Non succedeva niente.
Per la prima volta dopo anni, decenni, secoli, le loro menti erano sconvolte dai ripensamenti, i loro occhi si cercavano senza astio.
Eppure non succedeva niente.
Come era possibile che a cambiamenti interiori tanto grandi non corrispondesse un avvicinamento, un contatto, un qualcosa…? Entrambi ne erano stupefatti con la stessa intensità, ma dall’esterno sembrava proprio che quel castigo fosse identico agli altri che avevano vissuto: fatto di silenzi e rancore.
Poco importava che il Demone si sfiorasse in continuazione le mani lisce e intatte, che l’Angelo fremesse dalla voglia di farlo al suo posto, non riuscivano a stabilire un legame, non potevano. Qualcosa li frenava.
E il tempo passava, carico di un desiderio che aleggiava nell’aria senza essere appagato e nemmeno ammesso, neanche per sbaglio. La frustrazione dei due rendeva le giornate lente e vuote, ma allo stesso tempo veloci: ogni istante li avvicinava al termine della pena, e poi? Non si sarebbero scontrati ancora, ciascuno l’aveva ben chiaro in testa… Ma avrebbero sopportato di passare un’eternità divisi? Intanto, nessuno osava rompere il silenzio.
Il cielo si estendeva limpido sull’isoletta, e i raggi scintillanti del sole si posavano sulla spiaggia e su due sagome stese sulla sabbia. Erano lontani, ma i loro corpi avevano assunto una bizzarra posa arcuata che esprimeva allo stesso tempo accettazione e rifiuto. Di fatto, si cercavano, ma nessuno dei due l’avrebbe mai ammesso.
L’Angelo socchiuse le palpebre appena, per guardare di sbieco il Demone disteso e distante, che evitava accuratamente di incrociare il suo sguardo. Sospirò.
Le aveva sulla punta della lingua, le parole che avrebbe voluto dire, ma a furia di rigirarsele nella mente avevano cominciato a suonargli ridicole, esagerate, inadeguate; continuava a fare e disfare frasi, senza parlare, ma questa gli rimanevano nella testa come caramelle che uno tiene in bocca perché non vuole mandarle giù –uno strazio. Contrasse i muscoli per un istante solo, quasi deciso ad alzarsi e raggiungere quel bastardo che ostentava indifferenza, ancora, e parlargli, magari urlare come ai vecchi tempi, quando erano nemici… Per un secondo, si convinse addirittura che avrebbe avuto il coraggio di farlo.
Sconfortato, si lasciò ricadere supino; l’altro non commentò quell’accenno di movimento, come se non si fosse accorto di nulla.
Sono un codardo, si disse l’Angelo tra i denti.