CAPITOLO
DICIOTTESIMO:
INAFFERRABILE
L’ho
raggiunta sul letto. Lei, tremante,
si protende verso di me con in busto, mantenendo le mani sul grembo. Mi
da un
bacio sulle labbra e poi mi accarezza la nuca. Io resto fermo. Mi
sorride in
modo malizioso, divertita per aver capito che deve guidarmi. Le sue
mani
scendono verso le mie spalle e poi le braccia e si fermano quando
incontrano le
dita. Me le porta sui suoi fianchi mentre intreccia le gambe dietro la
mia
schiena. L’asciugamano, la sola cosa che cela la sua
nudità, inizia a
scivolarle. I nostri bacini ora si toccano. Lei torna a baciarmi con
più
insistenza e intensità, finché …
qualcosa in me fa interrompere la sua fantasia
mentale. Questa sequenza
così
dettagliatamente immaginata da Lyla mi turba.
Forse non è stata una buona idea
condurla a casa mia.
- Che ti prende? - chiede, battendo le
palpebre come se si è appena svegliata da un sogno.
E’ stata una pessima idea.
- Non stai bene tu ora? - continua, un
po’ spiazzata dal mio atteggiamento.
Nella sua mente ora c’è un ragazzo
immobile che non batte ciglio e trattiene il respiro. Ciò
che ha davvero davanti. Lyla si
attorciglia i
capelli tra le dita e torna a guardare le buste che ho posato per
terra, sulla
soglia, dove sono ancora anch’io.
- Cosa mi hai preso? - chiede la
ragazza, senza troppo interesse.
Bene. Cambiamo argomento. Ricordo che
non le ho disinfettato la ferita, così mi siedo accanto a
lei per farlo.
- Stendi la gamba. - le dico, uscendo
dal sacchetto più piccolo l’acqua ossigenata.
Lei obbedisce e mi fissa. Non più con
ammirazione, anche se mi è riconoscente: mi scruta come per
spiegarsi qualcosa
che le sfugge.
- Ci penso io. Tu intanto prendi questo.
E’ per il mal di testa.
- Grazie. - dice senza staccarmi gli
occhi di dosso, prima di inghiottire la compressa.
Sono
stanca di dire tutti questi “grazie”
…
- Brucia? - chiedo, prima di fasciarle
la ferita.
- Sopportabile. E’ qualcos’altro che non
riesco più a sopportare.
- Che vuoi dire?
- Non capire chi sei davvero. Sembri un
altro rispetto a quando ci vedevamo a scuola.
- A scuola non ti è mai capitato di
trovarti in pericolo di vita … - la prendo in giro,
ricordando la sua iniziale
paura di morire nel bosco, prima che la soccorressi.
- Doveva succedere tutto questo allora
per mostrarti per quello che sei realmente? - esclama aggrottando la
fronte.
- Tu non pensi di conoscermi nemmeno ora,
veramente.
- Si, è così. Ma ora siamo qui.
Quasi non crede alle sue stesse parole.
- Già. - sussurro guardando il materasso
per distrarmi dai suoi pensieri.
Sento comunque il suo sguardo addosso,
sento la tensione salire. Sento l’invitante calore emanato
dal suo corpo umido
e profumato. E’ sempre più insostenibile.
Ma non posso evitare di pensare cosa è
successo l’ultima volta che mi trovavo a dividere con una
ragazza lo stesso
letto. Per un attimo chiudo gli occhi e rivedo quelle maledette macchie
rosse.
Lyla percepisce il mio mutamento d’umore.
- Mi sbagliavo. Io sono qui. -
dice delusa.
Ha capito che con la mente sono altrove.
Però non può comprendere il motivo della mia
improvvisa, profonda tristezza.
Pensa che non ha mai visto nessuno con un’espressione come la
mia ora. Comincia
a sentirsi fuori luogo. Non sa come comportarsi e l’idea di
non aver ancora
capito che tipo sono le fa quasi paura.
Mi vede “sbagliato” finalmente, troppo
lontano e diverso da lei: il mio dolore è un enigma
inquietante per lei. Si
sente superficiale e comincia a trovare inutile continuare a sperare di
avere
un rapporto con me.
- Io … io non so che ci faccio ancora
qui. Mi sento ridicola. Chissà che mi credevo. Mi stai solo
mettendo a disagio
comportandoti così. Magari sei … sei uno
psicopatico, che ne so?! - si ferma,
notando il mio disappunto.
- Lyla, calmati. Stai farneticando. Non
ti lasciare prendere di nuovo dal panico. - cerco di tranquillizzarla -
Ti do
il resto delle cose e ti riporto subito a casa, ok?
Lyla annuisce, ma non è convinta.
- Prendili come dei regali di Natale. Su
aprili. - proseguo, mettendo sul letto il resto dei sacchetti.
Con le labbra serrate, segno che non
gradisce, li prende e si dirige in bagno quando capisce che la maggior
parte di
questi contiene capi d’abbigliamento.
Ne esce dopo qualche minuto. Ho indovinato
la taglia dei vestiti - un paio di pantaloni neri, una camicia glicine
e una
giacca sagomata color grigio perla - e anche la misura degli stivali,
neri.
- Beh, direi che ora ho un pensiero in
meno: so cosa indossare alla laurea. - dice ironica, con una risata
nervosa.
- Troppo elegante per i tuoi gusti?
- No, va benissimo, figurati. Nemmeno
avresti dovuto. Grazie ancora.
- Di nulla. Hai fame?
- Non molta. Che altro c’è?
- Qualcosa da mangiare. Solo dei
cornetti alla crema, so che ti piacciono. E poi … Questo. -
rispondo passandole
una scatola grigia - Il tuo l’ho trovato, ma guasto. Quindi
…
- Ma sei matto?! Mi hai comprato anche
un cellulare? Ma avrai speso una fortuna! - esclama stupita rigirandosi
il pacco
tra le mani.
- Non è un problema, i soldi non sono un
problema per me. E non c’è bisogno di ringraziarmi
ancora. Né devi sentirti in
dovere di ricambiare in qualche modo.
- Avrei tanto voluto "ricambiare in
qualche modo" sino a pochi minuti fa. - dice stupendosi del fatto che
adesso non
vuole più farlo - Ho capito che non succederà,
né oggi né un’altra volta. Devi
avere una specie di repulsione per il sesso. Ogni volta che ci
avviciniamo ti
irrigidisci e fai facce strane.
Stavolta nelle sue parole non c’è
traccia d’ironia. La guardo cercando di scusarmi.
- Sei troppo strano. Non sei simile a
nessuno. Hai qualcosa che sento non riuscirei mai ad afferrare.
Mentre mi parla, lentamente, sposta gli
occhi su di me, da destra verso sinistra, dall’alto verso il
basso. Si sofferma
soprattutto sugli occhi, che vede inspiegabilmente parecchio
più scuri di come
li ricordasse.
- Sembri di un altro pianeta. Quale ragazzo
terrestre spenderebbe tutti questi soldi per una ragazza che conosce a
mala
pena? O non ci proverebbe con me adesso? - continua, guardandomi con un
sopracciglio alzato.
- Non so che genere di fidanzati hai
avuto, ma non credo di essere l’unico gentile su tutta la
Terra.
- Comunissimi. Sei tu quello insolito.
- Vogliamo andare adesso? - dico sbuffando
mentre mi alzo.
Lyla mi segue in silenzio, senza
togliermi gli occhi di dosso.