Libri > Harry Potter
Ricorda la storia  |      
Autore: Azumi    24/06/2004    3 recensioni
Gettò il giornale per terra e cominciò a misurare a grandi passi l'interno della cella, poi si lasciò scivolare nuovamente in un angolo. Si passò una mano tra i capelli e chiuse per un istante gli occhi. "È a Hogwarts... a Hogwarts" ripeteva in un sussurro, la mano sulla fronte ed infine la rivelazione.
Genere: Drammatico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Sirius Black
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Frantic

 

Frantic

 

Si trovava tra quelle fredde e tetre mura, sentiva solo il leggero gocciolare dell'acqua in lontananza mentre il senso d'impotenza, di nausea misto a disinteresse verso il resto del mondo lo avvolgeva. Il rantolo dei Dissennatori gli entrò nelle orecchie come un fastidioso sibilo, il respiro gli si fece di nuovo corto. La sensazione di sconforto ed infelicità profonda che sentiva nelle ossa, nelle viscere, nel cuore, ogni volta che passavano davanti alla sua cella era sempre più opprimente. A causa di quelle atroci creature doveva rivivere quel tremendo momento. La scoperta agghiacciante. Il rimorso per aver sbagliato, il sentirsi colpevole per quanto accaduto. I volti del suo migliore amico e di sua moglie sconvolti dal freddo velo della violenta morte. Il tradimento.

I pensieri, le sensazioni gli ruotavano in testa da giorni, mesi, anni, ma col tempo era riuscito a creare una specie di barriera al dolore che provava ogni volta che gli tornavano dinanzi agli occhi della mente; come se la cosa non lo riguardasse più, come se vivesse quei ricordi da esterno, da spettatore. Immagini di una vita che non gli apparteneva. Ormai non più. James e Lily erano morti e questo non poteva essere cambiato purtroppo. Era solo una dura realtà che aveva dovuto accettare; soltanto una cosa sembrava essere rimasta viva nel cervello... no, nessun ricordo felice, niente che riguardasse i momenti spensierati passati con gli amici cari scomparsi, ma un pensiero fisso, come un tarlo che continua a scavare e scavare nella materia grigia. Vendetta. Un volto che continua a perseguitarlo e dal ricordo del quale non vuole essere protetto... Peter... come aveva potuto? Come? Ma l'avrebbe pagata prima o poi. E sarebbe stato lui a presentargli il conto presto o tardi.

La luna faceva capolino perlacea nella notte nera e lugubre, nella sua forma quasi piena.

Quel giorno l'avevano portato via dal luogo dell'esplosione, mentre gridava come un forsennato e rideva, risa isteriche dovute all'assurdità della cosa, alla rabbia.

Loro erano amici. Erano amici fin dai loro primi anni ad Hogwarts, perché l'aveva fatto?

Loro sarebbero morti per lui! Se si fosse trovato in pericolo, se avesse avuto bisogno d'aiuto o protezione loro sarebbero stati lì, al suo fianco. L'avrebbero fatto per un amico. Ma avrebbero sbagliato.

Il loro Custode Segreto, se lo fosse stato James e Lily sarebbero stati ancora vivi, il piccolo Harry avrebbe avuto ancora i suoi genitori, lui non sarebbe stato rinchiuso ad Azkaban e probabilmente Remus non avrebbe perso tutti i suoi amici in una notte. Invece aveva pregato Silente affinché quell'incarico fosse dato a Peter, il loro amico Peter, ritenendo di fare la cosa giusta, mettendosi in pericolo per primo facendo credere a tutti che fosse lui il reale custode, il destinatario dell'Incanto Fidelius, in questo modo li avrebbe protetti, pensava, avrebbero inseguito e cercato lui, loro sarebbero stati al sicuro, Peter avrebbe continuato a tenerli nascosti... invece li aveva condotti a morte certa senza saperlo, senza poter far niente per impedirlo.

Questi ultimi pensieri erano andati via via affievolendosi man mano che il tempo passava, che le sue membra si raggrinzivano, che il suo cuore s'inaridiva. Niente gl'interessava più.

Il solo fatto di sapersi innocente probabilmente era l'unica cosa che lo teneva ancora in vita, che non gli fece perdere completamente la ragione.

Stancamente si lasciò cadere in un angolo della cella. La luna doveva essere ormai alta, la notte e le tenebre avevano avvolto ogni cosa rendendola fredda e quasi senza vita, così come tutti gli ospiti di quell'oscura dimora. Mentre si lasciava scivolare in un sonno inquieto, con un senso di amarezza che si faceva sentire sempre di più in tutta la sua pesantezza, colse dei gemiti, urla lontane di uomini e donne che i Dissennatori si divertivano a torturare. Ogni notte quello era il saluto che i prigionieri davano al resto del mondo dei maghi. Che fossero stati innocenti o meno, vittime o carnefici, tutti urlavano nel sonno.

 

Freddo. Una Sensazione di gelo che ti blocca irrimediabilmente il sangue nelle vene, che t'intorpidisce i sensi ancor prima che la coscienza della vita t'abbia investito la mente e ridestato dal sonno. Ormai lo conosceva anche fin troppo bene. Era quello il modo in cui si svegliava ogni mattina da anni.

Chissà che ore erano, si ritrovò a pensare, non che avesse molta importanza in realtà, ma quella domanda così semplice, forse insignificante, si fece lentamente strada nel suo cervello, scappando furtiva alle grinfie della pazzia che progressivamente si andava impadronendo del suo essere.

Si sciolse dalla posizione rannicchiata in cui aveva dormito, si mise seduto, le spalle al muro. Alzò lo sguardo e seguì il lento cammino di una goccia mentre percorreva, accarezzando la putrida e sozza roccia, parte del soffitto di pietra verdognola, per poi cadere ed infrangersi irrimediabilmente, senza possibilità di salvezza, sul pavimento poco lontano dal suo piede.

Chiuse nuovamente gli occhi poggiando il capo alla parete.

Sono innocente.

Di nuovo il freddo pungente.

Sono innocente.

Echi di grida lontane che si fanno sempre più forti.

Sono...

Il respiro si mozza in gola.

... innocente.

Le mani portate sulle orecchie si stringono intorno alla testa.

L'infelicità profonda che sembra non avere mai fine, s'avvinghia alle stanche membra.

E' quello che fanno i Dissennatori. Svuotano di tutto ciò che è buono l'aria che li circonda; speranza, pace, felicità scompaiono al loro passaggio e non restano che malvagità, tristezza e disperazione. Le peggiori esperienze della tua vita vengono rievocate e mentre tu combatti con esse, loro, i Dissennatori, esultano, si agitano, fremono per la decadenza che subisce la tua anima, i loro poteri la riducono a brandelli laceri, finché questa non t'abbandona. Per sempre.

No. Io sono innocente. Questo non potete portarmelo via. Io sono qui ingiustamente.

Freddo. Sempre più freddo.

No. Non ce la farete.

Gli occhi spalancati, lo sguardo fisso su un punto preciso. Un paio di putride mani, coperte di croste, avevano afferrato le barre d'acciaio della cella. Il mantello logoro fluttuava mosso da un vento invisibile, lo stridio di un rantolo si faceva sempre più forte, più vicino. Un altro di quegl'esseri maledetti si stava avvicinando, allungava le mani tendendole in avanti come a volerlo afferrare.

Era quasi al limite, ma doveva tentare. Non l'avrebbero reso pazzo. Si sarebbe aggrappato a quell'unico pensiero che non erano in grado di strappargli e sarebbe andato avanti.

L'ultima disperata possibilità si materializzò nella mente ormai allo stremo: la trasfigurazione. Era debole, molto debole, chissà se il suo corpo già abbastanza provato, avrebbe retto allo sforzo fisico cui avrebbe dovuto sottoporlo.

Nonostante il gelo che sentiva nelle ossa, gocce di sudore gli rigavano il volto ormai scavato dal tempo. Si alzò in piedi, gli occhi chiusi, perse per un attimo l'equilibrio prima di assumere una perfetta posizione eretta, mentre nelle orecchie al roco rumore prodotto dai Dissennatori, si univano i mormorii sconnessi dei suoi vicini di cella, qualche voce acuta che inveiva contro un'invisibile nemico.

Respirava affannosamente, il petto coperto dalla grigia e sudicia veste da carcerato si alzava ed abbassava ritmicamente, mentre cercava di mantenere fermo il pensiero sulla propria innocenza e la voglia di vendetta.

Provò a trasformarsi.

Prima il volto si trasfigurò assumendo le fattezze del muso di un cane, sulla pelle tirata del viso cominciarono a crescere, in modo accelerato, peli neri ed ispidi che lo ricoprirono completamente. I denti si allungarono all'interno della bocca e mentre si accucciava di nuovo in un angolo, anche il resto del suo corpo mutò, gambe e braccia divennero grosse zampe scure. Gli occhi grigi puntati fissi su quelle creature di tenebra.

I Dissennatori non vedono, vanno verso le persone captando le loro emozioni e quelle che adesso percepivano erano meno complesse. Meno umane.

Quegl'esseri non hanno occhi, hanno solo un'enorme bocca e quando la spalancano su di te e ti baciano, è in quel momento che capisci che esiste qualcosa di peggiore della morte. Ci sei, esisti, ma la tua anima, la tua coscienza, quello che sei, se ne sta lentamente andando via e non tornerà mai più.

Forse soddisfatti per quello che avevano avvertito, credendo che la loro vittima stesse finalmente iniziando a perdere la ragione come tutti gli altri prigionieri, i due Dissennatori si scostarono dalla cella e fluttuando si allontanarono.

L'aria si fece meno pesante, il silenzio, rotto solo da qualche sibilo lontano, meno opprimente e Sirius tornò di nuovo ad essere umano.

Adesso ansimava e in modo più accelerato, lo sforzo era stato notevole, si sentiva ancora più debole di prima, ma aveva capito che l'essere un Animagus, insieme a quel pensiero cui poteva ancorarsi, gli avrebbe permesso di sopravvivere senza perdersi nell'oblio della follia.

 

**

 

"Tutto bene Signor Ministro."

"I Dissennatori?"

Parole. Gli occhi erano chiusi, la mente ancora assente, ma sentiva distintamente parlottare in lontananza e non erano le solite sconnesse frasi dei poveri pazzi che abitavano le celle vicine. E poi quella voce la conosceva bene.

"Fanno il loro dovere. O meglio, per loro più che altro è un piacere, come lei ben sa."

"Bene, bene. Nessun problema quindi. E' una fortuna per il Ministero poter contare sul loro aiuto per tenere sotto controllo questi pericolosi criminali."

Sentì scattare una serratura, una porta aprirsi cigolando.

Rumore di passi.

"E dimmi mio caro, come va con il sorvegliato speciale?"

Vicini.

Sempre più vicini.

"Black? Come sempre Ministro. Sorvegliato giorno e notte dai Dissennatori, come avevate ordinato. Non è cambiato niente dalla vostra ultima ispezione. Anzi è piuttosto calmo direi... anche troppo normale".

"Andiamo! Suvvia adesso! Normale! Non scherziamo!"

Parlavano di lui. E così Il vecchio Caramell era tornato di nuovo a fare la sua ispezione.

Questo significava che almeno per un po' i Dissennatori non si sarebbero fatti vivi.

Trasse un lungo sospiro dall'angolo buio della sua cella, la schiena che aderiva alla nuda roccia, la testa reclinata su un lato poggiava sulla parete di fianco, una gamba piegata su cui posava un braccio, l'altra lasciata distesa.

"Lo vedrà con i suoi occhi Ministro. Siamo arrivati. Ecco la sua cella."

Il Ministro della Magia, Cornelius Caramell, se ne stava di fronte alle sbarre, con il suo lungo mantello gessato che copriva un completo verde bottiglia, la bombetta calata perfettamente sulla testa e, probabilmente, l'ultima edizione della Gazzetta del Profeta sotto braccio.

Sirius sollevò leggermente il capo e guardò quell'uomo piuttosto corpulento con sguardo stanco e assente, ma Caramell notò che nei suoi occhi grigi c'era una luce diversa da quella che aveva colto negli altri detenuti e poi lui non se ne stava rannicchiato, le braccia a tenersi ferme le gambe al petto, dondolando e borbottando tra sé.

"Buongiorno Ministro"

La voce roca di Black, nonostante non avesse usato un tono di voce alto, sembrò riecheggiare nel silenzio sommesso come un tuono. Il Ministro ebbe un sussulto, era visibilmente scosso, non si aspettava certo gli rivolgesse parola.

"Ehm... b-buongiorno Black, sono qui per ..."

"Sì si... l'ispezione."

Sirius alzò completamente la testa e Caramell colse sul suo volto una smorfia annoiata.

"Ehm... sì, esatto." Il Ministro si voltò confuso nella direzione del suo accompagnatore come a cercare spiegazione, ma l'altro sollevò le sopracciglia rivolgendogli uno sguardo che sembrava ribadire Che le avevo detto?

"Quali novità dal mondo magico, Ministro?"

Sentire nuovamente la voce di Black lo fece girare di scatto meravigliato, come se non credesse possibile che il detenuto potesse nuovamente parlare.

"C-come?" azzardò.

Sirius sollevò la mano che penzolava sul ginocchio ed indicò stancamente il giornale.

"Ah... ehm... niente che dovrebbe preoccupare un prigioniero di Azkaban" rispose infine cercando di ostentare sicurezza.

Sirius non ebbe alcuna reazione, era tranquillo e non parve dar peso alla risposta del Ministro.

"Ha finito di leggerlo?"

"S-sì ho finito di leggerlo, ma cos..."

"Sa mi annoio un po' qua dentro, mi mancano terribilmente i cruciverba, non è che potrebbe...?" chiese interrompendolo, mentre usciva dall'ombra, avanzando verso le sbarre.

La luce della torcia adesso gl'illuminava il volto. La pelle era incredibilmente tirata sul viso coperto da una barba incolta, profonde occhiaie bluastre gli cerchiavano gli occhi che scrutavano stanchi, da dietro lunghe ciocche di sudici capelli neri, l'uomo che si trovava davanti a lui.

Caramell sembrava sempre più sconcertato, ma pensò che non ci fosse niente di male nel consegnargli il giornale. Glielo porse, non riuscendo comunque a nascondere una certa riluttanza. Era snervante per lui trovarsi davanti a Black che gli parlava così pacatamente, come se in tutti quegli anni i Dissennatori non avessero avuto su di lui che un misero effetto.

"Grazie, almeno così non rischio di morire di noia" rispose Sirius prendendo il giornale.

"B-bè adesso sarà meglio continuare il giro. Non è vero?" chiese Caramell all'altro mago rimasto in attesa alle sue spalle, con un tono che non poteva che lasciare intendere una sola risposta.

Il mago annuì.

"Ehm... bene... allora... arrivederci Black"

"Arrivederci Ministro. Torni pure quando vuole tanto... io sono qui."

I due maghi lo salutarono con un ultimo cenno della mano e si allontanarono, sentiva i loro passi pesanti sulla pietra, udiva le loro parole sempre più lontane, ma non si sforzò di capire cosa stessero dicendo, quasi non sembrò nemmeno sentire il chiudersi cigolante della porta. C'era qualcos'altro che attirava irrimediabilmente la sua attenzione; come una calamita attira a sé un chiodo di ferro, i suoi occhi erano rimasti incatenati ad una pagina del giornale in particolare, e non si trattava dei cruciverba.

Al centro del foglio c'era una foto, una foto animata che ritraeva nove persone, tutte coi capelli rossi. Suo cugino Arthur Weasley, sua moglie Molly, i loro figli e c'era anche... un topo. Avvicinò di più la foto al viso per osservarla meglio: al topo mancava un dito. Spalancò gli occhi.

Peter!

Quante volte l'aveva visto trasformarsi sotto i suoi occhi? L'avrebbe riconosciuto tra mille.

Lesse avidamente il trafiletto sotto l'immagine:

 

" [...] La famiglia Weasley trascorrerà un mese in Egitto, ma tornerà in tempo per l'inizio del nuovo anno scolastico ad Hogwarts, dove attualmente sono iscritti cinque dei sette ragazzi Weasley." *

 

Lui sapeva che Peter si nascondeva dai vecchi sostenitori di Voldemort; li aveva sentiti, quelli che erano lì ad Azkaban, urlare la notte, nel sonno, erano convinti che il doppiogiochista, la spia, avesse osato fare il doppio gioco anche con loro e con L'Oscuro Signore. Peter aveva informato Voldemort di dove si trovavano i Potter e là Voldemort era caduto. Avessero saputo che Peter era in realtà ancora vivo, sicuramente si sarebbero voluti vendicare.

Tutti quei pensieri gli snebbiarono il cervello. Tutto nella sua mente si fece chiaro e limpido. Sentiva un calore crescere progressivamente come se un fuoco si fosse acceso, non era una bella sensazione ma era ugualmente molto forte. Gettò il giornale per terra e cominciò a misurare a grandi passi l'interno della cella, poi si lasciò scivolare nuovamente in un angolo.

Si passò una mano tra i capelli e chiuse per un istante gli occhi.

"È a Hogwarts... a Hogwarts" ripeteva in un sussurro, la mano sulla fronte ed infine la rivelazione.

Harry!

L'ultimo dei Potter e colui che aveva consegnato i suoi genitori nelle mani del loro assassino erano insieme, a Hogwarts. Peter sarebbe stato nella condizione di agire libero ed indisturbato.  Avrebbe atteso il momento in cui gli fosse giunta notizia che il Lato Oscuro stava riprendendo potere, per fare la sua grande mossa. Se avesse consegnato Harry, nessuno avrebbe potuto tacciarlo di tradimento. Sarebbe stato riammesso nel gruppo con tutti gli onori. Soltanto lui sapeva che era ancora vivo, nessuno avrebbe potuto fermarlo.

Nessuno?

Non poteva permetterlo.

Di nuovo il freddo gelido della disperazione senza fine. I Dissennatori avevano ripreso il loro turno di guardia. Il Ministro della Magia doveva aver terminato la sua ispezione.

Sentiva però che quel gelo non lo colpiva più come prima. Quella fiamma che s'era accesa nella sua testa, quell'ossessione prepotente che gli aveva invaso completamente la mente, avrebbe fatto da schermo. Gli dava forza e quelle creature non avrebbero potuto portargli via quel pensiero.

Quella era la ragione per cui era riuscito a resistere dodici anni in quel luogo. Quello era il momento che aspettava e che era infine giunto. Presto avrebbe avuto la sua vendetta.

Il rantolo dei Dissennatori riempì l'aria, Sirius era debole ma ripeteva come una nenia senza musica sempre le stesse parole "È a Hogwarts... a Hogwarts".

Non era impazzito, tutt'altro. Era estremamente lucido, ossessionato forse, ma lucido.

La debolezza alla fine lo vinse. Lasciò che il sonno prendesse il sopravvento sulle sue stanche membra, ma questo non impedì alla sua mente di continuare a pensare a Peter, a Harry... a Hogwarts. E le parole che continuavano a ruotargli nella testa, vennero pronunciate anche dalla sua bocca con la solita inconfondibile voce roca, adesso molto simile al latrato di un cane.

 

**

 

Ci siamo.

L'occasione si sarebbe presentata di lì a poco. I Dissennatori gli avrebbero portato il cibo entro breve. Aveva notato che trasformato in cane, nonostante le sue dimensioni fossero piuttosto elevate, era comunque abbastanza magro da poter tentare di passare tra le sbarre della cella.

Anche quella volta quegl'esseri, avrebbero captato delle emozioni talmente diverse da renderli confusi quel tanto che bastava a mettere in atto il suo piano.

Doveva provarci, rischiando il tutto per tutto. La posta in gioco era troppo alta. In ballo c'era la vita di Harry e quella di molte altre persone, compresa la sua. E poi, si disse, avrebbe finalmente compiuto l'omicidio per cui era stato rinchiuso in quell'orrendo posto per dodici anni. La vendetta è un piatto che va gustato freddo e quello era il momento di farlo, il piatto si era raffreddato abbastanza.

L'aria si gelò in un istante e prima che i Dissennatori facessero la loro comparsa, si trasformò. Un nero, gracile e magro cane dal pelo irsuto apparve nel centro della cella. Scosse leggermente il muso, i grigi occhi chiusi per pochi attimi, mentre i Dissennatori aprivano la porta della cella e, fluttuando entravano, portando con loro il suo pasto, su un vassoio.

Si fece forza, pensando che poteva farcela, doveva farcela.

Scivolò alle loro spalle, silenzioso, il passo felpato.

I Dissennatori parvero non accorgersi di niente anche se sembravano piuttosto confusi. Alzò la prima zampa e la fece passare tra i cilindri metallici, poi il muso ed infine tutto il resto del corpo, finché non fu completamente al di là delle sbarre.

Non si voltò indietro a guardare, cominciò a correre, silenzioso, verso la porta che dava sulle scale; la porta che quella mattina aveva sentito cigolare all'arrivo del Ministro della Magia e che adesso spalancata, permetteva ai Dissennatori di fare il loro giro tra i vari piani della prigione. La sua cella era tra quelle più in basso nella costruzione di pietra, su quell'isola dimenticata da tutti.

Si lanciò nella risalita, non sentiva la fatica, non sentiva la spossatezza né il dolore, sapeva solo che doveva uscire da quel luogo ed il più presto possibile.

Svoltò un angolo, un brusio in lontananza, i rantoli infernali delle creature di tenebra annunciavano che stavano per arrivare. Si acquattò più che poté in una rientranza del muro, attese pazientemente che passassero, ignorando alcune voci che udiva soltanto nella sua testa, come risvegliate improvvisamente dal passaggio di quegli esseri.

Finalmente il freddo calò e seppe che poteva procedere. Saliva e saliva. I gradini, a quattro a quattro, correvano sotto le sue zampe; ogni volta che arrivava ad un piano e sentiva che i Dissennatori stavano per arrivare si nascondeva.

A Hogwarts...

Un piano e ancora un altro.

Peter...

Un altro ancora.

Hogwarts...

Quelle scale di pietra sembravano non finire mai.

Harry...

Quel pensiero ossessivo non l'abbandonò neanche per un attimo, continuava a correre, a salire scalini, a  correre e a salire, finchè alla fine, quasi senza rendersene conto, attraversò il portone che dava all'esterno.

Ad accoglierlo un cielo plumbeo, carico d'elettricità e la pallida luce della luna che fece in quel momento capolino da un nuvolone nero.

Alzò lo sguardo verso quella bianca palla lucente e per un attimo gli tornarono alla mente le avventure vissute da ragazzo, quando arrivava per Remus il triste momento di trasformarsi in lupo, quando loro rendevano quelle occasioni speciali, accompagnandolo per i boschi, per le montagne, a Hogsmeade. Ogni volta era fantastico ed ogni avventura migliore della precedente. Erano giovani, spensierati e non avevano problemi, né preoccupazioni.

Si risvegliò di colpo dal caldo torpore che gli aveva procurato quel ricordo. Da quando non ne aveva avuto uno così? Non se lo ricordava neanche più.

Purtroppo quello non era proprio il momento adatto per lasciarsi andare alla dolcezza dei bei ricordi, non poteva ancora dirsi libero, doveva attraversare prima quella distesa d'acqua a nuoto e raggiungere la sponda vicina.

Non poteva attendere oltre. I Dissennatori non c'avrebbero messo molto a capire che non era più nella sua cella.

Riprese la sua corsa, imboccando una discesa, quasi volando giù per il pendio. L'aria che gli sferzava il muso era sempre fredda, ma quello era un freddo diverso, un freddo pieno di vita.

Ansimava, la lingua leggermente penzoloni, ma non poteva fermarsi, non doveva, non ancora.

Saltava ogni piccola roccia che poteva intralciare la sua fuga, il terreno cominciava a farsi sempre meno erboso, più brullo. Poi terra ed infine sabbia.

Eccola finalmente. Davanti a lui si stagliava una scura distesa d'acqua. Si fermò un secondo come a valutare il da farsi, poi arretrò un poco, quasi a prendere la rincorsa, ed entrò con un balzo in mare.

Cominciò a nuotare.

Non doveva pensare alla stanchezza, non doveva pensare alla fatica, doveva solo continuare a muovere le zampe; finché avesse avuto fiato in corpo, finché i suoi muscoli avessero retto, finché non avesse toccato di nuovo terra, avrebbe continuato a nuotare.

 

A volte non ci si rende conto di quanto la disperazione possa rende forti, di quanto questa possa rendere capaci di affrontare le prove più incredibili e di superarle. Quando sono in gioco cose a cui teniamo davvero, persone a cui vogliamo bene, quando non si ha niente da perdere e tutto da guadagnare, quando il motivo per cui si lotta è più che valido e non c'importa come, in che modo, e quanto ci potrà costare, ma importa solo riuscire; è in quei momenti che ci si rende conto di quanto l'uomo sia un essere meraviglioso. Si scoprono risorse impensate, energie che non si credeva d'avere e tutto magicamente si compie.

 

Aveva raggiunto la sponda opposta. Non sapeva come c'era riuscito, ma ce l'aveva fatta. Si trasformò di nuovo in essere umano ed arrancò fino ad arrivare al bagnasciuga.

Si lasciò cadere stremato per la fatica, in ginocchio, sulla sabbia. C'era riuscito, c'era davvero riuscito; nessuno prima d'allora era stato capace di fuggire dalla prigione dei maghi, ma lui aveva compiuto quell'impresa. Strinse una manciata di sabbia con una mano e si poggiò il pugno alla fronte. Un paio di lacrime solitarie scesero a rigargli il volto, un tempo giovane e bello adesso coperto da lunghi capelli sporchi e arruffati, per scomparire subito dopo come se non fossero mai state versate.

Guardò di nuovo il cielo. Uno sguardo profondo, una luce diversa negli occhi, non vi si leggeva stanchezza, tristezza, o pazzia. Solo una grande forza e il fuoco della vendetta.

"Sto arrivando Peter..."

Nell'istante in cui pronunciò quelle parole, il tuono lanciò il suo grido nel silenzio della notte, il lampo vinse l'oscurità col suo bagliore e il cielo cominciò il suo pianto.  

   

Fine

 

* Citazione da "Harry Potter e il Prigioniero di Azkaban" © Warner Bros, J.K.Rowling e Adriano Salani Editori s.r.l. per la versione italiana.

 

Nota:

Il titolo della storia l'ho "preso in prestito" su suggerimento della mia socia Elivi, dall'omonima canzone dei Metallica  e quindi li ringrazio per la gentile "concessione".

Un grazie speciale ad Elivi, alla quale dedico questa storia. Si è sorbita questo parto della mia mente insana, senza lamentarsi, da quando non era che poche righe scritte di getto, sino alla fine e mi ha sempre spronata a mandarla avanti.

Devo dire che non è stato semplice scrivere questa storia. Sirius è davvero un personaggio complesso, di cui si sa molto e allo stesso tempo poco, ma mi ha da subito affascinato e per questo scrivere della sua prigionia ad Azkaban mi è sembrata una bella idea. Amo fare introspezione su certi personaggi, soprattutto se hanno un carattere così complicato e una storia intricata alle spalle.

Ho fatto spesso riferimento ai libri mentre scrivevo, perciò spero di essere stata il più precisa possibile e di non aver fatto errori. Se così fosse chiedo scusa. Nei libri non si fa menzione ad eventuali "custodi" ad Azkaban oltre ai Dissennatori, ma ho pensato che qualcuno ci dovesse comunque essere che li controllasse. È questo qualcuno che accompagna Caramell nella sua ispezione.

 

  
Leggi le 3 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: Azumi