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Autore: TheSlayer    04/11/2012    2 recensioni
Rebecca è una ragazza viziata di Los Angeles. Ha vissuto per tutta la sua vita in un'enorme villa a Beverly Hills ed è abituata a fare tutto quello che vuole senza nessuna conseguenza.
Quando organizza l'ennesima festa, però, sua madre la scopre e ne ha abbastanza. Per punizione la spedisce a vivere a Londra da suo padre, dove dovrà passare un'estate completamente diversa dal solito e dove incontrerà due ragazzi che le faranno perdere la testa. In tre mesi Rebecca dovrà cambiare vita e prendere una decisione importante: chi sceglierà tra Zayn e Harry?
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio, Un po' tutti, Zayn Malik
Note: AU | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Another World'
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Another World

Capitolo 2 - New Rules

“Harry, puoi mettere Lizzie a letto, per favore?” Chiese mio padre dopo cena. Passai tutto il tempo a concentrarmi su quello che avevo nel piatto e annuire vagamente quando mi facevano qualche domanda. Anche Harry disse a malapena due parole per tutto il pasto.
“Certo.” Rispose alzandosi dal tavolo e prendendo in braccio la bimba, che gli sorrise.
Mio padre ed Anne fissarono i loro sguardi su di me e, improvvisamente, mi sentii minuscola. Non mi vergognavo di aver fatto sesso con un ragazzo appena conosciuto. Non era certo la prima volta che succedeva. Però, in qualche modo, essere stata con il figlio della nuova moglie di mio padre suonava sbagliato. Molto sbagliato.
“Becca, dobbiamo parlare delle regole di questa casa.” Iniziò mio padre. Sbuffai, pensando che tanto le regole esistevano per essere infrante, no? E poi mio padre avrebbe passato tutto il giorno al lavoro, non avrebbe mai scoperto nulla.
“Prima vorrei farti una domanda.” Lo interruppi, pensando a quello che era successo al pub. “Che fine hanno fatto le mie carte di credito?”
“Io e tua madre abbiamo deciso di ritirartele. Una delle regole è proprio sulla questione.” Mi rispose mio padre, mentre Anne annuiva al suo fianco.
“Sentiamole.” Dissi, rassegnandomi. Una regola sulle mie carte di credito non poteva portare a nulla di buono.
“Durante i tre mesi in cui starai qui, lavorerai.” Disse mio padre.
“Scusa?” Chiesi, incredula. Avrei dovuto lavorare? La prossima regola sarebbe stata quella di pulire la casa?
“Devi imparare a prenderti delle responsabilità, Becca.” Continuò mio padre. “Tua madre e io siamo convinti di averti lasciato troppa libertà in questi anni. Sei sempre stata libera di fare tutto quello che volevi e questo non va bene. Da oggi lavorerai e potrai spendere solo quello che guadagnerai.”
“Qualcuno mi svegli.” Mormorai, chiudendo gli occhi. “E cosa dovrei fare?” Chiesi dopo qualche secondo.
“Per il momento farai la baby sitter per alcuni amici di famiglia. Nel frattempo potrai cercare qualcos’altro, come la commessa in qualche negozio o la barista da Starbucks o la cameriera in qualche ristorante.” Mi rispose.
Strabuzzai gli occhi alle possibilità: odiavo i bambini, non ero in grado di trasportare un piatto dal bancone al tavolo senza rovesciare qualunque cosa ci fosse dentro e, soprattutto, non avevo intenzione di abbassarmi a vendere vestiti. Ero io quella che spendeva soldi nei negozi.
“Inoltre, durante la tua permanenza, non potrai portare ragazzi a casa e avrai un coprifuoco.” Aggiunse mio padre.
“Certo, il prossimo passo è il convento?” Ribattei con sarcasmo.
“No, il prossimo passo è il collegio.” Rispose, serio.
“Mi stai dicendo che passerò l’estate a lavorare e che non ho il permesso di avere una vita sociale, altrimenti verrò spedita in collegio?” Chiesi, incredula.
“Esattamente. E’ davvero ora che tu cresca, Rebecca. Hai diciotto anni e dovresti essere matura, invece ti comporti ancora come una ragazzina. Un’ultima cosa.”
“Fammi indovinare, non potrò nemmeno parlare con un ragazzo?” Chiesi.
“No, puoi ovviamente avere degli amici, ma preferirei se tu non avessi relazioni romantiche in questi tre mesi. Tua madre mi ha parlato delle tue avventure a Los Angeles e vorrei che tu capissi che quello che fai è pericoloso.”
“Uh, infatti sto tremando di paura.”
“Rebecca!” Mi richiamò mio padre. “Non tollererò più questo atteggiamento, sappilo. D’ora in poi ti comporterai bene con me e con Anne. E non voglio che tu beva o assuma droghe.”
“Non mi sono mai drogata.” Risposi.
“Ma so benissimo che ti piace bere troppo.”
Roteai gli occhi al cielo e fissai lo sguardo su una piega della tovaglia davanti a me. Stavo vivendo un incubo, mi sentivo in prigione. E, soprattutto, non volevo seguire le stupide regole di mio padre.
“Non alzare gli occhi al cielo quando ti parlo.” Mi richiamò di nuovo mio padre. “E non sbuffare.” Aggiunse.
“Posso almeno respirare?” Chiesi.
“Rebecca, ti avverto: continua così e finirai in un collegio femminile sperduto nella campagna per i prossimi due anni della tua vita.” Mi minacciò. Mi morsi il labbro inferiore per resistere all’impulso di sbuffare.
“Posso andare a dormire adesso?” Chiesi, alzandomi dalla sedia.
“No, prima darai una mano a pulire la cucina.”
Avevo ragione, pretendevano anche che pulissi la casa! Mi avevano forse scambiata per un elfo domestico? Sentivo il bisogno di bere qualcosa o, almeno, di fumare una sigaretta. Senza dire una parola aiutai Anne a togliere i piatti dal tavolo e la aiutai a pulire.
“Ora puoi andare.” Mi disse mio padre. Non risposi e salii nella mia nuova camera, dove frugai nella valigia per trovare il pacchetto di sigarette che mi ero portata.

Aprii la finestra, mi sedetti sul davanzale interno e accesi la sigaretta. Inspirai la prima boccata di fumo e mi sentii meglio. Qualche minuto dopo sentii bussare alla porta ed entrò Harry.
“Ci mancavi solo tu.” Commentai. Almeno non era mio padre e non avrei dovuto spegnere la sigaretta appena iniziata. “Cosa vuoi?” Chiesi.
Harry si avvicinò alla finestra.
“Beh, almeno adesso so il tuo nome.” Scherzò. Non era divertente.
“Senti, quello che abbiamo fatto è stato divertente, ma se pensi che lo rifaremo ti sbagli di grosso.” Dissi.
“No, veramente volevo semplicemente parlarti. E beh, fumare non fa benissimo, sai?”
“E’ la mia vita, non la tua. Parla, ti ascolto.”
“Stavo pensando che siamo praticamente parenti, quindi è meglio se dimentichiamo quello che è successo.”
“Almeno su questo siamo d’accordo.” Dissi senza guardarlo. Ero impegnata a fissare un uomo con un cagnolino al guinzaglio sul marciapiede di fronte alla mia finestra.
“Rebecca?” Mi chiamò Harry.
“Cosa vuoi?”
“Cos’hai fatto per fare incazzare così James? Non l’ho mai visto così.”
“Mio padre non è un fan del mio stile di vita.” Risposi lentamente, giocando con la tenda. Ero nervosa per colpa del jet lag, delle stupide nuove regole di mio padre e per aver scoperto che il ragazzo del pub era sostanzialmente il mio fratellastro. E un altro milione di motivi che non avevo nemmeno voglia di cominciare ad elencare. “Forse avrebbe dovuto pensarci prima di trasferirsi dall’altra parte del mondo con la tua famiglia.” Aggiunsi, voltandomi per guardare Harry negli occhi. Lui abbassò lo sguardo e uscì dalla mia camera.

Finita la sigaretta mi alzai dal davanzale, chiusi la finestra e mi arrampicai sul letto. In California dovevano essere le due di pomeriggio, quindi avrei potuto videochiamare Rachel e vedere finalmente una faccia amichevole. Accesi il computer, entrai su Skype e chiamai la mia amica.
“Becks!” Urlò quando mi vide apparire sullo schermo.
“Rach!” Risposi.
“Tesoro, cosa ti è successo?” Mi chiese, studiandomi con un’aria quasi disgustata.
“Piove. I miei capelli non amano l’umidità.” Dissi prendendo in mano una ciocca e guardandola. Una sola giornata in Inghilterra aveva reso i miei capelli castani, di solito lucidi e lisci, gonfi e quasi crespi. Chissà cosa mi avrebbero fatto tre mesi!
“E non sei truccata.”
“Ero fuori senza ombrello.” Risposi alzando le spalle. “Come stai?”
“Bene, ma mi manchi! Beverly Hills non è la stessa cosa senza di te.”
“Non puoi avere idea di quanto mi manchi tutto. Questo posto è un inferno.”
“Immagino.” Disse Rachel e notai che stava guardando qualcosa al di là dello schermo.
“Tutto ok?” Le chiesi.
“Sì, sì, non preoccuparti. Dicevi?”
“Che questo posto è un inferno, mio padre mi ha dato diecimila regole e… ho fatto una cazzata colossale.” Confessai. Volevo raccontarle di Harry e della scappatella nei bagni del pub. Lei avrebbe saputo cosa dirmi. Mi avrebbe consigliato come comportarmi con il ragazzo.
“Sì, um… Tesoro, non offenderti, ma sono in ritardo per la festa in piscina di Mel e Adam mi sta facendo dei gesti orrendi perché devo muovermi.” Rispose Rachel, guardando di nuovo oltre al computer e alzando il dito medio a Adam, uno dei nostri amici. “Possiamo sentirci domani?” Mi chiese.
“Certo.” Risposi, abbassando lo sguardo.
“Okay, allora a presto! Mi raccomando, vai a fare qualche lampada o, quando tornerai, sarai talmente bianca che farò fatica a riconoscerti!” Esclamò Rachel e mi salutò con la mano. Non riuscii nemmeno a risponderle perché aveva già terminato la videochiamata. Mi ritrovai a salutare lo schermo del mio computer. Sospirai e decisi di andare su Facebook per dare un’occhiata a quello che dicevano i miei amici. Vidi le foto della festa che avevo organizzato prima di essere spedita in Inghilterra e sorrisi tra me e me. I commenti confermavano quello che pensavo: i partecipanti dicevano che quello era stato il party dell’anno. Qualcuno si chiedeva che fine avessi fatto. Sentii un nodo allo stomaco quando lessi la risposta di Rachel.
“Sua madre l’ha spedita in riabilitazione in Inghilterra.” Aveva scritto.
“Beh, per forza, ho sentito che Nick l’ha messa incinta. Sono sicura che partorirà in Inghilterra e tornerà facendo finta di niente.” Aveva risposto Melanie, la ragazza che aveva organizzato la festa in piscina alla quale stava andando Rachel.
“Sempre che sia di Nick. Chi lo sa di chi è veramente?” Seguì la risposta di Emily, un’altra delle nostre amiche. Sempre che si potessero definire amiche, a quel punto. Mi morsi il labbro inferiore per non piangere. Mancavo da Beverly Hills da un giorno e i miei “amici” avevano già cominciato a sparlare di me. Ma quella che mi aveva ferita più di tutte era Rachel. Lo sapeva benissimo che ero da mio padre, perché aveva messo in giro la voce che fossi in riabilitazione? Su Facebook, poi, dove sapeva che potevo benissimo leggere.
Spensi il computer e lo allontanai da me. Sapevo che avrei dovuto dormire, ma non avevo minimamente sonno. Per il mio corpo erano le due di pomeriggio e, avendo dormito per gran parte della giornata, non riuscivo ad addormentarmi. Provai a leggere e a rilassarmi ascoltando musica, ma non riuscii a chiudere occhio per ore.

   
 
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