, non badando alle zanne che erano cresciute ai lati della bocca, raccogliendo le ultime gocce del suo succulento pasto. Guardò poi più in basso, dove la silhouette di una ragazza giaceva immobile sotto di lui; i lunghi capelli scuri facevano a pugni con il colorito cadaverico della sua pelle, che stava pian piano sfumando verso il grigio cenere. Proprio lo stesso colore di quello che sarebbe diventata a breve, cenere.

Spostò il corpo della ragazza ormai morta di lato, senza preoccuparsi di non sporcare o meno il freddo pavimento di pietra; più tardi ci avrebbe pensato quell'inetto del suo servitore a ripulire il tutto, immaginava fosse nascosto da qualche parte all'esterno della chiesa. Non rimaneva mai al suo interno quando lui consumava i suoi pasti, probabilmente per paura di diventare anch'egli parte della cena; povero stolto, se avesse voluto ucciderlo lo avrebbe fatto molto tempo addietro, e sicuramente non per sfamarsi. Prediligeva i giovani ragazzi vergini, un vecchio come lui, per di più rozzo e puzzolente gli avrebbe fatto passare irrimediabilmente la fame. Guardò per l'ultima volta il corpo della giovane che iniziava sgretolarsi a vista d'occhio; sorridendo malignamente a quella vista.

« Amyas vieni a pulire. » Ordinò poi; vedendo pochi attimi dopo il piccolo ometto attraversare la grande porta di legno e avvicinarsi quasi di corsa a dove si trovava lui.

L'essere lo sentì sussultare alla vista del corpo della ragazza, e se ne compiacque; per quanto quella scena si ripetesse da ormai molte lune e in modo abbastanza monotona, quell'insulso essere inferiore non si era ancora abituato alla vista dei corpi delle sue vittime ormai prive di vita. Tutti i giorni lo vedeva sussultare di disgusto e paura, prima di mettersi a pulire come gli era stato ordinato di fare, nel più assoluto silenzio: per poi scomparire dalla stessa porta della chiesa da cui era entrato, con la promessa inespressa di rivedersi il giorno seguente.

Quella notte non sembrava diversa dalle precedenti; Bessyryn vide l'ometto chinarsi a raccogliere il cadavere senza proferir parola, spostandolo di lato con riguardo nonostante ormai non potesse più sentir dolore, e rise della sua inutile premura, facendo rabbrividire l'altro.

« L-la ragazza è stata di vostro gradimento p-padrone? » Sussurrò l'esserino una volta finito di ripulire ogni singola macchia dal gelido pavimento.

« Era abbastanza buona, al contrario delle sue prestazioni. La prossima volta portami un ragazzo. » Ordinò ghignando.

« E' difficile trovare ragazzi ancora vergini con i tempi che corrono, nonostante il nostro sia un villaggio lontano dalle grandi città i giovani crescono sempre più in fretta. » Rispose l'ometto tremando.

« Non mi interessa cosa tu debba fare per trovarli, fallo e basta. O preferiresti essere te il prossimo? » Replicò gelido, facendo tremare ancora di più l'altro dal terrore.

« No padrone. Come desiderate. » Rispose infine a fatica.

 

*****

 

Bessyryn si appoggiò allo stipite della porta, guardando la schiena di Amyas allontanarsi sempre di più sotto la pioggia battente, fino a scomparire nell'oscurità della notte e sbuffò; nell'ultimo periodo gli capitava spesso di minacciare il suo servitore per la sua insubordinazione. Era vero che con l'andare delle stagioni i giovani crescevano sempre di più, abbandonando prematuramente l'infanzia; ma non in tutti i posti era così. Molti paesi confinanti a loro e più distanti dalle città, restavano indietro con i tempi: prigionieri delle loro primitive tradizioni.

Lui aveva scelto quel posto quasi desolato proprio per quel motivo; come demone poteva cibarsi di qualsiasi cosa, ma lui preferiva i piccoli boccioli vergini. Quelle piccole anime candide che non avevano ancora provato il piacere della prima volta, così ingenue e delicate da credere nell'amore eterno, e che urlavano in quel modo assolutamente delizioso una volta capito cose le aspetta. Le assaporava ogni volta con immensa gioia, ingordo e mai sazio del loro terrore; erano le uniche a procurargli un piacere tale da saziare almeno in parte la sua fame. Aveva provato anche diversi esseri umani non puri, ma il loro sapore oltre ad essere disgustoso, non lo saziava minimamente.

Alzò lo sguardo al cielo, guardando male le nuvole scure che non sembravano avere la minima intenzione di smettere di innaffiare quelle terre quasi desolate. Il paesaggio sembrava morto sotto la violenza degli elementi; non una luce illuminava quel luogo, nemmeno quella delle casette poco più a valle. Gli abitanti parevano essere caduti nel mondo di Morfeo già da parecchie ore, al riparo dalla pioggia nei loro letti di paglia, al calduccio sotto le coperte ed ignari del vero pericolo che abitava in quelle terre.

Bessyryn si lasciò scappare una risata mentre rientrava nella chiesa: quegli sciocchi esseri umani credevano davvero che il loro signore li proteggesse dal male senza ricevere nulla in cambio. Poveri ingenui. Non avevano ancora capito che il loro “Dio” era il più crudele dei demoni, in quanto esso decideva per la sorte di tutte le loro anime. Ogni essere umano sognava di finire in paradiso una volta morto; cercavano la purezza interiore più di ogni altra cosa, nella speranza di essere accettati dal loro signore nelle terre celesti. Ma l'ultima e più importate scelta, il potere di salvare o meno un'anima spettava solo a lui.

I demoni come lui non promettevano nulla di idilliaco, loro assicuravano dolore e morte alla vittima designata; portandola all'estasi e assaporandone l'essenza.

Se il loro “Dio” li proteggeva come credevano, lui probabilmente non avrebbe potuto mettere nemmeno un piede in quella chiesa abbandonata e molti dei suoi pasti camminerebbero ancora per quelle terre.

Con l'avanzare delle epoche erano davvero pochi i veri “fedeli”, quelli che pregavano indistintamente dal proprio bisogno; la vera fede era scomparsa, permettendo a lui ed a altri signori dell'oscurità di dominare incontrastati.

Attraversò la navata centrale a grandi passi, scavalcando senza difficoltà alcune assi di legno che ostruivano il passaggio, per poi dirigersi verso una porta laterale nascosta appena da un arazzo ammuffito e logorato dal tempo; salì le poche scale presenti, facendo attenzione a saltare i gradini mancanti, ritrovandosi poi in un'ampia camera circolare. Era era in condizioni migliori rispetto al resto della costruzione, i quanto costituiva la camera privata del demone. I freddi pavimenti di pietra erano ricoperti da soffici tappeti orientali, e al centro della stanza, proprio a ridosso della parete, stava un enorme letto a baldacchino con pesati coltri della più costosa e pregiata seta nera. Proprio davanti al letto era posizionato un grande specchio demoniaco di pregiata rifinitura; piccole pietre rosse decoravano la cornice del vetro, alternate a teschi di varie dimensioni; Bessyryn si avvicinò allo specchio, ammirando la sua immagine riflessa. Amava passare delle ore davanti a quella superficie riflettente, ammirando la sua bellezza nonostante quel misero corpo da mortale; avrebbe potuto passare giorni a rimirarsi senza stancarsi mai. Sui primitivi specchi di quel mondo non gli era permesso, in quanto non riuscivano a riflettere la sua essenza; per questo aveva ordinato al suo servitore di far sparire ogni singolo specchio presente in quella piccola chiesa, compresi i frammenti dei vetri rotti delle finestre. Non li sopportava.

Scostò le tende del baldacchino e si sdraiò sul letto, chiudendo gli occhi e sciogliendo l'illusione umana che era costretto ad assumere di giorno; i capelli si allungarono di parecchi centimetri perdendo quella colorazione biondo-slavato che odiava, diventando di neri e lucenti. La pelle pallida si scurì di parecchi toni, e gli occhi sfumarono dal nero al rosso sangue; dalle tempie crebbero piccole corna ricurve e le orecchie di allungarono, diventando leggermente appuntite e ricoperte di piccoli cerchietti di uno strano materiale luccicante. Dovette girarsi di schiena per permettere alle sue ampie ali membranose di aprirsi completamente, e alla lunga coda del medesimo colore delle tenebre, di assaporare l'aria circostante.

Sospirò frustrato, affondando la faccia nel cuscino: era andato sulla terra per sfuggire a quel sadico di Rantràss, e alle sue lunghe manacce. Doveva ammettere di trovarsi abbastanza bene nel posto che si era scelto, ma gli mancavano gli agi di casa sua, sopratutto la sua enorme vasca in pietra nera. Aveva creato un bagno simile in quella minuscola stanza, ma non era minimamente paragonabile all'originale.

Si alzò di scatto dal letto, prendendo la prima cosa che trovò a portata di mano, per poi lanciarla contro il muro con forza, sentendola frantumarsi in mille pezzi. Si diresse poi verso il bagno, spalancando la porta ed azionando il meccanismo per far scendere l'acqua; si avventò sui suoi vestiti e aspetto pochi minuti finché la vasca non fosse completamente piena, per poi immergersi completamente fino al naso.

Stette in quella posizione per parecchio tempo, tanto che l'acqua della vasca iniziò a raffreddarsi; allora iniziò a lavarsi, partendo dai lunghi capelli neri ed arrivando infine alla coda, che strofinò per bene.

Dovevano essere passate diverse ore quando uscì dall'acqua ormai fredda, visto che la notte aveva iniziato a sbiadire per lasciare il posto al giorno; aveva anche smesso di piovere, cosa che migliorò notevolmente il suo umore.

Si sdraiò sul letto per la seconda volta, questa volta con solo un misero telo a coprirgli la nudità, e rimase a fissare gli intarsi del legno finché la luce del giorno si fece strada nell'oscurità della notte.

 

*****

 

Si alzò molte ore dopo; il vento soffiava impetuoso fuori dalla torre, ma non aveva ripreso a piovere. Alcuni uccellini coraggiosi cavalcavano le correnti, cinguettando felici, seguendo le strofe di una canzone in lontananza.

 

There was once an old lady who walked into the house.

That house was strange, homeless do windows.

The lady of the house looked very strange.

When the night was raining that house bathed.

That house was strange, homeless do windows.

On the night of the dead that house came alive......*

 

Non aveva mai sentito quella canzone prima di allora, era strana, lugubre e malinconica allo stesso tempo. Bessyryn si affacciò alla finestra, guardando più in basso verso il cimitero, dove scorse una piccola figura accovacciata vicino ad una lapide. Si vestì con calma dopo aver ripreso la sua forma umana, e scese le scale senza fretta; doveva rimanere nel ruolo se voleva avvicinare quello che probabilmente sarebbe diventato il suo spuntino. Attraversò la navata centrale ed aprì la pesante porta di legno, dirigendosi poi verso il piccolo cimitero che si trovava li affianco; quando fu a pochi passi dalla sua preda essa si accorse di lui, girando appena la testa.

« Buon giorno, anche lei è qui per visitare i defunti? » Domandò il ragazzino senza voltarsi.

« N- si, sono qui per lo stesso motivo. » Rispose Bessyryn.

« Non ho potuto fare a meno di sentire la tua canzone, è molto bella. » Continuò il demone.

« Non l'ha mai sentita signore? Eppure viene cantata ogni anno sotto questa ricorrenza. » Si stupì il bambino.

« Sono nuovo di qui, e dalle mie parti non l'ho mai sentita. Di che ricorrenza di tratta? » Chiese curioso, osservando con attenzione l'esserino davanti a lui.

« La commemorazione dei defunti signore, ogni anno sotto questo periodo cade questa ricorrenza. Molta gente va a visitare i luoghi dove sono seppelliti i loro cari, e porta dei doni; è un modo per rassicurare i defunti del fatto che non sono stati dimenticati dai loro cari dopo la morte. » Spiegò il bambino.

« Dei doni? Di che tipo? »

« Di solito dolci, ma ai bambini vengono portati anche dei giocattoli. »

« Che usanza particolare.. » “ Questi umani sono davvero strani.” Pensò il demone.

« Dalle sue parti non è praticata questa usanza? » Domandò il bambino.

« No, gli abitanti del mio mon- paese non la praticano. »

« Capisco... »

« E tu perché sei qui? Conosci qualcuno in questo posto? » Chiese Bessyryn, spostandosi per affiancare il ragazzino.

« Si... La nonna risposa qui. »

« Quindi se è come dici, lei sarà felice di percepire la tua presenza. » Continuò il demone dandosi poi dell'idiota; cosa stava facendo?

« Spero di si. Le volevo molto bene. » Sussurrò ad occhi bassi il ragazzino, per poi rialzarli di scatto non appena le campane arrugginite della chiesa iniziarono a suonare.

Bessyry sgranò gli occhi non appena lo vide in faccia ed incrociò quelle iridi bianche, quel moccioso era cieco. Una profonda cicatrice si estendeva per tutta la guancia sinistra, arrivando fino ad uno degli occhi sorpassandolo senza pietà, e continuando la sua strada fino all'attaccatura dei corti capelli rossicci. Era piccolo e gracile, e non possedeva nulla che alla prima occhiata si potesse definire “bello”; eppure il demone ne restò incantato.

« Mi spiace signore ma ora devo andare, se tardo verrò punito. Arrivederci. » Continuò il ragazzino, tastando con le mani la terra circostante alla ricerca del bastone, che trovò poco dopo proprio affianco a lui.

« Tornerai? » Chiese d'impulso, pentendosene subito dopo. Cosa diavolo stava dicendo? Doveva divorarlo subito, non lasciarlo andare! Quel moccioso lo incuriosiva, ma questo non avrebbe cambiato il suo destino.

« Sicuramente. » Rispose il rosso sorridendo, lasciando spiazzato il demone che non riuscì a fermarlo quando lo vide dargli la schiena ed allontanarsi.

 

*******

 

Dopo l'incontro di quella mattina, la giornata trascorse piatta e monotona come sempre; quel pomeriggio aveva anche ricominciato a scendere una pioggerellina leggera e fastidiosa, che incupì ancora di più il demone, rendendolo se possibile ancora più irascibile e pericoloso del solito. A pagare le conseguenze del suo malumore, quella sera, fu la sua cena: un ragazzo sui sedici anni, dai corti capelli biondi e dagli occhi azzurri, che si dimenò impaurito sotto le sue cure per tutto il tempo, urlando terrorizzato ed implorando pietà, per poi crollare come un pupazzo senza vita una volta terminato l'amplesso.

 

Amyas rabbrividì più del solito quella sera, vedendo il corpo morto del ragazzo; era la prima volta che il suo padrone riduceva in quel modo una delle sue vittime, di solito si limitava a stuprarle ed a risucchiare loro la vita, mentre questa volta il ragazzo aveva fatto una pessima fine. La gola squarciata in modo macabro e le costole che sporgevano dal torace erano nulla in confronto all'espressione devastata del ragazzo; gli occhi vacui, quasi fuori dalle orbite ed un profondo taglio che gli divideva a metà la guancia sinistra.

L'ometto lanciò un'occhiata preoccupata al suo signore, indeciso se chiedere o meno il motivo di quel malumore; aveva il terrore che se solo avesse aperto bocca il demone gli avrebbe fatto fare la stessa fine del ragazzo. Sapeva di non essere indispensabile, nonostante gli portasse ogni sera un fanciullo come cena; era un demone infondo, e lui solo un misero essere umano.

Alla fine tentò comunque la sorte, chiedendo al demone se era a causa del fanciullo il motivo per cui era così di malumore, ma ricevette in cambio solo un ringhio che gli fece accapponare la pelle. Passarono parecchi minuti prima che Bessyryn rompesse il silenzio che si era creato.

« Nel paese qui a valle c'è per caso un ragazzino cieco? »

« S-si padrone, si chiama Merv. È il figlio bastardo del macellaio. Per quale motivo lo vuole sapere, se posso chiedere? » Rispose Amyas.

« Non sono affari che ti riguardano. » Ringhiò il demone.

« Certamente padrone. » Disse inchinandosi, per poi congedarsi e scomparire come la sera prima nell'oscurità.

 

La sera seguente la scena si ripeté in modo ancora più violento; questa volta la sorte toccò ad una ragazzina di appena tredici anni. Il demone la violò con violenza, ignorando le sue urla di dolore; ella provò anche a liberarsi, tentando di graffiare il demone con le piccole unghie, ricevendo in cambio un manrovescio.

Amyas la vide accasciarsi a terra senza forze, iniziando a singhiozzare; inerme sotto quella violenza gratuita, ed una volta che il demone ebbe finito lui andò a compiere il suo dovere senza proferire parola. Fu il diavolo a rompere il silenzio che si era creato dopo i singhiozzi della ragazzina, ponendo una domanda al servitore.

« Domani portami il ragazzino cieco. » Disse glaciale il diavolo, per poi dare le spalle al servitore e salire le scale per raggiungere la sua stanza in cima alle scale.

« Come desiderate. »

 

Bessyryn sbatté la gracile porta di legno alle sue spalle, facendo cigolare i cardini e tremare le pareti; quel piccolo moccioso non si era più fatto vedere dopo quel giorno, si era lasciato abbindolare come un principiante da quel sorriso candido e sicuramente falso. Avrebbe dovuto divorarlo seduta stante, senza nemmeno rivolgergli la parola! Non avrebbe più commesso un errore simile. Il giorno seguente, quando quell'inutile del suo servitore gli avrebbe portato quello scarto di marmocchio l'avrebbe fatta finita definitivamente, uccidendoli entrambi. Poi si sarebbe spostato altrove: di prede di suo gusto era certamente pieno il mondo, e lui si era stufato di quel posto sperduto e monotono. Sarebbe andato in una di quelle grandi città, dove l'alcol e le droghe scorrevano a fiumi. Avrebbe fatto la bella vita, tra sangue e sesso; immerso negli agi.

Quella notte la passò guardando il cielo seduto sulla finestra di pietra, senza muoversi, senza battere ciglio. Rimase li, immobile come una statua nella sua forma originale, scrutando il piccolo paese in lontananza.

La beffa del moccioso gli bruciava, anche se il suo orgoglio gli impediva di ammetterlo; glie l'avrebbe fatta pagare. Avrebbe pagato con la vita.

 

****

 

« Che cosa hai detto??? » Urlò il demone, colpendo Amyas con un manrovescio che lo fece finire a terra, tra la polvere.

Il servitore ci mise un po' a rispondere, quel colpo gli aveva quasi fatto perdere i sensi, e il padrone era davvero infuriato a quella notizia.

« I-il... il ragazzino è morto mio signore, la lavandaia ha detto che il padre due notti fa lo ha punito duramente per il ritardo, con il bastone. Il ragazzino è finito a terra e non ha più riaperto gli occhi. Il padre afferma di non essere stato lui, ma tutti hanno sentito le urla. » Rispose tremante per l'ennesima volta.

« Perché non me lo hai detto? » Ringhiò ancora il demone.

« N-non pensavo che vi interessasse padrone. Non succederà più, chiedo umilmente perdono. »

« Non ci sarà una seconda volta. » Sibilò Bessyryn addentando la gola dell'umano, strappandogli la carotide con un morso.

Amyas provò ad urlare, tenendosi la gola con la mano, ma senza riuscirci; guardò il demone con occhi sgranati, chiedendo mutamente aiuto. Ma quello non arrivò mai; il demone gli diede le spalle, allontanandosi da quel quasi-cadavere per poi uscire dalla chiesa, e dirigersi in tutta fretta al paese del ragazzo, iniziando a trasformarsi.

Non appena gli abitanti del paese lo videro arrivare iniziarono ad urlare terrorizzati, cercando di fuggire in tutte le direzioni per mettersi in salvo. “ Il diavolo è arrivato, il diavolo è tra noi!” urlavano alcuni, mentre altri si inginocchiavano per terra invocando l'aiuto del solo Dio “ Che il signore abbia pietà delle nostre anime”. Ma nessun dio li salvò dalla furia del demone. Nessuno venne in loro soccorso mentre Bessyryn li sventrava e decapitava senza pietà, e nemmeno quando il sangue dei più giovani macchiò quelle terre prematuramente, rendendole maledette.

Accecato dalla sua follia omicida, il demone non si accorse di una vocetta famigliare proveniente da dietro di lui, non sentì nemmeno i deboli strattoni che il bambino provò a dargli nel tentativo di farlo tornare in sé; la sua coda si mosse fulminea, trafiggendo quel piccolo corpo da parte a parte senza la minima esitazione. Solo quando sentì un peso sulla coda Bessyryn si decise a voltarsi, rimanendo pietrificato nel riconoscere il piccolo corpo grondante di sangue.

« Impossibile, te dovresti essere morto! » Urlò più a se stesso che al cadavere del bambino.

« Infatti ora lo è sicuramente. Uno spettacolo davvero imbarazzate Bes, mi aspettavo qualcosa di diverso da te. Certamente non una patetica imitazione di un incubo**. » Gli rispose una voce poco distante da lui, che gli fece gelare il sangue nelle vene. Alla fine lo aveva trovato.

« Che ci fai qui Rantràss, non mi dire che questa è opera tua! » Ringhiò il moro, fissando con odio il nuovo arrivato.

« Hai fatto tutto tu, io mi sono limitato ad osservare. Una scena davvero patetica per uno dei principi di Sayoir'sh, chissà come la penserebbe tuo padre se sapesse... » Ghignò Rantràss, sfoggiando una fila di denti affilati ed assottigliando gli occhi chiari.

Bessyryn ringhiò una seconda volta, muovendo nervosamente la coda, liberando così con uno strattone il corpo del ragazzino che volò poco distante da loro.

« Non mettere in mezzo mio padre. »

« Sono certo che sarà molto interessato delle tue ultime avventure, soprattutto quello che è accaduto poco fa. Non penso la prenderà bene... » Sghignazzò.

Il moro fulminò l'altro, che rideva senza ritegno dalla sua espressione furiosa, senza però provare ad attaccarlo; poteva sembrare un idiota, ma Bessyryn sapeva benissimo che sotto la maglia nera dell'altro si nascondevano una massa di muscoli spaventosa, ed una forza di molto superiore alla sua.

« Basta giocare ora. Mi pare tu ti sia divertito a sufficienza. Andiamo a casa, gli altri ci aspettano. » Disse il rosso tornando serio.

« Non ho alcuna intenzione di tornare! » Urlò il moro sulla difensiva.

« Non fare scenate inutili. Lo sai benissimo che a breve ci sarà la nostra unione, non potrai sottrarti. I nostri popoli ne hanno bisogno. » Continuò l'altro avvicinandosi di qualche passo, facendo così arretrare il moro.

« Non mi interessa minimamente dei nostri popoli! Che brucino tutti! »

Rantràss ringhiò nervoso, muovendo nervosamente la coda dietro di se e fissando il suo interlocutore con crescente rabbia.

« Smettila di fare i capricci. Sei stato destinato come mio compagno, e come tale ti comporterai di conseguenza. »

« E se io non volessi. » Chiese Bessyryn con sfida.

« Ti costringerei. » Rispose Ratràss da dietro di lui, bloccando ogni suo movimento. « E sai che ne sono capace. » Gli soffiò direttamente nell'orecchio, per poi coinvolgerlo in un bacio umido.

Il moro mugugnò contrario sotto quell'assalto, per poi sciogliersi come neve al sole sotto i tocchi esperti del rosso. Quel bastardo conosceva tutti i suoi punti deboli.

« Sei uno sporco bastardo. » Sibilò mollemente.

« Ti ringrazio tesoro, detto da te è un gran complimento. » Rispose Rantràss sogghignando. « Sei pronto ad andare ora, mio principessino? »

« Chiamami un'altra volta in quel modo e ti esilio le palle. » Ringhiò Bessyryn.

« Ahahah, che paura... forza andiamo a casa. »

« Si... andiamo a casa. » Accordò il moro, per poi scomparire assieme all'altro, lasciando i corpi degli abitanti in pasto agli animali selvatici.

 

 

 

******

 

 

L'amplesso aveva stancato entrambi, rendendoli assonnati; Bessyryn era comodamente appoggiato al rosso, immerso in quella beatitudine post orgasmica che si manifestava sempre alla fine delle loro lotte notturne. I loro incontri sotto le lenzuola erano sempre violenti; tutti e due lottavano per avere la supremazia sull'altro, ma ogni volta era Rantràss ad uscirne vincitore, sottomettendolo al suo volere.

« Davvero te non centri nulla con quello che è accaduto sulla terra? » Chiese, sentendo l'altro irrigidirsi sotto di lui.

« Ci stai ancora pensando? » Sbuffò il rosso senza una particolare intonazione.

« Non posso fare a meno di pensare a quello che è successo, c'è qualcosa che non mi torna. » Continuò.

« Potrei aver manipolato per un po' quell'inetto del tuo servitore. » Rispose Rantràss indifferente.

Bessyryn si alzò di scatto, fulminando l'altro con lo sguardo e tirandogli un pugno sullo stomaco.

« Bastardo! Lo sapevo che c'era il tuo zampino! Non lo avevo nemmeno assaggiato! Io me ne vado. » Ringhiò, cercando di uscire dal letto, venendo però bloccato dall'altro che gli si sedette proprio sul bacino, immobilizzandolo completamente.

« Oh.... tu non vai proprio da nessuna parte, tesoro. Io non ho ancora finito con te. » Sogghignò il rosso riprendendo da dove si erano interrotti.

 

 

 

 

FINE :D

 

 

 

L'angolo di Sèlìs:

 

Wow, e anche questa è finita. Questa è la mia prima FF sovrannaturale.. Spero sia decente! ahahaha

Spero vi sia piaciuto... E spero anche di non essere caduta nel banale...?

Fatemi sapere!!! Da parte mia è stato divertente ed estenuante... Spero di non aver fatto troppi errori! =___=
Questa è la mia pagina di Faccialibro x°D ( se a qualcuno interessa...) http://www.facebook.com/pages/Sel%C3%ACs-T%C3%A0l%C3%AC/202885706510789

 

* Traduzione:

C'era un tempo una vecchia signora che camminava nella casa.

Quella casa era strana, senza tetto ne finestre.

La signora si affacciava dalla casa molto strana.

Quando la notte pio-oveva quella casa non si bagnava.

Quella casa era strana, senza tetto ne finestre.

Nella notte dei morti quella casa si animava......

 

( Questa sottospecie di canzoncina l'ho scritta di testa mia, è uno schifo e non vuol dire molto.. Ma mi serviva! XD )

 

** Per chi non lo sapesse: L'incubo è un demone che sottrae energia dalla donna con cui giace per trarne nutrimento, e nella maggior parte dei casi uccide la sua vittima o la lascia in pessime condizioni di salute.
Una versione femminile di questo demone è chiamatsuccubo.

Se vi va di votare! http://oc-yaoi.forumcommunity.net/?t=52962459#lastpost
   
 
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