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Autore: Julia of Elaja    04/11/2012    8 recensioni
Fantasy-Crossover
Elaja: splendida isola in un universo parallelo al nostro.
Un tiranno la governa da secoli e il popolo è stremato, nessuno riesce più a vivere serenamente; la speranza di tutti è riposta nella profezia della ninfa Dedale e tutti aspettano il giorno in cui i quattro terrestri arriveranno a salvare l'isola dal declino.
Siete pronti a vivere un'avventura mortalmente divertente?
Allora questa storia fa per voi: eccovi il primo volume della Saga dei quattro re di Elaja!
I personaggi che troverete vi saranno familiari, ne sono certa... ;)
Buona lettura!
Genere: Avventura, Comico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Cross-over, Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Le avventure dei quattro re'
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Una tranquilla mattinata, una di quelle di inizio estate, con il caldo che iniziava a farsi sentire e il cielo terso poteva nascondere un cambiamento così stravolgente nella vita di tre ragazzi?

Sì. Poteva.
Nicola, steso su un divano, fissava il soffitto con espressione vacua e ripensava alle parole di sua madre, che quella mattina gli aveva detto, con orgoglio, di essere felice perché lui si stava realizzando e che le sembrava quasi impossibile di aver cresciuto un figlio che si fosse realizzato in tale maniera. Sospirando, realizzò che era ormai lontano da casa sua da qualche anno proprio perché aveva deciso di dedicarsi agli studi universitari in una città diversa e tornava a trovare i suoi genitori e la sua famiglia appena riusciva; un po' gli mancava la routine prima dei suoi studi universitari. Era cambiato tutto, lo capiva dalle rughe nel sorriso della mamma, dai capelli bianchi del padre, dal fatto che ora apprezzasse il cioccolato fondente e il vino rosso e che detestasse le chewing-gum. Era cresciuto, forse troppo in fretta.

Si voltò e con sguardo assorto fissò per qualche istante i suoi cugini, Myriam e Luca che discutevano e ridevano assieme; decise di unirsi a loro e di lasciar stare i suoi pensieri per un po'. "Tutto bene?" gli chiese Myriam, notando la sua espressione pensierosa: le fece un cenno con il capo, poi intervenne Luca a chiedergli "Questa sera pensavamo di andare a mangiare una pizza assieme;  ci staresti?".

"Ci penso e ti dico più tardi" gli rispose "Devo sentire prima  un amico, dovremmo decidere assieme per un...".

Un rumore cupo, simile ad un boato, o forse un tuono li fece sobbalzare; Nicola si interruppe e rimase per qualche istante paralizzato, alla ricerca della fonte di quel suono. Myriam si avvicinò alla finestra e guardò il cielo, ma nemmeno una nuvola passava in quel momento.

"Sarà stato un jet" propose Luca con fare non troppo convinto; ma Nicola taceva, gli occhi sbarrati e le labbra leggermente socchiuse, un'espressione a metà tra il sorpreso e lo spaventato.
"Io credo venga da lì" mormorò appena, indicando un punto imprecisato dietro i due ragazzi; Myriam sobbalzò con fare isterico; al centro della stanza, nel pavimento, un buco nero delle dimensioni di un piatto da portata si continuava ad allargare ed estendere. 
"Cosa diamine è quella cosa?" sussurrò Luca, allontanandosi da quello strano fenomeno, seguito dagli altri due.
"Non so, ma direi di uscire di casa e chiamare qualcuno" propose Myriam, avvicinandosi alla porta e continuando a tenere d'occhio quella strana presenza. Il silenzio totale calò e nessuno dei tre osava proferire parola.

Nicola e Luca camminarono all'indietro verso la porta, sentendo i passi della cugina dietro di loro, attoniti per quella allucinante situazione; cosa era quella cosa nera? Che cosa stava accadendo?

E fu proprio mentre si ponevano questa domanda che si resero conto di essere scivolati giù, dentro una sorta di cratere buio; a quanto pareva, qualsiasi cosa fosse quella era riuscita a raggiungerli e a inglobarli. 

La paura era subentrata, e i ragazzi si ritrovarono catapultati a grande velocità in una specie di condotto stretto e buio; si udivano solo suoni dei loro corpi che impattavano contro invisibili pareti  e ululati degni di un animale impaurito che altro non erano se non le loro urla.
Poi, d'improvviso, il silenzio. Erano fermi, gli occhi chiusi per la paura, immobili finalmente; Nicola poteva sentire la sua schiena poggiare su qualcosa di freddo e umido, che ad una prima impressione, accompagnata anche dall'olfatto, sembrava...

"Terra".
E aprì gli occhi.
Lo stupore fu troppo perché riuscisse a rimanere lucido; non era più nel salotto di Myriam, ma fissava un cielo nero, con tanto di saette che giocavano a rincorrersi tra quei nuvoloni.
Voltò appena il capo per capire su cosa fosse steso: terriccio bagnato misto a fanghiglia.
Si alzò con una certa difficoltà, sentendosi ancora intontito e fissando con fare attonito i suoi cugini.
"EHI!" cercò di urlare, ma non gli uscì altro che un suono roco e flebile.
"Tutto bene?".
Una mano più forte e sicura della sua gli fece da appoggio per aiutarlo ad alzarsi: era Luca che lo aveva raggiunto, dopo aver aiutato Myriam ad alzarsi.
"Dove siamo?" ebbe la forza di chiedergli.
Ma il cugino si strinse nelle spalle, con fare preoccupato e guardingo: "Cosa vuoi che ne sappia io. Non ne ho la minima idea. L'unica cosa che posso dirti è che non siamo più a casa".
"Che cosa diamine è successo?!" iniziò a urlare Myriam, avvicinandosi con passo spedito.
"Quel vortice... buco nero... qualsiasi cosa fosse, deve averci risucchiati. Ho capito solo questo" sussurrò Nicola.
"Ehi voi!".
Una voce maschile li richiamò, quasi a mo' di rimprovero: "Sì?" Luca si voltò a fronteggiare lo sconosciuto, il volto contratto dalla paura e dalla curiosità; soprattutto la prima.
L'uomo era basso, e di primo acchito si intuiva fosse un nano.
"State bene? Vi vedo alquanto scossi".
Nicola stava per rispondergli e chiedergli dove si trovassero ma prima ancora di poterlo fare Luca replicò all'uomo sconosciuto ringraziandolo per l'interessamento e dicendogli che andava tutto bene.
Il nano fece un cenno di saluto con il capo: "Siate prudenti, sta arrivando una tempesta. Dovreste andare in un posto sicuro" e si avviò verso un gruppo di casupole poco distante.
"Dovremmo seguirlo?" chiese Nicola "Lì mi sembra ci sia un centro abitato, anche se sono case decisamente particolari".

"Per particolari intendi uscite da una rappresentazione medioevale?" sbottò Myriam, con sguardo allibito, levandosi una ciocca di capelli castani e pieni di fango dal viso lucido e sudato "Luca, perché non gli hai chiesto dove accidenti ci troviamo?".
"Perché se io incontrassi qualcuno per strada che mi dicesse di essere appena arrivato da un altro luogo grazie ad un vortice, penserei che sia un matto e scapperei a gambe levate, o forse chiamerei la polizia dicendo di aver incontrato un gruppo di pazzi. Invece, noi vogliamo sapere dove siamo e non creare problemi a nessuno, quindi ora ci dirigeremo verso quello strano centro abitato e cercheremo di capire dove siamo. Ci sarà una piantina da qualche parte, con il nome della città, no?".
In un silenzio carico di nervosismo e tensione, i tre si avviarono seguendo a distanza il piccolo uomo.
"Avete notato" intervenne dopo qualche minuto Nicola "Gli abiti di quel nano?".
"Una casacca amaranto, pantaloni consumati verdoni e stivali in cuoio dall'aria malconcia" rispose prontamente Myriam.
"E voi avete mai visto qualcuno andare in giro così?".
"Sembrerebbe un contadino. Un abbigliamento alquanto inusuale però, fa molto stile Medioevo".
"Esattamente" fece eco Nicola "Medioevali".
Luca e Myriam lo guardarono straniti: "Si vede che devi aver sbattuto la testa nella caduta".
"Oh, insomma, guardate le case verso cui ci stiamo dirigendo!" sbottò allora il ragazzo "Vi sembrano del duemila?".
"Può darsi sia uno di quei paesini di montagna retrogradi dove non vogliono modernizzare nulla" fece presente Myriam.
"Oppure siamo in un parco a tema".
"Io non vedo turisti" replicò Nicola.
"Allora adesso scopriremo di che si tratta".
Erano arrivati davanti ad un grosso cancello in ferro battuto, pieno di ruggine, che era spalancato davanti ai loro occhi: e videro.
Cavalli con carri, uomini e donne che si affrettavano verso le proprie case; le donne con ampie gonne lunghe, grembiuli allacciati, corpetti stretti e cuffiette di lino sul capo, a coprirlo. E gli uomini vestiti con abiti decisamente appartenenti ad un'altra epoca. 
La pioggia intanto iniziava a scendere: grosse gocce stavano infradiciando i tre cugini, mentre un vento gelido sferzava loro il viso.
"Avanti, finiscila di mugugnare e sbrigati, altrimenti diventeremo fradici!" sbuffò qualcuno lì vicino.
Myriam si voltò al suono di quella voce, che le era chissà per quale motivo molto familiare.
"Ho freddo e fame! Andiamo da Clivius a bere qualcosa di caldo!" rispose l'altro, imbronciato.
"S-si per f-favore! Andiamo a mangiare qualcosa!!" rispose un altro, poco più dietro.
E capirono; il primo a parlare era stato proprio il nano che avevano incontrato poco prima. E, dietro di lui, altri sei uomini, piccoli come lui, camminavano coprendosi alla men peggio dalla pioggia.
"Molto bene, andiamo da Clivius allora! Il suo pane è il migliore e le bevande non sono niente male!" fece il primo e si diressero tutti verso una capanna poco distante.
"Li avete visti?" esclamò Myriam rivolta ai suoi due cugini, mentre questi parlottavano fra di loro.
"Visto cosa?" Nicola guardò Myriam con fare preoccupato.
"Il nano di prima era assieme ad altri sei, nani come lui!" urlò quasi la ragazza "Non lo trovate... strano? Sette nani tutti assieme?".
Luca le rispose ridendo con fare isterico "Myriam, tu non trovi strano il fatto di essere qui e non nel tuo salotto?".
"Non so cosa stia succedendo a noi tre, ma so per certo che qui qualcosa non mi torna!" urlò ancora più infastidita quella.
Qualche passante, incuriosito dal vociare, osservava i tre ragazzi, nonostante la pioggia ora fosse diventata insistente; un uomo in particolare sembrava alquanto interessato e si era fatto più vicino, il cappuccio abbassato sul volto.
Era un uomo basso, ma di certo non un nano; grassoccio, con una camminata un po' affaticata, si schiarì la voce per annunciare la sua presenza ai tre ragazzi.

"Permettete? Mi sembrate in difficoltà" esordì, esponendo il viso a quella fioca luce del giorno che traspariva dalle nubi: barba rada e una chiazza di capelli mancanti al centro del capo, naso e gote rosse e occhietti porcini, sembrava a prima vista quasi più impaurito lui dei tre cugini.
"Voi siete stranieri, vero?".
Nicola annuì, beccandosi un calcio sugli stinchi da Luca. "Lascia fare a me" sillabò appena il cugino, ma lui, imperterrito, continuò:
"Sì, siamo stranieri! In tutta sincerità non sappiamo né come ci troviamo qui, né che posto sia questo!!".
"Idiota" borbottò Luca nascondendosi il volto con una mano.
"Capisco" annuì l'uomo "Forse potrei esservi di aiuto! Io sono Callutius, per gli amici Cal"; l'uomo si guardò attorno, poi si schiarì la voce e cominciò:
"Vi trovate a Mors, capoluogo della provincia omonima. In quanto al come siete arrivati qui, be' se non lo sapete voi, non capisco davvero come potervi aiutare! Avete viaggiato con cavalli? Navi? Volando?" chiese l'uomo.
I tre scossero la testa.
"Che diamine è Mors?" sussurrò Myriam a Luca.
"Non ne ho la minima idea" rispose quello, giusto in tempo perche Cal aveva ripreso a parlare: "Siete forse dei maghi?".
"Maghi?" Luca strabuzzò gli occhi "Ma la magia non esiste!".
"Lasciate fare a me" Myriam si fece avanti e spinse via i due cugini: "Allora, eravamo a casa mia... e il vortice... no, no, un tuono ci ha fatti...".
"Signorina, non riesco a capire cosa mi stiate cercando di dire!"
"Allora, spiego io!" Nicola si fece nuovamente avanti e sembrava fuori di sé "Eravamo a casa di lei!" indicò Myriam con fare esasperato "Quando abbiamo sentito uno strano rumore. E abbiamo trovato una specie di vortice nel salotto che ci ha risucchiato... e poi ci siamo ritrovati qui! Ecco tutto!".
Cal si grattò il mento, e li squadrò dalla testa ai piedi.
"Quindi, vi siete teletrasportati. O meglio, siete stati teletrasportati. E non siete originari di Elaja, vero?".
"Cos'è Elaja?" chiese Luca, quasi spazientito.
"Elaja è l'isola su cui vi trovate ora! Ha tante regioni al suo interno, e voi vi trovate in quella di Mors in questo momento, con l'omonimo paese capo regione. Poi c'è la regione di Solex, Lunar, Marinus, Montuli e Regis. Nella regione di Regis si trova la capitale, omonima dell'isola: Elaja!".
I tre cugini erano sbalorditi; Luca esclamò, in preda ad una crisi isterica: "Elaja è un nome inventato! Non esiste nessun isola di nome Elaja sul pianeta Terra!"
"Esiste un pianeta di nome Terra?" chiese l'uomo, visivamente incuriosito e per certi versi un po' eccitato.
"Ma, ma noi... oh, accidenti, dove diamine siamo?!" urlò Myriam, in preda al panico più totale.
"Siete ad Elaja! Ma non siete sul vostro pianeta! Io non so come potervi aiutare" si fermò d'improvviso, come se avesse appena avuto un'illuminazione "A meno che voi non...".
"Ehi, va tutto bene amico?" chiese Nicola, vedendo l'uomo farsi paonazzo.
Ma Cal esibì un grande sorriso: "Credo di caver capito tutto. Seguitemi, so come potervi aiutare!".
Cominciò a camminare a passo svelto, diretto verso una piazza lì affianco.
"Che facciamo, lo seguiamo?" chiese Nicola con fare sospettoso.
Ma Myriam era già partita a passo svelto dietro all'uomo, commentando "Tanto peggio di così non potrebbe andare!".
Luca e Nicola la rincorsero quando ormai lei e Cal si erano fermati davanti ad una piccola casa con una porticina intarsiata in legno.
"Ditemi, prima che io bussi: voi tre siete forse cugini?".
Myriam e Nicola annuirono; Luca rimase invece in silenzio, diffidente.
"E per caso uno di voi ha una sorella più grande?".
"Sì, Luca ha una sorella più grande" fece Nicola, beccandosi un altro calcio sugli stinchi e un'occhiataccia da parte del cugino che sillabò "Taci!".
Cal si sfregò le mani con aria soddisfatta: bussò tre volte, con tre colpi secchi e netti. Dopo circa cinque secondi si aprì una finestrella al centro della porta.
"Cal?".
"Apritemi, ora! Ho una grande notizia!" disse sottovoce Cal, il tono decisamente euforico.
Si sentirono dei rumori di catenacci, poi la porta venne spalancata.
"Venite!" Cal fece segno a Myriam Luca e Nicola di entrare; Luca non era molto convinto, ma pur di restare con i suoi cugini li seguì di malavoglia dentro.
Una volta entrati, la porta venne immediatamente chiusa alle loro spalle: si trovarono in una stanza buia, angusta.
Un misero piatto di qualcosa di simile a delle lenticchie, ma di più grandi dimensioni, stava al centro di un tavolo, e attorno a loro li circondavano alcuni uomini e delle donne sedute silenziose nella semioscurità della stanza. 
"Allora Cal, cos'è questa storia?" chiese un uomo alto, slanciato e muscoloso.
"Sono loro. La profezia si è avverata! Sono loro!" urlò Cal, indicando i tre ragazzi dietro di lui.
Tutti si girarono a guardarli; Luca si stava irrigidendo sempre più, pronto a difendersi nel caso quegli sconosciuti avessero avuto cattive intenzioni.
"Io ne vedo tre, non quattro" fece l'uomo muscoloso, squadrando da capo a piedi i tre ragazzi e facendo spallucce.
"Ma Tiorin! Uno di loro ha una sorella di poco più grande! Devono essere loro! Si sono teletrasportati qui!" continuava Cal.
"Ci siamo teletrasportati involontariamente" sopraggiunse Nicola "In effetti è stato quel portale che ci ha risucchiati e mandati qui".
Tiorin ribadì quasi immediatamente: "Quali sono i vostri nomi?" chiese.
"Io sono Nicola."
"Myriam".
"Perché vuoi sapere i nostri nomi?" chiese Luca.
"Ditemi solo se il vostro nome è Luca".
"Ma sì che è Luca!" intervenne Myriam.
"E la ragazza che manca, come si chiama?" chiese ancora Tiorin.
"Giulia. Ed è la sorella di Luca" intervenne Nicola.
Luca li guardò in cagnesco: non capivano che non avrebbero mai dovuto dare così tante informazioni su di loro a dei perfetti sconosciuti?
Tiorin guardò prima Cal, poi gli altri presenti.
"Avete capito, vero, chi abbiamo qui davanti a noi?".
E in quel silenzio carico di gravità, i presenti tutti si inchinarono al cospetto dei tre ragazzi.
"Tre dei futuri quattro re sono qui nel nostro umile covo. Onore e gloria alla profezia e ai nostri re!" esclamò Tiorin, mentre gli altri presenti recitavano: "Onore e gloria!".
Myriam stava per scoppiare a ridere o forse a piangere, disperata e confusa; Nicola e Luca si guardavano, stupiti.
"Questa buffonata è durata fin troppo" sbottò Luca, urlando e serrando le mani a pugno.
"Noi non siamo re! Siamo tre ragazzi!" esclamò Myriam, esasperata "Tre idioti iscritti all'Università, non regnanti di chissà dove".
"Ne siete sicura? Voi, Luca, non vi siete chiesto come mai io sapessi il vostro nome?" Tiorin sorridendo raccolse intanto un piccolo specchio rotondo e lo porse a Myriam.
"Sarete degli stalker, che ne so!" rispose Luca con i nervi a fior di pelle.
L'uomo lo guardò interrogativo: "Perdonatemi, stalker cosa significa?".
Ma un urletto li distrasse entrambi:" Guardatemi!" stava urlando Myriam indicandosi "Non sono più la stessa! Guardate il mio viso".
Myriam sembrava sotto shock e Luca, osservandola con attenzione, capì il perché.
Era lei, certo, il suo viso era sempre quello, ma visibilmente cresciuta; i suoi capelli più folti e più lunghi, ribelli, e il volto più squadrato, la mascella più definita e lo sguardo più pesante.
"E anche voi... siete diversi" esclamò ; Luca strappò quasi di mano lo specchio alla cugina e si osservò con attenzione.

Era vero, anche i suoi lineamenti erano cambiati, i suoi capelli erano più lunghi e più chiari e aveva un'aria adulta e fiera.

"Siamo adulti!" sussurrò più rivolto a se stesso che agli altri.
"Esatto. Questo perché voi siete i nostri futuri re! Così sta scritto nella profezia!" spiegò Tiorin.
Nicola intanto tastava la sua barba, folta e riccia, in maniera compiaciuta.
"Cos' è questa storia? E di quale profezia stai parlando?" Luca si rivolse all'uomo di nome Tiorin.
L'uomo sorrise appena: "La ninfa Dedale, secoli fa, predisse l'arrivo di quattro ragazzi, da un altro universo e da un altro mondo, che avrebbero spodestato Azur il Malvagio e sarebbero saliti al trono. Giovani, di bell'aspetto e ammaestrati nell'arte della guerra. I vostri nomi da umani sono proprio quelli di quei quattro ragazzi che sarebbero poi diventati i nostri quattro re. Il destino si sta compiendo. Ora siete arrivati e finalmente ci libererete!".
"Ci avrete sicuramente confusi con qualcun altro! Noi di guerra non ne sappiamo nulla!" esclamò Nicola.
"Ma è impossibile! Dovete per forza essere voi!" rispose Tiorin, visibilmente deluso.
"Invece no!Siamo semplici ragazzi" sbuffò Myriam "E ora, per favore, ci direte come tornare a casa nostra?".
"Noi non ne abbiamo idea, mia signora" le rispose Tiorin con fare mortificato "Non sappiamo come farvi tornare al vostro mondo".
"Cosa?" urlò in preda alla disperazione la ragazza.
Calò il silenzio: Luca sbuffò, Nicola giocherellava nervosamente con la sua nuova barba e Cal sembrava voler scomparire nel muro al quale si era appoggiato.
"E così voi non sareste i re" esordì in quel silenzio una voce cupa.
Si voltarono: un uomo con un cappuccio grigio calato sulla testa stava lì in piedi e li fissava.
"Sì, vi siete fatti strane idee in merito!" rispose Luca con tono adirato.
Fu un attimo: l'uomo lanciò un coltellaccio in direzione dei tre ma il ragazzo, senza neanche rendersene conto, lo deviò con la mano sinistra, e il pugnale si conficcò alle loro spalle, nella porta.
"Luca!".
I due cugini lo stavano guardando a bocca splancata.
"Ti sei reso conto di quel che sei riuscito a fare?" mormorò Nicola, le mani tra i capelli.
"Se voi non foste stati i futuri re, a quest'ora quel pugnale vi avrebbe già passato da parte a parte!" esclamò l'uomo sconosciuto a gran voce "Dite di non essere pronti a combattere? Ebbene, vi addestrerò io!" continuò.
"Ma tu chi sei?" chiese Nicola.
L'uomo si abbassò il cappuccio e si presentò, raggiante, nonostante le rughe sul volto: "Io sono Brom, Vinr Älfakyn" 

I ragazzi replicarono immediatamente"Quel Brom amico degli elfi?" "Il padre di Eragon?" aggiunse Myriam.

L'uomo rimase spiazzato: "Come sapete che Eragon è mio figlio?".
"Troppo complicato da spiegare, ne parleremo un'altra volta. Sappi però che la vostra storia è risaputa" esclamò Nicola con fare divertito.
"Quindi, dite che noi siamo davvero i vostri futuri re?" chiese Myriam, cambiando discorso prima che Brom continuasse a insistere con le domande.
Brom e Tiorin annuirono contemporaneamente, assieme agli altri nella sala.
"Sì, vostra maestà. Voi siete e sarete i nostri re. Ne siamo certi".
Myriam, Luca e Nicola si guardarono ancora una volta; "E cosa dovremmo fare?" chiesero.
"Uccidere il tiranno Azur e ristabilire la pace ad Elaja, diventando nostri sovrani!" esclamò Tiorin.
"Arrivò qui ad Elaja secoli fa e ha sottomesso l'intera isola in meno di un giorno. Da allora siamo suoi schiavi" spiegò tristemente Brom.
"Deve avere una potenza infinita questo Azur" commentò Nicola con fare preoccupato "Ci vorrebbe un qualche stratagemma particolarmente potente per sconfiggerlo".
"Già, maestà" esordì una voce che ancora non aveva proferito parola, un uomo che stava in fondo alla sala "Io stesso in forma di scimmione dorato ho una potenza nettamente inferiore rispetto a quella di Azur".
Nicola strabuzzò gli occhi: non poteva essere possibile, no...
"Goku?" gridò Nicola, quasi con le lacrime agli occhi.
Il saiyan si grattò il capo "Ehm, sì, sono io maestà. Conoscete proprio tutti qui, a quanto pare"
"Sei il mito della mia infanzia!" ululò quello in risposta "Non posso crederci, ditemi che non sono in coma vi prego. Tutto questo è un sogno".
"Goku?" esclamò Myriam, le mani sul volto con fare disperato e stralunato.
Il Sayan arrossì, imbarazzato "Forse ora sarà meglio parlare prima che..."
Un improvviso rumore alla porta fece girare tutti quanti; qualcuno batteva pesantemente sul legno, con fare prepotente.
"Per ordine dell'imperatore Azur, aprite questa porta! Jafar il consigliere ve lo ordina!".
Tiorin guardò prima Brom, poi i tre ragazzi: era ufficiale, erano tutti nei guai.

   
 
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