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Autore: Purple_Rose    03/11/2012    4 recensioni
Cosa succede quando si mettono insieme i personaggi di Inazuma Eleven, Inazuma Eleven Go e un gruppetto di OC in una città chiamata Inazuma?
Me lo chiedo anche io! Ed ecco una possibile risposta!
P.S. ho ricevuto tutti gli OC che mi servivano, grazie!
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Minaccia del dragone
 

 -... Kingdragon?-. Tsubomi annuì, scorrendo sul computer le varie informazioni relative alla squadra, sotto gli sguardi curiosi delle altre tre manager della Raimon. Si trovavano nell’aula computer appena prima dell’inizio delle lezioni e, dopo aver chiaramente chiesto il permesso all’insegnante, si erano gettate a capofitto in quella che era una vera e propria ricerca sulla squadra semifinalista che avrebbero affrontato. Il cui nome, secondo Haruhi, suonava davvero assurdo:
-Ma come fa una squadra a chiamarsi così? “Regno Drago”?-
-... quello è Kingdom, Haruhi-chan. Questo significa “Re Drago”-. La blu si grattò la nuca imbarazzata:
-Evidentemente non ero attenta alla lezione della professoressa White...-. Eri sospirò rassegnata seppur divertita da quell’affermazione. Ma subito tornò a concentrarsi sullo schermo:
-Che ci puoi dire su questa Kingdragon?-. La mora non tardò a mostrarsi affidabile, leggendo a accuratamente tutti i trafiletti più importanti dell’articolo pubblicato per l’ultima vittoria di quella squadra. Il titolo dell’articolo scandiva a chiare lettere “Kingdragon surclassa l’Istituto Occult”:
-Vediamo... qui dice che è una squadra formidabile, la favorita del torneo in quanto abilità e potenza sono assolutamente ineguagliabili. Hanno un attacco eccellente e non hanno mai ricevuto goal dall’inizio del torneo-
-Nemmeno un goal?!-. Marie sbarrò gli occhi, immaginandosi in modo approssimativo una squadra di fenomeni del genere. Ma per gioco della sua mente le si parò davanti solo un gruppo di supereroi in calzamaglia. Devo smetterla di fantasticare in modo così strano...:
-Hanno un buon gioco di squadra, ma il loro vero asso nella manica è lui-. Tsubomi si bloccò sull’immagine di una ragazzo: cresta di capelli rossi, occhi arancio e sorriso forse troppo arrogante che spiccava sul viso. Le ragazze lo osservarono con attenzione, una certa preoccupazione dipinta sul viso di ognuna di loro:
-Quindi lui sarebbe...-
-Esatto, il loro giocatore migliore, il loro asso nella manica. Drake Ryu, numero 10 e capitano della squadra-. Haruhi lo squadrò dubbiosa, prendendolo semplicemente per un pallone gonfiato:
-Ma siamo sicuri che sia bravo?-
-Non vi è alcun dubbio in proposito. Nella precedente partita la Kingdragon ha concluso con un incredibile 4 a 0 per loro, e tutti i goal sono stati segnati proprio da lui! Lo chiamano “Il dragone rosso” per via del suo ineguagliabile tiro, che pare non abbia mai trovato una barriera tanto forte da contrastarlo-. Marie lo fissò a lungo, notando che in fondo quel viso arrogante era solo un simbolo di una sicurezza enorme nelle sue capacità. In fondo, in questo sport è importante credere in se stessi...
Eri sbuffò incrociando le dita dietro la testa e rimanendo ferma a pensare:
-Okay, è una squadra formidabile, abbiamo capito. Ma dobbiamo ricordarci che saremo noi a doverla affrontare, quindi che cosa possiamo fare?-
-Non lo so-
-Bella domanda-
-Forse una nuova tecnica?-
-Non sarà necessario-. Le quattro sobbalzarono, notando all’istante la presenza dell’allenatore Willis proprio alle loro spalle. Questo avanzò in tutta calma, raggiungendo il computer e squadrando la foto di Drake. Poi rivolse uno sguardo pacato verso le ragazze:
-Non vi preoccupate, ho già qualcosa in mente per questa partita e non c’è bisogno che vi preoccupiate. Potete andare-. Le tre, seppur dubbiose, obbedirono, lasciando l’uomo da solo. Questo spense del tutto il computer, raggiungendo la finestra della sala computer e perdendosi nell’azzurro del cielo.
Questa partita sarà molto più di una semplice semifinale...
 
Haruna entrò in classe allegra e vivace come sempre, mostrando a tutti il suo sorriso migliore. Al solito, la vera ragione della sua allegria stava seduto nel suo banco, la solita aria fredda e isolata che tanto l’affascinava: Gabriel. Quel giorno pareva davvero raggiante e il motivo era noto soltanto a lei.
Si avvicinò titubante al banco che tanto aveva osservato, cercando di scacciare il tremore che l’aveva presa alle gambe, e si ritrovò accanto al suo principe azzurro. Quel giorno aveva preso una decisione importante e niente le avrebbe impedito di realizzare i suoi propositi. Forza e coraggio, Haruna!:
-Ehm... ciao Gabriel...-. Questo alzò gli occhi, intrappolandola in quel suo sguardo viola intenso e misterioso. Arrossì lievemente, abbassando il suo e balbettando qualche parola sconnessa:
-Sai... tu ed io... insieme... magari... uscire... un giorno... a fare un giro...-. Certo per una persona normale parole del genere non avrebbero mai dato l’impressione di avere un senso compiuto. Ma Gabriel era davvero l’eccezione alla regola, tant’era notevole la sua intelligenza. Cosa che Haruna sapeva e ringraziava.
I suoi occhi si velarono di un filo di interesse, che colpì la mora. Difficile trovare anche lo spettro di un’emozione in quelle due pozze violacee. Possibile che... che lui voglia...:
-Perché no? Va bene-. Sul viso della ragazza si dipinse un sorriso vittorioso oltre che esagerato. Mi ha detto di sì! Mi ha detto di sì! Usciremo insieme! Usciremo insieme! Evviva!:
-Che cosa avevi in mente?-
-Magari... un giro per la città... un salto in pasticceria... e se c’è tempo anche un film al cinema-
-Va bene, può andar bene per dopodomani?-
-Certo!-. Ma Haruna dovette reprimere l’allegria appena vide la porta spalancarsi ed entrare la professoressa Sachiho. Rapida raggiunse il suo posto e fece svanire il sorriso che le si era formato, senza tuttavia riuscire a nascondere uno sguardo sognante.
Sachiho si sedette alla scrivania e, senza dubbio, fu chiaro che qualcosa non andava: andatura stanca e traballante, occhi spenti sottolineati da due occhiaie, carnagione lievemente pallida, voce sul baratro della disperazione. Decisamente quella donna aveva un problema.
Marie non riuscì a resistere alla curiosità:
-Mi scusi, Sachiho-san, le è successo qualcosa?-. La bruna si alzò di scatto; chiaramente aspettava solo che qualcuno le facesse quella domanda. Si avvicinò alla lavagna, prese un gessetto e vi disegnò una scritta che lasciò un poco confusi gli studenti: “gli uomini sono stupidi”. Ragazzi come Kazemaru, Tenma, Shinsuke e Hiroto rimasero decisamente allibiti, se non offesi. Cosa che il primo non tardò a mettere in chiaro:
-Mi scusi, ma su cosa basa questa sua assurda teoria?-. La professoressa, inaspettatamente, si sdraiò sulla cattedra, assumendo una posa quasi drammatica che lasciò perplessa la classe. Poi iniziò a mugugnare a denti stretti, in un misto di rabbia e frustrazione che dal punto di vista degli studenti poteva sembrare solo esilarante:
-Voi non capite... voi non capite! Il mio ragazzo! il mio ragazzo! VUOLE CHE CI PRENDIAMO UNA PAUSA!!!-. Marie ridacchiò nervosamente, cercando di mostrare un poco credibile il suo interesse e mascherando la sua perplessità. Ma siamo sicuri che sia una professoressa?:
-Ma come... perché?-. Anche questa domanda la bruna parve averla aspettata, perché si mise seduta, sempre sulla cattedra, e tirò fuori dalla tasca un fazzoletto, soffiandoci rumorosamente il naso:
-Ecco... stavamo passeggiando per il parco mano nella mano, era una situazione così romantica... così ho voluto cogliere dei fiori, presa com’ero dal momento, non c’è niente di male in questo, vero? VERO???-. Per un momento, a Tenma parve di intravedere uno sguardo omicida nei suoi occhi marrone scuro e rabbrividì. Se non siamo accondiscendenti, mi sa che ci boccia tutti quanti...:
-Beh, certo, niente di male...-
-Appunto! Ma dai fiori è uscita un’ape che si è messa a ronzarmi attorno! Ho cercato di scacciarla ma... ho dato una sberla al mio ragazzo... e l’ape ha punto lui...-. Kazemaru nascose un viso sull’orlo della risata dietro un quaderno. Mai schernire un’insegnante, almeno finché non ha fatto gli scrutini!:
-Ed è per questo che le ha chiesto una pausa?-
-NO!!! ANCORA NON è FINITA!!!-. Dopo un'altra rumorosa soffiata di naso, Sachiho si asciugò una lacrima con fare scenico, gettandola di lato in modo dignitoso:
-Siamo andati verso casa mia, così abbiamo preso l’autobus! Ma abbiamo aspettato quello sbagliato, quindi dovevamo aspettare che se ne andasse! Ma lì mi è sembrato di vedere un moscerino sulla sua schiena, così l’ho schiacciato! E per sbaglio l’ho spinto nell’autobus e questo è partito... e tra l’altro gli è rimasto un piede incastrato tra le porte per tutto il tragitto...-. Shinsuke rimase esterrefatto a guardarla. Wow, ma quante ne combina?:
-Ed per questo che le ha chiesto una pausa?-
-NO!!! ANCORA NON è FINITA!!!-. Tsurugi si accasciò alla sedia, sospirando. Ma quanto vuole tirarla avanti questa storia?:
-Dopo esserci ritrovati, siamo andati a casa mia! Ma nel mentre ho visto una borsa carinissima in un negozio e mi sono fermata! Lui mi ha messo una mano sulla spalla e io, per riflesso incondizionato, l’ho buttato a terra con una mossa di difesa personale...-. L’intera classe spalancò gli occhi per la sorpresa:
-Ed è per questo che le ha chiesto una pausa?-
-NO!!! ANCORA NON è FINITA!!!-. Stavolta il sospiro fu unanime nella classe, ma Sachiho non ci fece caso:
-Siamo arrivati a casa mia e io ho preso lo smacchiatore perché, quando l’ho steso, l’ho per sbaglio buttato contro una macchia di caffè e gli si è sporcata la camicia! Ma ho pensato che poteva funzionare anche se non lo mettevo in lavatrice, così l’ho preso e l’ho messo sulla camicia, anche se mi sono scordata che doveva toglierla prima...-
-Ed è per questo che le ha chiesto una pausa?-
-Ehm, sì, anche perché lo smacchiatore non era uno smacchiatore, era una bottiglia di Ketchup...-. Compiendo uno sforzo sovrumano i ragazzi trattennero una risata tremendamente fragorosa che minacciava di uscire dalle loro bocche. Sachiho si sdraiò nuovamente sulla cattedra, lamentandosi ad alta voce dicendo frasi tipo “perché mi hai detto questo?” o “non ero importante per te?” o “non ho fatto niente di male!” o “tante storie per una bottiglia di Ketchup!”.
Aoi, repressa del tutto la risata, cercò di rassicurare la professoressa:
-Ma prof, stia tranquilla! Ci sono tanti pesci nell’oceano! Non deve preoccuparsi in questo modo! Probabilmente... probabilmente non era l’uomo giusto per lei! Ne troverà senz’altro un altro!-. Come d’incanto, la donna si mise in piedi. Gli occhi si accesero di vitalità, la pelle prese tutto un altro colore e persino le occhiaie parvero sbiadire. Un sorriso pieno di orgoglio prese posto alla tristezza:
-Hai ragione! Non è l’unico uomo che incontrerò nella mia vita! Ce ne saranno molti altri! E io aspetterò! Lo prometto! Devo attendere e la mia anima gemella si rivelerà a me! CE LA POSSO FARE!!!-. Così, a passo di carica, prese la porta e se ne andò, nella testa vive delle motivazioni più che valide per guardare avanti. Gli studenti rimasero attoniti a guardarla uscire dalla classe.
Forse non ricordava che la lezione era appena iniziata...
 
Eri stava percorrendo da poco i corridoi della scuola. Dopo che il professor Lucius dell’ultima ora della sua classe era mancato si era potuta godere un momento per stare da sola, finalmente da sola. Inspirò quella calma come se fosse un aroma piacevole e intenso. Chiaramente c’era perché in altre classi si studiava in quel momento. E lei non poteva esserne più felice.
Passò distrattamente davanti alle stanze destinate ai vari club, ritrovandosi davanti ad una in particolare, davanti alla quale più volte era passata. Lì sentì qualcosa. Un suono melodioso. No, un susseguirsi di note poste in perfetta sequenza tra loro. Come tanti piccoli rumori che si uniscono e danno vita ad una sinfonia. Conosceva un solo strumento che riusciva a sorprenderla tanto: il pianoforte. Scostò appena la porta che le stava davanti, sentendo chiaramente il suono del piano uscire dalla stanza.
Sorrise. Era la Primavera di Vivaldi, una delle sue composizioni preferite. Quatta quatta entrò nella stanza, lasciandosi pervadere dalla musica e notando all’istante il musicista intento a suonare. Sulla testa una zazzera di capelli color caffè tagliati appena soprale spalle gli dava un tono all’antica, in perfetto stile da pianista classico. Non poté vedergli gli occhi, poiché durante la composizione il pianista li teneva chiusi, come se si stesse godendo ogni singolo suono che da quello strumento usciva. Rimase colpita dall’abilità con cui si destreggiava sullo strumento senza nemmeno guardarlo, quasi si stesse fondendo con esso.
La musica allegra e dal lato classico che si espandeva nell’aria fece sorridere la bruna. Com’è bravo, chissà chi è... Sorrise, avvicinandosi a lui e sedendosi impercettibilmente sulla sua stessa panca. Mise entrambi le mani sul piano, in un’ottava più alta, e imitò i suoi gesti, dando un tocco più vivace alla melodia. Il ragazzo accanto a lui sobbalzò appena, lasciandosi poi cullare da quella tonalità moderna che aveva scoperto. Le loro mani presero a muoversi in sincronia perfetta come una macchina, con gesti delicati ma decisi che percorrevano la scala bianca e nera che era il loro terreno di guerra. Non appena entrambi conclusero, attorno a loro cadde un silenzio tombale.
Il pianista schiuse le palpebre, rivelando due iridi color mattone che si incrociarono con gli occhi grigio-azzurri di Eri. Si sorrisero a vicenda, come vecchi amici, colpiti l’uno dall’abilità dell’altro. La musica li aveva appena fatti incontrare:
-Mi chiamo Shindou Takuto-
-Eri Kanzaki-
-Lo so, non è la prima volta che ti vedo qui... e non sapevo nemmeno che suonassi il piano!-. La bruna rivolse uno sguardo dolce al suo strumento preferito, accarezzandone appena la tastiera bicolore:
-Sai, è una cosa di famiglia...-. Shindou non colse l’allusione, preferendo non approfondire. Quella ragazza aveva un insolito lato amaro, preferiva non immischiarsi:
-Era da un po’ che volevo chiedertelo, ti va di entrare nel club di musica?-. Eri sobbalzò. Non aveva mai considerato quella possibilità. Io... nel club di musica? Sul serio? Certo, amo suonare, ma forse è presto... però prima è stato così piacevole suonare in due...:
-... credo che ci penserò seriamente-. Il castano sorrise vittorioso. Per adesso bastava:
-Sai, a parte me non ci sono grandi pianisti, mi piacerebbe provare qualche nuovo duetto insieme. Vorrei suonare ancora insieme a te-
-... piacerebbe anche a me-. E mentre i due si sorridevano reciprocamente da amanti della musica, due occhi dalla porta li scrutavano con gelosia.
Due sfere di ghiaccio fredde come tale.
 
-Lance, so che non sono la persona adatta a dirtelo...-. Atsuya si grattò la guancia, a disagio. Lance si mostrò chiaramente infastidito dalla sua sola presenza, continuando a palleggiare abilmente senza nemmeno guardarlo in faccia:
-Se vuoi dirmi qualcosa, fallo e basta, senza tanti giri di parole-
-...sbaglio o Goenji è strano?-. Lance smise di palleggiare, seeguendo lo sguardo del compagno albino e osservando il biondo attaccante, che a centrocampo si allenava col dribbling in piena solitudine. Il suo tocco sulla palla era effettivamente leggero, appena accennato, come se non vi mettesse la minima grinta. Inoltre i suoi occhi sembravano non appartenergli e non erano attenti, come se stessero guardando tutt’altra cosa. Come se stessero guardando un pensiero lontano. Strano che sia così distaccato, non è da lui... specie in un momento del genere...
Gli allenamenti della squadra erano in pieno svolgimento con un’insolita adrenalina nell’aria. Chiaramente l’ansia per l’attesa della semifinale si faceva sentire da molti giocatori. E se non era così, ci pensava il capitano Endo a aumentare l’entusiasmo, con risultati eccellenti bisogna dire. I ragazzi si allenavano con la grinta di sempre più qualcosa in aggiunta, cercando di sviluppare abilità che non avevano mai considerato molto: Shirou e Hiroto tentava di dare importanza alla precisione dei loro tiri, mentre Swan si apprestava a pararli sperando nella sua velocità. Mentre Shìn si era messa in testa di allenarsi in difesa e aveva trascinato Gabriel e Shinsuke ad aiutarla, Kidou si apprestava a migliorare la sua prestanza a centrocampo affiancato da Tenma e Kazemaru, senza potersi evitare di lanciare qualche sguardo alla Yang. La porta difesa da Endo era bersagliata dai tiri di Tsurugi, Yukimura, Mizuka e Alexia senza che questo li intimasse di rallentare. Senza contare che le manager erano in continuo fermento, annotando vari dati sulle cartelle e porgendo asciugamani e borracci ai giocatori che ne avevano la necessità, decise a rendersi utili in ogni modo pur di non essere di intralcio.
Di fronte a quella passione accesa nessuno sarebbe riuscito a non impegnarsi come loro. Nessuno a parte uno. Evidentemente per Goenji non era così. Atsuya assottigliò lo sguardo, esaminando attentamente i suoi movimenti lenti e senza spirito. Poi fissò nuovamente Lance:
-Per me è strano, ma io non lo conosco da tanto tempo quanto te. Se c’è una persona adatta a parlargli, quella sei tu-. Lance alzò il sopracciglio, mostrandosi dubbioso. Ma che me ne importa? Mica sono la sua balia! Una persona deve essere capace di risolvere da solo i suoi problemi!... però... in fondo che mi costa? Sbuffò sonoramente, avviandosi senza fretta verso l’amico:
-Lo farò, ma non perché me lo hai detto tu, chiaro? Non prendo ordini da nessuno!-. Atsuya non poté fare a meno di sorridere, tornando al suo allenamento. Tutto sommato, anche quel tipo aveva un cuore.
Lance si fermò davanti a Goenji, il quale si accorse istantaneamente della sua presenza. Lo guardò, perplesso dal viso insolitamente corrucciato dell’amico:
-Che hai, Lance?-
-Che ho io? Che hai tu! Se c’è qualcuno che dovrebbe fregarsene dell’allenamento, quello sono io! Non vorrai farmi credere che ti è passata la voglia di giocare, vero?-. Gli occhi color cioccolato del biondo si persero nel cielo, quasi malinconici. Lance lo fissò senza capire. Mai l’aveva visto in quello stato:
-... conosci la squadra che stia per affrontare?-
-La Kingdragon? Non personalmente, ma probabilmente basterà aggiungere un briciolo del mio talento a questa squadra per batterla!-
-Io invece credo che nemmeno tu riusciresti a sconfiggerla-. Lance rimase di sasso, sbarrando gli occhi. Davanti a lui, sotto mentite spoglie, stava davvero il suo caro amico Goenji?:
-... stai scherzando?-
-Io li conosco. Sai che sono serio in queste cose, ti basta capire questo-. E subito l’attaccante si allontanò, raggiungendo la porta di Swan per tentare seppur con poca voglia qualche tiro. Lance era rimasto immobili, con la bocca aperta per la sorpresa, ancora incapace di capire. G... Goenji... cosa mi nascondi? Noi ci siamo sempre detti tutto! Sei l’unico che sa dei miei genitori!... che sia davvero così forte questa squadra? Così tanto da impensierire l’attaccante di fuoco che mi ha sempre sostenuto? Mise una mano sotto il mento, scuotendo successivamente la testa. Non era da lui preoccuparsi per una partita, in fondo il calcio non era mai stato importante per lui. Ma non riusciva a non essere in pensiero per la partita che presto si sarebbe svolta. E mentre quello sconosciuto momento di insicurezza lo assaliva, non si accorgeva come due occhi color mandorla lo guardavano affascinati da lontano.
Gli occhi di un’aggraziata ragazza con un maggiordomo al seguito.
 
Si fermò, respirando affannosamente. Per un momento, attorno a lei, le voci delle sue compagne si fecero distanti e il continuo respiro del suo diaframma le arrivò assordante alle orecchie. Aveva il viso acceso di calore, come se davanti vi bruciasse una fiamma vivida, e le sembrava che persino i suoi sensi fossero stanchi. Una goccia di sudore le percorse lenta la tempia e la guancia, fino a segnarle appena il collo. Lentamente riprese contatto con il mondo esterno, buttando fuori l’ultima boccata d’aria pesante prima di riprendere il solito respiro. Strinse l’oggetto piccolo e sferico che aveva in una mano, serrando la presa della racchetta che portava nell’altra. In un attimo la pallina giallo acceso fu davanti ai suoi occhi e, con un colpo secco, schizzò rapida dall’altra parte del campo senza più tornare indietro. Il fatto la fece sorridere vittoriosamente. Un altro punto per me! Oggi sono in gran forma!:
-Uffa, Akira! Ma come fai ad avere un servizio così potente? Non riesco quasi mai a ribattere!-. La turchese si asciugò con un gesto del polso la fronte luccicante di sudore, sorridendo armoniosamente e ammirando solo per qualche secondo il suo corpo stremato dalla fatica:
-Cosa vuoi che ti dica? Mi viene spontaneo, è come se volessi partire con il piede giusto ogni volta!-. La tennista sua temporanea avversaria sorrise ironicamente, la faccia di una che aveva sentito mille volte frasi del genere dalla stessa persona. Sospirò, preparandosi a ricevere ma sciogliendo quasi subito la sua posizione, rimanendo ferma a fissare un punto lontano. Akira se ne accorse:
-Che hai, Hime?-
-Quello lì... non è il ragazzo che non è stato preso nella Raimon?-. Il cuore della turchese ebbe un sussulto. Arrossì lievemente, seguendo lo sguardo dell’amica con precauzione. Non si voltò del tutto, timorosa di trovarsi catturata in due iridi azzurre fin troppo simili al cielo, ma le bastò intravedere appena una ciocca di capelli rosa per riconoscerlo. Ranmaru...:
-... tutto bene? Sei rossa in viso...-
-Benissimo! Tutto bene! È solo... la stanchezza...-. Hime rimase dubbiosa ma annuì, riassumendo la posizione di ricevuta. Akira captò la sua posa come un incitamento a continuare, cosa che fece, cercando ai limiti del possibile di ignorare quei due frammenti celesti puntati su di lei. Sospirò, cercando di nuovo di isolarsi dal mondo. Ci siamo solo io, la palla e il campo... e la racchetta... e Hime... e la racchetta di Hime... siamo già troppi!!! Scacciò i suoi insoliti pensieri, assumendo uno sguardo deciso. Con un tonfo che ormai conosceva a memoria la palla viaggiò nell’altra metà campo, tornando indietro con un suono molto simile eppure diverso. Un paio di passi e la palla fu alla sua portata per ripetere la sequenza senza errori, continuando quella danza appassionata ancora per molto. La palla si prestava stupendamente a quello scambio, volteggiando in aria senza curarsi dei colpi continui che riceveva. Era la partita che decideva il suo destino, che presto avrebbe decretato la sua immobilità per mano di Akira, che decisa la colpì con una racchettata ben mirata che Hime non riuscì a controbattere. Ennesimo punto per lei:
-Basta! Non ce la faccio più!-. Hime si lasciò cadere a terra esausta:
-Sei imbattibile! Dovresti fare delle gare, lo sai?-. Akira le sorrise, notando come si era fatto tardi. L’allenamento di calcio di suo fratello doveva essere appena finito e lui la stava aspettando. Ripose pallina e racchetta facendo per raggiungere gli spogliatoi quando si accorse di aver dimenticato un dettaglio importante. Molto importante:
-Ciao. Ti ricordi di me?-. Lui è qui! È rimasto a guardarmi! Che vergogna! Non ci posso credere! Arrossì fino alla punta del naso, rimanendo a fissarlo con aria quasi spaventata. E ora che poteva fare?:
-Certo... Kirino... Ranmaru... giusto?-. Il rosa sorrise, annuendo:
-Sai, visto che la prima volta che ci siamo visti eravamo a scuola, avevo voglia di incontrarti in un più... adatto!-. Voleva... vorrebbe... vuole... INCONTRARMI?!?! Oddio, adesso svengo...:
-Allora... vuoi... fare qualcosa?-. Il ragazzo annuì di nuovo, estraendo dalla tasca un foglietto che porse alla turchese. Questo lo afferrò senza guardarlo, concentrata com’era sul viso del suo interlocutore. È così... bello... come fa ad essere così bello?:
-Bene, alla prossima!-. Con un gesto Akira lo vide congedarsi, voltandosi di spalle e raggiungendo chissà quale posto. Lei lo fissò finché non sparì dal suo campo visivo con sua grande amarezza. Abbassò lo sguardo, facendosi malinconica. Ah... voleva solo rivedermi... solo questo... nemmeno instaurare una conversazione... un momento, e questo cos’è? Sobbalzò appena vide che tra le man aveva un foglietto. Nemmeno se n’era accorta!:
-... “questo è il mio numero. Chiamami un giorno che sei libera. A presto, Akira del club di tennis”-. Più volte lesse quella magica sequenza di numeri, sorridendo sempre più largamente ogni volta fino ad arrivare ad un sorriso esagerato. E non solo per aver ottenuto il numero di telefono del suo adorato, perché alla sua attenzione era risaltato anche il resto messaggio. Specialmente uno spezzone in particolare...
Lui... si è ricordato... il mio nome...
 
Era pomeriggio inoltrato a Inazuma. Come sempre quella intensa tonalità arancio bruciava i tetti delle case, segnalando l’imminente venuta della sua compagna notte. Le tegole lucide riflettevano i suoi raggi in un gioco di luci davvero singolare, avvolgendo il tutto in un’aura accesa e solare, insolita per l’ora in cui si avviava il giorno.
Mariko si trascinava stanca per le strade, oscillando appena da una parte all’altra e mettendo in mostra senza saperlo le sue forme sinuose. La giornata a scuola era stata più difficile del solito: tra ragazzi chiacchieroni, calciatori ansiosi e studenti arroganti, non aveva smesso nemmeno per un istante di desiderare ardentemente la fine di quella giornata. Ora che era arrivata, voleva solo rilassarsi un po’, e conosceva il posto ideale per farlo.
Passò davanti a numerosi negozi, in un quartiere dall’aria vissuta eppure traboccante di vita. le luci al neon di vari ristoranti e bar si accendevano or ora, aggiungendo una nota di colore a quel posto lievemente trascurato. Una di quelle insegne era proprio la meta della mora, che trovò con estrema facilità vista l’originalità dello stile: un cartello luminoso incorniciato da quattro fasce spesse e fucsia, sul cui colore bianco crema spiccava la scritta “Inazuma’s family” in verde acceso. Attraversò senza scrupoli la porta, venendo avvolta da un’atmosfera calda e rilassante. Ignorò il tavolo da biliardo, il jukebox e i manifesti consumati che adornavano le pareti, sedendosi invece al bancone posto a stretto contatto con il muro, tipico di un bar. Emise un lungo sospiro di piacere, lieta di essere finalmente seduta a rilassarsi:
-Troppo lavoro, Mariko-san?-. Alzò lo sguardo, notando subito un’allegra ventenne che con energia agitava uno shaker e le sorrideva. I capelli ricci color pece le donava un’aria vivace e unica, evidenziata dai due smeraldi che brillavano dai suoi occhi. Il suo corpo magro si muoveva appena, come a ritmo, ondeggiando da una parte all’altra. L’insegnante le sorrise:
-Forse hai ragione, Keira. Dammi il solito, per favore-
-Subito!-. Veloce prese una bottiglia dallo scaffale dietro di lei, afferrando un bicchiere di cristallo e riempiendolo con il contenuto, che gli diede una tonalità dorata. Porse alla donna il bicchiere, la quale lo sorseggiò appena, sorridendo rincuorata. Ora andava davvero meglio:
-‘Sera, Chashiro-. Un uomo biondo si sedette accanto alla donna, ordinando la sua stessa bevanda e rimanendo ad osservare gli eleganti movimenti della barista:
-Buonasera anche a te, Lucius. Anche oggi è stata una giornata dura!-
-Puoi dirlo forte, i ragazzi sembravano più agitati del solito...-. La mora fece muovere appena il contenuto del suo bicchiere, facendosi pensierosa:
-Ho idea che sia per la partita, so che è la semifinale-
-Hai ragione, sono tutti gasati per questo. Ma... saranno contro la Kingdragon...-. Entrambi rimasero in silenzio meditativo, senza dire una parola per un po’. Si udiva solo il suono lieve di una musica nata dal jukebox, ideale per un saloon. Poi, inaspettatamente, bevvero nello stesso momento tutto il contenuto del bicchiere, sospirando successivamente:
-La Raimon... è sempre stata battuta dalla Kingdragon-
 
-Buongiorno a tutti! Sta ora per avere inizio la semifinale del torneo di qualificazione! Chi vincerà questa partita dall’esito totalmente inaspettato? Questa potrebbe rivelarsi una delle migliori partite del torneo di quest’anno poiché vedrà la prestigiosissima Raimon, che ci ha stupito per abilità dei giocatori e capacità di adattamento alle situazioni, e la fiera Kingdragon, che ci ha mostrato un gioco a dir poco sublime in ogni posizione! Portiamo la nostra attenzione sul campo e vedremo cosa succederà tra poco!-. La panchina della Raimon era in fermento. Ancora una volta l’allenatore non aveva informato la squadra sulla decisione della formazione. Per questo, appena Willis si alzò per prendere parola, tutti trattennero il fiato in attesa:
-Ecco la formazione che entrerà in campo oggi: in attacco, Lance Kipling, Hyoga Yukimura e Goenji Shuuya; a centrocampo, Kazemaru Ichirouta, Shìn Yang, Kidou Yuuto e Hiroto Kiyama; in difesa, Nishizono Shinsuke, Shirou Fubuki e Gabriel Andreus; in porta, Endo Mamoru-
-Sì!-. Ognuno nascose un sospiro di sollievo. Per una volta da quando era iniziato il torneo, i giocatori erano disposti in modo ricorrente alle loro abilità. Forse l’allenatore voleva agire in modo ricorrente, per una volta...
I ragazzi si apprestarono a prendere posto nel campo mentre per sottofondo vi era il coro di esulti della platea. Anche la Kingdragon entrò in campo, sfoggiando le casacche viola a strisce oblique arancio che indossavano. Il portiere aveva invece una divisa di un arancio appena più scuro, che occupava completamente la divisa.
Goenji lanciò uno sguardo verso il capitano della Kingdragon, Drake, che sorrise compiaciuto. Lo sguardo del biondo non era amichevole, ne tanto meno deciso. Era uno sguardo di puro timore per l’avversario:
-Per il lancio della moneta il calcio d’inizio spetta alla Raimon! La partita comincia con la palla di Yukimura!-. Appena il fischio d’inizio si diffuse nell’aria, Yukimura si lanciò in avanti palla al piede, trovandosi davanti i centrocampisti della Kingdragon e preparandosi a dribblarli. Peccato che non loro non glielo permisero...:
-AURA INFUOCATA!!!-. Proprio uno di loro, infatti, urlò al cielo, dal quale scese un fulmine che lo prese in pieno. In un attimo venne avvolto da un’aura fiammante che gli permise di sviluppare la sua velocità e, a discapito dell’avversario, di rubare la palla:
-Accidenti!-
-Capitano, è tua!-. Drake ricevette palla, affrontando la difesa della Raimon completamente da solo. Eppure, nonostante gli sforzi combinati di Shinsuke, Gabriel e Shirou, la palla rimaneva all’avversario, che per come si muoveva pareva farsi beffa di loro. Così “Il dragone rosso” fu davanti alla porta di Endo, che si apprestò a parare in qualsiasi momento:
-Non passerai!-
-Tu dici?-. Drake sorrise arrogantemente. Dietro di lui apparve un imponente drago rosso e viola dagli sfavillanti occhi arancio, senza ali, che attese il pallone tirato da lui dopo una capriola. Il drago seguì il tiro, infondendogli forza con una potente fiammata:
-DRAGO DEGLI INFERI!!!-. La potenza rivelata fu tale che Endo poté percepirla all’istante:
-PUGNO DI GIUSTIZIA!!!-. Nemmeno il pugno lucente del capitano della Raimon poté qualcosa contro quella potenza, che si sfogò solo contro la rete avversaria, lasciando i ragazzi del fulmine con un palmo di naso:
-La Kingdragon segna istantaneamente! Il Drago degli Inferi ha colpito di nuovo e nemmeno il preparato portiere della Raimon ha potuto fermarlo!-. Endo rimase sconvolto a fissare la porta. Non aveva mai sentito una potenza simile. Nello stesso stato erano gli altri componenti della Raimon, lasciati attoniti a guardare Drake, che si mostrava compiaciuto. Questo indicò il portiere della Raimon con un sorriso sprezzante sul volto:
-Ascoltate! Non esiste che un misero fulmine possa fermare un dragone! Vi consiglio di arrendervi, nessuno può battere la Kingdragon!-. E si allontanò subito dopo, lasciando dietro di sé sfiducia.
Goenji sorrise amaramente, abbassando lo sguardo con fare colpevole.
Avevo ragione... non vinceremo mai.
 
E sono tornata a rompere le scatole!
Tutti: no!!!
Sì invece! Che vi piaccia o no!
Come sempre sono in ritardo, spero comunque che il capitolo vi piaccia!
Ci tengo a precisare che il “liquido dorato” che Mariko e Lucius hanno bevuto non è niente di assurdo, è semplice birra. Sono adulti! Un bicchierino ci vuole a fine giornata! ;)
Ed ecco la semifinale del girone eliminatorio, che mi dite? Vi incuriosisce? Stavolta questa non è una squadretta da quattro soldi!
La prossima sarà una partita importante, che cercherò di scrivere presto. Intanto vi lasciò così!
Alla prossima, ciao!
Purle_Rose 

  
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