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Autore: girlsgowild8    01/11/2012    10 recensioni
Sonny Payne è la sorella di una wedding planet sempre indaffarata a cui dà spesso una mano per organizzare matrimoni. Durante il loro lavoro si imbattono in una coppia diciannovenne: Perrie Edwards e Zayn Malik. Quest’ultimo e Sonny stringono un forte legame a cui dovranno prestare molta attenzione affinché non diventi qualcosa di più.
*Gli One Direction NON sono famosi*
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“Sì, certo. Ho visto come ti guardava, Sonny. È cotto, di più! È innamorato pazzo … rischi di rovinare un matrimonio, ti avverto”
“Io non voglio rovinare un bel niente” sbottai irritata “Io non sono una rovina-matrimoni! Non credo lui provi le stesse cose che io provo per lui”
“Ma ti senti quando parli o hai dei tappi alle orecchie?” mi canzonò “Mi hai spiegato cosa ti ha detto. È stato romantico, dolce, sensibile … accidenti. Siete perfetti” sospirò ancora più divertito.
#Tratto dal 10° capitolo
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti, Zayn Malik
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Foto da bruciare.

 

 
 

 Il mio piano per smascherare Harry era in atto.
Io e Dafne eravamo nel suo furgone verde militare, con un binocolo, pronte ad osservare ogni suo movimento.
Secondo le parole della mia amica, sarebbe arrivato da un momento all’altro.
Ci trovavamo precisamente in un parcheggio, non molto affollato, non lo era mai stato. A illuminare la strada c’erano delle lampade sui marciapiedi che distavano qualche metro l’una dalle altre, davano abbastanza luce, ma da dove ci trovavamo noi non si vedeva molto.
Il binocolo serviva per vedere cosa avrebbe combinato Harry con la sua… amante. Che cosa squallida.
Dafne li aveva visti già due volte, alle otto e mezza di sera, in quel parcheggio, nella Ranger Rover di Harry. Li aveva visti mentre si baciavano, poi lei era scesa e lui era andato via.
La ragazza doveva abitare nel vicinato, quindi Harry la riaccompagnava a casa…
Tutte quelle volte che mi diceva di uscire con i suoi amici, tutte quelle volte che mi diceva di essere a casa a studiare, tutte quelle volte che diceva di amarmi, non mi fidavo più! Non mi sarei mai più fidata!
Strinsi gli occhi per non piangere e concentrarmi solo sul mio piano.
 “Io non capisco” bofonchiai mentre Dafne faceva la stupida con il binocolo nero. “Insomma, non gli andavo bene? Non gli bastavo? Non era felice con me?” chiesi più a me stessa che alla mia compagna di spionaggio.
Lei si girò con aria stanca. “Mi sento un latitante, Sonny! Non bastava il cappello, anche le tute nere?” esclamò.
In effetti, l’avevo obbligata a coprirsi di nero il più possibile, in modo da mimetizzarsi con l’oscurità che c’era nell’auto, io e le mie idee geniali!
Presi il cellulare dalla tasca del mio giubbino nero e diedi un’occhiata all’ora. Le otto e venticinque.
Come sfondo del mio cellulare non avevo un modello senza maglietta, come le ragazze che conoscevo, né un attore sexy. Avevo una foto di me ed Harry. La osservai con nostalgia, i miei occhi rischiavano di farmi piangere, ma mi trattenni ancora un po’. Non volevo essere debole, non davanti a Dafne.
Harry… era bellissimo! Era diventato il mio tutto. Il suo sorriso smagliante, le sue fossette così dolci, i suoi occhi  limpidi, i suoi ricci ribelli ed il suo cuore che apparentemente per me era perfetto.
Ma mi sbagliavo di grosso.
 “Sonny, eccolo!” mi strattonò Dafne per un braccio.
Mi ripresi e osservai la scena.
La sua Ranger Rover, abbastanza distante da noi, che si fermava piano, piano nel parcheggio.
 “Cosa vedi?” chiesi.
 “Lei sta guidando l’auto”
 “Cosa?” sbottai irritata. Strappai il binocolo di mano a Dafne e osservai la scena.
Una brutta puttana che faceva smorfie vomitevoli mentre guidava la Ranger Rover di Harry, e lui sorrideva divertito.
Stronzo.
 “Lui non mi ha mai lasciato guidare la sua auto, mai! E guarda come se la ridono… e….” rimasi immobile davanti a quella scena orribile.
Il mio ragazzo che baciava un’altra.
Puttaniere.
Sentii gli occhi pizzicarmi e questa volta non potei fare a meno di far scorrere delle lacrime che asciugai subito.
 “Tutto bene?”
 “Sì Dafne, ora andiamo a casa” dissi rattristata.
La mia amica mise in moto e partì, mentre mi lasciavo Harry alle spalle.
 
 
Stavo una merda, una merda totale.
Non parlavo più con Harry da qualche giorno, mi chiamava ma non rispondevo; mi mandava messaggi ma li cancellavo.
E non mi andava di uscire. Stavo troppo male per vederlo. Così mi limitavo ad andare a scuola, stando attenta a non incontrarlo.
Poteva sembrare strano, ma io e lui avevamo passato moltissimo tempo insieme, in qualche modo mi aveva salvata, mi aveva esattamente aiutata! E non volevo passare quello che passavo in passato senza di lui solo a causa sua.
Eppure le mie forze stavano per mancare.
Scossi la testa, tentando di concentrarmi sulla matematica.
Mi ero accorta che almeno i miei voti stavano migliorando, perché dedicavo la maggior parte del mio tempo a studiare, con la speranza, inutile, di non pensare ad Harry, ma era impossibile.
Chiusi la penna, avevo finito anche quell’ultimo esercizio.
Ovviamente continuavo anche ad aiutare Megan, ma lei non sapeva quello che era successo fra me ed Harry. Davanti a lei ero sempre sorridente, e questo per non recarle problemi ulteriori, per non farla preoccupare, aveva giù i suoi impegni e cose più importanti a cui pensare.
Basta, non ce la facevo più, sospirai pesantemente e guardai l’ora dal mio cellulare, con un rapido scatto. Le sette meno cinque p.m. . Avevo tempo. Megan, Zayn e Perrie arrivati verso le sette e mezza.
Erano andati a vedere un’altra location, una delle tante che Perrie non aveva ancora scartato. E poi sarebbero passati a casa a organizzarsi ancora una volta meglio.
Mi alzai di scatto e corsi in bagno, chiudendomi la porta alle spalle. Frugai fra i cassetti, nulla.
Cercai ancora.Fino a che la trovai. La mia acerrima nemica, eppure colei che mi era stata vicina, sempre.
Perché nonostante sorridessi spesso, non avevo avuto un passato o un presente all’altezza delle mie aspettative.
Rivederla, sentire la freddezza della lametta sulle dita mi provocò dei brividi, e i miei occhi si inumidirono.
Alla fine cominciai a piangere, mentre la mia mente si annebbiava lentamente, ma non persi i sensi. Mi accasciai per terra piangendo mentre con la lametta tracciavo una linea sul polso, dove già altre avevano alloggiato.
Ma Harry mi aveva aiutata a superare tutto quello che stavo rivivendo a causa sua.
Il sangue cominciò ad uscire dal taglio, mentre per qualche secondo la mia mente cominciò a preoccuparsi del taglio e del dolore che provavo. Ecco perché facevo tutto ciò. Pensavo ai tagli, mi preoccupavo per qualche minuto al mio dolore fisico e non morale. Non era bello, ma era l’unico modo per non pensare a nient’altro.
Iniziai a piangere ancora più forte, ma come al solito, anche se ero sola in casa, cercai di non fare troppo rumore. Mi dava fastidio, mi sentivo debole.
Lasciai cadere la lametta ormai rossa sul pavimento, evitando di fare singhiozzi troppo forti.
Chiusi gli occhi mentre mi passai lentamente le dita sul taglio, senza pressare per non sentire ulteriore dolore. Faceva abbastanza dolore, bruciava e il sangue scendeva senza smettere.
Cercai di bloccarlo con l’altra mano, ma fu inutile, in quanto anche quella si macchiò di rosso, rosso spento, ma vivido allo stesso tempo.
Sentii la mente offuscata, succedeva ogni volta che mi tagliavo. Ma non mi era mai capitato di svenire.
Fu in tutto quel mio casino mentale che non mi accorsi che mia sorella e gli altri erano arrivati prima del previsto e Zayn era salito per andare in bagno.
Appena aprì la porta trattenne un urlo, poi si chiuse la porta alle spalle a chiave per correre da me.
 “Sonny? Ma che succede?” esclamò inginocchiandosi davanti a me.                    
Non aveva ancora capito, ma poi spostò lo sguardo a terra, sulla lametta, e mi scostò con forza le dita che tenevo sulla ferita.
Spalancò gli occhi, come se fosse qualcosa di impossibile, e prese rapidamente l’asciugamano per le mani, cominciando a tamponare il taglio.
Non dissi nulla, mi limitai a poggiare la testa sulla sua spalla, mentre le lacrime continuavano a scendere in silenzio e il suo respiro si faceva più affannato, magari per quello che stava passando, lui che non centrava nulla.
 “Ma che hai fatto? Sonny?!” chiese.
Non risposi, sussurrai solo un semplice “scusa”, anche se non ce n’era bisogno.
Scosse la testa. “No, non scusarti. Ora chiamo Megan” disse.
No! Gli afferrai la giacca per evitare che scendesse. “No, lei non sa nulla, ti prego no!”.
 “Devi spiegarmi un po’ di cose”.
Sorrisi nonostante il momento non tanto opportuno e mi scostai per prendere una garza e l’acqua ossigenata nel mobile per le emergenze.
 “Zayn? Ma che fine hai fatto?” sentimmo urlare al piano di sotto …  Perrie!
Guardai Zayn, non volevo che se ne andasse. E sapevo che i miei occhi quasi gli imploravano di rimanere al mio fianco.
Ma lui si alzò ed uscì senza dirmi nulla.
Un’altra persona che mi voltava le spalle, ma non erano affari suoi del resto!
Trattenni altre lacrime e mi affrettai a cercare la garza.
Mentre frugavo nel borsone con tutte le medicine la porta di riaprì.
Zayn rientrò, senza dire nulla entrò di nuovo, richiuse a chiave e si sedette di fronte a me per terra.
 “Non ti avrei mai lasciata sola” sorrise dolcemente, provocando anche il mio sorriso, sincero.
Pescò lui la garza, l’ovatta e l’acqua ossigenata dalla borsa.
 “Ok, ora parla” disse mentre mi tamponava con l’ovatta bagnata di quell’acqua, che mi faceva bruciare la ferita ancora di più.
Strinsi i denti per evitare di lamentarmi.
 “Non c’è nulla da dire, Zayn” borbottai.
 “Che cosa? Tu … oh mio dio, ti rendi conto di quello che hai fatto?” quasi urlò.
 “Non è la prima volta”
 “E non ti va di dire nulla a nessuno?”
Alla fine mi arresi, ne avevo bisogno, dovevo spiegare quello che succedeva.
Cominciai a spiegare mentre mi aiutava a fermare il sangue, medicandomi.
 “Bene, allora … non ricordo bene quando è iniziato tutto. Ma mi sentivo sola, mia madre continuava a criticarmi anche pesantemente e non sapevo cosa fare. Un giorno mi sono sentita completamente sola e sconfitta. Ho frugato fra i mobili fino a trovarla, la lametta.
All’inizio avevo paura, ma giorno dopo giorno mi ci abituai quasi. Ovviamente non era una bella abitudine. E quindi ho continuato per un po’.
Posso dire di essere andata a periodi perché poi ho cercato di smettere, ma sai, alla fine è come una droga. Credi sia l’unico modo per sentirti bene.
I miei genitori sono morti quando avevo quattordici anni, in un incidente stradale, di cui mi davo e mi do la colpa. Eravamo in auto, stavamo tornando da una casa che avevamo appena visitato, volevano trasferirsi. Ma non volevo proprio e mi opposi prontamente. Mi piaceva il posto in cui vivevo, era piccolo, c’era però molta gente. E anche se avevo pochi amici era un posto semplice e tranquillo.
Mentre tornavamo a casa stavo avendo un’altra discussione per via del trasferimento, quando mio madre perse il controllo dell’auto.
Non ho idea di come mi sia salvata io, ma loro non ce l’hanno fatta.
Vedi questa -gli dissi alzando il lembo sinistro della mia maglia, lasciando scoperto il fianco e mostrando una cicatrice-, non l’ho fatta io, ovviamente. È tutto ciò che mi rimane dell’incidente, me la sono cavata con una cicatrice”.
Mi fermai per fare un respiro profondo. Quello che gli stavo raccontando non era semplice, non mi ero mai aperta in quel modo con nessuno, e mi sentivo bene. Abbassai la maglia.
Zayn aveva quasi gli occhi lucidi, mentre alternava il suo sguardo dal mio braccio a me.
 “Con noi non c’era mia sorella, e neanche mio fratello. Sì, ho un fratello ma non vive con noi. Si è trasferito per continuare gli studi, ha la tua età. Aveva la strada spianata, perché poteva lavorare nella fabbrica di mio padre. Ma dalla morte dei mie decise di voler aiutare le persone. Per questo è all’università per fare il medico, ce la sta mettendo tutta. E so che ce la farà.
Insomma, l’incidente lo abbiamo vissuto in tre. Quando ho saputo che i miei genitori non ce l’avevano fatta ho ricominciato a farmi del male. E poi ho incontrato Harry … eravamo ad un bar, e ci scambiavamo delle occhiate diverse volte, ci vedevamo spesso. Fino a che non si decise a venire a parlarmi e a presentarsi –sorrisi istintivamente-. Cominciammo ad uscire, passavamo bei momenti insieme, e mi faceva dimenticare tutto. Ma volevo conoscesse tutta la me che nascondevo, perciò con fatica gli spiegai che mi auto lesionavo. Forse successe tutto velocemente perché non ci conoscevamo davvero magari, ma mi baciò e fu il bacio migliore del mondo.
Poi da qualche giorno ho scoperto che mi tradisce.
Diciamo che ci sono rimasta molto male, quindi eccomi qui”.
 “Sonny … non meriti questo, lui non merita le tue lacrime e … mi dispiace” sussurrò infine stringendomi in un abbraccio.
Le lacrime mi caddero di nuovo, non volevo fare la debole, ma avevo bisogno di sfogarmi.
Forse avevo trovato la persona giusta per un aiuto.

 


 

Spazio autrice:
Questo capitolo credo avrà due recensioni perchè tutte le directioners sono a spassarsela a Milano!
Comunque salve! Questo chapter è un po' nostalgico .... la prima parte è ispirata alla canzone di Taylor Swift "Picture to burn" e da qui viene il titolo.
Vorrei dedicare questo chapter a tutte le persone con lo stesso problema di Sonny: l'autolesionismo. Siete tutte persone perfette, non c'è bisogno di farsi del male, non serve a nulla tagliarsi perchè porta solo alla dipendenza. Nell'ultimo periodo ho conosciuto molte persone con questo problema e non è affatto bella come situazione.
Mentre dedico questo spazio autrice a tutte le sfigate come me che non possono vedere i propri idoli <3 presto avremo anche noi la nostra rivincita ragazze ;)
Bene, spero che il capitolo vi sia piaciuto e scusate il madornale ritardo D: prometto di aggiornare il prima possibile la prossima volta.
A presssssto <3

Miley.

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