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Autore: Julia of Elaja    04/11/2012    4 recensioni
Fantasy-Crossover
Elaja: splendida isola in un universo parallelo al nostro.
Un tiranno la governa da secoli e il popolo è stremato, nessuno riesce più a vivere serenamente; la speranza di tutti è riposta nella profezia della ninfa Dedale e tutti aspettano il giorno in cui i quattro terrestri arriveranno a salvare l'isola dal declino.
Siete pronti a vivere un'avventura mortalmente divertente?
Allora questa storia fa per voi: eccovi il primo volume della Saga dei quattro re di Elaja!
I personaggi che troverete vi saranno familiari, ne sono certa... ;)
Buona lettura!
Genere: Avventura, Comico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Cross-over, Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Le avventure dei quattro re'
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I primi albori facevano capolino quando Giulia alzò il capo dalla scrivania; erano le cinque e mezzo del mattino e il sole iniziava a sorgere timidamente, squarciando il buio della notte con i suoi raggi. Stiracchiandosi, la ragazza si voltò a guardare i monitor dei computer accesi dietro di lei: facendo mente locale, ricordò che l'ultima azione fatta, prima di crollare per quella mezz'ora di sonno, era stata la compilazione di un certificato di invalidità e cercò di riportare alla mente altre eventuali incombenze. "Dovrei aver fatto tutto" si disse "Farò giusto un giro per controllare i due pazienti comatosi, poi saranno già le sei e arriveranno le mie colleghe". Si infilò il camice che aveva appeso ad un attaccapanni e uscì dalla stanza medici; la vita in reparto di geriatria era tranquilla, le notti erano sempre piacevoli e lei trovava sempre il tempo di riposare anche se solo mezz'ora. Sorrise però, entusiasta al pensiero del suo letto e della dormita che avrebbe fatto di lì a un paio di ore.
Legò i suoi lunghi capelli in una coda di cavallo, pulì gli occhiali e si diresse verso la camera del paziente del letto 26.
Entrò in silenzio, rispettosa della calma di quella stanza; il paziente riposava sereno, e i monitor continuavano a registrare i vari parametri vitali.
"Tutto nella norma" pensò lei osservandoli, per poi guardare attentamente l'anziano signore che riposava ormai da tre giorni. Coma farmacologicamente indotto, ormai la fine era vicina per quell'uomo, dall'aspetto emaciato e provato. Malattia neuro-degenerativa e invalidante che lo aveva condotto alla fine dei suoi giorni. Con amarezza, Giulia sospirò pensando a quali sofferenze quel signore doveva aver passato.
Si sedette ad un angolo del letto, pensierosa: chissà se in futuro anche lei si sarebbe ritrovata ricoverata, in mano a giovani medici, in uno stato di coma profondo prima della fine; era una prospettiva che non le garbava affatto, ma la vita d'altronde non può sempre andare come si vuole.
Contemplando i lineamenti dell'anziano uomo, con la coda dell'occhio notò un movimento fuori dalla porta della stanza. 
"Chi è là?" chiese, guardando il suo orologio da polso; erano ancora le sei meno venti, era strano che le sue colleghe avessero anticipato il turno così presto. Si alzò per dirigersi fuori dalla stanza ma accadde qualcosa di inspiegabile: appena fuori dalla stanza non c'era il corridoio del reparto ma una distesa di erba, un cielo plumbeo a sovrastarla e tuoni che facevano tremare la terra sotto i piedi.

La prima cosa che pensò fu di stare avendo delle forti allucinazioni: c'era forse una fuga di gas e lei lo aveva inalato inavvertitamente? Perché non vedeva altre possibilità.

"Che diamine... cosa sta succedendo?" si ritrovò a urlare con voce stridula, perdendo l'equilibrio e cadendo a terra, su un terriccio umido che le sporcò camice e tutina verde. La circondava un paesaggio desolato, freddo, con l'aria carica di elettricità, fulmini che cadevano non troppo lontani e il vento a incresparle ancor di più i suoi capelli e che quasi le faceva volar via gli occhiali.

Con il cuore a mille per la paura, si voltò sperando di ritrovarsi nuovamente la stanza del paziente del letto 26: ma non vide nient'altro che la distesa erbosa estendersi senza limite davanti ai suoi occhi.
Era sola, nel nulla di un sogno lucido della sua mente.
E non aveva la minima idea di come poter fare per tornare indietro, di come poter tornare lucida e tornare a vedere il suo reparto.
"Aiuto" balbettò, guardandosi attorno; ma non c'era traccia di anima viva lì.
"Aiutatemi" urlò con voce più sostenuta "Vi prego, aiuto!".
Un fulmine cadde più vicino e lei urlò, mentre i tuoni iniziavano a squarciare l'aria, facendosi sempre più forti.
Si mise in piedi e, in preda ad un attacco di panico, iniziò a correre senza alcuna direzione, a perdifiato, con la paura che le faceva battere forte il cuore; il temporale sembrava correrle dietro ma lei faceva del suo meglio per distanziarsene.
"Non so che cosa mi stia accadendo" pensava, mentre sentiva le lacrime lambirle gli occhi.
In quella corsa frenetica urtò un ramo immenso gettato a terra e, cadendo, batté la testa. L'ultima cosa che vide fu un fulmine cadere a terra pochi chilometri più in là e avvertì le gocce di pioggia che iniziavano a caderle sul capo. Poi, fu il buio e il silenzio.

 

Quando riprese conoscenza, la prima cosa che Giulia percepì fu un calore piacevole che pervadeva il suo corpo.
Poi il dolore; una fitta lancinante alla testa, sulla fronte, le fece lacrimare gli occhi.
"La mia testa" borbottò, posando delicatamente una mano sulla fronte per capire la gravità del danno.
Ancora non voleva aprire gli occhi; capì però di trovarsi in posto al sicuro, forse proprio in reparto perché era più che sicura di trovarsi stesa su un letto in quel momento.
Sentì dei passi lì vicino a lei: "Rucubic, credo si stia svegliando".
Rucubic? Mai sentito un nome del genere. Forse stava ancora delirando? Il suo cervello era impazzito improvvisamente? O forse le stava alterando tutte le percezioni sensoriali, per chissà quale assurdo motivo?

La voce che aveva parlato sembrava quella di una donna attempata; Giulia decise dunque di rischiare e aprì gli occhi, curiosa e impaurita.
Una donna le stava affianco e la osservava incuriosita; sembrava essere un po' avanti con gli anni, aveva i capelli argentati raccolti in un'elegante crocchia e indossava una veste lunga, la gonna gonfia color verde smeraldo.

"Dove mi trovo?" le chiese Giulia, massaggiandosi il capo dolorante "Non sono nel reparto?".
"Oh finalmente ti sei svegliata! Ero così in pensiero, vista quella ferita. Rimani distesa ancora un po', o faresti solo sforzi inutili. Hai perso molto sangue".
"Cosa mi è successo? E dove mi trovo, soprattutto?" insisté Giulia, iniziando ad agitarsi e cercando tracce di volti conosciuti. Ma guardandosi attorno realizzò di trovarsi in una casa interamente fatta in legno e muratura, con un fuoco scoppiettante acceso in un camino poco lontano dal letto dove era lei e un buon profumo di stufato a pervadere la stanza.
Sopraggiunse intanto un uomo  alto, con una bella pancia tonda e il viso rubicondo e gioviale. Era calvo ma aveva due folti baffi grigi.
"Allora, Nigal, sei riuscita a capire chi è questa fanciulla?" chiese l'uomo, avvicinandosi a Giulia e guardandola incuriosito.
 Sentendosi appellare in quella maniera così insolita, Giulia decise di stare all'erta; nessuno dei due la convinceva e ancora non era riuscita a realizzare dove si trovasse e chi fossero quei due.
"No Rucubic. Ma si è appena risvegliata, quindi ora ce lo dirà lei, immagino".
L'uomo si avvicinò a Giulia: "Io sono Rucubic, marito di Nigal! Lieto di fare la vostra conoscenza, signorina! Qual è il vostro nome?"
Guardandolo un po' interdetta, lei gli rispose: "Io mi chiamo Giulia".
Il sorriso sul volto dell'uomo sparì improvvisamente mentre la signora di nome Nigal replicava: "Come avete detto di chiamarvi?".
"Giulia!" esclamò l'uomo, con gli occhi quasi fuori dalle orbite, portandosi le mani sul capo, con fare allucinato.
La ragazza era confusa e spaventata da quella reazione; aveva solo detto il suo nome, cosa c'era di così assurdo?
"Sì, Giulia! Questo è il mio nome!" fece, con aria più irritata.
Nigal e Rucubic si guardarono, poi in sincronia si sedettero ai lati di Giulia, fissandola intensamente.
La ragazza iniziava ad avere paura: si era forse cacciata in qualche guaio?
Rucubic chiese: "Giulia, voi non siete originaria di Elaja... dico bene?".
"Elaja? Cos'è Elaja?".
"Elaja è l'isola su cui vi trovate ora, signorina! Qui siamo nella regione di Mors, precisamente nei pressi di Luguber! Come si fa a non conoscere Elaja?".
Giulia cercò di sforzarsi: non era mai stata un asso in geografia, quello bravo era suo fratello Luca, non lei! Ma il nome Elaja non le riecheggiava assolutamente nulla.
"Andiamo per gradi" cominciò quindi "Non siamo in Italia, giusto? Forse questa Elaja non sarà mica un'isola tropicale? Anche se non ha propriamente quell'aspetto".
Rucibic e Nihal sembravano essere al settimo cielo, continuavano a spostare lo sguardo dalla ragazza ai loro volti sorridenti; poi, improvvisamente, si rimisero in piedi.
Giulia era sinceramente impaurita: cos'era quella storia? Elaja? Forse quei due erano semplicemente due matti e lei era capitata nella tana del lupo? O forse era stata drogata e rapita da quei due strani personaggi?
Doveva fuggire al più presto; si convinse definitivamente del fatto che fossero due malati di mente quando entrambi, in sincronia, si inginocchiarono davanti a lei con fare adorante.
"Che cosa significa questo?"chiese, guardandoli stranita, iniziando a mettersi seduta sul letto per prepararsi ad una eventuale fuga.
Rucubic rispose con solennità, sempre rimanendo inchinato: "Perché voi, Giulia, sarete la nostra salvezza. Voi siete colei che ci salverà da Azur. Siete una dei quattro futuri re! E, precisamente, la regina suprema!".
Giulia chinò il capo da un lato: era lampante come il sole, la questione: era in compagnia di due pazzi, forse scappati dal reparto di psichiatria.

   
 
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